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Autore: Persej Combe    24/12/2018    2 recensioni
Vieni da me, Augustine. Stasera i bambini sono con la madre. Vieni da me.
[Lubricantshipping]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Clem, Lem, Nuovo personaggio, Professor Platan
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I racconti della scogliera'
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3












   Non ha una tattica particolarmente brillante, ma riesce comunque a tenerti testa!
   Era questo che si erano detti prima i Veterani e i Domadraghi e a cui non aveva prestato abbastanza attenzione. Adesso lo ricordava.
   Blaziken si tirò su da terra facendo forza sui gomiti, poi con un balzo arretrò e tornò in piedi di fronte a lui, dandogli le spalle per poter scrutare con ancor più ferocia il Pokémon che aveva davanti: le fiamme che divampavano dai suoi polsi ardevano di un vigore terribilmente vitale, e non erano state neppure scalfite dall’ultimo colpo che aveva ricevuto. L’aura della Megaevoluzione risplendeva attorno a lui con un calore stupefacente.
   Una Garchomp. Il professore aveva una Garchomp. E loro erano inevitabilmente svantaggiati.
   «Non si preoccupi, le assicuro che non è un interrogatorio», aveva detto il fantomatico Augustine – questo nome gli era rimasto talmente tanto impresso al punto che non riusciva a ricordarsene il cognome – quando l’aveva accolto nel suo studio, e Meyer aveva pensato che fosse proprio una frase da professore, «La veda più come una chiacchierata tra noi due».
   «Tra noi due», aveva ripetuto lui, meccanicamente, sentendo d’improvviso un qualche imbarazzo bruciare sulle guance. Lo scollo di quella camicia aveva ripreso a chiamarlo e se ne era sentito così dannatamente in soggezione.
   «Noi due soltanto», aveva ribadito ancora Augustine. «Perciò si metta pure a suo agio. Dunque, vediamo. Un Blaziken, eh? E che splendide piume! Magari allora sarà il caso di dire tra noi tre, le pare?».
   Blaziken dava l’impressione di essere piuttosto spaesato in quel frangente, immerso nella lotta. Girava e rigirava su sé stesso tentando di memorizzare la fisionomia del campo di battaglia, in modo da trovare una via di fuga dalle trappole che Garchomp di continuo gli tendeva. Ma ogni sforzo si rivelava puntualmente vano, e talvolta nella confusione finiva per tradire i suoi stessi passi: allora le falci di lei lo sfioravano prima con delicatezza, per stuzzicarlo, e poi lo colpivano di getto e con forza nei momenti di distrazione, quando era preso completamente da lei, sia nel corpo che nella mente. Come se non fosse in alcun modo possibile sottrarsi alla sua tattica astuta e a tratti quasi subdola. Meyer si domandò quanto dell’atteggiamento di Garchomp si rispecchiasse nella natura del professore, se vi fosse un qualche cosa di simile che li accomunasse come in genere accade tra un Pokémon e il suo Allenatore.
   «Dunque, signor...» l’aveva chiamato Augustine, sempre lì nel suo studio, dopo aver ribadito che erano in tre e non in due.
   «Meyer. Può bastare anche solo Meyer», aveva puntualizzato subito lui, che non si era mai abituato a certi convenevoli. Augustine aveva sollevato la testa dalle sue schede con un’espressione sorpresa, che però a poco a poco si era fatta sempre più compiaciuta, e gli aveva sorriso.
   «Dunque, Meyer», e Meyer non aveva potuto fare a meno di notare con quanta premura avesse scandito il suo nome «Posso chiederle come è venuto a conoscenza di questo progetto? C’è qualche motivo in particolare che l’ha spinta a presentarsi?».
   «Beh, in effetti me ne ha parlato mia moglie».
   Mentre rievocava quell’affermazione, il suo Blaziken ramazzò a terra in balia dell’ennesimo agguato di Garchomp. Egli quindi si ritrovò a considerare con ancora maggiore consapevolezza l’essere andato lì semplicemente perché era stata Aura a dirglielo. Aura, di nuovo la sua Aura, sempre la sua Aura, la ragione di ogni cosa. Non ebbe la forza di ammettere a sé stesso quanto miserabile fosse quella situazione.
   «Oh! È sposato?».
   Meyer non era riuscito a capire che cosa ci fosse stato mai da sorridere di una cosa del genere, ma Augustine in qualche modo aveva sorriso, ed era stato ingiustamente gentile. Quindi le dita erano corse a sfiorare l’anulare in preda al nervosismo: delle volte ancora gli capitava di andare a cercare con ansia l’anello per rigirarselo tra i polpastrelli, nonostante ormai non lo indossasse più da mesi – i primi tempi si era ostinato a tenerlo lo stesso, di nascosto da Aura.
   «Ecco... In realtà siamo separati da un anno, ormai».
   «Mi dispiace molto, Meyer».
   Un sorriso compassionevole, quello di Augustine. Ingiustamente bello.
   Ingiustamente attraente.
   Blaziken si sollevò in aria per contrattaccare, il fuoco si agitava irrequieto sulle sue zampe mentre scivolava in picchiata a colpire Garchomp con un Calcinvolo. L’occhio freddo di lui si rispecchiò in quello giallo e malizioso di lei, poi un ringhio, uno stridore di lame, e quel muso di squame si fece d’un tratto ravvicinato. Piume volteggiarono nel vento, e prima che potesse rendersi conto dello squarcio nelle carni, lo sparviero allargò maestoso le braccia, si piegò a raggiungere l’altro Pokémon, ma lo mancò e cadde al suolo con un lamento straziato. Meyer lo richiamò, che non riusciva a capire che cosa gli fosse preso: avrebbe potuto facilmente mandare a segno l’ultimo attacco, ma invece si era ritrovato di nuovo nelle grinfie velenose di lei. Blaziken si rialzò, ancora, dolorante, e allora Meyer guardò Garchomp e poi guardò anche Augustine, laggiù, nella sua parte di campo, che sorrideva. E il suo sorriso era ingiustamente attraente, e ingiustamente cattivo nella sua impassibile, disarmante bontà.
   «Lei lo sa, Meyer, che certi Pokémon soffrono nell’atto di megaevolvere?» gli aveva detto prima, sibillino.
   «Come?».
   «La mia Garchomp, ad esempio, nel momento in cui è sopraffatta dall’energia della Megaevoluzione non è in grado di porvi controllo. Questo fa sì che il suo corpo subisca una mutazione contro la sua volontà: le braccia si fondono con le ali a formare delle falci, cambiano rispetto a ciò che è la loro natura apparente. Riesco a rendere l’idea?».
   «Credo di sì».
   «Quindi capisce quanto sia traumatico per un Pokémon sottoporsi ad una trasformazione del genere. È per questo motivo che essa scaturisce solamente nel caso in cui vi sia un forte legame con l’Allenatore. La Megaevoluzione è andare oltre i propri limiti, è accettazione della propria indole più profonda al di là del dolore che essa comporta. Comprende, perciò, quanto sia difficile riuscire a padroneggiarla con abilità. Tra l’altro, molti Allenatori ne abusano semplicemente per sfruttarne la potenza a proprio piacimento, senza tenere in conto gli effetti dannosi che può destare nel Pokémon».
   «E per quanto riguarda Blaziken?».
   «Blaziken è un Pokémon molto raro nella regione di Kalos, e ancora non abbiamo dati a sufficienza per stabilire come reagisca alla Megaevoluzione. Se il nostro colloquio dovesse andare a buon fine, sarei lieto di studiare il suo caso assieme a quello dei pochi altri che si sono presentati con questo stesso Pokémon. Ma adesso, Meyer, mi farebbe un immenso piacere se potessi sfidarla in una lotta».
   Blaziken ansimò e con una zampa andò a coprirsi il taglio che Garchomp gli aveva appena inferto.
   «...Una lotta?».
   «Sì. Altrimenti come potrei capire se il suo Blaziken si tratti di un soggetto valido o meno da studiare? ...Cosa c’è? Perché mi guarda così? L’ho forse messa in imbarazzo?».
   «Ma no, voglio dire, è che io, ecco, io non credo... Insomma, non sono affatto un abile Allenatore. Io non so nulla della Megaevoluzione».
   «E quindi? Caro Meyer, non si lasci intimidire dai Veterani che sono là fuori. Le condizioni erano chiare: chiunque può partecipare, a patto di possedere una Pietrachiave e una Megapietra. Lei mi sembra soddisfi entrambi i requisiti. Coraggio. Non si faccia pregare».
   Era successo tutto rapidamente, al punto che Meyer non aveva neppure saputo dire in che modo fosse giunto a mettere piede sul campo di battaglia, e le sue scarpe si erano ritrovate a calpestare il terriccio e la sabbia da un momento all’altro.
   Blaziken si era fatto avanti, senza nemmeno rifletterci si era prestato a quella prova e altrettanto incoscientemente Meyer aveva impartito i primi comandi, sotto lo sguardo vigile e minuzioso di Augustine che fin da principio non gli aveva dato tregua. Il desiderio della vittoria – una vittoria che era già inarrivabile – si era dischiuso dentro di lui come un fiore di rara bellezza che solo di rado si apra a scoprire i propri petali, e lentamente Meyer aveva percepito crescere quell’ardore, l’intimo piacere che gli suscitava quel senso di spontaneità nella lotta, la più pura disinibizione. Dunque Blaziken e Garchomp si erano venuti uno incontro all’altra nella furia rabbiosa di colpi, si erano fatti vicini e uniti, per tre volte si erano stretti nelle braccia e altrettante avevano sciolto ogni nodo che li legava assieme. Ogni livido era un marchio, ogni pugno una carezza. Ma ad Augustine non era bastato, e per quanto intenso fosse stato il coinvolgimento che trasmettevano i suoi occhi, Meyer aveva colto in modo distinto una certa insoddisfazione nel suo silenzio, nel giudizio perennemente sospeso; se ne era sentito come provocato, e allora aveva cominciato a pretendere, a osare sempre di più nei confronti di sé stesso, finché le penne di Blaziken non avevano preso a crescere e ad infoltirsi, il petto a rigonfiarsi d’ira, il piumaggio a mutare e brillare di un rosso acceso.
   In quel momento lo sguardo di Augustine era cambiato, e finalmente Meyer vi aveva scorto una parvenza d’approvazione, aveva risposto con maggior sicurezza ai suoi attacchi. Blaziken si era esibito in una Danzaspada ed in un primo momento era sembrato che questo fosse bastato a rafforzarlo: con rinnovata velocità, che gli proveniva da quella trasformazione, era riuscito a raggiungere l’avversaria e ad eluderne qualche mossa, più di una volta l’aveva picchiata. Per quanto Garchomp avesse insistito a sfogare la propria Frustrazione su di lui, Blaziken si era rivelato essere un opponente tenace. Ma questa ostinazione non avrebbe potuto tenere tanto a lungo. L’errore di Meyer fu quello di stimare il contrario, quello cioè d’illudersi che soltanto da tale acquisita forza egli sarebbe stato capace di regolare a suo piacimento le sorti della battaglia.
   Fu a quel punto che Blaziken riprese a vacillare, a cadere banalmente nella morsa di lei. Fu infimo e meschino accanirsi con ferocia su di lui che era incapace, e tuttavia fu necessario. Quando convenne che era stato sufficiente, Augustine sollevò una mano, decise di porre fine allo scontro, e venne il Terremoto.
   Il suolo incominciò a tremare. Meyer piantò i piedi nella terra per non perdere l’equilibrio, ma gli dolevano le gambe, ed anche il solo sollevare lo sguardo a tener traccia della lotta era d’improvviso diventato uno sforzo di fatica immane. La testa girava vorticosamente e l’immagine di Blaziken, sospeso in aria con le piume possenti e spettinate sul capo, gli giungeva agli occhi sfocata, abbagliante di luce eterea.
   Il Pokémon era ormai sfinito. Si librava mollemente nel vento come foglia nella corrente, inconsapevole dei propri movimenti. Garchomp lo aveva del tutto in pugno e lo scrutava da lontano, come predatore che abbia finalmente in mano la sua preda, nell’attesa di sferrare l’ultimo fatale colpo. Essa rizzò le pinne del dorso e della coda con un ringhio felino.
   «Blaziken!» chiamò Meyer, temendo per la sua incolumità, per quell’ennesima disfatta ormai certa, inevitabile. Osservò Augustine dall’altro lato del campo: la posa sempre composta, il sorriso ancora irremovibilmente impresso sulle labbra. Se ne sentì sopraffare e a quel punto capì di aver perso.
   Mentre le falci di Garchomp si fiondavano incandescenti a scagliare l’estremo fendente, Meyer sforzò disperato di azzardare un tentativo, di raggiungere una conclusione che non fosse così misera come pareva destinata ad essere, per salvaguardare quel poco di orgoglio che gli era rimasto, una magra consolazione. Blaziken sollevò i palmi a racchiudervi nel mezzo una sfera di fuoco, ed essa si caricò, crebbe fino a condensare ogni energia che gli era rimasta, ma non poté nulla di fronte alla potenza di Garchomp. Il suo artiglio la penetrò con violenza fin nel profondo, Meyer avvertì uno sgomento nel cuore, e tutto esplose in una nube di fumo.
   Quando l’aria si fu diradata, il corpo di Blaziken giaceva esanime sul campo di battaglia. Egli, piegato sulle ginocchia, lo osservava in lontananza con gli occhi turbati e lucidi, e si teneva stancamente nelle braccia. Senza emettere fiato, richiamò il Pokémon nella sfera. Poi abbassò la testa sconfitto.
   Augustine gli venne vicino, si fermò davanti a lui e gli offrì la propria mano; Meyer la prese, vi si aggrappò come il vinto si concede al vincitore. Il professore lo aiutò a risollevarsi, gli restituì il cappello che era caduto a terra. Lo accompagnò all’uscita, e prima di separarsi lo salutò con gentilezza.
   Il suo sorriso, pensò Meyer, era ingiustamente amorevole.


 
 
~ ~ ~



Buongiornissimo e buona Vigilia di Natale a tutti! ♥
Penso fosse da un sacco di tempo che non descrivevo una lotta Pokémon, perciò da questo punto di vista il capitolo di oggi è stato una vera sfida. Volevo provare a rendere un senso di dinamicità sia nella battaglia e anche più in generale nella presenza di più piani temporali nello stesso momento. Spero non sia risultato troppo confusionario, in ogni caso se aveste qualche appunto da farmi non esitate a dirmelo! Questa storia sta diventando una sperimentazione continua, ma devo ammettere che sotto sotto mi sta divertendo un sacco!
Ci tenevo ad aggiornare prima delle feste per farvi gli auguri, è stato un anno pieno di cambiamenti per me, e volevo ringraziare tutti voi, sia amici più stretti che non, che mi siete stati vicini con tanto interesse e tanta passione qui su Efp ma anche su Instagram. Per il 2019 spero di fare ancora meglio e di poter aggiornare con un ritmo ancora più frequente di quello che ho avuto quest'anno (...beh, poi dovrei anche trovare il tempo di prendere la laurea triennale, ma insomma dettagli)!
Un ultimo ringraziamento va ancora a Niki ven e ad Afaneia per le loro dolcissime (come sempre) recensioni alle conchiglie numero 1 e 2! Vorrei mettere il prossimo capitolo per la fine delle vacanze natalizie, vediamo se riesco, nel frattempo comunque mando a tutti quanti bacioni, abbraccioni, torroni e panettoni!
(Se non vi sono arrivati i pandori, è perché quelli me li sono spazzolati già tutti io...)
Buone feste! 

Persej
  
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