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Autore: LeanhaunSidhe    29/12/2018    11 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Cercava di aiutare Mu si rivelò più impegnativo di quanto immaginasse: benché il suo cosmo fosse meno vasto di quello di Kiki, si stava comunque rivelando sconfinato rispetto alle sue possibilità. Da sola non sarebbe mai riuscita a purificarlo dalla mole di oscurità che aveva dentro. Poteva solo mantenerlo lucido lungo il tragitto dal Jamir al campo dei Dunedain, cercando di non restare contaminata lei stessa. Mu era più alto di lei. Si era fatta passare il suo braccio sopra la spalla. Lo sorreggeva a fatica e la loro andatura iniziava ad essere claudicante. Si accorgeva anche che l'odore del cavaliere andava mutando: iniziava ad assumere una nota di quello dei perduti. Aveva bisogno di mantenere il contatto fisico per tenere attivo il suo potere. Non poteva permettersi di cedere. Aveva troppo da perdere.

Mu stava sviluppando troppa rabbia, persino contro di lei. Ingegnò uno stratagemma sciocco per guadagnare tempo. Doveva comunque tentare. Si schiarì la voce per richiamare la sua attenzione e lo vide girare il viso sudato.

"Quando gli dei ti tormentavano..."

Iniziò titubante, non avendo in mente altro argomento di conversazione, in quel momento.

"..pensavi mai a tuo fratello?"

Il cavaliere, affaticato, sorrise. Capì subito l'intento e, invece di spronarla ad andarsene, si concesse di assecondarla per qualche minuto. Deglutì. La fissò con occhi profondi.

"Ci pensavo in ogni momento."

Nonostante tutto, la perfezione dei suoi lineamenti non era ancora stravolta. Riprese fiato, cercando di emulare l'andatura della ragazzina, per non sbilanciarla ulteriormente.

"Mio fratello è cambiato molto da quando era piccolo. Ma immagino tu ne sappia più di me."

Seleina titubò appena. Per un istante, la presa sul braccio di Mu fu meno salda. Era stata lei ad iniziare il discorso e doveva aspettarsi, da parte di una persona intuitiva quale sapeva essere il cavaliere d'ariete, una affermazione come quella.

"Io l'ho incontrato che era già cambiato. Il dolore muta tutti, in un modo o nell'altro."

Poi gli afferrò nuovamente il polso. Non lo avrebbe più lasciato. Unì le dita attorno di esso e gli artigli le graffiarono il palmo, che sanguinò appena.

Mu l'aveva guardata ancora. Nelle difese mentali abbassate della ragazza scorse sensazioni che avrebbe preferito non vedere.

"Hai una certa esperienza. Non ti riferisci solo a Kiki."

Lei scosse il capo. Un po' tacque. Era cosciente di avere al fianco un potente psicocineta. Non avrebbe potuto isolare i propri pensieri neppure se avesse voluto.

"Affrontare il dolore di tutti mi ha fortificato e mi avrebbe ucciso; affrontare quello di Kiki mi ha permesso di sopravvivere."

Ormai la superficie era stata grattata. Mu voleva sapere.

"Spiegati, per favore."

La vide cercare parole che faticava a trovare. Fu preso in giro che, come telecineta, qualcosa avrebbe potuto leggere già da sé. Era piacevole averla accanto, in quella difficile situazione.

“Io non vedo, Grande Mu. Io sento: voci e sensazioni che non mi è sempre stato possibile scegliere di ignorare. Cose che sai perfettamente non tue ma che ti feriscono esattamente come le persone a cui appartengono.”

I loro passi procedevano lenti ma costanti e, metro dopo metro, il campo di avvicinava.

“Chi sta male ti chiama: ti reclama a sé come la pace di cui ha bisogno e tu puoi solo obbedire. Non hai altra scelta se non cancellare quel dolore, vivendolo come fosse tuo, mentre lo purifichi. E’ di una bellezza sconvolgente un’anima che torna libera ma è anche una cosa che ti consuma.”

Seleina gesticolava mentre raccontava e metteva una certa enfasi in ogni parola.

“All’inizio ero costretta in ogni caso. Poi sono diventata abbastanza forte da oppormi qualche volta. Abbastanza brava da capire che, come le anime tormentate mi distruggevano, quelle luminose come quella di Kiki potevano rinvigorirmi.”

Aveva una voce melodiosa e vibrante, che sembrava appartenere ad una persona ben più matura.

“In teoria non facevo niente di sbagliato: avevo solo bisogno di percepire che ci fossero persone che stessero e facessero del bene, a questo mondo. Per questo, mi facevo portare spesso al Grande Tempio. Li ci sono molte persone buone.”

Seleina aveva rallentato: si era quasi bloccata.

“Il problema è che con persone senza cosmo comando io. Sono sicura di non mostrare niente delle cattive percezioni che ho ricevuto da altri. Con chi è dotato di cosmo, la musica cambia: comanda lui. E se non sto attenta, è facile che passo qualche... schifezza. ”

Per un attimo era calato il silenzio. Il controllo che aveva di se stessa aveva preservato Mu dal provare davvero ciò che aveva paventato, fino ad allora. Quando poi lui si scusò, lei si sentì in dovere di chiarire.

“Anche ora, per isolarmi da voi, sto facendo una fatica assurda. Voi cavalieri d’oro siete davvero potenti.”

Ammise chiaramente.

D'un tratto, il legame che Seleina e Kiki avevano, prese più forma nella mente dell'interlocutore.

"Intendi dire che Kiki ha provato qualcosa delle tue... percezioni?"

Seleina sospirò. Temette una reazione da parte dell'altro. Se si fosse arrabbiato in quel momento sarebbe stata perduta. Del resto, mentire le era impossibile.

"A volte."

Aveva trattenuto il fiato e non era stata ancora azzannata. Anzi, percepiva Mu curioso più che collerico.

"Kiki è stato l'unica persona dotata di cosmo che ho aiutato. E' stato il primo. Ne avessi saputo prima gli effetti non lo avrei mai fatto."

Puntò il viso a terra, colpevole.

"Ero troppo piccola per capire."

Mu, invece, sospirò. Alleggerito, improvvisamente, di quella preoccupazione enorme, stava ritrovando anche la forza di contrastare gli effetti dell'oscurità che aveva dentro.

"Allora, è anche colpa tua se Kiki è stato così lunatico negli anni?"

Seleina si bloccò di colpo, sorpresa. Si sarebbe sentita anche leggermente offesa, se non si fossero trovati in quella situazione.

"Certo non gli ho reso la vita più facile ma lui era affranto per la vostra dipartita anche prima conoscere me, sia chiaro. Ad ognuno le sue colpe, Grande Mu."

La risata gli uscì leggera, di cuore. Le vene del collo che pulsavano, scure, quasi bruciavano meno. Le avrebbe scompigliato i capelli, se avesse potuto. Kiki allora non si era così indebolito negli anni solo per propria colpa. Quella ragazzina, inconsapevolmente, ci aveva messo del suo.

"L'averci riportati alla vita, quindi, non è solo il tuo modo di chiedere ad Atena di proteggere Asgard dai perduti e diventare più forte. E' anche per fare ammenda?"

Seleina era rimasta a bocca aperta, sbalordita. Era la prima volta che rivoltavano lei come un calzino e non le era affatto dispiaciuto. Non se lo sarebbe mai aspettata, soprattutto da un uomo, specie da un cavaliere nato e cresciuto nei confini del santuario, in una società avvezza solo alla giustizia senza storture. Senza dubbio Mu era parecchio più furbo del fratello minore. Guardò il cavaliere, si soffermò sul sorriso delicato e compiaciuto. Annuì, arresa. Poi rise lei stessa, complice.

"Che dite? Se riesco a salvare anche il futuro gran sacerdote il debito sarà del tutto saldato?"


 


 




 

Zalaia era furioso. Se avesse avuto tra le mani, in quell'istante, lo smidollato che Seleina, con tanto sforzo, al loro accampamento, l'avrebbe volentieri dilaniato. Ad ogni suo passo, il rumore del metallo dell'armatura vibrava, ritmico. Avanzò attraverso la cortina di nebbia prodotta dai perduti come se non esistesse. Raggiunse il centro del villaggio deserto e, alzato il palmp libero al cielo, richiamò a sè la miriade di fuochi fatui. Mano a mano che questi si ridistribuivano in cerchio attorno a lui, come minuscole sfere luminose nel panno lattigginoso della notte, la nebbia si diradava celere. Presto, fu accolto dalle sembianze deformi dei perduti, mentre le sue fiammelle lo circondavano della loro luce fioca. Zalaia ringhiò di nuovo ed impugnò la falce con entrambe le mani. Spiccò un balzo, rapidissimo. Un attimo dopo, la testa del primo nemico rotolava a terra. Lui non era come i cavalieri di Atena. Non perdeva tempo in chiacchiere. Si scaraventò addosso al secondo e dove non arrivò con la falce maciullò con gli artigli. Sapeva che quelle cose non avevano un cuore ma controllò comunque. Nell'estrarre il pugno vuoto dal centro del petto, fu colpito da un puzzo nauseabondo. Mentre un corpo decapitato si afflosciava come un sacco mezzo vuoto, fece roteare la falce con la mano pulita e raschiò il terreno. Quei due cadaveri appestavano ed erano pericolosi: dovevano sparire, prima che i proprietari si ricomponessero. Il vento che trasportava quei due perduti alla dimensione a cui essi appartenevano sembrò purificare anche l'aria. Mentre altri perduti tentavano di sorprenderlo alle spalle, Zalaia si girò su se stesso. Ne eliminò due con un fendente solo. Fermandosi al centro della piccola piazza, riattivò il vortice completamente, piantando la false, salda, a terra. Presto, verso di lui venne risucchiata la mole di oggetti più disparata: cesti, stoffe, ortaggi. Tutte le merci esposte in quella tranquilla giornata di mercato gli passarono vicino senza sfiorarlo. Il tuonare del vento era potente ma era sovrastato dai versi dei perduti rimasti che conficcavano gli artigli nel terreno, si arpionavano a bancherelle, muri delle case, inutilmente. I capelli rossi di Zalaia saettavano in ogni direzione, coprendo il suo viso pallido. Dopo lunghi minuti era finito tutto. Il guerriero non si curò di spostare gli oggetti di intralcio che incrociò andandosene. Aveva perso fin troppo tempo. Una luce scura lo avvolse per restituirlo nelle sue sembianze animali. I lemuriani seppero che tutto era finito quando videro un immenso lupo nero correre via nel cielo lontano.

 

 

 

Contro ogni suo presentimento, Mu si svegliò su una superfice morbida. Non appena erano arrivati in prossimità del campo, Seleina lo aveva lasciato andare, si era lasciata scivolare sulle ginocchia ed era praticamente svenuta. Aveva provato ad impedirle di battere la testa. Riuscì a sfiorarle i capelli e rendersi conto che, dal respiro, fosse letteralmente piombata nel sonno. Nel frattempo, due uomini parecchio più alti di lui, coperti di armature di pelli, si erano fatti avanti, saltati giù da mura di legno alte qualche decina di metri. Dalle sembianze, non aveva dubbi che si trattassero di Dunedain. Seleina, poco prima di arrivare, gli aveva fatto memorizzare il nome di una certa Mnemosine, la guaritrice. Per sicurezza, aveva detto la ragazza. Riuscì giusto a pronunciare quel nome, prima di essere afferrato per il braccio, sollevato come un fuscello e trasportato come un sacco di patate dentro il loro centro abitato. Era troppo stanco per opporsi. Notò che alla ragazza avevano riservato un trattamento di poco migliore. Senza parlare, li avevano poi scaricati davanti ad una capanna che sembrava un po' più grande delle altre. Ad accoglierli, aveva trovato una donna dai capelli rossi e di grande fascino. I due soldati che li avevano portati avevano parlato con lei. Doveva avere una certa autorità. Sembrava averli sgridati per qualcosa. Doveva essere stato così, perchè avevano preso Seleina in braccio invece di lanciarla, quasi, come prima.

"Io sono Mnemosine, la guaritrice di questo villaggio. Tu chi sei, straniero?"

Si presentò ma all'improvviso fu tutto buio. Gli dissero dopo, che aveva dormito per quasi due giorni.


Note: ho modificato leggermente una piccola parte del testo, che risultava un po’ fumosa, almeno, spero di aver fatto meglio. Nel caso, se vi va, chiedete. Altrimenti: buona lettura.

 

   
 
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