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Autore: Crystal Rose    28/12/2018    2 recensioni
Ho provato ad immaginare cosa accadrebbe se una ragazza con un succoso segreto dovesse incappare nei Germa 66 e nell'armata rivoluzionaria, quanto caos potrebbe creare una ragazzina con straordinarie e improbabili capacità nascoste?
"Tutte le storie cominciano con “C’era una volta in un regno lontano lontano“ e prevedono una bella fanciulla che sta passando un gran brutto momento e resta in attesa di un uomo grande e forte che la salvi e la porti via in sella al suo cavallo bianco verso il loro “vissero per sempre felici e contenti”. La mia storia è esattamente il contrario. Inizia in un piccolo paesino assolutamente di nessuna rilevanza, su di un’isola piuttosto tranquilla e banale, una di quelle che, nonostante fossimo nell’epoca d’oro della pirateria, non veniva visitata né da pirati, né da uomini del governo. Talmente insignificante che non ne veniva dimenticata l’esistenza solo perché comparivamo ancora nelle mappe. Eravamo lontani dalle rotte più battute ed il clima non era mai tanto avverso da spingere qui una nave, neanche per sfortuna."
Genere: Avventura, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Emporio Ivankov, Famiglia Vinsmoke, Sabo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera ultimai la sua tuta, il tempo era scaduto, il giorno successivo l’avrebbe indossata per lasciare il regno… e me. Quella era l’ultima notte che passavo con lui. Me ne tornai alla sua camera senza aspettarlo, avevo bisogno di stare un po’ da sola e riflettere. Mi vorticavano per la testa le parole che Niji mi aveva rivolto al pranzo con il vice-ammiraglio e mi portai le mani al collo, ormai dei lividi che mi aveva lasciato non c’era neanche più l’ombra, sarebbe stato di sicuro contento di riavere la sua tela di nuovo pulita.
 
Mi ero seduta sul letto con le braccia intorno alle ginocchia ed il viso nascosto su esse. Avevo tanta paura. Era un bene che Yonji non ci fosse, non volevo che mi vedesse in quello stato, lui non sopportava i piagnucolii. Niji mi avrebbe piegata o almeno ce l’avrebbe messa tutta per farlo, avrebbe fatto di tutto per ottenere da me tutto ciò che voleva. Non era giusto! Avevo perso tutto, non meritavo quel destino! Strinsi di più le braccia intorno alle gambe come se volessi rimpicciolirmi e sparire e per l’ennesima volta cercai di non piangere. La porta si aprì e fece la sua comparsa sulla soglia il ragazzo dai capelli verdi.
 
Sollevai appena lo sguardo su di lui, non aveva il solito sorriso canzonatorio e allegro. Ebbi quasi la sensazione che non sarebbe voluto tornare lì ad affrontarmi. Quella situazione lo infastidiva palesemente. Chiuse la porta e mi puntò gli occhi addosso senza avvicinarsi.
 
- Hai intenzione di restartene in questo stato fino a quando non partirò? –
 
“Si!”
 
- No. La tua tuta è pronta. – espirò esasperato, sapeva sempre quando mentivo. Si stropicciò il viso con la mano prima di passarsela tra i capelli. Indossava un pantalone scuro con la solita fibbia, la sua preferita ed una maglietta a mezze maniche bianca con il numero 4 nero su una delle maniche. Mi guardò indeciso su cosa fare ed io distolsi lo sguardo. Era irrazionale il mio comportamento, non era colpa sua, lo sapevo, non aveva scelta, non era giusto avercela con lui eppure non potevo fare a meno di sentirmi come se mi avesse tradita. Io mi fidavo di lui, dipendevo da lui in tutto e per tutto e lui mi stava lasciando al mio destino, non era giusto!
 
Si avvicinò al letto e si sedette in modo da avermi di fronte. Non volevo guardarlo.
 
- Senti, non pensi di stare esagerando? Vado via solo per una settimana, non è mica la fine del mondo. – mi voltai a guardarlo risentita.
 
- Da domani sarò nelle mani di Niji per un’intera settimana, senza di te, e ti sembra che stia ESAGERANDO?! –
 
- Cosa? Che diavolo c’entra Niji? – lo guardai come se mi stesse prendendo in giro. – Allora è questo il problema. – mi rise in faccia ed io spalancai gli occhi. Sapevo fosse uno scimmione insensibile ma deridere il mio terrore, la mia preoccupazione e la mia tristezza era insopportabile.
 
“Questo è troppo! Me ne torno in camera mia!”
 
Feci uno scatto nervoso intenzionata a gattonare verso il bordo del letto e a passare l’ultima notte DA SOLA! Lui mi afferrò per la vita continuando a sghignazzare e mi attirò a sé.
 
- Ma dove stai andando adesso? –
 
- IN CAMERA MIA! LASCIAMI! –
 
- Sta buona. – Strinse più forte per tenermi. – Guarda che Niji parte con me, Ichiji e Reiju domani, andiamo tutti e quattro in missione. – sorrideva ed io mi bloccai. Sentì una scossa attraversarmi il cervello per l’impatto della notizia. Voltai il viso quanto più possibile per poterlo guardare e mi trovai ad un soffio dal suo.
 
- Stai dicendo sul serio? – allargò il sorriso.
 
- Sto dicendo sul serio. – ebbi un impeto di gioia, era meraviglioso! Era una fortuna inaspettata, con tutti i Vinsmoke fuori dai piedi sarebbe stata la mia occasione d’oro per scappare. Non solo non dovevo preoccuparmi più di Niji, avevo tutto il tempo e la libertà di movimento per elaborare un piano ed andarmene, era fantastico! Mi voltai di scatto gettandomi al suo collo, lo abbracciai in preda ad una gioia isterica che facevo fatica a controllare. – Ed io che pensavo che ti dispiacesse che me ne andassi. – sorrideva, ma non provò ad allontanarmi come suo solito, anzi ricambiò il mio abbraccio.
 
- Stupido gorilla, tu non capisci niente di sentimenti! – sorrisi a mia volta - Certo che mi dispiace che te ne vai, ma adesso so che non è la fine. – Quello era solo il principio. Però in effetti… quella era davvero l’ultima volta che lo vedevo, dal momento in cui sarebbe partito non lo avrei rivisto mai più e un po’ mi dispiaceva, il mio entusiasmo iniziò a scemare. Lo strinsi di più, in fondo un po’ mi ci ero affezionata, mi aveva protetta durante quelle settimane ed ora ero io quella che stava per tradirlo. Mi sarebbe mancato. Chiusi gli occhi e lo strinsi forte.
 
- Tra una settimana sarò di ritorno. – mi disse in tono calmo. – Potresti approfittarne per finire la tuta di Niji, così sarà più semplice riuscire a tenerti con me. – mi stavo sentendo uno schifo, lui pensava a come proteggermi al suo ritorno ed io stavo pensando a come abbandonarlo, ma dovevo farmi forza, non avrei avuto una seconda occasione e non potevo restare. Appoggiai la testa nell’incavo del suo collo, non ero pronta a guardarlo, non volevo che mi leggesse tutto dal viso. Potevo immaginare benissimo la sua confusione per questo mio cambiamento, ma credo che anche se fosse stato in grado di capire tutta la gamma dei sentimenti umani non avrebbe mai potuto indovinare quello che stavo provando in quel momento.
 
Non mi ero mai avvicinata a lui così tanto e per così tanto tempo, sentivo il suo profumo, non ci avevo mai fatto caso prima, era davvero buono. Buffo come ci si renda conto di ciò che si ha vicino solo quando si è ad un passo dal perderlo. Mi lasciò starmene lì, senza dire niente, senza fare niente, senza rompere l’incanto. Era la prima volta che lo avvertivo, che sentivo davvero la sua presenza. Il suo corpo era caldo ed iniziavo ad avvertire tutti i dettagli della sua umanità, il petto muscoloso che si alzava ed abbassava ritmicamente seguendo il suo respiro, il suo cuore che batteva forte e regolare. Non mi era mai sembrato reale come in quel momento.
 
Non era come nessuno dei ragazzi che avevo conosciuto fino a quel momento e non saprei dire se fosse un male o un bene. Lo sentì sorridere e mi chiesi quale fosse il filo di pensieri che stesse seguendo la sua mente. Gli poggiai la mano destra sul petto proprio sul cuore e lo sentivo battere forte sotto le mie dita.
 
- Cosa c’è di divertente? – chiesi senza muovermi.
 
- Te lo avevo detto che alla fine saresti caduta tra le mie braccia. – sorrisi a mia volta.
 
- Sei un idiota. –
 
- Un idiota che aveva ragione. – fu un attimo, un solo gesto fluido e alquanto inaspettato e mi ritrovai stesa con il suo sorriso sopra di me. Si passò una ciocca dei miei capelli neri tra le dita mentre mi accarezzava il viso. – Sei così dannatamente bella… - tentò di avvicinarsi ed io chiusi gli occhi e gli poggiai la punta delle dita sulle labbra per fermarlo. Tutto questo era sbagliato, non dovevo lasciarmi distrarre, dovevo rimanere lucida. Lui sarebbe partito ed io sarei scappata, quello che stava succedendo non aveva senso. Non dovevo dimenticare che mi aveva rapita e pestata e che ero ancora in suo possesso. Cedere avrebbe reso solo tutto più difficile e per quanto fosse terribilmente attraente era tutto terribilmente sbagliato.
 
Lui rimase fermo, gli occhi azzurri fissi su di me, non diede di matto, non si arrabbiò, restò fermo qualche secondo senza mai smettere di fissarmi, sorridendo, poi mi baciò le dita, il palmo della mano e scese lungo il polso, mi dava i brividi e non gli stessi di Niji, questa non era paura, era altro ed una volta tanto sembravo io a non capire cosa stessi sentendo. Poggiò la mia mano sul cuscino, di fianco alla mia testa e la teneva serrata nella sua. Iniziavo a sentire una gran confusione dentro, come se avessi messo tutti i miei pensieri in una beuta con un agitatore magnetico. Stavo perdendo lucidità, dovevo fermarlo finché ne sarei stata capace o sarebbe stato troppo tardi.
 
Si avvicinò a me finché i nostri visi non si sfiorarono, sentivo la solidità del suo corpo contro il mio, le sue labbra erano ad un soffio dalle mie. Nella mia testa risuonava forte il campanello di allarme. Dovevo fermarlo!
 
“Fermalo!”
 
- Yonji… - non dovevo! Non dovevo! - … ti prego… - dissi praticamente in un sospiro.
 
“Complimenti! Davvero molto convincente!”
 
Lo sentì sorridere ma non si allontanò di un millimetro.
 
“Questo non va bene! Questo non va affatto bene!”
 
Non riuscivo ad articolare una frase di senso compiuto, ma cosa mi stava succedendo?! Dov’era finita tutta la mia tenacia, tutta la mia combattività? Perché non riuscivo a fare altro che restarmene lì a fissare il suo sorriso con il respiro accelerato? Le sue labbra sfiorarono le mie ed un brivido mi scosse. Era troppo tardi.
 
- Yonji… avevi promesso… che… - niente, la mente era completamente sconnessa, non ricordavo neanche più cosa avesse promesso.
 
- Oh, al diavolo! – lo sentì dire prima di poggiare le labbra sulle mie e baciarmi. Nessuno mi aveva mai baciata prima, nessuno si era mai avvicinato a me così tanto, non lo avevo mai permesso. Potevo fermarlo, se glielo avessi chiesto, se lo avessi respinto… solo che non volevo. A dire il vero non sapevo neanche io cosa volevo in quel momento, sapevo di star commettendo un grave errore, mio padre e Marla sarebbero stati molto delusi, mi avevano cresciuta inculcandomi l’idea che fosse sbagliato, con un Vinsmoke poi, un comandante del Germa 66. Mi sentivo in colpa, tremendamente in colpa perché non volevo che si fermasse.
 
Gli portai il braccio libero tremante sulla spalla e poi dietro la nuca e lo sentì sorridere sulle mie labbra prima di baciarmi di nuovo con più foga di prima. Se fino a poco prima avevo avuto i pensieri ingarbugliati, in quel momento la mia mente razionale si era completamente disconnessa lasciando spazio ad una parte di me che non sapevo di avere. Non so se avrei potuto fermarlo, forse sarebbe stato impossibile, ma quando iniziò a baciarmi il collo fui abbastanza sicura di non avere nessuna intenzione di volerlo scoprire. Rabbrividì, era la prima volta che qualcuno mi facesse rabbrividire in quel modo.
 
Accarezzò con il dorso delle dita la tempia, scendendo lungo lo zigomo, la guancia, il collo, lasciando brividi al suo passaggio. Sfiorò con la mano la mia silhouette seguendo il profilo del seno e la curva ad S sella vita e dei fianchi. Il respiro mi era diventato terribilmente irregolare e sentivo il cuore martellarmi nelle orecchie. Fermò la mano proprio dove finiva la camicia da notte e si fermò un attimo ad osservarmi sorridente, da quel momento non si tornava più indietro, ma in fondo lo sapevo che era già troppo tardi. Mi sollevai un po’ e lo baciai, aveva vinto ma non credevo che la sconfitta potesse essere così piacevole.
 
Assaporò la vittoria sulle mie labbra con passione, non era un uomo abituato a trattenersi, ad aspettare, ad essere paziente, era abituato a prendersi ciò che voleva. Si sollevò un po’ per liberarsi della maglietta e mi ritrovai davanti quel fisico perfetto e statuario, credo di non aver mai visto niente di simile in vita mia. Tornò su di me per baciarmi ancora ed io iniziavo ad essere terrorizzata, non osavo toccarlo. Lui se ne rese conto e mi passò una mano dietro la schiena per tirarmi su di scatto, costringendomi così a posargli le mani sulle spalle e sul petto muscoloso. Aveva un fisico straordinario di cui era pienamente consapevole. Sentivo la punta delle dita formicolare dal bisogno di toccarlo, di esplorare ogni centimetro di petto, addominali, spalle, schiena.
 
Lui mi lasciò fare spostando le labbra sul mio corpo, così come le bretelle della camicia da notte, ormai completamente calate lungo le braccia. Aveva fatto uno sforzo, si era trattenuto ancora per darmi tempo, per far sì che non mi facessi prendere dal panico e ci ripensassi perché lui non avrebbe più potuto fermarsi, neanche se glielo avessi chiesto. Ed ora non poteva più trattenersi, lo sentivo dai suoi baci, sempre più aggressivi, dalle sue mani che esploravano e stringevano la mia pelle possessive. Era stato calmo quanto più aveva potuto ma ormai anche il suo di respiro iniziava ad essere accelerato, era al limite, non poteva darmi più tempo.
 
Mi spinse giù bruscamente e si slacciò la sua fibbia preferita per liberarsi di pantaloni ed intimo. Era bellissimo, neanche la statua di un dio sarebbe stata così perfetta. Mi strappò letteralmente la camicia da notte e l’intimo di dosso e non ebbi neanche il tempo di imbarazzarmi, fu un attimo, un solo attimo e sentì esplodere dentro di me la sensazione più intensa che avessi mai provato in vita mia, al limite tra il dolore ed il piacere, talmente intensa da farmi inarcare e strappare un gemito. Neanche nelle mie fantasie più sfrenate avrei mai potuto immaginare cosa si provi in quel momento.
 
Lo stesso gemito scappò anche a lui a riprova del fatto che non ero la sola a provare quelle sensazioni. Iniziò a muoversi, poderose stilettate che mi fecero temere che mi avrebbe fatto a pezzi, poi il dolore iniziò a sparire, il mio corpo iniziava ad abituarsi al suo ed anche lui doveva essersene accorto perché il ritmo cambiò diventando più frenetico e più possente, non lasciava tregua, non lasciava respiro, il cuore mi pulsava nelle orecchie e nel petto, sembrava sul punto di esplodere, la testa mi ronzava, sentivo una sensazione fortissima che si era impadronita di me e che non riuscivo a gestire.
 
Artigliai la sua schiena con tutte le mie forze, ne volevo ancora, sebbene ciò che sentissi fosse devastante. La mia mente era scivolata alla deriva, credevo che quella sensazione potesse farmi impazzire, ma era straordinaria e più si intensificava più ne volevo. Crebbe a tal punto che ad un certo punto la sentì esplodere con una potenza inimmaginabile. Inarcai la schiena ed urlai artigliando lui quanto più forte potessi. Lo sentì gemere in risposta, abbassando la testa. Il super-uomo aveva il fiatone, io mi sentivo invece un uovo strapazzato e sentivo ancora nel ventre l’eco di quell’esplosione di piacere che mi aveva fatto urlare. Lo vidi sorridere prima di sollevare la testa a guardarmi.
 
- Sei ancora tutta intera? –
 
- Non lo so. – avevo il fiatone ed ero ancora scossa da brividi di piacere, speravo solo di non star sbavando.
 
Sbuffò un sorriso e si tolse di dosso. Doveva essere più o meno così andare a letto con una divinità. Boccheggiavo cercando di ritrovare un ritmo normale per cuore e respiro, ero distrutta e… straordinariamente appagata. Mi tremavano le gambe e le braccia per l’intensità di quel rapporto e non ero sicura di riuscire ad alzarmi più, mi sentivo una gelatina informe. Lui si stese al mio fianco e mi attirò a sé cingendomi in un abbraccio, la solidità del suo corpo fu di grande aiuto visto che la mia sembrava inesistente in quel momento.
 
- Per essere una ragazzina gracilina e delicata alle prime armi te la sei cavata bene. – mi canzonò. Normalmente lo avrei colpito o gli avrei risposto a tono ma ero troppo esausta e scombussolata per mettere in opera un pensiero razionale.
 
- Grazie… - mi limitai a rispondere solo questo facendolo ridere.
 
- Posso fare di meglio sai? –
 
Cercai di alzare il viso per fissare sul suo volto compiaciuto due enormi e stralunati occhi sgranati color ghiaccio.
 
- Di meglio?! – la mia espressione lo fece ridere.
 
- Ovviamente. Non ho voluto esagerare. Magari la prossima volta. –
 
- La prossima volta?! – sembravo un’ebete.
 
- Ti ho ridotta peggio di quanto pensassi. – rise parecchio soddisfatto. – È un bene che io stia via una settimana, così potrai riprenderti. – per fortuna ero ancora troppo sconvolta per cui non riuscì a leggere sul mio volto il mio piano di fuga. Non ci sarebbe stata una prossima volta, quella era stata la prima e sarebbe stata anche l’ultima. Appoggiai la testa sul suo petto, volevo solo dormire. – Lo avevo capito che ti piacevo, sai? – gli feci un verso interrogativo, ero troppo stanca per rispondere. – Lo vedevo ogni volta che mi guardavi o mi avvicinavo. – gli risposi con un verso di assenso ma ormai ero più nel mondo dei sogni che in quello della veglia.
 
Mi risvegliai qualche ora dopo, ancora tra le sue braccia, la mente era tornata a funzionarmi lucidamente. Che diavolo avevo fatto?! Era stato straordinario e lo avevo voluto ma come diavolo avevo potuto volerlo?! Santo cielo era un Vinsmoke ed io ero… maledizione! Percepì che mi ero svegliata e mi strinse di più a sé, era piacevole, lo ammettevo, ma proprio quello era il problema. Non poteva funzionare, non c’era nessun modo in cui avrei potuto vivere felice e contenta tra le braccia di uno come lui, un Vinsmoke, un comandante dei Germa 66, un principe, un uomo senza alcuni dei sentimenti che più contano.
 
Avevo sbagliato ma non sarebbe successo mai più perché presto sarei andata via. Ero stata debole perché pensavo di non rivederlo più, perché… mi ci ero affezionata. Ma cose di questo genere peggiorano solo la situazione. Mi voltai di lato per provare a divincolarmi e svignarmela.
 
- Già sveglia? – mi bisbigliò all’orecchio senza ricevere alcuna risposta. – Forse non sono stato bravo quanto credevo. – lo sentì sorridere vicino al mio orecchio ed il contatto con le sue labbra ed il suo respiro mi diedero i brividi. Mi strinse di più a sé e sentì che era piuttosto propenso a fare un altro tentativo, cosa che assolutamente non avrei permesso, primo perché non dovevo assolutamente ripetere quello sbaglio e secondo perché il mio fisico non avrebbe retto ad un secondo round.
 
- Non credo di poter resistere ad un altro giro, era… la mia prima volta… mi serve tempo. – Espirò rassegnato.
 
- E va bene, vuol dire che se ne parlerà al mio ritorno. – si sistemò meglio vicino a me, ma io rimasi immobile. – Non aver paura. Farò in modo che Niji non possa farti del male. –
 
- Come? –
 
- Mi inventerò qualcosa, te lo prometto. – mi baciò la testa. Avrei voluto credergli e restare lì, ma non potevo, dovevo andarmene. Mi voltai verso di lui per guardarlo.
 
- Yonji… - mi rivolse un verso interrogativo. - … mi mancherai. – era vero e più definitiva di quanto lui immaginasse come affermazione.
 
- Anche tu. – Non intendevamo quel sentimento allo stesso modo, ma apprezzavo il tentativo. Mi fece appoggiare sul suo petto cingendomi con un braccio. – Ma ora ho una nuovissima e super tecnologica Raid Suit, vedrai che farò in un lampo e tornerò prestissimo. –
 
“E non troverai nessuno al tuo ritorno…” ero triste, mi dispiaceva sul serio lasciarlo.
 
- Andiamo, non fare quella faccia, resterò qui ancora per qualche ora e non voglio vederti con quell’espressione, non dopo stanotte, potrei pensare che non ti sia piaciuto. – mi sorrise compiaciuto ed io ricambiai.
 
- È vero, resterai ancora per qualche ora, non voglio essere triste. – avrei avuto tutto il tempo poi. Sospirai e mi accoccolai sul suo petto. Ormai il danno era fatto, tanto voleva godermelo fino in fondo.
 
Il tempo passò ad una velocità impressionante, appena un battito di ciglia ed era già ora di prepararsi alla partenza e sentivo di non essere ancora pronta a quel momento, ormai avevo atteso per due settimane l’occasione di scappare, qualche altro minuto non avrebbe cambiato niente. Stavo facendo del mio meglio per nascondere quello che provavo, se avesse intuito i miei piani sarebbe stato un disastro. Sfruttai la necessità di dovermi lavare e vestire per tornarmene in camera mia in modo da lasciargli libera la doccia della sua camera. Quando mi guardai allo specchio avevo un aspetto davvero allarmante. Sembravo una pazza! I capelli erano un groviglio spaventoso ed avevo gli occhi leggermente cerchiati, avevo dormito davvero poco ed ora che lo notavo iniziavo a vedere dei leggeri aloni sulla mia pelle bianca, c’era da aspettarselo che con la sua forza qualche livido me lo lasciasse, il fatto è che non ricordavo minimamente di quando potesse avermeli procurati. Decisi di non pensarci e di procedere con i preparativi.
 
Quando uscì dalla mia camera ero tornata ad essere presentabile, indossavo un bell’abito e sorridevo come un’idiota, era stupido, ma mi sentivo come se avessi dovuto dimostrare qualcosa, come se avessi dovuto convincerlo che ne valevo la pena. Sciocco, stava per andarsene, non lo avrei più rivisto, cosa importava quello che pensava. Chiusi la porta sovrappensiero e quando mi voltai per poco non mi venne un infarto visto che mi ritrovai davanti Niji.
 
- Ti ho spaventata? Ero solo passato a salutarti. –
 
“Che carino!” pensai acidamente.
 
- Tra poco partiremo, sembra lo facciano apposta a tenerci separati, ma non preoccuparti, tornerò quanto prima e sarai tutta mia. – un sorriso disgustoso.
 
“Certo! Come no! Continua a crederci!”
 
Cercai di sorpassarlo ma poggiò la mano contro il muro o sarebbe meglio dire che colpì il muro a poca distanza dal mio viso e dovetti fermarmi per forza.
 
- Hai qualcosa di diverso questa mattina. – osservò lui. – Che cosa ti è successo? – glielo avrei detto solo per vederlo mangiarsi il fegato e dopotutto cosa mi importava, stavo per andarmene, Niji non sarebbe mai più stato un problema mio. Gli sorrisi sfacciata.
 
- Non lo indovini? – la sua espressione cambiò completamente e non fu difficile leggerne le intenzioni. Era furioso ed io terrorizzata e al contempo soddisfatta.
 
“Ti sta bene! Maledetto sadico bastardo!”
 
- Come ha potuto?! Avevamo detto di non romperti. –
 
“Ti sarebbe piaciuto arrivare per primo, mi fai schifo!” sorrisi soddisfatta e questo lo fece infuriare, si preparò a colpirmi, ma una volta tanto ne valeva la pena.
 
- Questo si che è un miracolo! Sei già pronta e non devo aspettare due ore. – Yonji. Guardai Niji con arroganza e sorridendo.
 
“Colpiscimi adesso bastardo, se hai il fegato.”
 
- Oh ci sei anche tu fratello. Guarda che spettacolo la mia nuova tuta! – in effetti era meravigliosa, nera e verde, aderiva perfettamente al suo corpo, gli stivali finalmente non facevano quell’orribile suono quando camminava, in realtà non emettevano nessun suono, ed anche il mantello era stato rinnovato e potenziato. Niji guardò infastidito il fratello per l’ennesima interruzione.
 
- Meravigliosa! – disse acidamente facendo ridere il bestione.
 
- Sarà meglio che andiamo o partiranno senza di noi. –
 
- Ne dubito. – era furioso ed io ero decisamente contenta, mi chiesi come avrebbe reagito se fossi saltata addosso al bestione proprio in quel momento, ma non era il caso di sfidare la sorte in quel modo, mi limitai a provare a sorpassarlo di nuovo per seguire Yonji che si era già avviato. Niji mi afferrò per un braccio.
 
- Riprenderemo il discorso al mio ritorno, e stavolta nessuno ci interromperà più. – strinse fino a farmi male per sottolineare il concetto. Feci una smorfia di dolore e lo guardai male e lui finalmente ritrovò il sorriso. Ebbi un brivido al pensiero di cosa la fantasia gli stesse suggerendo in quel momento. Mi lasciò andare ed io mi affrettai a raggiungere Yonji. Gli occhi di Niji mi perforarono la schiena per tutto il tragitto.
 
Arrivati ad un certo punto il bestione rallentò il passo per permettere a Niji di superarci, ormai eravamo praticamente arrivati a destinazione.
 
- Allora, ascoltami! – iniziò lo scimmione con un tono di voce piuttosto alto in modo che anche il fratello riuscisse a sentirlo. – Quando partiamo, di solito, c’è una specie di parata, quindi io ora vado con i miei fratelli e tu devi raggiungere l’altro estremo dello spiazzo e posizionarti vicino a mio padre… - mentre mi parlava teneva gli occhi inchiodati sul fratello ed io feci altrettanto per capire cosa stesse guardando. Appena chiuse la porta si interruppe e mi afferrò trascinandomi dietro l’angolo, mi sollevò come fossi senza peso, con le spalle contro il muro e mi baciò possessivo, come a rimarcare la proprietà su di me.
 
- Questa è l’ultima occasione per salutarti, dopo non potrò farlo. Ti ha fatto del male? –
 
“Non quanto io ne ho fatto a lui!”
 
Scossi la testa. – No, non mi ha fatto niente. – sorrise e tornò a baciarmi, gli misi le braccia intorno al collo, infilando le mani tra i capelli verdi. Mi baciò con una tale intensità che ebbi quasi la sensazione che volesse tornare in camera, ma i suoi obblighi erano più forti di tutto e alla fine fu costretto a fermarsi appoggiando la fronte contro la mia per frenare l’istinto.
 
- Tornerò presto. – disse solo.
 
- Lo so. – non riuscì a controllare il tono della mia voce, ancora sconvolta da quel bacio e lui si scostò leggermente per guardarmi, aveva capito che qualcosa non andava ma la voce dei suoi fratelli che lo chiamavano lo obbligarono a mettermi giù e lasciarmi andare. Mi seguì con lo sguardo finché poté, poi raggiunse i fratelli.
 
La parata militare per la partenza dei principi a cui fummo tutti “gentilmente” invitati a partecipare cominciò. I militari che non partivano con i loro comandanti erano disposti lungo due file a formare una sorta di corridoio in cui i principi potessero passare, seguiti dall’esercito che li avrebbe accompagnati. Il padre ed io li aspettavamo alla fine del corridoio. Potevo vederli avanzare sorridenti, scherzando tra loro. Portai involontariamente lo sguardo sul ragazzo dai capelli verdi ed incrocia il suo scoprendo che anche lui non mi staccava gli occhi di dosso mentre continuava a scherzare con i suoi fratelli.
 
Il padre li salutò pomposamente con un discorso di incoraggiamento e augurandogli la buona sorte, scoppiava di orgoglio per i suoi ragazzi. Vidi salire il bestione insieme a sua sorella su una delle due navi mentre Niji e Ichiji salivano sull’altra. Restarono a guardare nella nostra direzione finché fu loro possibile. Non pensavo che mi sarebbe dispiaciuto così tanto vederlo andare via, cercai di imprimermi nella mente quell’ultima immagine di lui, sulla gigantesca nave Germa, che si allontanava.
 
- Vostra maestà. – dissi in tono asettico, mi sentivo terribilmente vuota. Judge si voltò verso di me per ascoltarmi, non riuscivo a smettere di fissare il punto in cui lo avevo visto sparire. – Chiedo il permesso di accedere ai laboratori di Niji per iniziare a lavorare alla sua Raid Suit in modo che sia pronta al suo ritorno. –
 
- Devo dirtelo Signorina Lea, mi hai stupito. Sei stata molto collaborativa ed hai ottenuto straordinari risultati. –
 
- La ringrazio, spero di continuare a non deluderla. – la mia voce era atona e priva di emozioni, ma dentro di me stavo scoppiando in lacrime.
 
- Hai il mio permesso per accedere ai laboratori di Niji, ma durante l’assenza dei ragazzi pranzerai e cenerai con me tutti i giorni per aggiornarmi sul tuo lavoro e sui tuoi progressi. –
 
- Come desiderate vostra maestà. Con permesso. – raccolsi tutte le mie forze per restar salda e non crollare e mi congedai avviandomi verso i laboratori di Niji. Avevo elaborato un piano. Durante quella settimana avrei lavorato alla tuta di Niji ed essendo l’elettricità il suo punto forte ne avrei approfittato per realizzare un congegno per testare la sua Raid Suit. Con la scusa di aumentare il voltaggio e l’intensità della corrente generate e sopportate dalla tuta avrei realizzato un congegno che mi avrebbe consentito di mandare il cortocircuito il regno di Germa per un tempo sufficiente a consentirmi di raggiungere una nave, riattivare la corrente e scappare.
 
Avevo un solo tentativo a disposizione, se avessi fallito e mi avessero scoperta mi avrebbero uccisa. Non potevo sbagliare, non stavolta.
   
 
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