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Autore: Emmastory    05/12/2018    6 recensioni
Un anno è trascorso alla foresta delle fate. Ormai è inverno e non più primavera, e con il tempo che scorre e la neve che cade, la giovane Kaleia non sa cosa pensare. Il tempo si è mosso lesto dopo il volo delle pixie, con l'inizio di un viaggio per una piccola amica e il prosieguo di uno proprio per lei. Che accadrà ora? Nessuno ne è certo oltre al tempo e al destino, mentre molteplici vite continuano in un villaggio e una foresta incantata. (Seguito di: Luce e ombra: Il bosco delle fate)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Capitolo XXXI

La crociata dell’uomo in nero

Riparate e all’asciutto, attendevamo che la pioggia smettesse di scrosciare, ma invano. I minuti sembravano ore, e con il freddo che diventava tiranno, io non riuscivo quasi a muovermi. Guardandola, sperai che Sky potesse fermarlo grazie ai suoi poteri, e con esso anche la pioggia, ma per pura sfortuna, niente. Il nulla più totale. Attorno a noi la pioggia cadeva regnando sovrana sui cieli, e dopo un tempo a dir poco indefinibile, mossi il primo passo. “Ne ho abbastanza, io entro.” Dichiarai con decisione, uscendo dal nascondiglio che avevamo trovato sotto agli alberi e guardando dritta davanti a me. Incerta sul da farsi, Sky mi afferrò un braccio nel tentativo di fermarmi, ma io mi divincolai. La notte era scesa e la temperatura bassa, ma lo stesso discorso non era certo applicabile al mio morale. In tutta onestà non sapevo davvero cosa provassi in quel momento, ma la mia certezza restava una sola. Dovevo trovare Christopher. La casa della signora Vaughn era a pochi passi da me, e la risposta alle mie domande avrebbe potuto essere dietro quella porta. “Sei sicura che sia una buona idea? Quella strega ti odia.” Mi chiese Sky, con la voce spezzata e una maschera d’indecisione dipinta in volto. Mantenendo il silenzio, la guardai ancora negli occhi, e nel farlo, espirai, per poi prenderle la mano. Aveva ragione, e sapevo bene che presentarmi alla sua porta a quel modo era un grosso rischio, ma si parlava del mio Christopher, e stando a ciò che la mia mente e il mio cuore gridavano già da tempo nel disperato tentativo di far svanire le voci, valeva la pena tentare. “Non mi fido di lei, ma di me stessa. Andiamo.” Risposi soltanto, scivolando nel silenzio e chiudendo il pugno per bussare alla porta. Tre colpi rapidi e secchi, indice della mia profonda e sempre crescente impazienza. “Signora Vaughn! Sono Kaleia, apra!” quasi urlai, cercando di farmi sentire anche oltre il duro legno che ci separava. Poco dopo, nessuna risposta, e nel mio sguardo basso, pura frustrazione. “Signora Vaughn!” riprovai, nervosa. A denti stretti, attesi, ma per la seconda volta, ancora niente. Il silenzio che ricevevo in risposta era tale da indispettirmi, e proprio quando mi voltai, una voce. “Kaleia? Sei… Sei tu?” chiese, giungendo forte e chiara ma cogliendomi comunque di sorpresa. Quasi istintivamente, mi voltai nella direzione opposta, e in un solo istante, eccola. Marisa, l’unica amica che potevo dire di avere oltre a Sky, Leara e la mia stessa madre, nonché l’unica strega di cui riuscissi a fidarmi. “Marisa!” chiamai, fuori di me da una gioia che intanto continuava a mischiarsi con la tensione legata alla sparizione di colui che amavo. Felice di vederla, corsi ad abbracciarla, e lasciandomi fare, lei mi accarezzò la schiena, provando le mie stesse e identiche emozioni. “Che cosa ci fai qui? Non stai bene?” chiese poi, con un’evidente pena negli occhi e nella voce. “No, ma non è questo il punto. Christopher è scomparso, e credevo che tu e tua madre sapeste qualcosa. Dimmi, almeno tu l’hai visto?” le dissi soltanto, sentendo il cuore battere all’impazzata e faticando a formulare le parole per l’ansia e la tensione che avevo nell’anima. Alle mie parole seguì un’ennesima pausa di silenzio, e stringendo i pugni, imprecai a bassa voce, maledicendomi per la lite che avevo scatenato tempo prima. Se non l’avessi fatto Christopher non se ne sarebbe andato, e al contrario sarebbe qui per consigliarmi. Dominare le mie emozioni è sempre una sfida, e mentre il tempo scorre, i minuti sembrano ore. “Allora?” la incalzai, con nuove lacrime agli occhi e la voce ancor più incrinata. “Kaleia, non so cosa dire, né come farlo, ma tu e tua sorella avete una sola possibilità.” Replicò poco dopo, sostituendo ad ogni modo i miei dubbi con degli altri. “Cosa? Quale, dimmelo.” Pregai, distrutta dall’attesa. “Il villaggio degli umani è la vostra unica speranza, sempre che esista ancora, dopo il peggio.” Disse appena, tenendo bassi lo sguardo e la voce, come se non volesse farsi udire che da noi. “Peggio? Che significa?” Stavolta fu Sky a parlare, con le guance e il viso privi del colore che li caratterizzavano, ora in tutto simili a quelli di un cadavere. “Non posso dirvi altro. Mia madre sarà sveglia a momenti, e non può sapere che vi ho aiutato. Buona fortuna, e che la Dea vi accompagni per sempre.” Concluse, guardandosi nervosamente intorno e terminando quella frase nella maniera a mio dire più criptica possibile. Di lì a poco, la porta della sua casa si chiuse, e rimaste sole, Sky ed io continuammo a camminare. Il silenzio permeò l’aria nel nostro cammino, gli attimi della nostra vita scorsero veloci, e una nuova, flebile speranza mi riempì il cuore. Stando alle parole di Marisa, Christopher era ancora vivo, e il suo stesso villaggio era il posto giusto in cui cercare. Nonostante questo, non capivo una cosa. Che intendeva dire con peggio? E chi era la dea di cui parlava? Ad essere sincera, avevo sempre e solo sentito parlare di fate anziane, ma se davvero esisteva una divinità, io volevo crederle. Fra un passo e l’altro, riflettei sul futuro a me dinanzi, e non appena i miei occhi si posarono su chilometri di selciato, alzai lo sguardo non vedendo che lanterne, e solo allora capii di star seguendo la pista giusta. Il villaggio degli umani era ancora in piedi, e anche la pioggia era cessata. Finalmente calma, volsi un sorriso al cielo, e inspirando, continuai a camminare. In quel momento, tutto sembrava andar bene, ma dentro di me sentivo che presto qualcosa sarebbe cambiato. Ore dopo, la sera tornò ad essere mattina, e camminando per il villaggio del mio amato, vidi qualcosa in mezzo ad un cespuglio accanto a una casa. Cauta, mi mossi per indagare, e spaventato, un animaletto spuntò fuori, mostrando gli occhietti scuri e il pelo nero. Inizialmente, credetti fosse un gatto, ma poi, ad una seconda occhiata, la verità. Quello che avevo davanti non era un gatto, ma bensì un procione. A quanto sembrava, era ancora un cucciolo, e spaventato, tremava, indietreggiando lentamente e cercando rifugio nel cespuglio in cui era nascosto. Seppur timidamente, gli mostrai una mano, ma questo si ritrasse, posando lo sguardo su Sky. Sorridendogli, lei si fece avanti, e inginocchiandosi, gli regalò una carezza. “Che c’è, ti sei perso, piccolino?” gli chiese, sussurrando. Per tutta risposta, anche quel cucciolo parve sorridere, leccandole la mano ed emettendo il suo caratteristico verso, una sorta di squittio simile a quello degli scoiattoli. Nel farlo, si fece più vicino, e come a voler chiedere un abbraccio, posò la zampa sul suo ginocchio, sfiorandole poi il viso con i baffetti. Una scena tenera e adorabile, di fronte alla quale sorrisi anch’io. Era strano, ma era come se la sua vista avesse momentaneamente cancellato ogni mia preoccupazione. Pensavo ancora a Christopher, era ovvio, ma quel piccolo procione era riuscito a distrarmi. Facendo un altro tentativo, mi accovacciai ancora per accarezzarlo, e notando qualcosa che io non riuscii a vedere, l’animale scappò, andando a rifugiarsi altrove. Confusa, lo seguii con lo sguardo, e solo allora vidi una figura maschile in lontananza. Con il cuore già in tumulto, credetti che fosse Christopher, ma appena un attimo dopo, le mie speranze furono infrante. Non era lui, ma qualcuno che in realtà non avevo mai visto. Calmo e taciturno, avanzò verso di noi con un’espressione di vittoria dipinta in volto, e non appena fu abbastanza vicina da toccarla, sfiorò la mano di Sky con la propria, fino a prenderla delicatamente nella sua per un elegante baciamano. Per fortuna Noah non era presente, perché se lo fosse stato, avrebbe sicuramente allontanato lo straniero dalla fidanzata. “Hai già fatto amicizia con Bandit, vedo. In genere non è molto aperto con gli estranei, complimenti.” Le disse, accarezzandole la mano che ancora stringeva e portandola a sorridere, anche se non genuinamente. Ero lì con lei, lo vedevo bene, e in quel sorriso c’erano nervi, sorpresa e indecisione. “Sì, è... è un bravo procione.” Ebbe appena il tempo di dire, prima che la voce le si spezzasse e fermasse in gola. “Ne sono felice, e ti cercavo da molto, fata del vento.” Quella fu l’unica risposta del ragazzo, che Sky ascoltò senza parlare, mascherando l’imbarazzo con un colpo di tosse. Sfortuna volle che non potesse far nulla per il rossore emotivo che le si palesò in faccia, e che riuscisse a calmarsi solo chiudendo gli occhi per un attimo. “Sembrate perse, ragazze, come alla ricerca di qualcosa. Se volete, posso aiutarvi.” Disse poi, rivolgendosi ad entrambe e riuscendo sorprendentemente a leggermi nel pensiero. Incerta e dubbiosa, mi scambiai con mia sorella uno sguardo d’intesa, e di lì a poco, una stretta di mano diede vita ad un patto. Così, in un pomeriggio di sole dopo grigie nuvole di pioggia, le nostre ricerche sembravano ormai finite, così come la crociata di quel misterioso uomo in nero.

 
   
 
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