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Autore: _astronaut_    24/12/2018    1 recensioni
Zoom su episodi di vita di alcuni dei nostri eroi, dopo il ritorno sulla Terra in seguito alla sconfitta di Thanos.
Stucky, Stark Family, Brutasha and so on: se l'ispirazione chiama, rispondo presente, e spero davvero di regalarvi qualcosa di piacevole da leggere (se siete interessati a capire meglio le coppie, vi consiglierei di leggere l'epilogo di "And it hurts like hell": in caso contrario, potete tranquillamente fare finta che questa parentesi non esista e passare direttamente a leggere questa raccolta xD).
Aggiornamenti ogni due settimane, puntualmente di domenica. Enjoy!
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PERSONAGGI: QUILL e GAMORA
QUANDO: QUALCHE SETTIMANA DOPO LA SCONFITTA DI THANOS

 
Moonlight
 
La Milano era decisamente messa male e necessitava indubbiamente di una manutenzione coi fiocchi: presentava numerose ammaccature – regalino di Thanos – e altrettante bruciature, cui si sommavano graffi profondi che minacciavano di farla aprire in due, se solo l’avessero fatta volare ancora attraverso qualche portale o atmosfera.
Shuri, guardando con occhio critico la navicella dei Guardiani, aveva capito che essa avesse bisogno di una bella puntata dai suoi meccanici. Ed era da ormai una settimana che il velivolo era “in cura” dai terrestri, ma Quill (pur fidandosi ciecamente) sentiva un peso sul cuore, tutte le volte che ci pensava.
Appoggiato al parapetto della grande terrazza del palazzo di T’Challa, Peter guardò in alto e si mise a contare le stelle, cercando di rasserenare la sua mente inquieta e confusa.
Troppe cose erano successe, troppi dolori aveva sopportato, troppe persone aveva incontrato: era stanco, avrebbe solo voluto ritirarsi nella sua piccola cuccetta della Milano e dormire per giorni, lassù, nel buio più profondo, circondato dalla sua famiglia, stretto alla sua donna, immerso nell’Universo infinito.
Perso completamente nei propri pensieri, non si accorse nemmeno del fatto che alle sue spalle ci fosse qualcuno che, come lui, quella notte non riusciva a prendere sonno: Gamora lo avvicinò da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla e facendo scorrere le mani sul suo petto, incrociandole all’altezza del cuore dell’uomo.
Quill sospirò, riconoscendo il suo tocco e il suo profumo, accoccolandosi a lei, guardando verso il cielo colmo di stelle. La Terra – e il Wakanda – erano posti magnifici, ma il loro habitat, la loro vera casa, era lassù: tra le nebulose e le stelle, tra portali e pianeti ignoti, pronti a offrire soccorso a chiunque li chiamasse, o semplicemente a scoprire mondi e posti nuovi.
“Ti va di ballare?” domandò Gamora con un sussurro, un pizzico di palese divertimento nella voce.
“Con te? Sempre” rispose Quill girandosi piano verso di lei, stringendola a sé per i fianchi e cominciandosi a muovere lentamente e dolcemente.
Lei sorrise, gli occhi più luminosi delle Galassie che avevano esplorato, due cieli scuri pieni di lucciole che guardavano solo ed unicamente lui, il viso illuminato dalla luce argentea della luna, che non faceva altro che far brillare i suoi piccoli tatuaggi sul viso.
Non si era mai sentito così fortunato come in quel momento: il solo riuscire ancora a percepirla, respirarla, guardarla, gli sembrava un miracolo. Sorrise, Peter, ricolmo di quel sentimento che era esploso in tutta la sua potenza quando Thanos gliela aveva portata via, prendendosi la sua vita in cambio di una dannatissima gemma, per raggiungere il suo scopo malato e folle.
“Dancing in the moonlight, don’t we have it all?” canticchiò a bassa voce la giovane donna, sorridendo invece serena, accarezzandogli il viso con estrema delicatezza, strappandolo ai suoi lugubri pensieri.
Peter sentì il cuore stringersi in una stretta piacevolmente dolorosa, si fermò, sorrise, e la baciò.
La baciò come sempre aveva desiderato fare, senza nessuno a spiarli o a guardarli storto. La baciò come se fosse l’ultima volta, la baciò come se volesse vivere solo di lei, e non di ossigeno. La sentì sorridere tra le sue labbra, e non poté fare a meno di sorridere a sua volta, rabbrividendo al tocco delle sue mani sulle sue spalle.
“Vuoi tornare nel cielo, vero?” domandò Gamora a qualche centimetro dal suo viso.
“Solo se ci sarai anche tu” mormorò Peter “Non ho intenzione di separarmi da te per nessun motivo al mondo”
Gamora ridacchiò, baciandolo sul collo senza alcuna malizia, abbracciandolo e respirando appieno il suo profumo. Quill non era l’uomo perfetto, non aveva i muscoli di Thor, la fermezza del Capitano, la presenza di Tony, o la scaltrezza di Loki. Quill era semplicemente Quill, un uomo mezzo dio, un ragazzo cresciuto da solo, tra le stelle e mille dolori, che aveva imparato cosa volesse dire essere veramente amato solo quando lei, una guerriera impietosa e letale, aveva deciso di offrirgli, anche un po’ inconsapevolmente, il suo affetto e la sua fiducia, per poi trovarsi a essere, incredibilmente, ricambiata.
Si erano trasformati, da brutti anatroccoli a favolosi cigni, assieme, grazie all’aiuto l’uno dell’altro, e se Gamora avesse dovuto nascere di nuovo, non avrebbe cambiato nulla, ma proprio nulla, del loro rapporto.
Sentì le labbra di Peter andare ad appoggiarsi dolcemente sui suoi capelli, un gesto che ogni volta la faceva sentire a casa, protetta, al sicuro. Un sentimento che, entrambi sapevano, non apparteneva a nessuno dei due e che solo in presenza l’uno dell’altro erano in grado di provare.
Erano indiscutibilmente la cura l’uno ai dolori dell’altra, l’antidoto al veleno che la vita aveva iniettato nelle loro vene, forse con l’intento di farli crollare, o più probabilmente, per farli incontrare, e renderli immuni a qualsiasi scherzo del fato.
Gamora credeva nel destino: credeva nel fatto che tutto, prima o poi, si risolvesse. E che coloro che fossero destinati a stare insieme trovassero sempre il mondo di ritrovarsi. Nonostante il tempo, lo spazio, il mondo, la guerra, la morte. L’esempio lampante che la sua teoria fosse vera era la storia del Capitano e di Bucky. Ogni volta che la donna ci pensava, sentiva un piacevole calore al centro del petto.
Come quei due, anche loro si erano risolti a vicenda, come un puzzle rotto in mille pezzi dalle asperità e dalla crudeltà delle persone che avevano incontrato, quasi bruciato dalla morte di Gamora e dalla scomparsa di Quill.
“You make my heart feel like it’s summer, when the rain is pouring down” intonò Peter facendo sfiorare i loro nasi, facendola sorridere di cuore.
“E se stessimo un po’ qui sulla Terra?” propose Gamora “Andiamo a vedere i posti più belli, io, te, Rocket, Nebula, Drax, Mantis e Groot… In fondo, tutti sanno chi siamo. Non ci guarderanno male”
“E’ più probabile che ci saltino addosso, visto che abbiamo salvato l’Universo” ironizzò Peter prendendola per mano e dirigendosi con calma verso l’interno del palazzo.
“E’ bello non essere odiati, no?” domandò lei con un pizzico di amarezza nella voce “E poi… Avere i piedi su di un terreno solido, non è così male”
“Non vuoi tornare lassù?” domandò Peter preoccupato.
“Non al momento” ammise Gamora “Voglio stare qui. Con te. Voglio vedere questo piccolo mondo per il quale ho combattuto assieme agli Avengers, per il quale ho visto tutti loro essere disposti a dare la vita. Thor mi raccontava delle meraviglie di New York, penso che dovremmo andare a farci un giro”
Peter annuì. “Appena ci sistemano la Milano”
“E’ un po’ ingombrante, non trovi?” chiese divertita Gamora.
“Noi siamo ingombranti” ironizzò Peter “Lo siamo sempre stati”
I due risero, sereni. “Allora, ci stai?” domandò Gamora.
Peter annuì, felice.
Quello era solo l’inizio di una vita che sempre aveva sognato: l’avere un luogo fisso a cui fare ritorno, avere degli amici che sempre stavano con lui, averne degli altri, dai quali avrebbe sempre potuto trovare aiuto in caso di necessità, una donna che amava con tutto sé stesso sempre a suo fianco, l’opportunità di vedere il mondo a cui era stato strappato da bambino senza timore di essere rigettato: sembrava una favola.
“Odio le favole” disse Gamora trascinandolo dolcemente con sé nella sua stanza “E il gran finale”
“Perché?” domandò Peter con la bocca secca.
“Perché quello che conta, è qualcosa per cui una fine non c’è”
“Non siamo una favola” Peter le accarezzò il viso “Siamo la realtà. E per una volta, la realtà è più bella dei nostri più rosei sogni”
 
(1243 parole)

 
Angolino disagiato
Eccomi qui (per Natale, eheheh, dovevo farvi un regalino per farmi perdonare dei clamorosi ritardi, o no? E infatti, ho postato due capitoli, andate a leggere anche il prossimo!), sorpresi, vero? “Solo” un giorno di ritardo, ma scusatemi, ero a sciare.
Fatemi sapere cosa ne pensate! Un abbraccio
 
_astronaut_
 
P.S.
Credits to: Lost Frequencies, Kodaline ed Ermal Meta per le frasi delle loro canzoni che ho inserito in questa OS.
   
 
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