“But
oh, my heart was flawed | I knew my weakness | So hold my hand | Consign me not to darkness”
Mumford & Sons. Broken Crown
Piccadilly
Circus, Londra, 11 settembre
Ore 4:45 PM
Piccadilly
Circus era il luogo in cui Trent, Chase e Chris avevano organizzato il secret
show mentre Ewan era insieme ad Amelia. L’avevano scelto perché era un posto centrale,
sufficiente ad accogliere un vasto numero di persone e ben servito dai mezzi
pubblici – oltre a essere iconico e suggestivo.
Amelia aveva raggiunto i ragazzi da una decina di
minuti, aveva spento la musica su Broken Crown
dei Mumford & Sons e si era ritagliata un piccolo angolo all’ombra da cui
poterli osservare predisporre la strumentazione per suonare. Stava scorrendo la
sua home di Instagram e aveva già individuato alcuni degli indizi che la band
aveva disseminato per consentire ai fans di individuarli. Avevano postato un orario,
un pezzo del nome della fermata metropolitana – una foto tagliata non semplice
da riconoscere per chi non era di Londra o non conoscesse a memoria il
complicato reticolo della Tube – e una serie di cavi che lasciavano intendere
di essere collegati a una chitarra e un microfono. Dai commenti che Amelia
stava leggendo fu in grado di capire che molte persone avevano già indovinato
cosa stavano organizzando gli Shards. Forse in molti si stavano già muovendo
per cercare di individuare il luogo esatto.
Bloccò lo schermo dello smartphone, sollevando gli
occhi sui quattro ragazzi, ancora intenti a sistemare i propri strumenti mentre
intorno a loro le persone continuavano a passare. Ewan aveva un cappellino
calcato sulla testa e occhiali da sole che gli donavano in modo particolare.
Era anonimo con quel look semplice e la cosa contribuiva a farlo passare ancora
più inosservato del solito.
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno lei sarebbe
stata lì, a osservarli montare i propri strumenti per uno show segreto alle
masse? Amelia non riusciva a togliersi dalla mente quanto tutto ciò che le
stava succedendo fosse inverosimile. Negli ultimi giorni era riuscita, almeno
un minimo, a ignorare quel costante pensiero, ma dalla sera precedente quello
si era ripresentato da lei con forza, portando con sé altre sensazioni. La
ragazza non riusciva a fare a meno di pensare a come sarebbero andate le cose
se la telefonata di Chase non avesse interrotto lei e Ewan. Nel modo in cui si
stavano baciando c’era un tale trasporto che non dubitava del fatto che le cose
si sarebbero potute evolvere in un solo modo. Lei voleva Ewan ed era certa che
se Chase non avesse chiamato il ragazzo loro avrebbero passato la notte
insieme. Tuttavia quell’idea – più simile a una consapevolezza che altro –
aveva generato qualcosa in Amelia. Una sensazione frustrante le si era annidata
dentro il petto, appena sotto al cuore. Una morsa opprimente, come un piccolo
buco nero pronto a inghiottire ogni altra sensazione. Ed era il suo passato l’autore
di quell’orrendo stato emotivo, un passato che per quanto lei si ostinasse a
ignorare ricompariva sempre, con insistenza maggiore a mano a mano che i suoi
sentimenti per qualcuno si intensificavano. Non sapeva perché, ma la paura di
soffrire di nuovo aveva la spaventosa capacità di annichilire tutto il resto,
inclusa quel senso di caldo e piacere che Ewan era in grado di trasmetterle
ogni volta che sorrideva nella sua direzione.
«Quinto indizio.»
L’esclamazione di Chris la riportò alla realtà, sul
marciapiede di Londra. Seguì con lo sguardo il giovane fare una foto alla
facciata di uno dei palazzi presenti per poi postarla sui social, dopodiché la raggiunse.
«Una decina di minuti al massimo e iniziamo» la informò. «Perciò prima devo
chiederti un favore.» Si grattò il mento in attesa della risposta, la barba che
cominciava a diventare piuttosto lunga. La ragazza acconsentì a fargli il
favore e lui le passò il telefono. «Quando iniziamo vorrei che ci facessi una
foto in cui si vede bene il posto e noi. Dovresti pubblicarla su Instagram e
Twitter, sono già connesso con gli account degli Shards. Scrivi qualcosa tipo “Adesso”
e metti hastag come “Secret show”, o
roba del genere, sentiti libera. Il codice per sbloccare il telefono è 2588.»
Amelia lo guardò perplessa. «Vuoi davvero che lo
faccia io?»
Di tutta risposta Chris si strinse nelle spalle. «Perché
no? Sei una dei nostri adesso.»
Si incamminò per ricongiungersi agli altri, lasciando
la ragazza incredula su quanto le era appena stato detto. Si chiese se ci fosse
altro sotto e, soprattutto, di quanto i membri degli Shards sapessero di lei e
Ewan. Quelle domande avevano appena iniziato a ronzarle in testa quando il
tastierista tornò a richiamare la sua attenzione. «Ricordati eh, 2588» disse,
scandendo il codice con lentezza.
Amelia corrugò la fronte, guardando torva il ragazzo. «Guarda
che me lo ricordo. Hai scelto una sequenza a prova di idiota.»
«E secondo te perché l’ha scelta lui?» si intromise
Chase. La ragazza scoppiò a ridere, incrociando poi lo sguardo di Ewan, che
stava sorridendo nella sua direzione. Quel suo semplice gesto le provocò una
fitta nel petto, la stessa che si può provare nel guardare qualcosa di estremamente
bello. Insieme ad essa, però, fu in grado di intensificare anche quel senso
soffocante che da ore non voleva saperne di scomparire. Si
concentrò su Trent, l’unico che le donava un’immotivata sicurezza. L’aura
austera del chitarrista le piaceva in modo particolare, forse perché a
differenza di Chase e Chris – che comunque adorava – lui non aveva mai fatto
allusioni in qualche modo riconducibili a quanto stava avvenendo fra lei e il
cantante.
Ewan le si avvicinò, facendola
sussultare quando, una volta averla raggiunta, disse: «Che te ne pare?»
Amelia si voltò a guardarlo, spostando
poi gli occhi sul piccolo angolo di strada che i quattro si erano
ritagliati. La piazza era trafficatissima fra turisti e persone di
passaggio, ma qualche sospetto fan degli Shards cominciava già a comparire.
Piccadilly Circus in fin dei conti era uno dei luoghi simbolo di Londra, facile
per chi conosceva la città individuare il luogo anche attraverso sporadici e
criptati indizi.
«Trovo che sia un bellissimo lunedì per
un concerto» rispose la ragazza, dopo aver pensato un momento a cosa dire.
«Hai qualche richiesta particolare? Non
abbiamo pensato a nessuna scaletta, credo improvviseremo ogni
pezzo» proseguì lui, dopo aver sorriso all’affermazione di Amelia.
Quest’ultima soppesò la domanda del
ragazzo, in cerca di una canzone che avrebbe voluto ascoltare quel pomeriggio,
in quell’atmosfera unica. Avrebbe voluto sentire ogni singolo brano degli
Shards, proprio come ai loro concerti; non c’era canzone che non le
dispiacesse non venisse suonata, ma era inevitabile che molte fossero
sacrificate quando un gruppo aveva tre album all’attivo. Tuttavia, da quel 2
luglio che sembrava ormai appartenere a un universo parallelo, c’era solo una
canzone a cui sentiva di non voler rinunciare.
«Penelope» disse
piano, quasi imbarazzata. Voleva sentirla di nuovo cantata da Ewan,
sentirlo mormorare le prime strofe di quel brano con il lento accompagnamento
della tastiera, per poi salire di tono fino a esplodere nel ritornello, il
momento della canzone in cui musica e parole scatenavano in Amelia brividi per
l’emozione.
Ewan sorrise nel sentire la sua
richiesta. Era contento del fatto che alla ragazza piacesse quella canzone,
dopotutto lui sapeva di averla scritta per lei, per quella persona a cui sentiva
di essere legato prima ancora di incontrarla. Penelope era la loro canzone, quella era una consapevolezza di
entrambi, innegabile, ma che nessuno dei due aveva ancora avuto il coraggio di
ammettere.
«Sarà fatto» promise il cantante
con un cenno.
«Ewan sono le cinque» urlò Chase,
che si era già sistemato sul suo cajón, pronto per suonare.
Il cantante si ridestò, borbottando un
“accidenti”. Il ritardo: perenne tratto distintivo di Ewan Cassian Hill; ad
Amelia sfuggì un sorriso. Il ragazzo si tolse il cappello e glielo allungò. «Ti
dispiace tenermelo?» le chiese.
Amelia acconsentì, mettendosi il
cappello in testa. Le andava largo, ma sentiva che le donava. Ewan si sistemò
malamente i capelli con un rapido gesto della mano, scuotendo qualcosa dentro
la ragazza, dopodiché le diede un veloce bacio sulla guancia e raggiunse i
suoi compagni, tutti sistemati con i relativi strumenti. Amelia si sfiorò il
viso, sentendo ancora il tocco leggero delle labbra del ragazzo. La sua mente
stava per iniziare a fantasticare ma non ne ebbe il tempo, la voce di Chris,
infatti, la tenne ancorata alla realtà: «Ami ricorda: 2–»
«588. Lo so Chris, lo so» sbottò
lei, ma non riuscì comunque a fingersi infastidita dalla cosa e finì con il
mettersi a ridere.
Il gruppo iniziò poi a suonare, portando
la prima delle loro canzoni in versione acustica. L’impianto improvvisato
contribuiva a incrementare il volume della voce di Ewan, che iniziò a
mescolarsi al traffico di mezzi e persone in Piccadilly Circus. Qualche
passante iniziò a voltare la testa in direzione del gruppo e Amelia pensò bene
di eseguire gli ordini che Chris le aveva dato poco prima. Scattò un paio di
fotografie in modo che si vedesse bene la band e la piazza che li stava
ospitando, riprendendo dall’angolazione migliore per inquadrare anche i
display luminosi, banale e palese indizio del punto della città in cui si
trovavano. Ora che il secret show era iniziato il luogo del concerto
andava sbandierato per bene. Attraverso i profili degli Shards la ragazza
pubblicò le foto sui vari social, inserendo una descrizione semplice e alcuni
hastag, incluso quello che le aveva suggerito prima Chris. Aveva appena
pubblicato le foto che subito cominciarono a piovere le prime notifiche. Cuori,
commenti e retweet comparvero sotto le immagini, diffondendo la notizia
del concerto improvvisato con una velocità sconvolgente. I social network erano
un ottimo mezzo, Amelia l’aveva sempre saputo, ma in quel momento si rese conto
della potenza che possedevano. Alcune persone già si fermavano davanti agli
Shards ad ascoltarli suonare e lei, temendo che in meno di venti minuti la
piazza di Piccadilly si sarebbe riempita all’inverosimile, decise di godersi un
po’ di quella musica con cui la sua band preferita stava riempiendo l’aria.
Gli Shards erano una eccellente band da
stadio. Le loro canzoni erano energiche ed erano le uniche che Amelia ballasse,
lei che non era mai stata amante del ballo. Tuttavia le versioni acustiche
delle loro canzoni la lasciavano senza fiato e le piacevano allo stesso modo di
quelle originali. La voce di Ewan era portata per cantare a quel modo,
sapeva essere delicata e avvolgente, perfetta per essere accompagnata dalle
tastiere, da una chitarra acustica e un semplice cajón come
percussione. Il modo in cui riusciva a far vibrare le parole scatenava
nella ragazza un’infinità di emozioni diverse. La musica era sempre stata un
rifugio sicuro per lei, in cui nascondersi e riprendersi dai dolori della vita,
in particolare le canzoni degli Shards; quelle, ormai da anni, erano l’incarnazione
della salvezza. Per tale ragione poter essere lì insieme ai creatori di quelle melodie
continuava a essere qualcosa di surreale e bellissimo. Non avrebbe saputo
spiegare a parole quello che tutto ciò le faceva provare, non avrebbe mai
trovato termini o aggettivi con una tale forza. Tuttavia le sarebbe
piaciuto far capire a qualcuno cosa sentiva, almeno per non passare da persona
ossessionata o, peggio, fanatica.
Le canzoni suonate dagli Shards si
susseguirono in una sequenza perfetta, ciascuna mostrando il suo lato più
leggero e sensibile nella versione acustica. Con il passare del tempo, però,
sempre più persone si fermarono intorno ai quattro, creando un capannello fitto
e impenetrabile. Amelia sapeva che erano tutti loro fan. Il numero di notifiche
sui vari social aveva ormai superato le quattro cifre e dal modo in cui
ragazzi e ragazze raggiungevano di corsa il luogo del concerto – uscendo in
fretta dalla Tube, scendendo dai bus o giungendo dalle strade laterali – era
chiaro che quel secret show non era più tale. La visuale di Amelia fu
totalmente oscurata, non superare il metro e sessantacinque non le era affatto
d’aiuto. Si accontentò di sentire la voce di Ewan, sebbene il traffico e
il chiacchiericcio – a tratti isterico – di tutti i nuovi arrivati non le
consentivano di assaporare quei momenti con il desiderato trasporto. Si
spostò in cerca di un punto migliore, ma la calca di gente che continuava ad
aumentare rese la sua idea del tutto inutile.
La prima ora scorse così, con persone su
persone che continuavano a intasare Piccadilly Circus e gli Shards che
cantavano e intrattenevano i fans, ringraziandoli di essere venuti a quel loro
show segreto. Sebbene non riuscisse a vederlo, Amelia poteva capire dal suo
tono che Ewan si stava divertendo per il fatto che l’idea partorita dai suoi
amici avesse portato una così vasta quantità di persone nel cuore pulsante di
Londra.
«Vi facciamo un regalo» disse
dopo l’ennesimo pezzo il cantante. Alla ragazza parve quasi di vederlo
mentre lo sentiva inspirare, le labbra a sfiorare la superficie ruvida della
testa del microfono. «Questo è un brano nuovo, che abbiamo suonato davvero
poche volte. Sono molto legato a questa canzone e spero davvero che vi
piaccia.» Gli venne spontaneo cercare con gli occhi Amelia, ma non fu in
grado di trovarla. Davanti e tutt’intorno a lui c’erano solo volti sorridenti
ed eccitati. Sapeva che la ragazza era lì da qualche parte, che lo stava
ascoltando, ma in quel momento avrebbe solo voluto incontrare i suoi
occhi castani. Anche lei avrebbe voluto udire Penelope in condizioni ben diverse rispetto a quelle in cui si
trovava in quel momento. Le prime parole di quella canzone la stavano già
facendo fremere quando si rese conto che qualcuno dei presenti conosceva quel
brano. Lo canticchiavano con fare insicuro, mugugnando più che altro, ma era
evidente che dovevano aver premuto play più volte sui pochi video di YouTube
che esistevano di quella canzone.
D’improvviso si sentì strana, violata.
Le sembrava quasi che quelle persone le stessero portando via qualcosa di
personale, di suo. Come se si fossero intromessi a centinaia nel rapporto fra
lei e il cantante e facessero di tutto per allontanarli. Non avevano senso
quelle emozioni, lo sapeva, eppure non riusciva a ignorarle. Lo aveva
sempre saputo che quando si trattava di Ewan non si sarebbe mai potuto avere l’esclusiva,
non riguardo la sua musica e le sue canzoni. Lui le scriveva apposta per
condividerle, per far sì che tutti potessero provare emozioni a ogni ascolto.
Non avrebbe dovuto sorprendersi della cosa, né esserne infastidita o addolorata;
dopotutto anche lei faceva parte di quella sfilza di persone che poteva
usufruire dell’arte degli Shards. Tuttavia per Penelope provava emozioni uniche, inclusa una sorta di
gelosia. La prima volta che era stata suonata dal vivo Ewan l’aveva
espressamente dedicata a lei e anche la notte stessa, in giro per Glasgow, le
aveva rivelato che era stato il suo disegno – per lei così banale – ad
ispirarlo. Penelope era il brano
che la faceva sentire legata al cantante, che rendeva concreto e tangibile
quanto le stava accadendo ormai da più di un mese. Quando sentiva quella
canzone, anche quando ripensava solo alle parole, alla mente le affioravano la
moltitudine di ricordi che aveva immagazzinato di Ewan dal momento del suo
arrivo a Londra. Ripensava ai caffè presi insieme, le ore di lavoro per le
grafiche, le chiacchiere su cinema, musica e tutte le altre cose su cui avevano
speso il loro tempo. Rivedeva con una nitidezza sorprendente le uscite con il
ragazzo, quasi le sembrava di sentire ancora i suoi baci. Era
sconvolgente ciò che quella canzone scatenava in lei, il modo in cui le
ribaltava lo stomaco e le scaldava l’anima.
Continuò a guardarsi intorno, a guardare
quelle centinaia di giovani e meno giovani che affollavano Piccadilly Circus
per ascoltare gli Shards e si rese conto che la sensazione opprimente che
provava al petto si stava intensificando, divenendo quasi claustrofobica. Si
chiese cosa ci facesse lei in quel posto, con il cappellino di Ewan calcato
sulla testa e il cellulare di Chris in mano, che continuamente si illuminava
per via di nuove notifiche dai vari social della band. Pensò a come sarebbero
potute evolversi le cose, a come avrebbe potuto sentirsi nel dover sopportare
ogni volta di doversi fare da parte affinché sconosciuti potessero avere la
possibilità di incontrare i propri idoli, incluso il ragazzo di cui lei sapeva
di starsi innamorando. Come avrebbe potuto reggere a tutto quello se nemmeno
quando la riservatezza, la quiete e l’intimità erano garantiti, le sue storie
erano andate a buon fine? Cercò di scacciare quei pensieri concentrandosi sulla
voce di Ewan ma le fu impossibile. Il caos del traffico e delle persone
sembravano dare nuova forza a ciò che di negativo le aveva invaso il petto e
allagato la mente. Le sembrava tutto così complicato, impossibile, al
punto che si chiese se davvero stava facendo le scelte giuste per sé. La
sofferenza era sempre lì, pronta a ripresentarsi al primo segno di instabilità.
Forse lei non era fatta per quell’ambiente, non era all’altezza dei quattro
ragazzi che continuamente le donavano sostegno e sollievo con le proprie
canzoni.
Forse lei non era abbastanza per Ewan.
Sentì il respiro morirle in gola appena
formulò quel pensiero. Eric e Richard l’avevano abbandonata e tradita perché
lei non era stata sufficiente per entrambi e anche i pochi ragazzi che erano
venuti dopo di loro non la consideravano adeguata se non per il suo corpo. Una
delusione dietro l’altra le avevano distrutto ogni sicurezza, ferendola nel
profondo, e tutto ciò era sempre avvenuto proprio quando lei si era aperta
con quelle persone, alle volte anche donando tutta se stessa. A causa di
ciò le risultava impossibile ignorare quella voce che, come un monito, le
chiedeva perché con Ewan avrebbe dovuto essere diverso se, fino a quel momento,
i ragazzi che le avevano detto di provare dei sentimenti per lei non avevano
fatto altro che ferirla.
Fece del suo meglio per concentrarsi sulla musica
degli Shards, sulla voce rassicurante di Ewan che sembrava quasi volerla
accarezzare in mezzo a quel caos di persone. Tuttavia il pensiero del ragazzo
fu solo in grado di incrementare quel tormento che ormai l’aveva presa.
I minuti
successivi parvero durare un’eternità. Le persone intorno a lei urlavano e si
divertivano, cantando le canzoni e battendo le mani. Amelia, invece, si sentì
d’un tratto senza difese come se qualcuno, da un momento all’altro, potesse
arrivare per strapparle il cuore dal petto. Era già passata almeno una volta da
quello stato e anche allora riuscire a stare meglio aveva richiesto molto
tempo.
Il secret show degli
Shards terminò. La ragazza sentì Ewan annunciarlo al microfono e ringraziare di
cuore tutti i presenti. Lei ebbe un moto di rabbia verso di sé per non aver
saputo godere appieno di quelle ore in cui la sua band preferita aveva offerto
intrattenimento senza chiedere nulla in cambio, ma anche la sua stessa rabbia
fu di scarso aiuto nel recupero di un adeguato autocontrollo. Aveva bisogno di
stare un po’ sola, almeno per cercare di riordinare le idee, di capire cosa,
davvero, avrebbe dovuto fare.
Tuttavia non
poteva andarsene in quel momento, perciò rimase lì, ad aspettare che i ragazzi
si liberassero dai nugoli di persone che si erano loro radunati intorno. Come
le avevano già dimostrato più volte, i quattro erano cortesi e alla mano con i
propri fan. Si scattavano foto, firmavano autografi e chiacchieravano con
tutti, dando a ciascuno il proprio tempo da trascorrere insieme. Amelia rimase
lì, immobile a osservare la scena, il petto schiacciato dalle emozioni e
domande su domande che le accalcavano la mente. Non riusciva a spiegarsi perché
si fosse sentita così dal momento in cui Penelope
era iniziata, sebbene capisse che c’entrava quella canzone e tutto ciò che la
legava a Ewan. La paura era un’emozione brutale, più forte e intensa di molte
altre e, purtroppo per lei, ormai ben radicata nel suo cuore.
Ci volle quasi
un’ora perché gli Shards si liberassero dai propri fan. Amelia raggiunse i
quattro mentre questi cominciavano a smontate e scollegare i propri strumenti,
riponendoli con cura nelle rispettive custodie. La ragazza restituì il
cellulare a Chris, il quale controllò le varie notifiche. «Certo che potevi
anche farle sparire ogni tanto» le disse, riferendosi alle piccole note rosse
che in ogni social brillavano in un punto preciso.
«È il tuo
telefono, non mi sembrava garbato» si scusò lei arricciando le labbra con fare
indispettito. Il ragazzo sollevò un sopracciglio. «Beh, la prossima volta
non farti tutti questi problemi. Avresti potuto pubblicare anche una foto delle
tutte scarpe, per farti capire quanto teniamo in considerazione i nostri
social.»
«È un modo
bizzarro per spiegare che non siamo dei fissati riguardo ai contenuti dei
nostri post sui social network. Ma direi che dovresti averlo capito anche da
sola.» Ewan comparve con quelle parole al fianco di Amelia. Era
visibilmente soddisfatto del piccolo e improvvisato show che avevano
tenuto, la ragazza lo capì dal sorriso che gli illuminava il volto. Trovava che
quando il cantante era così felice diventasse ancora più bello. Si tolse di
testa il cappello, pronta per restituirlo al suo proprietario, ma Ewan fece un
cenno con la mano. «Tienilo pure. Ti dona.»
Amelia si sentì
arrossire a quelle poche parole e non ne capì con esattezza il motivo. Era un
marasma di emozioni quello che le stava invadendo la cassa toracica e pensò che
rincasare, cercare di riordinare il tutto e capire come muoversi potesse essere
la soluzione migliore alla sua situazione.
«Si va a
mangiare qualcosa?» propose Chase, che nel mentre aveva raggiunto i tre.
Chris e Ewan
acconsentirono subito, Amelia, invece, non ne fu in grado. Non poteva stare
insieme a loro, non nello stato in cui si sentiva in quel momento. Non avrebbe
potuto fingere di stare bene, che tutto andasse a meraviglia; i ragazzi erano
svegli, avrebbero capito che qualcosa la stava turbando. Le servivano tempo e
spazio per sé e, in quel preciso momento, una valida scusa.
«Io...scusate,
ma io devo passare» disse.
Chase, Chris e
Ewan la guardarono delusi. Nonostante il disagio che si ritrovò a provare fu in
grado di proseguire: «Ho detto a Pani che ci saremmo sentite verso le otto e,
beh, gliel’ho promesso.»
Non riuscì a
evitare di sentirsi in colpa a udire la sua stessa voce, ma la scusa parve
funzionare. Anche se dispiaciuti, i ragazzi la lasciarono andare verso casa.
Ewan si offrì di accompagnarla, ma lei declinò dicendo che non gli andava di
sapere che rinunciava alla sua uscita con gli Shards per lei.
Il ragazzo
allora le sorrise. «Vorrà dire che ci sentiamo» le disse.
«Ci sentiamo»
rispose lei. Tentò di nuovo di restituirgli il cappello e lui di nuovo non lo
volle. Amelia quindi salutò i presenti – incluso Trent che nel frattempo li
aveva raggiunti – e si avviò in direzione della Tube. Quando fu certa di non
essere vista da nessuno dei ragazzi si portò una mano sullo stomaco. Il cuore
le batteva a ritmi forsennati e cominciava a sudare freddo. Si sentiva invasa
da un’angoscia irrazionale e violenta. Quello stato emotivo aveva tutta la
parvenza di un attacco di panico, per lei inspiegabile. Perché doveva andare a
finire così? Perché ora che sapeva di essere in procinto di innamorarsi di
nuovo, e di qualcuno che sembrava davvero interessato a lei, il suo passato e
le sue paure sembravano essere più capaci che mai di afferrarla e trascinarla a
fondo, nella parte più buia e fredda della sua anima?