~Diari~
2003 ~ Forks
Dopo aver
rivisitato tutti i posti dove eravamo stati, tornammo a Forks.
Non era cambiato nulla dall’ultima
volta in cui ci eravamo stati, a parte le persone ovviamente.
La generazione di quegli anni non ci
conosceva e tutti coloro che ci avevano incontrati in passato, non c’erano più.
Purtroppo non tutti si dimenticavano
dei Freddi.
Infatti i Quileute non ci avevano
dimenticati.
Il capobranco non era più Ephraim
Black, era morto anche lui.
Sapevamo però, che loro tramandavano
le leggende di generazione in generazione , e che quindi probabilmente alcuni
membri della tribù sapevano chi eravamo.
Per non rischiare una guerra
inutile, decidemmo di rispettare ancora il patto che tanti anni fa mio padre e
Black strinsero.
Carlisle non perse occasione per un
incarico nell’ospedale di Forks.
Ci eravamo prodigati per far sparire
dagli archivi dell’ospedale tutto ciò che potesse riguardare il suo incarico
precedente.
Io e Alice ci iscrivemmo al primo
anno della Forks High School, mentre Rosalie, Jasper
e Emmett, si iscrissero al terzo anno.
A loro non andava di ripetere tutti
gli anni scolastici dall’inizio.
La versione che mio padre dette ai
docenti era sempre la stessa, con qualche piccolo ritocco.
Eravamo stati adottati, venivamo
dall’Alaska e ogni tanto, nelle giornate di sole partivamo per passare qualche
giorno in campeggio.
Tuttavia nessuno ci faceva domande.
L’istinto prevaleva sulla curiosità.
Sapevano inconsciamente che eravamo
pericolosi e fortunatamente nessuno ne capiva il perché.
Il primo giorno di scuola era, come
sempre, noioso.
I professori ci presentarono alla
classe e ci fecero accomodare nei banchi liberi.
Tutti ci guardavano come se fossimo
degli dei.
Era normale, le nostre prede si
sentivano attratte da noi.
Io ero quello che se la passava
peggio.
Non solo ero costretto ad essere
fissato, ma dovevo anche sorbirmi i pensieri di tutti.
Quelli delle ragazze erano i
peggiori.
Mi desideravano, speravano che io le
notassi.
Per
loro fortuna nessuna mi interessava. Erano sciocche e vuote.
Pensavano solo ai ragazzi e
all’apparenza.
Nessuna avrebbe mai attirato la mia
attenzione.
I pensieri più fastidiosi erano
quelli di una ragazzina che seguiva la maggior parte dei corsi con me.
Si chiamava Jessica Stanley.
Lei non si limitava a pensare a me,
creava delle illusioni nella sua mente che erano davvero scoccianti.
Si immaginava abbracciata a me,
desiderava che io la baciassi. Si vedeva fare delle lunghe passeggiate con me,
mano nella mano come due innamorati.
Aveva persino sognato il nostro
matrimonio.
Era davvero straziante.
Per quanto possibile cercavo di
rimanere fuori dalla sua mente.
Era davvero difficile, anche perché
il mio potere non si spegneva e accendeva come e quando volevo.
Ero costretto ad ascoltare i pensieri
della gente, senza poter smettere.
Cercavo di distrarmi come più
potevo, ma il vampiro che era in me, valutava e controllava tutte le menti.
Dovevo stare attento che nessuno
capisse cosa eravamo davvero.
Se qualcuno capiva qualcosa,
dovevamo scappare prima che fosse troppo tardi.
I giorni si susseguirono
velocemente. Ci abituammo presto alla nostra nuova situazione.
La scuola per noi non era un
problema.
Eravamo più intelligenti dei
professori stessi.
Ma fingere era la nostra
prerogativa.
Le nostre medie erano altissime e
nei pensieri dei miei professori vi leggevo solo frustrazione, per la nostra
intelligenza.
D’altronde con due lauree in
medicina non potevo non sapere più cose di loro.
Un giorno mentre ero a caccia,
scoprii nel bosco di Forks una radura bellissima.
Non avevo visto niente di più bello.
Era primavera ormai e il prato era
ricoperto di fiori.
La pioggia faceva brillare l’erba
come diamanti.
Era uno spettacolo davvero
delizioso.
Mi rilassava stare lì.
Sapevo che quel posto sarebbe
diventato il mio rifugio segreto, un posto dove poter pensare senza essere
disturbato, un posto dove sarei stato il vero me stesso.
Tornai a casa sereno.
Emmett e Jasper giocavano a
combattere tra di loro.
Rosalie stava ritoccando la mia
Volvo in garage.
Carlisle era in ospedale per
un’emergenza e Esme disegnava nuovi progetti per arredare una casa in città.
Alice invece era imbronciata in un
angolo del salotto.
Mi avvicinai a lei.
“Cosa c’è piccolina?” le chiesi avvicinandomi a lei.
“È proprio questo il problema, non
lo so! ” urlò frustrata.
La strinsi a me e le accarezzai il
capo.
“Oggi ho avuto una visione, ma non
riesco a venirne a capo.” Disse.
“Prova a parlarmene, magari insieme
riusciamo a capire cosa succederà.” Le dissi ancora stringendola a me.
“Non era molto chiara. Arriverà
qualcuno.
Ho paura Edward.
E se fosse qualcuno che vuole farci
del male?
Non voglio che succeda nulla a
nessuno di noi!” disse prendendosi il capo tra le mani.
Le sorrisi e le girai il viso in
modo che mi guardasse.
“Sorellina, non preoccuparti.
Se non hai avuto una visione più
chiara vuol dire che l’arrivo di questa persona non riguardi noi direttamente.
E poi siamo in sette.
Cosa vuoi che faccia una sola
persona contro di noi?
Troverà pane per i suoi denti.
Rilassati e non preoccuparti, non succederà nulla.
Vai a fare un po’ di shopping così
svuoterai la tua mente.” le disse
sorridendole.
Lei per tutta risposta fece per
darmi un pugno che io schivai senza problemi.
Scoppiammo a ridere entrambi e lei
si alzò.
“Credo sia davvero una ottima idea
andare a fare un po’ di shopping! Ci vediamo fratellone, e grazie per avermi
ascoltata.” Disse sorridendo e
saltellò via.
Rimasi da solo seduto nell’angolo
del salotto.
Anche se avevo tranquillizzato
Alice, ciò che mi aveva detto non era da prendere alla leggera.
Qualcuno poteva minacciarci e noi
dovevamo essere pronti ad ogni evenienza.
Chiunque fosse ci avrebbe trovati
pronti.
Edward
Ringrazio con il cuore
tutti coloro che mi seguono.
Un bacio a tutti!!!