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Autore: Old Fashioned    08/12/2018    18 recensioni
Berlino, fine anni '20. Una bella ma (forse) ingenua ragazza, Cordula Kerschbaumer, arriva nella Capitale con l'intenzione di diventare una famosa artista di varietà. Una volta giunta in città, la fanciulla trova un impiego come ballerina al celebre night club Schatztruhe, anche detto Truhe (= scrigno). Peccato che una volta lì si scontri con Regine, una vecchia gloria del cabaret, ormai quasi in disarmo ma molto decisa a non lasciarsi mettere i piedi in testa dall'ultima arrivata.
Prima classificata al contest Villains against Heroes indetto da missredlights sul forum di EFP, a pari merito con "Ha i capelli d'oro degli Æsir", di Shilyss. Premio "Miglior Villain".
Genere: Commedia, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente!
Nuovo mappazzone per voi, fresco fresco. Si tratta di una versione vagamente moderna della favola di Biancaneve, spero che apprezzerete. Un grazie in anticipo a tutti quelli che passeranno da queste parti^^





LA STELLA DEL TRUHE





Capitolo 1

Regine posò lo spazzolino con cui aveva appena finito di applicarsi il mascara, si sistemò la tiara scintillante sui capelli dorati e si alzò in piedi. Sorrise appena alla sua immagine riflessa: l'abito di lamé non perdonava nulla, ma tanto lei non aveva proprio nulla da farsi perdonare. Il suo corpo era snello, addirittura efebico, i seni appena accennati. Aveva il ventre così piatto che le creste iliache le disegnavano due piccoli rilievi sui fianchi, le gambe erano lunghe e snelle. La sua statura le consentiva di svettare su qualsiasi donna.
Bussarono alla porta e una voce avvisò: “Tra cinque minuti in scena!”
Regine si limitò ad annuire. Lanciò uno sguardo al divano, su cui era negligentemente abbandonata una pelliccia: quello era un regalo del suo ultimo ammiratore. Non che le piacesse particolarmente – preferiva la volpe argentata allo zibellino – ma era comunque un bel trofeo da esibire a certe burrose sciacquette, che si credevano chissà chi solo perché avevano mammelle da mucca e fianchi rotondi.
Si allontanò dal tavolino del trucco, fece qualche lento passo nella stanza. Frutto di anni di studio, il suo portamento era superbo. Emanava la sensualità algida dell’incedere di una dea, comunicava alterigia e fascino a un tempo.
Girò adagio su se stessa per controllare nello specchio che l'abito cadesse bene anche dietro, disegnandole le natiche sode e nervose, quindi si mosse verso la porta.
Come sempre al momento di andare in scena, una grande calma la pervase. Era da tempo ormai che i patimenti della Lampenfieber avevano smesso di angosciarla: era Regine, era famosa in tutta Berlino, la gente faceva la fila per sentirla cantare. Che fossero le ragazzette sciocche a farsi prendere dalla smania.
Uscì dal camerino e percorse lentamente il corridoio che portava dietro il palcoscenico. Si sentivano le ultime battute del numero che precedeva il suo, ovvero uno scollacciato balletto dai temi vagamente comici, che suscitava nel pubblico risate, acclamazioni e parecchie prurigini.
La cantante sorrise fra sé e sé quasi con indulgenza, già pregustando il momento della comparsa in scena. Sapeva che quegli insulsi clamori si sarebbero placati come per incanto al suo apparire. Sul pubblico sarebbe sceso un silenzio quasi religioso, interrotto tutt'al più da qualche raro mormorio di meraviglia, e in quella quiete solenne si sarebbe fatta dapprima udire l'orchestra, poi la sua canzone sarebbe cominciata e tutto il resto avrebbe perso d’importanza.
La musica cessò, si udì uno scroscio disordinato di applausi. Qualche voce – rigorosamente maschile – gridò 'brave!', poi un gruppetto di ragazze in abiti succinti invase ridacchiando il corridoio.
Regine continuò ad avanzare imperturbabile al centro dello stretto passaggio, tanto che al suo arrivo le ballerine furono costrette ad addossarsi alle pareti. Esse mantennero perlopiù lo sguardo a terra, a parte una tale Cora, appena rotolata giù da un paesello di montagna, che incrociandola accennò una specie di riverenza.
La cantante le rivolse un altero cenno del capo. Non pensò neppure per un momento che si trattasse di un genuino omaggio al suo maggiore fascino e alla sua esperienza, era nel mondo dello spettacolo da troppo tempo per aspettarsi qualcosa di così ingenuo e disinteressato. Scrutò la ragazza: piccoletta, formosetta, guance rosse e capelli neri. Due grandi occhi azzurri dallo sguardo innocente, che sembravano spalancarsi sul mondo colmi di entusiasmo e meraviglia. Vestiva una specie di Dirndl con le maniche a palloncino, chiaramente molto più scollato dei suoi omologhi bavaresi e così corto che lasciava ben in vista provocanti giarrettiere di pizzo bianco.
Regine si limitò a sollevare le sopracciglia di fronte a una così volgare ostentazione di carne e proseguì con sussiego, non senza notare che lo sguardo della ballerina era virato dall'ingenuità alla rivalità non appena si era creduta sicura che lei fosse passata oltre.
Devi farne di strada, povera stupidella, pensò la cantante stirando le labbra in un sorriso di degnazione, quindi si disinteressò di lei e delle sue occhiatine velenose.
Raggiunse il palcoscenico, entrò nel cerchio di luce dell’occhio di bue e l’attacco dell'orchestra fu quasi coperto dall'applauso che salutò il suo apparire.

Il signor König si alzò, aggirò la pesante scrivania di mogano e andò a una piccola finestra. La aprì e i clamori che si udivano ovattati divennero improvvisamente così forti da strappargli una smorfia di fastidio.
Subito dopo, però, sul volto gli si allargò un sorriso soddisfatto. “E anche stasera c'è il pienone,” disse.
L'uomo che era con lui si avvicinò a sua volta al finestrino e guardò giù: si vedeva la sala principale gremita di uomini e donne in abito da sera, i più seduti ai tavolini o al bancone del bar, alcuni in piedi con un calice di champagne in mano. Camerieri in frac si destreggiavano abilmente tra la folla portando vassoi carichi di bicchieri.
Al centro del palco, Regine, terminata la canzone, s'inebriava di applausi e mandava baci al pubblico.
Merito di quella specie di aringa,” disse l'uomo, distogliendo lo sguardo dal finestrino e riavvicinando l'anta.
Parli di Regine, Spiegel?” giunse la domanda di König.
L'altro alzò le spalle. “Lunga e secca com'è, con quel vestito argentato mi fa pensare a un pesce.”
Per fortuna che almeno non è muta. E poi piace.”
Lo so che piace. Adesso vanno di moda le assi da stiro, colpa di Greta Garbo. Anche quelle che hanno delle forme come si deve digiunano per sembrare delle salacche.”
Non tutte, per fortuna.”
Spiegel tornò verso la scrivania, prese la bottiglia di autentico whiskey americano che si trovava sul piano del mobile e se ne versò un mezzo bicchiere. “Alla faccia del Proibizionismo,” disse con un ghigno. L'altro annuì.
Come te lo procuri?”
Ho i miei canali, ma vedi di non scolartene una bottiglia ogni sera.”
Spiegel sorrise. “Me lo devi, vista la cura con cui ti ho scelto le ragazze del corpo di ballo: formose come piacciono a noi, carine e giovani.” Fece una pausa, quindi con un sorrisetto soggiunse: “E disponibili, soprattutto.”
König annuì consapevole, quindi rispose: “Anche Regine l'hai scelta bene. Da quando c'è lei, allo Schatztruhe c'è la ressa per entrare. Possiamo dire che è la stella del locale.”
Finché dura,” rispose Spiegel in tono cupo, poi si avvicinò di nuovo al finestrino: la cantante aveva ceduto infine alle accorate richieste di bis e stava di nuovo gorgheggiando con impegno. “Io me lo ricordo quando è arrivato a Berlino da un paesello della Prussia Orientale, quasi vent'anni fa,” disse con un sorrisetto. Tornò a voltarsi verso il padrone del locale. “Un giovanotto ossuto, con un tailleur della sorella nascosto in valigia e l'aspirazione di fare il contraltista. È stato quel furbastro di Möller, del Plaza, a scoprire che oltre a fare i migliori pompini della Germania aveva anche un'estensione vocale di cinque ottave.” Bevve un sorso di whiskey, annuì con fare consapevole. “Cinque ottave,” ripeté, “quasi sei. Se il Plaza è come lo vedi adesso, lo si deve alla gola di Mathias Bierkant, meglio noto come Regine.”
All'ugola, vorrai dire?”
No no, proprio alla gola.” Spiegel fece una risatina. “Se Mathias non avesse cominciato a fare pompini ai produttori per ottenere degli ingaggi, nessuno l'avrebbe mai notato.”

In un cicaleccio punteggiato da risatine, le ragazze del corpo di ballo si stavano togliendo gli abiti di scena.
Ma l'avete vista oggi, quella vecchia ciabatta?” esclamò la bionda Ilse. Si alzò in piedi e cominciò a camminare con la testa così alta da risultare quasi piegata all'indietro, gli occhi socchiusi e le sopracciglia sollevate in una comica imitazione di Greta Garbo. Urtò con la spalla la collega Lotte e in tono sussiegoso la apostrofò: “Fatti in là, bambina, qui passo io.”
Procedette scimmiottando l'incedere sofisticato della famosa attrice.
Le altre ovviamente stettero subito al gioco. Una si avvicinò e chiese: “Posso reggerti lo strascico, Divina?”
Ilse la squadrò come se fosse stata il secchio dell'immondizia, quindi rispose: “Assolutamente no, con quelle tue manacce da contadina me lo rovineresti di sicuro.” Levò la testa ancora più regalmente, quindi in tono sdegnoso proclamò: “Qui dentro non c'è nessuna che abbia la mia classe.”
Perché non provi al museo?” esclamò Hermine, “Forse in mezzo alle mummie ti troveresti più a tuo agio!”
Alla frase fece seguito un coro di risate. “Quanti anni avrà?” chiese infine Lotte, dopo aver riso così tanto che le lacrime le avevano sciolto tutto il trucco.
Parecchi,” rispose Britta, “scommetto che quando deve andare in scena c'è più intonaco su quel suo muso lungo da cavallo che su tutta la facciata del Truhe.”
L'irrispettosa affermazione fu salutata da un nuovo scoppio di risa. Fedele alla parte, Ilse con alterigia proclamò: “Io non ho bisogno di un visetto liscio da minorenne, io ho fascino.”
Ma certo, il fascino dell'antico!” intervenne Annette.
Cora, che aveva seguito gli scambi facendo guizzare dall'una all'altra il suo sguardo perennemente meravigliato, a quel punto chiese: “Di chi state parlando?”
La domanda scatenò, se possibile, risate ancora più forti.
Infine Lotte, di nuovo tergendosi copiose lacrime, rispose: “Ma come, di chi parliamo? Ma della divina, ovviamente. Della più grande stella del Truhe.”
E chi è?”
Britta scosse la testa e intervenne: “Cordula, tesoro, ti devi svegliare un po'. Cosa farai, qui a Berlino, se non metti insieme un po' di furbizia?”
La ragazza parve ponderare la domanda per qualche secondo, infine con tono serio rispose: “Non lo so, pensavo di fare la ballerina.”
Prima che Britta potesse rispondere, la voce di un giovane uomo chiese: “Siete presentabili, ragazze?”
Lotte alzò gli occhi al cielo. “Ecco che il principino viene a caccia nella riserva di papà.”
Ilse abbandonò l'atteggiamento da gran signora e replicò: “Oh, dai, meglio lui del vecchio. Almeno è più carino.”
Ma proprio perché si crede così carino è anche meno generoso,” protestò Annette. “Pensa che per noi sia sufficiente il suo bell'aspetto.”
E io allora gli rispondo come ai funerali,” replicò Lotte, “non fiori ma opere di bene. Per quanto sia carino, non sarà mai bello come la faccia di von Siemens che c'è sulla banconota da venti marchi.” Poi, a voce più alta: “Purtroppo per te siamo già vestite, tesoro!”
Le altre ridacchiarono.
Allora posso venire?” chiese il giovane.
Con chi?”
Di nuovo chiocciarono risatine.

Florian entrò nel camerino con due bottiglie di spumante in una mano e una grande scatola di cioccolatini nell'altra. Posò tutto sul tavolo al centro della stanza, poi chiese: “Chi ha i bicchieri?”
Lotte protese il generoso davanzale e disse: “Eccone qui uno!”
Il giovanotto vi versò sopra un po’ di spumante e la ballerina si ritrasse ridacchiando e strillando: “Com’è freddo!”
Tutte si unirono alla risata.
L’altra bottiglia cominciò a passare di mano in mano e ogni ballerina bevve qualche sorso. Quando essa raggiunse Cordula, la ragazza si schermì con un sorriso quasi di scusa e chiese: “Potrei avere i cioccolatini invece?” Imbarazzata si coprì con la mano il ciondolo a forma di cuore che le pendeva tra i seni, come per evitare che ci finisse sopra del vino senza permesso.
Il ragazzo, che tra le risate generali stava allegramente grufolando nel décolleté di Lotte, a quel punto sollevò la testa e le rivolse un sorriso. Si ravviò i capelli corvini, ormai piuttosto scompigliati, la scrutò con interesse e disse: “Ma ciao. E tu chi sei?”
La fanciulla sbatté gli occhi celesti e le guance le si fecero ancora più rosse. “Cordula,” rispose.
Ci fu qualche secondo di silenzio. “Oh, ehm… Cordula?”
L’altra si toccò di nuovo il ciondolo che le ornava la scollatura e spiegò: “Vuol dire cuoricino.”
Io sono Florian.”
Piacere di conoscerla,” rispose compunta la ragazza. “Tutti mi chiamano Cora. Può chiamarmi così anche lei, se vuole.”
Come siamo formali. Perché non mi dai del tu?”
Davvero posso?”
Florian le rivolse il più fascinoso dei suoi sorrisi. “Ma certo. Tutte lo fanno, non è vero?”
Le ragazze confermarono.
Vuoi un po’ di spumante, Cora?”
La ragazza scosse la testa facendo ondeggiare i riccioli color dell’ebano, quindi un po’ imbarazzata rispose: “Veramente, io non bevo.” Rivolse un’occhiata carica di desiderio alla scatola di praline e ripeté: “Preferirei i cioccolatini.”
Inge le diede una pacca sul sedere. “Attenta, che poi diventi grassa!” Cordula emise uno strillo, le altre ridacchiarono.
Florian sorrise e considerò che la dolce Cora rischiava qualsiasi cosa tranne diventare grassa. Era una piccola, graziosa cosettina con tutte le curve al posto giusto, che sembrava fatta apposta per certi trattenimenti. Il corsetto metteva in risalto un seno decisamente provocante e sotto la gonnellina fru fru c'erano gambe non particolarmente lunghe, ma ben tornite e sode. Cominciò a elaborare un piano per convincerla ad assaggiare anche un po’ di spumante, tra un cioccolatino e l’altro.

Quando Regine vi fece ritorno, il camerino era una distesa di mazzi di fiori. Il profumo delle rose si mescolava a quello dei gigli ed entrambi creavano con il profumo di cipria e creme di bellezza una miscela al tempo stesso sensuale e greve.
Al centro del tavolino da toilette era posato un astuccio di velluto nero. La cantante lo aprì e dovette stringere gli occhi a causa dello scintillio che ne scaturì. “Caro Conte von Künstberg,” disse a mezza voce, “si ricorda sempre della mia passione per i brillanti.”
Appoggiò la scatoletta da una parte e cominciò a studiare i biglietti che accompagnavano i vari mazzi di fiori. Scartò subito quelli firmati da nomi femminili: ormai poteva permettersi di scegliere e le altre donne non erano nei suoi gusti. Passò in rassegna i rimanenti, eliminando senza pietà i modesti omaggi di impiegati e ufficiali sotto il grado di colonnello e conservando le testimonianze di stima di conti, baroni, generali e direttori.
Fece una cernita dei profumi e dei monili, giudicandoli tutti di cattivo gusto e destinandoli alle ragazze del corpo di ballo. Serbò per sé unicamente il collier di von Künstberg, una stola di volpe, un mazzo di orchidee e uno di rose dai petali pesanti e vellutati, di un rosso così scuro che sembrava quasi nero.
Una volta sgombrato il campo, si sedette al tavolino da trucco e si guardò allo specchio. Svanita l'euforia dell'andare in scena, un umore decisamente più plumbeo la stava pervadendo. Nonostante fiori e brillanti, non era per nulla soddisfatta: il tempo passava spietato e ormai anche i più costosi cosmetici francesi, fatti venire apposta da Parigi, riuscivano a malapena a mantenere l'apparenza di una bellezza che stava in realtà inesorabilmente sfiorendo. Sotto la tiara, i riccioli dorati stavano perdendo la loro brillantezza, sulla pelle del viso cominciavano a comparire le prime rughe. Erano lievissime, il fondo tinta le nascondeva completamente, ma stava diventando sempre più difficile far finta che non ci fossero.
Ricordava ancora lo sgomento con cui ne aveva constatato la presenza la prima volta.
Uno scoppio di risa all'esterno la distrasse. Assunse un'espressione infastidita: come ogni sera, finito lo spettacolo le ballerine cominciavano a starnazzare come tante oche. Ripensò alla ragazzetta di nome Cora: disprezzava poppe e natiche, ma quel volto liscio, sodo, dalla pelle luminosa e compatta la metteva spietatamente di fronte a quello che sarebbe diventata nel breve volgere di qualche anno: uno squallido travestito in disarmo, con l'ombra della barba che spuntava da sotto il trucco. Il maschio che nel corso della giovinezza aveva con tanta cura nascosto sarebbe inesorabilmente emerso con lo sfiorire dell'avvenenza, la ruvidezza e gli spigoli che in tutti quegli anni aveva limato fino a farli scomparire avrebbero infine reclamato il loro buon diritto, trasformandola in un vecchietto ossuto, con il belletto sulle guance cascanti.
Dei colpi alla porta la fecero letteralmente sobbalzare.
Avanti!” ringhiò, ancora sotto l'effetto di quei pensieri funesti.
Sulla soglia comparve signor Spiegel. “Mia cara!” esclamò l'uomo. Si mosse nella sua direzione col sorriso delle grandi occasioni stampato sul volto. “Un successo strepitoso,” disse quando si fu avvicinato. “Ancora meglio delle serate precedenti. Sei la stella dello Schatztruhe!”
Regine lo fissò seria. “Lo credi davvero?”
Spiegel fece scorrere lo sguardo sulla distesa di fiori e regali. “Direi che i fatti parlano da soli,” le rispose.
Non lo so,” replicò la cantante. Sollevò il collier di brillanti e lo fece oscillare sotto le luci che circondavano lo specchio. “Una volta von Künstberg non sarebbe stato così tirchio.”
Tirchio?” fece eco Spiegel. “Non sono diamanti, quelli?”
Brillanti,” lo corresse lei distrattamente, poi lasciò cadere il gioiello come se fosse stato di vetro. “E lo spettacolo?” chiese poi, “Non ti è sembrato freddo il pubblico?”
L'impresario aggrottò le sopracciglia. “Freddo? Conosco un sacco di tue colleghe che si venderebbero il culo per ricevere in un mese gli applausi che tu prendi in una sera.”
Sì, ma loro non sono Regine,” replicò lei acida, “sono solo sciacquette qualsiasi, con l'estensione vocale di un gatto da vicolo e la classe di una bottegaia.”
Tra i due cadde il silenzio. La cantante si sedette di fronte allo specchio e attraverso quello cercò lo sguardo di Spiegel. “Chi è la più bella, qui dentro?” gli chiese a bruciapelo.
Ma Regine, tutte le sere?” sospirò lui ostentando esasperazione. “La più bella sei tu, ovviamente. Nessuna ha la tua classe e il tuo fascino.”
Ella incupì lo sguardo. “Lo credi davvero?” Si voltò a fissarlo direttamente.
Nessuna ha un corpo come il tuo,” le assicurò Spiegel.
E il viso? Che ne dici del viso?”
Lui scosse la testa. “Regine, non so più come dirtelo: la più bella sei tu.”

Sotto lo sguardo carico di aspettativa di Florian, Cordula avvicinò alle labbra il collo della bottiglia, ma un attimo prima che esso le toccasse, lo abbassò di nuovo. “E se mi fa male?” chiese.
Ma no,” le assicurò il giovanotto, forse un po' troppo precipitosamente, “è solo un po' di spumante dolce, cosa vuoi che ti faccia?” Allungò un braccio a circondarle le spalle.
Ella si toccò come d'abitudine il ciondolo a forma di cuore, notando che lo sguardo di Florian era inesorabilmente calamitato dal movimento della mano sulla scollatura, quindi in tono contrito gli disse: “E poi non sono capace di bere dalla bottiglia. Se mi si rovescia tutto addosso cosa faccio?”
Potresti toglierti il vestito e farlo asciugare,” propose lui.
Cordula annuì come avrebbe fatto di fronte a una spiegazione particolarmente ostica. Ricordava bene quello che le aveva sempre ripetuto sua madre: agli uomini non piacciono le donne intelligenti, quindi se vuoi accalappiarne uno devi far finta di essere stupida.
Una cosa che le era sempre riuscita benissimo.
Si voltò verso Florian, che incurante del cicaleccio delle altre ballerine ormai la stava stringendo come se fossero stati in pieno inverno e fuori infuriasse una tormenta. Fece un rapido calcolo: suo padre era il padrone di uno dei più famosi locali notturni di Berlino, era un bel ragazzo, sembrava anche avere buone maniere. “Posso avere un bicchiere?” gli chiese con voce sommessa, alzando su di lui gli occhioni celesti.
Sotto quello sguardo, il giovanotto quasi sobbalzò. “Un bicchiere?” fu tutto ciò che riuscì a dire.
Per bere,” specificò lei. Con aria casuale pose la propria mano sulla sua.
Florian parve quasi sorpreso, come un cacciatore che ha puntato un cervo per tutto il giorno e al momento del dunque lo trova già morto e con le quattro zampe legate, pronto per essere portato via. “Oh, certo... per bere, naturalmente.” Abbandonò la presa sulle sue spalle e uscì dal camerino, verosimilmente per andare alla ricerca di un bicchiere.
Sta' attenta,” la ammonì Lotte quando il giovanotto ebbe lasciato la stanza.
Cordula le rivolse uno sguardo stupito. “Perché?”
La donna, già vestita e pronta per tornarsene a casa, fece girare lo sguardo sulle colleghe come per chiedere la loro conferma, quindi spiegò: “Perché il principino fa così con tutte: si diverte un po', fa due o tre regali e poi tanti saluti.”
La più giovane la fissò come se si fosse appena trasformata in una specie di animale strano. “Davvero?”
Gli piace giocare,” fu la risposta. “Non è vero, Ilse?”
Oh, certo,” rispose l'interpellata. “Due salti sotto le lenzuola, due moine, fine della questione. Non farti illusioni.” Il tono era quello di chi, invece, di illusioni se n'era fatte parecchie.
In quel momento la porta si aprì e Florian si affacciò con espressione allegra e chiese: “Mi sono perso qualcosa, ragazze?” In mano aveva due calici e una nuova bottiglia, ben fredda, di spumante dolce.

Seduta sullo sgabello di uno dei tavolini da trucco, nel camerino ormai vuoto e silenzioso, Cordula teneva in mano un bicchiere di spumante come avrebbe tenuto una granata senza sicura. “E se poi mi fa male?” chiese di nuovo, rivolgendo a Florian uno sguardo che sembrava invocare il suo aiuto.
Il giovanotto sorrise con fare indulgente. “Un sorso di spumante non può fare male a nessuno.”
Davvero?” Cordula si toccò di nuovo il ciondolo a forma di cuore.
È una bella collana,” apprezzò il ragazzo, lo sguardo come sempre calamitato dal suo generoso décolleté.
Me l'ha regalata la mamma,” disse lei.
Davvero? Non un ammiratore?”
Cordula assunse un'espressione stupita. “Un ammiratore?” chiese, come se la parola le fosse totalmente sconosciuta. “Oh, no di certo.”
Sicura?”
Sono una ragazza seria,” protestò lei piccata.
Ma certo, scusa,” si affrettò a rispondere Florian. “Ma ora, perché non bevi un sorso? È buono.”
Cordula bagnò appena le labbra nel vino, quindi si ritrasse arricciando il naso mentre sulle guance le si formavano due graziose fossette. “Pizzica!” esclamò. Fece una risatina.
Sono le bollicine,” spiegò Florian.
È buono,” constatò lei. Bevve un altro piccolo sorso.
Te l'avevo detto.”

Un paio di bicchieri dopo, Cordula abbandonò molto allegra lo sgabello e disse: “Ora però sarà meglio che mi tolga l'abito di scena.”
Florian gettò uno sguardo di nostalgia alle sue gambe ornate di giarrettiere bianche e disse: “È un peccato.”
Lei gli rivolse uno sguardo stupito. “Perché?”
Ti sta molto bene,” fu la diplomatica risposta.
Davvero?” Cordula scivolò comunque dietro un separé, sul quale dopo poco si adagiò il succinto Dirndl. Florian cercò di non pensare al fatto che proprio di fronte a lui, dietro l'esiguo riparo di una parete di stoffa, c'era una bella ragazza che indossava solo la biancheria intima, e forse neppure quella. “Abiti lontano?” le chiese per distrarsi.
Giunse sconsolata la risposta: “Sì.”
Florian strinse gli occhi sornione. “Vivi da sola?”
Ho un piccolo appartamento in affitto.”
Come farai a tornare a casa?”
La voce afflitta di Cordula rispose: “Non lo so. Camminerò.” Seguì un sospiro carico di rassegnazione.
Il giovanotto assunse un tono accorato. “Cosa? Da sola, a piedi, a Berlino, di notte? Con tutti i malfattori che ci sono? Assolutamente no, ti accompagnerò io con l'automobile.”
La ragazza si sporse dal separé, mettendo in mostra nel movimento anche una generosa porzione di corpo discinto, quindi chiese: “Con l'automobile? Davvero faresti questo per me?” Sbatté gli occhi con fare meravigliato.
Florian annuì con energia, e approfittando del fatto che la ragazza era tornata dietro la barriera di stoffa si sistemò i capelli e controllò di avere i vestiti in ordine. Infine, in tono grave disse: “Il mio senso dell'onore mi proibisce di abbandonare una signora in una situazione del genere. Tu finisci di vestirti, io vado a prendere l’automobile.”











Angolo dell’autore
Qualora capitasse da queste parti qualcuno che non sa il tedesco, allego un piccolo glossario per rendere più agevole la lettura:

König = Re
Spiegel = Specchio
Jäger = Cacciatore
Zwerg = Nano

Schatztruhe, Truhe = Scrigno del tesoro, Scrigno

Lampenfieber = letteralmente ‘febbre delle luci’. Parola intraducibile, che indica la smania e l’ansia che prendono chi deve andare in scena.
Dirndl = abito femminile in uso nelle zone di Baviera e Tirolo, costituito da una camicetta generalmente bianca con maniche a palloncino, un corpetto, una gonna ampia con sottogonna lunga circa fino al ginocchio e un grembiulino.

   
 
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