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Autore: Ily Briarroot    19/12/2018    3 recensioni
[Fanfic partecipante al contest "Tutti pazzi per i musical!" indetto da Lita_EFP sul forum di EFP].
Quel piccolo, vago senso di appartenenza ti circonda, quando la senti. Quando spegni tutto e la segui e il mondo assume ancora quel colore; l'oro del grano al sole, di due occhi felici che ti scrutano e che brillano come diamanti lucenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ricordi fragili



Ti allontani ancora una volta quando percepisci quelle parole penetrarti nel petto come lame, pronunciate come se tu non fossi lì. Ma ci sei e ti riguardano.
Ti riguardano eccome.
Pensi di aver definitivamente chiuso con il passato, ma al detective che hai di fianco non basta. Deve conoscere, deve sapere. Anche se vorresti solo dimenticare, terminando quell'assurda ricerca che ti eri imposta di cominciare senza neanche un motivo apparentemente serio in testa.

Ti affacci alla ringhiera del balcone, sospirando appena. Vorresti respirare fino in fondo, riempire i polmoni, ma la voce frenetica e decisa di Kudo ti rende irritabile, complice un nodo in gola che non riesci a sciogliere. Il dottor Agasa getta un'occhiata nella tua direzione, quasi impacciato. Forse lo ha capito anche lui, ma non può nulla contro la fonte inesauribile d'energia appartenente al ragazzo che gli sta davanti.
Ti perdi un istante a scrutare il cielo, il buio della sera. Istintivamente, ti sforzi ancora di ricordare, nonostante il limite che ti impedisce di farlo da allora. Hai deciso di lasciare perdere le tue origini, quelle vere, quelle che ti hanno resa come sei.
Ma, probabilmente, sono solo delle sfaccettature, delle minuzie. Altrimenti perché non ti torna nulla in mente? Perché non hai neanche il più vago ricordo dei tuoi genitori, un sorriso o un pianto? Hai sempre creduto all'enorme bugia che fossero morti subito dopo la tua nascita perché ti è sempre convenuto e non hai mai chiesto niente neanche ad Akemi; tua sorella non si è mai scomposta, preda di immagini che le facevano male, ma che le appartenevano in ogni caso.

La verità è che non ti ricordi neanche di lei, quando eravate piccole e giocavate insieme. Non hai mai pensato a nulla di altro, concentrata sulla vita presente e sul lavoro che opprimeva. Qualcuno aveva fatto in modo di allontanarti da loro? Probabilmente. Sei sempre stata la figlia prodigio, la ragazzina geniale sin dalla nascita.

L'eco di alcune urla risuona da sempre nella tua mente, ma credevi che si trattasse di una strana forma di stanchezza a tirarti il solito scherzo tutte le volte. No, lo sai, e ora ne sei convinta più che mai.
La parte di oscurità che avvolge la tua vita non si limita alla gabbia trasparente all'interno dell'Organizzazione, ma a molto prima. Una parte di vita cancellata, quella fino ai sette anni. Già, la parte sbagliata.
Ti sei svegliata di colpo in quei corridoio lugubri e spenti, inviata dall'altra parte del mondo come un pacco postale. Un cognome che non conosci e che non senti tuo.

Ma quella voce, una voce dolce e lontana che risenti a volte nella testa e che colora di oro il mondo, ce l'hai sempre dentro. La stessa voce registrata sul nastro delle cassette che ti ha lasciato Akemi.

Quel piccolo, vago senso di appartenenza ti circonda, quando la senti. Quando spegni tutto e la segui e il mondo assume ancora quel colore; l'oro del grano al sole, di due occhi felici che ti scrutano e che brillano come diamanti lucenti. Una piccola mano che si allunga verso quel bagliore, così vicina a un sorriso affettuoso. E poi, subito dopo, le dita che si stringono attorno a qualcosa, qualcosa che tocca un camice bianco. Un colore che hai già visto tante volte guardandoti allo specchio, ma senza la curva serena delle stesse labbra.

Il grano, i gioielli, la luce. Dei capelli castani, ramati, che si uniscono con la luce e che risplendono di bellezza. L'oro in tutto ciò che toccano, così come la stessa voce.

Scuoti la testa, ma è più forte di te. Ricordi confusi che si ostinano a rimanere dove sono, in bilico tra il vuoto e il cuore.
Qualcuno che urla il tuo nome, quello reale, di nascita. Shiho... da quanto tempo non sei più lei? Una bambina urla il tuo nome, così come la voce calda di poco prima.

Delle mani ti afferrano e scivoli sopra la neve copiosa; il dolore sordo non ti permette di respirare. Devi rimuovere tutto e ricordare. No, devi ricordare cercando di non farti del male.

Torni nel grande salone di casa Kudo, dove Shinichi e Agasa stanno ancora confabulando senza battere ciglio.
Osservi l'enorme libreria e decidi di contare il numero dei gialli che il giovane detective conserva gelosamente, ma perdi il conto quando noti un piccolo oggetto su uno degli scaffali; un carillon celeste è posizionato tra due libri, pericolosamente in bilico sul bordo del ripiano.
Ti avvicini incuriosita e lo prendi tra le dita, poi sul palmo della mano, passando appena un dito sul materiale lavorato.
Afferri piano la minuscola chiave posteriore e la giri a ripetizione per un paio di volte finché, all'improvviso, il coperchio intarsiato di piccole gemme si solleva e, dal fondo, sbucano due statuine danzanti: una principessa occidentale, d'altri tempi, con il suo cavaliere posato ed elegante, volteggiano su loro stessi seguendo il ritmo di una dolcissima melodia.

Shinichi e il professore si voltano a guardarti, interrotti da quel suono superbo. Fai appena caso a loro, perché sei completamente rapita da quelle note, da quel qualcosa di malinconico e infinitamente profondo.
"Cosa... cos'è?" chiedi, riuscendo finalmente a sollevare lo sguardo verso gli altri due. Il ragazzo arrossisce appena, poggiandosi una mano dietro la nuca.
"Oh... quello? È un regalo di Ran. Perché? Ti piace?".

Sei assorta e senti appena la sua domanda. Gli omini continuano a danzare, mentre l'oro si espande dentro di te. La felicità, una sensazione familiare. Bella, struggente. Attraente.
Di colpo, è come l'aria che manca nei polmoni.
"Questa musica ... io l'ho già sentita".
"Beh, può essere. Non la conosco, ma è sicuramente molto simile a tante altre melodie dei carillon" conclude Shinichi, inarcando un sopracciglio. Ti osserva, ma non riesci a prestargli attenzione. Quelle note stanno risvegliando qualcosa che si è assopito da tanto tempo.

Quando la principessa e il cavaliere si bloccano e la musica si interrompe, chiudi il fragile coperchio del carillon prima di sistemarlo al suo posto.
"È molto bello, non è vero?" commenta Agasa, rilassato da quel breve intervallo. Kudo annuisce e subito dopo, come se nulla fosse, i due riprendono a parlare.

Sei ancora sul balcone, adesso, e non riesci proprio a capire, a sforzarti di ricordare. Fissi la neve che ricopre Beika e il cortile della villa, ma non riesci ad andare oltre. Non puoi ammettere a te stessa di avere paura, ora che quel carillon si è pericolosamente avvicinato alla verità, scavando troppo in profondità.
Ma non è forse ciò che cerchi, la verità?

Un rumore di passi alle tue spalle ti fa voltare di scatto e Shinichi appare all'improvviso, provocandoti un breve sussulto.
"Non hai freddo? È tutta la sera che sei qui fuori" constata incuriosito, avvicinandosi alla ringhiera. "Il dottor Agasa si è addormentato dopo l'ultimo sorso di Sakè. Ti conviene lasciarlo qui se non vuoi portarlo a casa in braccio".
Il detective ridacchia, ma non riesci a seguirlo, né a preoccuparti per lo stato di salute del dottore. Non adesso.
È strano che tu non stia sbraitando per quel sorso di Sakè e Shinichi lo sa, se ne accorge.
"Ehi, che ti prende? Sei strana".

Abbassi lo sguardo, sentendoti in difficoltà da quegli occhi blu che ti scrutano attraverso il buio.
"Basta, Shinichi" gli chiedi, mormorando appena quelle parole cariche di coraggio o, forse, di codardia. "Basta con queste ricerche".
"Cosa?".
Shinichi rimane stupefatto e sai che avrebbe reagito a quel modo. Dopotutto, l'idea di svolgere delle indagini per cercare i tuoi genitori è partita da te e, adesso, riesci a darti mentalmente della stupida.
"Hai capito bene, non voglio trovare i miei genitori" rispondi, senza ammettere repliche. "E voglio che non lo faccia neanche tu".
"Ma... probabilmente sono ancora vivi. Non hai voglia di conoscerli? Non ti capisco" dichiara lui, scuotendo la testa. "Ora hai finalmente l'opportunità di poter scegliere ciò che vuoi, sei libera di vivere la tua vita".
Sospiri, mentre sul tuo volto si dipinge un sorriso amaro.
"Già, dicono tutti che la vita è piena di scelte" continui, sforzandoti di ignorare il dolore al petto per quella risposta consapevole e sofferta, "ma nessuno menziona mai la paura".

Shinichi rimane in silenzio, colto alla sprovvista da quelle parole. Non riesce a capire e, quindi, nemmeno ad accettare quella dichiarazione. Non adesso che stanno per giungere alla verità, quella verità celata riguardante la vita della sua amica.
"Ne sei sicura? Ora che siamo così vicini vuoi mollare tutto? Potresti pentirtene in futuro".
Sollevi lo sguardo verso di lui, respirando profondamente. E sai che, se il destino lo vorrà, sarà lui a decidere quando e come succederà. Hai imparato a conviverci, a rispettarlo. Ad aspettare. Senza alcuna fretta, né obbligo.
"Quella melodia ha risvegliato qualcosa dentro di me. Ho delle immagini confuse in testa" ammetti, osservando ancora una volta la neve. "Se non riesco a ricordare significa che non è ancora il momento per farlo. E se il momento non arriva, beh... pazienza".

Shinichi stavolta sorride, anche se non riesci a notarlo con chiarezza. Ti posa una mano sulla spalla per suggellare quell'impegno e per cercare di allontanare l'insicurezza che traspare in tutta la tua fragilità, ora più che mai.

 
  
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