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Autore: Hell Storm    06/01/2019    3 recensioni
Da bambina papà mi diceva che dove c'era la luce, c'era la vita, la speranza ... e il pericolo. Solo nel 2077 mi fu ben chiaro il vero significato di quelle parole, quando le bombe caddero e il mondo bruciò. Io e altri miei commilitoni ci salvammo nascondendoci fra le mura della nostra base, ma quando uscimmo alla luce, il nostro mondo non c'era più. Rimasti soli e a guardia di uno dei più grandi tesori prebellici della storia, decidemmo di fondare il primo insediamento della Zona Contaminata. Un faro di speranza in un oceano di morte e buio che avrebbe attirato altri superstiti in cerca di aiuto e di conseguenza anche intere legioni di mostri nati dalle radiazioni e predoni senza scrupoli.
Io sono il sorvegliante Rocket Earp. Noi siamo i fondatori di Beacon City. La Zona Contaminata è il nostro mondo. E questa ... è la nostra storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Morte

La fine di molti viaggi.

 

 

29/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure/Oklahoma/Contea di Logan

Oklahoma City/Capital Hill/Quartier Generale Regionale della Vault-Tec

Ore 02:26

 

35°25'35.1"N 97°31'08.8"O

 

L’intero gruppo si diresse verso il centro del piano. Andando sempre più avanti trovammo diverse porte automatiche sui lati del corridoio. Dietro di esse probabilmente si trovavano gli uffici del piano.

Arrivati ad un checkpoint con le docce di decontaminazione, io e la squadra Vault ne approfittammo per rifocillarci al bar li vicino e darci una ripulita. Un ciambellone al cioccolato e un caffè caldo mi aiutarono a recuperare le energie. Oltre ad essere un’ora tarda, il mio organismo era stato vittima di amputazioni, dissanguamenti e sforzi fisici fuori dall’ordinario. La stanchezza si era fatta sentire.

Improvvisamente udii un tonfo vicino a me, come se qualcosa fosse caduto per terra. Atom abbaiò per richiamare l’attenzione di tutti e voltandomi scoprii che Nick era andato ko.

-Nick? Nick, amore che cos’hai?!- Chiese preoccupata Trinity.

Nick era svenuto di colpo. Senza fiatare, ne dire niente.

-Che gli prende?- Domandò Earl.

-È il dopo sbornia causato dalla droga. Come per Red la notte di capodanno, il suo corpo è stato sottoposto ad un’intensa attività fisica e mentale.- Spiegò Spectrum.

-Quindi adesso cosa fa? Dorme? Muore?- Domandò cinicamente Earl.

-No. Gli serviranno delle ore di buon sonno e magari un esame per …-

Ma contrariamente alle previsioni di Doc, Nick si risvegliò di colpo. Prese un profondo respiro e si guardò attorno confuso.

-Nick, stai bene?- Gli chiesi preoccupata.

-Ehm … si. Direi di si. Ma dove siamo?-

-Alla Vault-Tec. Siamo scappati dall’Arena e abbiamo corso per le strade infestate da mutanti. Non ti ricordi?-

-L’ultima cosa che ricordo è che qualcuno voleva usare la mia faccia per farci un paio di mutande e … oh, salve signor Earp! Non sapevo che ci fosse anche lei.-

Nick sembrava essere tornato il solito Nick. E tutto ciò che era accaduto tra l’ingerimento della sostanza e il suo risveglio lo aveva dimenticato.

-Quindi ha perso tutte le sue abilità da super uomo?- Chiesi a Doc.

-Nick, come si fa a valutare il livello di una ricombinazione di sequenze anti-introniche?- Chiese a sua volta Doc a Nick.

-Cosa?- Chiese confuso Nick.

-Qual’è meglio tra una Nuka-Cola Quartz e una Nuka-Cola Orange?- Continuò Spectrum.

-Oh, beh. Ci sono varie teorie al riguardo. Secondo un gruppo di degustatori esperti del nord del Kentucky …-

-Si. È tornato come prima.- Confermò Spectrum.

Pur non avendo apprezzato la falsa domanda dello scienziato, Nick si rialzo subito come se niente fosse.

-Wow, vacci piano MechaNick.- Lo bloccai ricordandomi del mio risveglio dalla notte di capodanno. -Non hai dolori muscolari o altro?-

-Scherzi. Mi sento un leone. Potrei sollevare il mondo. MechaNick è pronto a tutto!- Mi rispose il meccanico saltando e tirando pugni all’aria.

Nick sembrava essere rinato di punto in bianco, ma il suo organismo emise dei brontolii poco salutari. A giudicare dalla faccia il povero Nick sembrò accusare qualche problema.

-Da che parte è il bagno?- Chiese il meccanico con tono dolorante e mettendosi le mani sulla pancia.

-Da quella parte. Lungo al corridoio, terza porta a destra, ultima porta in fondo, poi di nuovo a sinistra e …-

-Scusate!- Nick corse alla porta indicatali dal membro della Resistenza ancor prima che questo potesse finire.

-E poi?- Chiesi al soldato.

-E poi la prima a sinistra.-

Correre dietro a Nick non fu difficile, ma raggiungerlo mi fu comunque impossibile. I disturbi gastrici lo avevano costretto a correre come un dannato.

Il meccanico seguì le indicazioni del soldato alla lettera, fino a quando però, nella parte finale della sua corsa sbagliò strada, e invece di girare a sinistra, svoltò a destra.

-No, Nick! Non da quella parte!- Provai a chiamarlo.

Quando girai l’angolo e finalmente lo raggiunsi, Nick si era messo ad armeggiare con il terminale di una porta di sicurezza. La natura tecnologica di quel posto doveva averlo confuso, ma al suo posto mi sarei chiesta prima se un bagno necessitasse di tutta quella sicurezza.

-Nick! È dell’altra parte.- Gli dissi indicandogli la normalissima porta dietro di noi.

-Grazie!- Mi rispose Nick un attimo prima di scattare come una saetta verso la porta.

Appena la porta automatica si richiuse, decisi di tornare indietro. Nick non si sarebbe più perso. Ma fatti i primi quattro passi sulla moquette azzurra che ricopriva i pavimenti di tutti i corridoi, mi bloccai. La porta di sicurezza si era aperta da sola. Pensai ad un guasto o ad un’anomalia nel sistema di pressione. Forse Nick l’aveva già attivata prima che io arrivassi. Mi avvicinai per controllare, ma arrivata ad un metro dalla soglia, le luci della stanza si accesero.

Sapevo che accedere a zone ad accesso limitato senza il permesso non era cortese, ma in caso di rischi alla sicurezza o pericoli ambientali, un controllo non guastava mai. Almeno nel P1.

Entrando nella stanza, altrettante luci si accesero automaticamente, e quello che trovai fu indescrivibile.

La stanza era un laboratorio. Non uno di quelli tipici dei reparti scientifici della Vault-Tec. Era più nello stile di … Spectrum. Lampade al neon, luci soffuse blu, mobili simili a quelli nel suo ufficio e tecnologie all’avanguardia per lo studio e la ricerca. Ad incuriosirmi fu anche la strana bruciatura sul pavimento di cemento. Sembrava che un’esplosione avesse annerito il pavimento formando una stella nera. Ciò che però mi aveva incuriosita fin da subito, furono i congegni nelle teche di vetro sparse per il laboratorio. Ognuna con la sua documentazione e delle foto.

In una era presente una strana arma a tre lame e un cristallo con delle sfumature azzurre. L’etichetta diceva: Wingstik e cristallo di feltrite. Non capii ne la funzionalità del primo oggetto, ne la provenienza del minerale.

La seconda teca conteneva un frammento di osso che occupava metà della teca e un campione di materiale ferroso verde scuro. L’etichetta diceva: Os Draconis e Orichalcum. Non ne capii gran che.

Seguì la teca più ricca e bizzarra. Conteneva una specie di robot a forma di ventiquattrore, un congegno simile ad uno zaino, una sfera rossa non più grande di una palla da baseball, un sottile congegno la cui funzione mi era totalmente ignota, la foto di una strana ombra a stella appiccicata al vetro con del nastro e un sofisticato apparecchio medico con degli aghi e una fiala. L’etichetta della teca diceva: Robot Operatore, Sistema di Propulsione Artax, granata reciclante, TranScribe, foto di un Mimic e Neuromod usata. Se la precedente teca non mi aveva detto molto sul suo contenuto, quest’ultima non aveva fatto altro che farmi sentire più ignorante.

-TranScribe? Mimic? Che sarebbe una Neuromod? E dove andrebbero infilati i suoi tre aghi?-

La mia curiosità si spostò sulla teca seguente e mi permise di smettere di pensare alla natura degli oggetti custoditi in quella precedente.

In quest’altra teca erano stati messi in mostra dei progetti e dei documenti. Gli unici veri oggetti erano degli arcani componenti meccanici. I documenti erano poster propagandistici su di un “Nuovo Ordine” e la pubblicità di un piatto chiamato Sauerkraut. Gli schemi erano progetti di armi, veicoli e robot che mai prima d’ora avevo visto. C’era anche la foto di un uomo anziano, pelato, molto simile ad una mummia e con un’espressione parecchio sinistra. Anche questa volta l’etichetta mi lasciò un pizzico perplessa: Congegni Da’at Yichud, manifesti di propaganda, progetti Da’at Yichud e foto del Oberstgruppenführer Wilhelm "Deathshead" Strasse.

-Nonno … sei inquietante.- Dissi tornando a guardare la foto del vecchio.

La penultima bacheca conteneva invece una pistola ad energia con un design fuori dal comune, quelle che probabilmente erano le sue munizioni, dei contenitori simili a bicchieri, un paio di strumenti e un intero album di foto sfuocate di velivoli spaziali. Una però mostrava una creatura umanoide con un testone enorme e degli occhi vitrei. L’etichetta di quest’altra mostra dei fenomeni da baraccone diceva: Blaster alieno, celle energetiche aliene, cibo e gel alieno, cacciavite alieno, forbici circolari aliene, dispositivo di controllo drone, foto navi zetane e foto alieno zetano.

-Okay. Questa è meglio non mostrarla a Nick.- Annotai mentalmente ricordandomi di tutte le volte in cui Nick mi aveva assillata con le teorie più assurde sull’esistenza di una cospirazione aliena e io gli avevo dato del credulone.

L’ultima bacheca del tour conteneva un fantastico set di armi ultra tecnologiche, con tanto di motosega da serial killer. Perfino la pistola in mostra sembrava più cattiva della mia 10mm. Le uniche cose non letali erano la bambolina di un astronauta o un soldato con la corazza, un sottile oggetto con i bordi rossi e una piccola sfera di vetro con due conduttori di metallo divisi all’interno da pochi millimetri di vuoto. L’etichetta diceva: Pistola EMG Mark V, fucile d’assalto HAR, motosega, giocattolo Doomguy, chiave magnetica rossa e cella Argent vuota.

-Cosa?!-

Credetti di aver letto male, ma ricontrollando l’etichetta, capii di non essermi sbagliata. Quella piccola sfera di vetro era un manufatto Argent. Jeremy mi aveva chiesto di trovargli un nucleo Argent, il che non era la stessa cosa. Ma forse, quella sfera mi avrebbe permesso di scoprire la reale natura del chitarrista e il mistero che accomunava tutte quelle reliquie.

Stavo per estrarre una forcina dalla tasca per scassinare la serratura della teca, quando la mia coscienza mi bloccò. Mentre riflettevo sul fare la cosa giusta o commettere un furto, un flebile riflesso blu comparve sul vetro della teca.

-Puoi prenderla se vuoi.- Disse una voce femminile alle mie spalle.

Presa alla sprovvista, mi voltai di colpo, e per poco non estrassi la pistola. Ad aver parlato, non era una donna. O meglio, non una donna in carne ed ossa. Era un ologramma con lo stesso modello di quelli progettati e venduti nel P1 dal Dr Spectrum.

-È tua. Tutto quello che vedi qui è tuo.- Mi disse con gentilezza la donna ologramma.

Era una donna sulla sessantina. Una scienziata con il camice e il cartellino identificativo. Solo la luce blu dell’ologramma non mi permise di distinguerne i colori dei capelli e degli occhi.

-Ehm … che intendi con … tua?- Le chiesi.

-Lui aveva detto che ti sarebbero potute servire.-

-Il Dr Spectrum?- Continuai iniziando a sospettare sempre di più che dietro a tutto ci fosse anche la mano di Doc.

-No. Mio marito ed io le abbiamo solo custodite. È stato Frank a trovarle e a crearle.-

-Marito? Doc? Il Dr Spectrum?!- Chiesi stupita.

-Joel è mio marito. Io sono la dottoressa Doriane Brown. Piacere di conoscerti. È da tanto che ti attendavamo.-

-Io?-

-Oh, scusami. È meglio se raggiungiamo gli altri, così io e mio marito ti potremmo dire tutto.-

La dottoressa mi fece strada lungo uno corridoio all’altra estremità della stanza e poi su per una scala con i gradini di vetro trasparente. Durante la salita avrei voluto porre altre domande alla dottoressa, ma preferii aspettare di incontrare Doc e gli altri. Era ovvio che quello scienziato avesse omesso di dirmi qualcosa. Forse già al nostro primo incontro nel giorno della Grande Guerra.

Arrivate in cima, uscimmo nella più grande stanza sferica blu che io avessi mai visto. O meglio, l’unica stanza sferica blu che io avessi mai visto. Con un diametro di circa cinquanta metri, la stanza veniva usata come sala di monitoraggio per un super computer ZAX. Il computer risedeva nella parte bassa della stanza sferica, dove litri di liquido di raffreddamento, casualmente blu, tenevano la temperatura dei suoi server sotto il livello di surriscaldamento. A separarci dal piccolo lago sotto zero, ci pensava una spessa lastra di vetro trasparente che circondava la parte alta del computer. Questa era composta da varie tastiere, mentre al centro era stato montato un proiettore olografico con le stesse dimensioni di un planetario che al mio arrivo stava mostrando una versione ingrandita di Spectrum intento ad illustrare dei grafici. Tutta roba costosa.

Con sorpresa, trovai ad attenderci tutti gli altri. Sia i membri della Resistenza, che i miei compagni si erano riuniti attorno al ZAX. C’erano anche una decina di scienziati e tecnici occupati a visionare il ZAX. Mancava solo Nick, che evidentemente era ancora impegnato.

-Dory!- Esclamò l’ologramma di Spectrum vedendo arrivare quello di Doriane.

-Joel.- Gli rispose lei volandogli incontro.

I due si scambiarono un romantico e passionale bacio tra me e gli altri. Io voltai lo sguardo per dare ai due un pizzico di privacy.

-Ehm, Joel.- Disse lei facendogli un piccolo cenno.

-Oh, scusami.-

Io tossi apposta per attirare l’attenzione dello scienziato, che dopo gli ultimi eventi, avrebbe dovuto rispondere a parecchie domande.

-Dory. Perché l’hai fatta entrare nell’ufficio di Frank? Ne avevamo già parlato!-

-Oh, Joel ti prego.-

-A quante persone lo hai fatto visitare prima del mio ritorno!?-

-Ho fatto un’eccezione solo per lei. E tanto perché tu lo sappia, i miei sistemi di sorveglianza non si sono mai lasciati sfuggire nessuno.-

-Hey ragazzi, non crederete mai a cosa ho visto la sotto!- Affermò entusiasta Nick comparendo dalle stesse scale che io e la dottoressa avevamo salito. -Ah, comunque vi è finita la carta igienica.-

-Ehm, forse mentre arrivavamo ho abbassato un po la guardia nelle altre stanze. Beh, ad ogni modo lei doveva vedere. Tutti loro devono vedere.-

-Mia diletta. C’è modo e modo di spiegare una cosa simile.-

-Spiegare che c’osa?- Chiesi aggrottando la fronte. -Magari qualcosa che ci stai nascondendo da quando ti abbiamo conosciuto? Non è vero Doc? Magari potresti cominciare sul perché Jeremy mi ha chiesto di cercagli qualcosa che probabilmente tu sapevi già dov’era, e per qualche ragione, me l’hai tenuto nascosto.-

Spectrum percepì la frustrazione nelle mie parole. Per la prima volta lo vidi massaggiarsi le tempie.

-E sia. È arrivato il momento che tu Red, sappia la verità. Per quanto essa possa sembrare assurda e … assurda.-

Seguii con Nick i due ologrammi fino al ZAX e ci riunimmo insieme agli altri, i quali sembravano altrettanto interessati alla recente piega degli eventi. Gli ologrammi di Doc e Doriane vennero sostituiti da delle foto, create sempre dal proiettore, che illustravano eventi di sessantanni fa. O almeno così dicevano le date.

-Molti anni fa, in questo stessa sala, io e Doriane, stavamo installando un prototipo di MURA, l’antenato dei ZAX. Una mattina però, ci fu un incidente. A causa di un guasto nel sistema di alimentazione, io e mia moglie fummo investiti da un flusso elettrico con un voltaggio superiore ad un miliardo di volt. L’effetto joule è stato così potente da liquefare i supporti d’acciaio nei pressi della sala, e naturalmente noi. Per un assurdo e quasi inspiegabile motivo, le nostre coscienze sono state trasferite nelle prime due banche dati nelle vicinanze a non essere saltate a causa del cortocircuito. Nel caso di mia moglie, i server del MURA. Per me, i semplici circuiti di un prototipo di eyebot ancora in fase di sviluppo.-

-Un miliardo di volt vi prende in pieno, e voi vi reincarnate in macchine senzienti?- Domandò scettico Earl.

-Essendo gli unici due ad essere stati vittime di questo singolare incidente, ne io, ne mia moglie siamo riusciti a spiegare con certezza una cosa simile. La nostra migliore ipotesi è che l’energia sprigionata dalla scarica abbia trasferito le nostre coscienze come i file di un computer. Un “Trasferimento elettrico della coscienza” a tutti gli effetti.-

In quel momento mi tornò in mente il nostro primo incontro. Nel cingolato che trasportava il RAD-SHIELD, Doc mi aveva già accennato qualcosa in riferimento alla fisica quantistica, ma le priorità della situazione gli avevano impedito di spiegarmelo nei dettagli.

-La parte più interessante fu però quella delle visoni.- Continuò Spectrum. -Durante il Trasferimento, entrambe le nostre coscienze viaggiarono ad una tale velocità da interferire con il flusso dei tachioni. Essendo più veloci della luce, queste particelle sono state soggetti di studio in molti campi della fisica quantistica e …-

-Arriva al punto Doc.- Lo pregai cominciando a percepire i sintomi di un'emicrania.

-E magari impara la lingua dei mortali.- Gli suggerì Reed. -Dopo vent’anni noi non ci abbiamo ancora capito niente.-

-In parole semplici, abbiamo visto il nostro futuro.-

Sia io che i miei compagni rimanemmo abbastanza stupiti. Ad eccezione di Atom, che al contrario di noi tutti, preferii concentrarsi sul mordicchiare una delle sue zampe anteriori.

-Avete visto il futuro?- Domandai con prudenza.

-E perché non ci avete parlato della Grande Guerra?! Forse avremmo potuto salvare il mondo!- Li criticò Amelia.

-Cosa credete che abbiamo fatto per prima cosa?- Ci chiese Doc cupo. -Abbiamo informato il presidente e il suo gabinetto. Loro e molti altri ci hanno presi per pazzi. Minacciarono perfino di farci sparire entrambi. Non è facile essere delle IA libere e convinte di conoscere il destino del mondo. Specialmente più di mezzo secolo fa.-

-E comunque non sapevamo ne la data esatta della Grande Guerra, ne se ciò che avevamo visto fosse possibile.- Intervenne Doriane. -Dovemmo assistere all’ennesima caduta della pace globale per essere sicuri di ciò che avessimo visto.-

La spiegazione dei due scienziati sembrò tranquillizzare Amelia e chiunque avesse pensato che Doc e sua moglie avessero tenuto nascoste le visioni sulla fine del mondo.

Ciò però non mi aveva ancora illuminata sul perché Doc ci avesse tenuti all’oscuro di tutto ciò.

-Decidemmo quindi di provare a salvare quante più persone possibili con le nostre sole forza, dando il via al Progetto Spirit.- Affermò Doc mostrando le foto e i curriculum di diverse persone.

Alcune di quelle persone facevano proprio parte del nostro organico.

-Soldati, scienziati e tecnologie che potessero far risorgere un’America libera dalla malattia del capitalismo e dal bisogno disperato di sacrificare i propri ideali pur di contrastare una crisi energetica. Lo Spirito dell’America.- Continuò Doriane.

Quasi mi commossi sapendo di essere parte di un simile progetto. Ma il fatto che Doc non ce ne avesse informati settimane addietro continuava a farmi sospettare.

-Quindi … siete stati voi a creare il P1?- Intuì Isaac.

-Si e no signor Lee.- Lo corresse Doc.- Noi abbiamo dato il via al progetto e in buna parte lo abbiamo guidato negli anni. A finanziarlo, a proteggerlo e a renderlo possibile sono stati uomini e donne che credevano nella nostra causa. Che volevano dare un futuro all’America. Uomini e donne come Frank Sauer.-

-Il progetto Spirit aveva bisogno di menti brillanti per funzionare. Per reclutarli fu sufficiente offrire borse di studio e finanziamenti di tasca nostra a coloro che avessero il giusto potenziale e una morale ferrea. Uno di questi ci offrì il progetto di un sistema di scarico dei rifiuti all’avanguardia e una teoria sui portali extra-dimensionali.-

Il ZAX sostituì Doc e sua moglie con la foto di un giovane ricercatore, dei progetti meccanici e degli schemi a noi tutti incomprensibili.

-Noi gli finanziammo il prototipo per lo scarico e gli promettemmo che a breve avremmo dato un’occhiata alla sua teoria. Ma con gli impegni dell’epoca, liberarci per studiare una simile teoria avrebbe richiesto mesi di attesa.- Ammise dispiaciuto Doc. -Una mattina però, a tre giorni dalla sua ammissione al progetto, trovammo nel suo ufficio soltanto un efficiente sistema di scarico pienamente operativo e la bruciatura rimasta tutt’oggi impressa sul pavimento della stanza.-

-Credevamo che fosse scomparso, o che qualcun altro si fosse interessato alle sue teorie.- Continuò la dottoressa Doriane. -Ma poi avvenne l’impensabile. La mattina dell’ottavo giorno dalla scomparsa di Frank, i miei sistemi avvertirono uno sbalzo energetico molto simile ad uno avvertito la sera prima che lo stesso Frank sparisse. Ciò che trovammo al nostro arrivo nella stanza, fu inconcepibile.-

Sopra al ZAX comparvero altre proiezioni, molto simili alle reliquie nel vecchio ufficio di Frank.

-Nello stesso punto della bruciatura, erano state ammucchiate armi e tecnologie che il nostro mondo non aveva mai visto. E su di esso, si era accasciato un vecchio con la divisa da ricercatore usurata. Questo è l’audio del nostro ultimo contatto.-

-Signore? Signore sono il Dr Spectrum. Il mio scanner mi indica che il suo organismo è prossimo al collasso.- Disse Doc in una registrazione. -I nostri medici stanno per arrivare. Si potrebbe identificare.-

-Ce l’ho fatta Dr Spectrum. Alla fine … sono tornato a casa.- Rispose una voce vecchia e stanca.

-In seguito al decesso e all’autopsia, abbiamo scoperto che l'anziano era in realtà Frank Sauer. Nato il primo dicembre del duemilaquaranta, morto il trenta agosto del duemilasettantaquattro, all’età approssimativa di cento anni.-

-Bene. E qui si ferma la mia capacità di credere all’assurdo.- Intervenne Lopez spavaldo come sempre.

-Lopez!- Lo ammonì Rita.

-No, dico … ce l’avesse spiegato mesi fa! Prima scopriamo che il caro Spectrum aveva una base tutta sua. Poi che noi tutti siamo in realtà gli animali della sua arca. Ora però ci racconta la storia di un fumetto talmente assurdo da essere invendibile. Spiacente ma io mi fermo qui. Invece di credere a queste assurdità, dovremmo iniziare ad evacuare e tornarcene a casa.-

-Buffo come i giovani rinneghino la realtà e vadano a nascondersi nella finzione.- Lo schernì Reed.

-Non mi sto nascondendo, vecchio. Semplicemente sono stufo di sentire tutte queste cazzate.-

-A chi hai dato del vecchio, moccioso?-

-Cerchi guai, nonno?-

-E tu vuoi perdere subito i tuoi denti da latte, marmocchio?!- Chiese Reed sempre più furioso afferrando il colletto della mimetica di Lopez.

-E tu vuoi farti una nuova dentiera, matusa?!- Continuò Lopez afferrando Reed per il pettorale dell’armatura da marine.

-Lopez, sei impazzito!?- Lo rimproverai tenendolo per le spalle insieme a quelli dietro di lui.

-Reed, smettila di pavoneggiarti!?- Disse mio padre al suo sottoposto imitandomi insieme a quelli dietro al marine.

-È possibile che ultimamente non riusciamo a fare un briefing senza una rissa?!- Domandai irritata.

-Ed ecco sfilare le unità panzerhund. Guardate come questi autentici successi dell’ingegneria del Grande Reich Tedesco sfilano per le nostre strade.-

Dal nulla, il ZAX si era messo a proiettare delle riprese fatte da una posizione elevata. Sembrava una parata militare. Un’immensa parata. Tutti si bloccarono nel vedere la proiezione. Ad attirare la nostra attenzione furono l’accento tedesco dello speaker in sottofondo e le bandiere appese alle mura del Palazzo del Congresso a Washington. Bandiere con la svastica.

-Una giornata fantastica per commemorare la vittoria suprema della Germania sull’America. Quelle che stiamo vedendo qui a Washington, sono le migliori unità dell’esercito tedesco.-

-Non credevo che l’avrei mai detto, ma un’America governata dall’Enclave non sarebbe la peggiore in cui vivere.- Commentò Bud inorridito.

Poi il ZAX proiettò la videoregistrazione di un sistema a circuito chiuso. Mai viste riprese migliori.

-Da che parte è l’uscita? Da che parte devo andare stupido TranScribe?-

Nella videoregistrazione a colori un uomo in preda al panico stava usando uno di quei TranScribe per orientarsi, ma senza grandi successi. Sembrava disperato. Poi apparve una strana ombra.

-Cosa?! No. No! NOOO!-

L’ombra si mosse come una ragno verso il poveraccio e dopo averlo catturato entrò attraverso la sua bocca. Poi l’uomo si contorse come una marionetta, in un attimo marcì e dalla sua bocca uscirono altre cinque di quelle creature.

-Non guardare.- Ordinò Trinity a Zack coprendogli gli occhi.

Il piccolo ghoul era rimasto con noi per tutto il tempo.

-Mai visto nulla di simile.- Commentò sbalordito Tony.

-Già. Queste riprese deve averle fatte una videocamera da urlo. Altro che le nostre in bianco e nero.-

Il commento di Nick ci lasciò un po tutti perplessi, ma le proiezioni continuarono e i nostri sguardi vennero rapiti dalla videoregistrazione, sempre a colori e ben definita, di una battaglia tra dei soldati in armature da combattimento sofisticate tanto quanto le loro armi, e delle creature terrificanti.

-Missione annullata. Ripeto missione annullata. Le barriere di contenimento degli Inferi sono crollate. Tutte le unità devono evacuare la superficie.- Ordinò qualcuno per radio.

-Evacuare?! Non possiamo neppure muoverci da qui! Ci servono rinforzi!- Rispose seccato un soldato.

-Merda! Arrivano!-

Uno dei soldati provò a buttarsi dietro ad un riparo, ma un’orripilante testa gigante con una bocca dentata e un solo occhio gli volò addosso e lo divorò. Il soldato che invece stava filmando venne sollevato in aria e subito dopo un colosso rosso cremasi con le corna lo spinse dentro alle sue fauci. La videoregistrazione terminò in quell’istante e il ZAX non mostrò altro.

-Ehm. La sensazione di angoscia e terrore religioso che mi sta divorando dalla testa ai piedi la avverto soltanto io?- Domandò Nick.

-Va bene. Forse non sono tutte balle.- Ammise Lopez aggiustandosi il colletto.

-Nazisti che dominano la terra. Alieni sbucati dalle viscere della galassia. Demoni infernali votati alla distruzione del genere umano. Frank ha visto tutto questo in una sola vita passata a viaggiare in questi mondi e ad apprendere le conoscenze per vincere la guerra per la sopravvivenza nel nostro.-

-Wow. Per essere un semplice ricercatore … questo Frank si sarebbe meritato la Medaglia d’Onore del Congresso.- Si complimentò Earl.

-Di quale congresso?- Ironizzò Amelia.

-Ancora però non ci hai spiegato perché ce l’hai tenuto nascosto.- Feci notare.

-Perché non era il momento.- Mi rispose Doc. -Le nostre visioni ci mostrarono il futuro fino a …-

Spectrum venne interrotto da un allarme. L’ologramma del ZAX mostrò subito una proiezione della struttura in scala ridotta, con un puntino lampeggiante sulla piattaforma del tetto.

-Dottore! Abbiamo perso la linea con la parabola.- Disse uno degli scienziati.

-Connessione persa. Comandi remoti persi. Diagnostica della parabola persa.- Continuò un suo collega digitando freneticamente sulla tastiera.

-Truppe nemiche in avvicinamento da terra. Presenza velivoli nel nostro spazio aereo impossibile da confermare.- Ci informò qualcun altro tramite il sistema di comunicazione interno.

-Com’è possibile?! Non avete delle difese?!- Chiese irritato Earl.

-Le hanno distrutte tutte nell’ultimo assalto e fino ad ora non dovevano essersene accorti. Quella del ponte era l’ultima carta a nostra disposizione.- Gli rispose Gutierrez.

-Smettetela di cincischiare e passiamo all’azione. A tutte le unità, convergere nell’atrio della Vault-Tec e preparasi a difendere la base.- Ordinò mio padre con uno dei microfoni del ZAX. -Tutti gli altri al tetto.-

 

 

Pur volendo venire con noi, ordinai a Spectrum di restare con sua moglie nella sala del ZAX. Non avevo fatto tutta quella strada per ritrovarmi con un mucchio di rottami elettronici tra le mani. Trinity e Zack vennero accompagnati negli uffici convertiti ad alloggi di fortuna per i profughi salvati dalla Resistenza. Portare entrambi in combattimento sarebbe stato contro producente. L’infermiera era stata ferita da poco e il piccolo ghoul non era di certo un combattente.

-Sei sicuro di farcela?- Chiese Gutierrez ad Earl.

-Salgo sulla scaletta, entro nella cabina, tu spegni e ripariamo il guasto. Anche ad occhi chiusi.-

-Ma se avevate una parabola funzionate fino a poco fa, perché non l’avete usata per chiamarci già un mese fa?- Domandò Nick a mio padre.

-Le vibrazioni della bomba avevano mandato in corto la mia scheda madre per le comunicazioni.- Spiegò Doriane tramite gli altoparlanti. -Joel è l’unico in grado di toccarla senza danneggiare i miei altri circuiti vitali.-

-Ho quasi finito. Altre due micro saldature e mancherete solo voi la su.- Continuò Doc sempre agli altoparlanti.

-Mi raccomando. Appena vedete qualcuno o qualcosa di ostile sparate. Non rischiate.- Affermò mio padre. -E ricordatevi di usare le luci per difendervi dai radbat.-

-Ce ne sono tanti?- Domandai.

-Più di quanti se ne possano contare.- Mi rispose Sullivan.

Lei e i miei due piloti avevano preferito seguirci da terra piuttosto che prendere tre dei velivoli nell’hangar. Non sapevamo quanti predoni avessero circondato la torre, ne se negli edifici circostanti qualcuno di loro avesse portato armi antiaeree leggere. Quindi niente supporto aereo.

-Con una di queste non ho da temere.- Affermò Bud.

All’indiano era stata offerta un’armatura X-01 come quella di mio padre. Loro due e Mad, l’addetto alle armi pesanti dei Thunder Blade, erano gli unici tre con un’armatura atomica, in quanto unici ad aver frequentato l’addestramento militare per l’utilizzo di tali equipaggiamenti.

-Chi sa? Magari alcuni di loro potrebbero avere delle chele.- Scherzò Tony.

-O magari inciamperò sul tuo scheletro sbocconcellato.- Disse Bud inserendo un nucleo al plasma nella sua plasma gatling recuperata nell’armeria della Resistenza.

-Smettetela bambini e concentratevi. Tenetevi pronti a tutto invece. Non sappiamo esattamente cosa ci attende sul tetto.-

Mio padre faceva bene a ricordarglielo. Quasi tutti i sensori e le videocamere sul tetto era andati, insieme alle difese automatiche. Per quanto ne sapessimo, poteva esserci anche un deathclaw ad attenderci in un angolo nascosto. L’unica cosa da fare era sperare che il colpo inferto alla parabola fosse stato l’unica azione di un predone solitario nascosto nei grattaceli più alti e vicini a noi o il missile di un vertibird. Ad ogni modo, l’Orda si sarebbe presto accorta che avvicinarsi non era più pericoloso. Quindi avremmo dovuto sbrigarci. La squadra Vault e i Thunder Blade avrebbero raggiunto la parabola per le riparazioni, mentre i Rattlesnakes e la Aries ci avrebbero coperti dal terrazzo sopra alla porta blindata che separava l’ascensore dal tetto.

-Scendiamo. Voi altri salite ancora e guardateci le spalle.- Disse mio padre giunti a destinazione.

Dopo che l'ascensore riprese a salire, noi altri ci mettemmo in posizione davanti alla porta blindata.

Controllai per l’ultima volta il mio fucile laser. La modifica dell’amplificatore di raggio, avrebbe diviso ogni mio colpo in cinque fasci laser. Un pizzico meno potenti e precisi, ma comunque letali.

Reed si avvicinò ai comandi della porta e aspettò gli ordini del suo comandante.

-In posizione. Il tetto sembra pulito.- Ci informò Lopez via radio dal piano superiore.

-Apri.-

Ricevuto il via libera da mio padre, il marine attivò l’interruttore della porta, e appena questa fu completamente aperta, uscimmo all’esterno.

Il tetto non era nulla di speciale. Un’area ovale lunga cento metri e larga la metà, segnata da una croce di piastrelle illuminate da luci a terra che lo dividevano in quattro sezioni buie. A delimitarne i bordi ci pensavano delle prese per l’aria piazzate in sezioni cubiche da sei posizionate ai margini delle quattro strade. L’aria era meno pesante di quella nelle strade, ma la scarsa luminosità della notte giocava sicuramente a nostro svantaggio. Uscire da uno di quei quattro sentieri illuminati avrebbe potuto significare attirare uno stormo di radbat.

-Sembra pulito.- Affermò Reed.

-Ma l’antenna non doveva essere andata?- Chiese Bud.

La parabola era ben illuminata. Le sue luci la facevano apparire quasi più luminosa di un albero di natale. A prima vista, ne il suo disco largo dieci metri, ne la sua colonna di sostegno alta sette metri sembravano aver subito danni.

-Forse solo il sistema di comunicazione è saltato.- Spiegò Earl. -Meglio per noi.-

-Avanziamo.- Ordinò mio padre. -Non avvicinatevi troppo al buio. E state attenti.-

Lentamente ci addentrammo in quello stretto corridoio di luce che ci avrebbe portato alla parabola.

-Perché l’obbiettivo non è mai dietro l’angolo o vicino.- Pensai rammentando le missioni passate.

Lungo il cammino udimmo soltanto i rumori emessi dai servomotori delle tre armature atomiche, accompagnati dagli sporadici battiti di ali sopra le nostre teste.

-Allora hai passato il test.- Disse mio padre camminando alla mia destra. -Roland ti ha accettata?-

-Esatto. Stai parlando con la Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise. Quindi … anche il colonnello sapeva di tutto? Non ci ha mandati qui per caso? Giusto?-

-Roland ed io ci siamo conosciuti anni fa. Mi ha salvato la vita almeno due volte e quando a Joel servirono validi soldati per proteggere il P1 fece subito il mio nome. Se non fosse stato per lui sarei morto da qualche parte durante la Grande Guerra o a servire l’Enclave.-

-Cosa intendi?-

Mio padre perse istantaneamente un pizzico della sua solita spensieratezza.

-Lavorando anche con i servizi segreti, alcuni Thunder Blade operarono ai fini dell’Enclave. Io e più della metà dei nostri commilitoni non lo sapevamo, ma l’Enclave ci stava usando per guadagnare potere. È stato Roland ad aprirmi gli occhi. E io ho fatto lo stesso con i miei compagni più stretti e coloro che credevo fossero dalla nostra parte.-

-Così pochi?- Chiesi guardandomi alle spalle.

-No. Almeno un quarto di tutti gli agenti si è unito segretamente all’iniziativa di Joel. Gli altri, o non mi hanno creduto, o mi hanno dato dell’ingenuo nell’aver scoperto solo dopo tutti questi anni che eravamo dei burattini. E adesso, grazie all’Orda, restiamo solo noi cinque.-

-E quel … Tariq?- Chiesi riferendomi al soldato dalle origini a me sconosciute.

-Il primo ministro Madani ci è stato di grande aiuto durante l'evacuazione di Tel Aviv. Se la cava ancora con le armi.-

-E che ci fa un politico mediorientale sul suolo americano? Non avevamo chiuso con loro anni fa?-

-Mesi fa il suo governo lo mandò a chiedere aiuti umanitari al nostro in cambio di supporto bellico. Impresa piuttosto difficile viste le tensioni politiche. Comunque, quando seppi del suo arrivo a D.C., lo invitai a raggiungerci senza perdere tempo. Anche da loro correvano voci di un imminente conflitto globale, e per sdebitarmi offrii a lui e a suo figlio protezione nel P1.-

-E poi cosa è accaduto?-

-Quando le bombe caddero lui e suo figlio erano arrivati in città, ma non riuscimmo a trovarli in tempo. Con il caos che c’era … beh, era impossibile anche solo sperare di trovarli. Loro però erano sopravvissuti e avevano trovato rifugio in un campo della croce rossa.-

Mio padre fece una pausa. Guardandolo capii che la cosa lo turbava più dell’aver aiutato l’Enclave.

-Ma quando arrivò Woden accadde l’impensabile. Quella faina si era già fatta il suo primo plotone di maniaci. Quasi tutti i profughi americani si fecero abbindolare dalle sue parole. Chi non lo fece, o non era un puro americano, venne macellato e poi lasciato in bella vista come simbolo.-

In quel momento mi tornò in mente ciò che era successo alla famiglia di Zack. Tutto a causa di un uomo che anche da morto continuava a tormentarci.

-Tariq fu costretto a vedere suo figlio essere pestato da una decina di stronzi, bruciato ancora vivo e poi appeso ad un lampione. Tutto questo solo perché a Woden non andavano a genio gli stranieri. Ad ogni modo, i predoni lo lasciarono vivo, così che potesse morire da solo e lentamente. Due giorni dopo lo trovammo per puro caso a vagare per strada in preda al dolore e mezzo morto. Da quel giorno, egli ci segue nella nostra lotta per mettere fine all’Orda e salvare ciò che resta di questo mondo. Quindi credimi. Puoi fidarti di lui.-

La storia di Tariq mi riportò alla mente la natura dell’Orda. Un mix di barbari assassini e mentecatti guidati da un mostro. Forse far detonare la bomba che avevamo portato con noi fino alla T.O.K. non sarebbe stata un’azione così tanto terribile.

-E tu come te la passi?- Mi chiese papà tornando al suo solito tono spensierato.

-Io? Ehm, bene. Si cioè. Ho un lavoro fico. I miei amici. Un gatto. Combatto contro mutanti e stronzi.-

-Bene. Finita questa storia ti va se ci facciamo un gelato?-

-Si. Come ai vecchi tempi. Mi piacerebbe. Magari quando saremo tornati a casa.-

-Vuoi che papà ti compri anche un Giddyup Buttercup?-

-Dai papà non sono più una bambina.- Risposi imbronciata. -Però il gelato lo voglio.-

Arrivati all'incrocio del sentiero di luci che ci avrebbe portati all’antenna parabolica, Atom restò immobile davanti a tutti noi. Normalmente l’avrei superato, ma in quella situazione, il cane poteva aver notato di tutto.

-Che c’è bello? Hai fiutato qualcosa?- Chiesi scrutando i dintorni con mio padre.

Atom restò immobile come una statua per diversi secondi. Poi riprese a muoversi normalmente davanti a noi.

-Falso allarme.- Dissi facendo riprendere la marcia la gruppo.

Continuammo la nostra marcia senza più fermarci. Arrivati a destinazione, Earl si arrampicò subito sulla scaletta che portava alla cabina interna che comandava i motori dell’antenna, mentre Gutierrez si apprestò anche lui ai quadri elettrici alla base.

-Sei pronto?- Chiese appoggiando la cassetta degli attrezzi ed estraendone un cacciavite.

-Si. La corrente per le luci c’è, ma i salvavita del sistema di comunicazione sono saltati tutti.-

-Anche qua giù. Qui sono saltati anche i riflettori del tetto, ma posso sistemare anche questi. Spengo le comunicazioni e poi cambiamo i pezzi. Pronto?-

-Vai!-

Gutierrez spense l’alimentazione dell’antenna, e assicuratosi che i circuiti fossero sicuri, iniziò a cambiare i fusibili e le valvole termoioniche che l’esplosione aveva danneggiato.

Meticolosa come sempre, presi un po di tempo per riguardarmi gli obbiettivi nella sezione dati del Pip-Boy. L’animazione della missione mostrava me e mio padre intenti a darci il cinque di continuo.

-Bel Pip-Boy. Un 3000?- Mi chiese papà.

-Si. Ma con tutti gli aggiornamenti. Ho perfino le animazioni.- Dissi mostrandogli la schermata.

-Ma pensa, i nostri due Pip-Boy hanno gli stessi aggiornamenti.-

-Hai un Pip-Boy?- Chiesi incuriosita.

-Certo. Un Pip-Boy 3000 Mark IV. È leggermente più avanzato del tuo.-

-E come fai ad usarlo da sotto l’armatura?-

-I Mark IV hanno una spina a filo integrata che permette all’utilizzatore di collegarsi a cose come robot e ad armature atomiche. Così posso usarlo anche sotto l’armatura.-

-Caspita. Non male come optional.- Mi complimentai.

-Jacob. Vieni a vedere.- Chiamò Mad.

Io e mio padre raggiungemmo il soldato sul lato destro della torre senza però uscire dal suo raggio luminoso. Mad stava illuminando con il faro della sua armatura atomica il punto dell’esplosione. Una bruciatura alla base della colonna. Anche Sullivan si era interessata al luogo dell’impatto.

-Novità?- Chiese mio padre.

-Questa non può essere l’esplosione di un missile. Almeno non di un aria terra.- Spiegò Sullivan.

-Già. Troppo poco potente. Sembra più un C4 o qualcosa di leggermente più debole.-

-E quindi?- Domandai.

-E quindi non siamo soli.- Mi rispose papà.

-Qui siamo pronti.- Fece sapere Gutierrez.

Senza attendere un ordine specifico, il soldato riattivò la corrente. I riflettori ai margini del tetto si riaccesero, tornando ad illuminare la zona e spaventando i radbat nei dintorni.

-Muovetevi! Svelti! Occhi aperti!-

-Che succede maggiore?- Chiese Lopez via radio.

-Earl! Scendi!- Ordinai.

Earl però non apparve alla scaletta. O almeno non subito e non da solo.

-Rocket? Rooocket?- Mi chiamò una voce femminile con tono armonioso.

Tris. Quella lurida iena uscì dalla cabina dell’antenna con un’armatura da combattimento nera e un machete rovente e in fiamme. La versione grande del taglierino con cui ore prima aveva sfregiato la faccia di Bud. A preoccuparmi però fu Earl, che Tris, dopo averlo preso in ostaggio, stava tenendo davanti a se come scudo umano.

-Ferma stronza!- La minacciai puntandole contro il fucile al laser.

-Se uno di voi fa una mossa, questo bel tipetto muore. E poi toccherà anche a voi. Abbassate le armi!-

-Non fatelo. È colpa mia. Sparate.- Intervenne Earl.

Tris lo zitti avvicinandogli la lama rovente al mento. Pur sapendo che era rischioso, decisi di abbassare l’arma. Lo stesso fecero i miei compagni.

-Sai, dovrei ringraziarti. Ora che Mr Brillio non c’è più è arrivato il mio momento.-

-Felice di saperlo. Ora lascia andare il nostro amico e nessuno si farà male.-

-Non credo che tu abbia una chiara visione della situazione. Secondo te quante canne avete puntate contro.-

Ebbi così la confermo di ciò che tutti temevano già da tempo. Eravamo finiti in una trappola.

-Red.- Mi chiamò Earl. -Salvali tutti. Salvali e riportali a casa.-

Detto questo, il soldato sferrò una potente testa all’indietro che colpì l’indiana psicopatica sul naso. Tris però reagi subito, piantando il machete nella schiena di Earl e facendogliela uscire dal petto.

-NOOO!- Urlò Bud.

-EARL!!!- Urlò Amelia.

Subito attivai il V.A.T.S. per agganciare Tris, ma la predona si spostò all’indietro continuando ad utilizzare Earl come scudo. Le modifiche della mia arma non mi avrebbero permesso di colpirla senza ferire Earl. Non me la sentivo di martoriare ulteriormente il mio compagno. E quando Tris svanì dietro alla porta della cabina in cui Earl era entrato per effettuare le riparazioni, il V.A.T.S. mi indicò che le possibilità di colpirne anche solo il braccio erano diventate nulle.

-Trucidateli!- Ordinò Tris nello stesso momento in cui disattivai il V.A.T.S..

Poi scoppiò l’inferno. Almeno una ventina di predoni aprì il fuco alle nostre spalle. Molti di noi si gettarono a terra, mentre altri come me e Atom trovarono riparo dietro alle tre armature atomiche.

-Da dove sono sbucati?!- Chiese Tony proteggendo Amelia con il suo corpo.

-Usano il solito trucco di merda. Stealth boy!- Gli risposi.

Non era la prima volta che l’Orda ce la faceva sotto il naso con quella stramaledettissima tecnologia di occultamento. Neppure i radbat si erano accorti di loro. E con i riflettori accesi erano potuti uscire allo scoperto.

-Dobbiamo tornare indietro prima che ne arrivino altri. Demoliamoli!- Ordinò papà.

Lui, Bud e Mad contrattaccarono per primi. Le armi del nemico non erano abbastanza potenti da riuscire a trapassare le loro pesanti corazze, mentre le armi dei tre soldati potevano trapassare le difese di una normale armatura da combattimento con pochi colpi.

Appena il fuco dell’arma da spalla di mio padre e delle altre due plasma gatling colpì i nemici, noi altri ci spostammo dietro le prima due sezioni di prese dell’aria ed iniziammo anche noi a sparare. I predoni si erano andati a nascondere dietro alle prese ai margini della seconda strada che divideva il tetto. Una mossa astuta, che in altre circostanze ci avrebbe tagliati fuori, ma alle loro spalle, la Aries e i Rattlesnakes, aprirono il fuco sugli assalitori, costringendo il nemico in due fuochi incrociati. Evidentemente i predoni non avevano pensato ad una simile reazione.

-Avanzate! Avanzate!- Ordinò mio padre. -Dobbiamo tornare alla porta prima che ne arrivino altri!-

Mentre le tre armature avanzarono come degli inarrestabili carri armati, noi altri ci spostammo restando al riparo dietro di loro. Questa strategia ci permise di raggiungere l’incrocio a metà del tetto abbastanza velocemente. Li annientammo quasi tutti i predoni in un lampo. I pochi che erano rimasti caddero quasi subito. Con soli due colpi a testa ne eliminai tre. Poi me ne capitò uno con un torace di metallo riflettente. Attivando il V.A.T.S., scoprii che si trattava di un demone fantasma. Una delle varie categorie in cui si suddividevano i demoni dell’Orda. Agganciai subito la sua brutta faccia e dopo aver premuto il tasto di conferma, il Pip-Boy guidò automaticamente le mie braccia fino a che il fucile laser non fu in perfetta posizione. Uno dei cinque laser andò a colpire il predone in faccia, causando dei seri danni alla vista e costringendolo ad uscire allo scoperto. Finirlo non fu tanto difficile. Un paio di colpi alle gambe, difese da delle semplici protezioni in cuoio, e il predone si vaporizzò subito. Dalle sue ceneri recuperai uno stimpak sopravvissuto al calore.

-Venti a uno stronzi!- Disse Nick calciando l’elmetto di un predone liquefatto da un arma al plasma.

-Ragazzi?- Ci chiamò Baatar.

Il ghoul ci stava guardando con una strana espressione. Come se non stesse capendo cosa stava succedendo. Poi Mr B si portò una mano dietro la schiena e riportandola davanti per esaminarla, tutti noi vedemmo il sangue che la ricopriva. Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, il ghoul venne colpito al diaframma da un oggetto invisibile e in un lampo Baatar si ritrovò a terra con almeno due emorragie.

-NOOO!!!- Urlò Isaac giungendo in suo soccorso.

-Ma che diavolo è?!- Chiese Bud guardandosi in torno. -Un cecchino?-

-No! Ce né un altro!- Affermai cercando il bastardo.

Uno dei predoni doveva aver usato un altro stealth boy. Il problema era che fin che noi non lo avessimo trovato, lui ci avrebbe potuti colpire alle spalle come aveva fatto con Mr B.

-Trovato!- Disse Mad scagliando la sua gatling nel vuoto.

L’arma colpì una strana massa semi trasparente nell’aria, che dopo essere caduta a terra venne polverizzata dalle nostre armi. Riconoscere il cadavere fu impossibile, visto il modo in cui lo avevamo ridotto. Tutti noi credemmo di aver eliminato l’ultimo predone, ma poi udii un lieve scricchiolio alle mie spalle e voltandomi vidi un’altra strana forma. Subito puntai il mio fucile, ma l’arma non sparò. La cella a microfusione si era esaurita. Istintivamente provai a difendermi colpendo il nemico con il calcio del fucile laser, ma il predone mi disarmò con una mossa impossibile da descritta, in quanto ancora sotto l’effetto dello stealth boy, e l’arma mi cadde dalle mani. Allora mi preparai ad assorbire lo stesso colpo che aveva ferito Baatar, ma il colpo non arrivò. Atom si avventò contro il mio avversario mordendolo a quella che a prima vista doveva essere la sua caviglia. Il predone rispose all’attacco ferendo il cane all’altezza della testa, costringendo Atom ad abbandonare la presa. Io nel frattempo avevo già estratto la mia 10mm e con tutta la rabbia accumulata a causa di quel vile escremento, svuotai un intero caricatore sul nemico.

Lo stealth boy si disattivò nello stesso istante in cui il cuore del predone smise di battere. In quel momento vidi anche l’arma con cui aveva colpito Baatar e Atom. Un coltellaccio con una lama talmente elaborata e pericolosa dall’essere considerabile come arma con convenzionale.

-Atom!- Disse Nick giungendo in soccorso dell’animale ferito.

Atom aveva subito un affondo all'altezza del cranio. L’osso aveva impedito alla lama di penetrare, ma i danni erano ancora da valutare. Sicuramente Atom non stava bene, e lo stesso era per Baatar.

-Qualcuno ha uno stimpak?!- Chiese disperato Isaac.

-Io!- Dissi giungendo in soccorso del pilota ferito.

-Gliene abbiamo già iniettati tre, ma le emorragie non si fermano.- Mi informò Amelia.

Subito premetti l’ago dello stimpak nel braccio del ghoul, ma per quanto i farmaci fossero potenti, le ferite erano troppo gravi per rimarginarsi in fretta, e il sangue non smetteva di scorrere fuori.

-Merda! Lo ha colpito con un pugnale dannatamente pericoloso!- Feci notare.

A peggiorare la situazione, dalla lontana cabina della parabola, giunsero delle isteriche risate.

-Tre a Venti, feccia!- Ci scherni la predona.

-Fottiti! FOTTITI!- Urlò Tariq sparando all’impazzata con il suo fucile gauss verso l’antenna.

-Dobbiamo ritirarci. Smettila Tariq, stai facendo il suo gioco! Non è questa la nostra missione.- Disse mio padre avvicinandosi al suo amico.

-DOBBIAMO STERMINARLI TUTTI! O ALTRI INNOCENTI MORIRANNO! NON È FORSE QUESTA LA NOSTRA VERA MISSIONE JACOB?!-

-Smettila di sparare fratello o danneggerai l’antenna!-

-SOLO QUANDO QUEL DEMONE SARÀ MORTO!!!-

-TARIQ!- Urlò mio padre prendendolo per una spalla prima che potesse controbattere nuovamente. -Non importa quanto tu ti dia da fare. Non capisci? Niente ti ridarà indietro tuo figlio in questa vita.-

Di colpo Tariq smise di sparare. La realtà dei fatti lo privò della sua rabbia. Rimase a guardare mio padre negli occhi con Tris che nel frattempo non aveva smesso di ridere. Poi si ricompose e abbassando lo sguardo si diresse verso l’ascensore.

-Svelti! Portiamolo dentro! É l’unica speranza che abbiamo!-

Mio padre aveva ragione. Per salvare Baatar, avremmo dovuto potarlo nell’infermeria di Spectrum.

Io e Isaac ce lo prendemmo in spalla, cercando di muoverlo il meno possibile, mentre gli altri ci aprirono la strada. L’ultimo, dietro di noi, era mio padre, intento a coprici le spalle in caso di guai.

-No, cazzo! Prima Earl! Poi Atom!- Dissi pensando a come era degenerata la situazione.

-Non … abbiamo preso … le sue medagliette identificative.- Fece notare Baatar tossendo sangue.

-Non parlare! Resisti!- Gli ordinai.

La porta blindata si faceva sempre più vicina, e per fortuna i nostri compagni ce l’avevano già aperta. I primi a passare furono i compagni di mio padre, Bud, Amelia e Tony. Oltre a noi tre e a mio padre, dal nostro lato erano rimasti soltanto Tariq e Nick. Il meccanico stava portando Atom in braccio, il quale allo stesso tempo non sembrava stare tanto bene.

Per un attimo pensai che tutto sarebbe andato per il meglio. Che Baatar e Atom si sarebbero salvati e che alla fine della giornata avremmo dovuto piangere soltanto la perdita di Earl. Ma invece.

Un maledetto missile ci passò a pochi centimetri sopra la testa, facendoci rovinare a terra. L’esplosione ci fece quasi prendere fuoco da quanto intensa, ma per lo meno fu breve e in più eravamo già a terra.

Rialzando la testa, vidi che il missile aveva colpito la parete a destra della porta blindata. Esattamente nel punto dove stava alloggiato il contrappeso di piombo della porta. Li i cavi dovevano aver ceduto, rendendo la porta da dieci tonnellate troppo pesante perché i motori dei suoi argani potessero alzarla. La terrazza sopra alla porta invece era in fiamme. Se la Aries e i Rattlesnakes erano rimasti in posizione al momento dell’esplosione, all’ora erano tutti morti.

-Nick? Dov’è Nick?!- Chiesi preoccupata.

-Tranquilla! Ho visto Tariq spingerlo dentro con Atom all’ultimo momento.- Disse Isaac aiutandomi con Baatar.

-IN ARRIVO!- Urlò mio padre.

Una lunga raffica di mitragliatrici piombò su di noi. Io e Isaac trascinammo Mr B al riparo dietro ad una presa dall’aria, mentre mio padre restò a combattere il vertibird nemico da solo e allo scoperto.

Il sangue continuava ad uscire, nonostante io e Isaac continuassimo a cercare di fermarlo premendo sulle ferite.

-Qui ci serve un super stimpak!- Disse Isaac sempre più disperato.

-Isaac … promettimi …-

Baatar stava affogando nel suo stesso sangue da quanto male era stato conciato.

-Non parlare! Resisti!-

-Promettimi che non ti arrenderai.-

-Lo farò! Te lo prometto! Ma tu devi resistere!-

Nel frattempo, buttai un occhio su mio padre. Papà era riuscito da solo a far ritirare un vertibird pesantemente armato con mitragliatrici e missili. Senza aiuto e allo scoperto. Ai me però, tre di quei container che l’Orda usava per far atterrare le sue truppe, erano comparsi nei pressi dell’incrocio. Da essi infatti uscirono un totale di quaranta devoti che subito si diressero verso mio padre.

-Oh cazzo!- Dissi notando che, per quanto potente, l’arma di papà non era l’ideale contro bersagli multipli.

-Eh Red …- Continuò Baatar con la voce sempre più debole. -Di al colonnello … che lo ringrazio … per avermi concesso di riavere … una famiglia.-

Baatar Li morì in quell’istante. Ucciso in azione da un predone vigliacco. Nato in un villaggio oppresso da un ferrea e spietata dittatura. Morto in un paese “libero” devastato dalla guerra nucleare e prossimo all’oblio.

-È morto.- Disse semplicemente Isaac.

Il pilota ed io restammo a fissare il corpo di Baatar in silenzio. Non ebbi però neppure il tempo di prendere le sue medagliette, che i ruggiti dei devoti mi ricordarono che il pericolo non era ancora svanito. Alzando lo sguardo dal nostro riparo di metallo vidi che papà stava per essere sopraffatto.

-Papà!- Dissi rialzandomi ed estraendo la pistola.

-Resta al riparo piccola!- Mi rispose lui.

Anche Isaac uscì allo scoperto per aiutare mio padre. Ma ormai era troppo tardi. Con la sua arma mio padre aveva ridotto in poltiglia almeno una decina di devoti. Gli altri invece, si erano lanciati allo sbaraglio su di lui. Come delle minuscole formiche, i devoti sopravvissuti colpirono mio padre da tutte le direzioni, fino a disarmarlo e a farlo cadere. Io e Isaac stavamo per metterci a sparare all’impazzata, quando iniziammo ad udire un sinistro ticchettio elettronico, simile a quello di una mina a frammentazione quando veniva innescata.

-SCAPPATE! VAI ROCKET!!!- Urlò mio padre dopo aver rialzato la testa dalla mischia.

Aveva perso il casco e la testa gli sanguinava. Quel pazzo stava perfino sorridendo.

-Merda! Dobbiamo metterci al riparo! Vieni Red!- Disse Isaac tirandomi verso le prese dell’aria dietro alle quali Baatar giaceva privo di vita.

-Non posso! NON POSSO! L’HO APPENA RITROVATO!- Urlai disperata.

Mentre Isaac continuava a strattonarmi e mio padre a prendere a pugni quanti più bastardi gli era possibile, il ticchettio diventò sempre più forte e veloce.

-PAPÀ!!!-

-NON CONTA SOLTANTO PER COSA SEI DISPOSTO A COMBATTERE!- Mi urlò papà. -CONTA ANCHE PER CHI SEI DISPOSTO A SACRIFICARTI!-

L’ultima cosa che vidi, fu mio padre sorridermi. Dopo di che, il suo nucleo di fusione esplose, distruggendo i predoni, l’armatura ed egli stesso.

Io e Isaac fummo sbalzati a terra dall’onda d’urto e per poco non mi ruppi la schiena.

Per rialzarmi dovetti far ricorso a tutta la mia concentrazione per non ricadere a terra. Isaac era vivo, ma a differenza di me aveva perso i sensi. Mio padre invece … beh, lui era svanito.

Dopo aver raccolto la mia pistola ed averla rimessa nella fondina, corsi verso il luogo dell’esplosione. Il pavimento del tetto era incandescente e i corpi dei predoni smembrati e bruciati erano sparpagliati tutti intorno a dove un attimo prima c’era mio padre. Era rimasto soltanto qualche pezzo liquefatto della sua armatura X-01. Nient’altro. La sua carne, le sue ossa, il suo sangue … erano svaniti.

Mi inginocchiai a terra sul pavimento ancora caldo. Anche senza le ginocchiere della mia armatura da combattimento, non avrei sentito nulla. Mi sentivo vuota. Vuota come il mondo intorno a me.

Non me ne accorsi subito, ma ben cinque vertibird atterrarono sul tetto andando a formare un ferro di cavalo rivolto verso l’antenna. Quando i predoni iniziarono a scendere, mi rimisi in piedi per guardare in faccia quella marmaglia di farabutti intenti a schierarsi in tre file davanti a me. Devoti, demoni e apostoli. Armati con mitragliatrici, armi ad energia e lancia razzi. Quel cyborg del cazzo di Caron il Terminatore aveva anche un Fat Man e una mini nuke di riserva in mano. Tutti venuti per farmi la pelle. Tra di loro capeggiavano alcuni pezzi grossi. Come Sentinella. Ma il vero condottiero di quel plotone infernale fece la sua entrata in scena allo spegnimento del suo stealth boy. Tris si materializzò in prima fila, come l’eroina del popola alla fine della battaglia.

-Ebbene, mia fedele Orda. Eccoti Rocket Earp, lo Sceriffo Rosso.- Annunciò tris.

I predoni scoppiarono a ridere. La guerriera che tutti loro temevano era in ginocchio davanti a loro. Sconfitta e prossima a morie. Perfino quella macchina quasi senza vita di Caron trovò divertente la cosa, visto il lieve sorrisetto comparso sulla sua faccia da macchina assassina.

-Se solo vi foste arresi. Forse il tuo papino sarebbe ancora qua.- Mi schernì l'indiana generando un altro coro di risate. -Preparate gli esplosivi e i mitra. Abbiamo un sacco di carne da macellare.-

Ma prima che i predoni sciogliessero quel magnifico schieramento, mi rialzai in piedi, e con le mie ultime forze imitai la posa di un pistolero con le gambe ben divaricate e la mano vicina alla fondina.

-Hey, guardate! Sembra che lo Sceriffo Rosso voglia duellare contro tutti noi.- Disse un devoto.

Tutti scoppiarono a ridere. Tris si mise perfino le mani sulla pancia e piegando il busto in avanti.

-Tu vorresti davvero farci fuori tutti quanti da sola?- Mi chiese Tris asciugandosi una lacrima. -E come speri di riuscirci.-

-Così.- Le risposi.

Il filtrante MKIII pompò l’ultima dose di adrenalina della giornata nel mio sangue, permettendomi di estrarre la 10mm dalla sua fondina in tempo record. Non presi la mira. Puntai soltanto la pistola verso quell’idiota di Caron armato col Fat Man e la mini nuke in mano. Sparai. Il proiettile sfrecciò nell’aria e colpì la piccola bomba termonucleare.

L’ultima cosa che vidi, fu una luce accecante.

   
 
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