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Autore: queenjane    11/01/2019    5 recensioni
The Ring Cycle, an Empress, Wagner and Ludwig II of Bavaria, quote " In quella sera del marzo 1904, rifletteva che Wagner aveva avuto una vita tormentata, ricca di scandali, avventure e opportunità, creando quelle perfette composizioni, che narravano di eroismi, morte, tradimenti, amori appassionati, avventure e quanto altro.
Si sfiorò il ventre, nella discreta penombra, il bambino si era mosso, finalmente. Sarebbe stato un maschio, non poteva che essere così, un segno che si fosse palesato ascoltando quelle struggenti melodie.
Movimenti leggeri come piume, si impose di non piangere, commossa, pensando a Wagner, che le sue fortune erano risalite nel 1864, quando, a 51 anni, oberato dai debiti e inseguito dai creditori, Luigi II di Baviera era asceso al trono.
Cugino di Elisabetta Wittelsbach, imperatrice d'Austria, SISSI, era giovane, cupo e tormentato, era diventato il mecenate del musicista, ne aveva pagato i debiti e lo aveva fatto installare a Monaco...."Un divertissement con alcuni pezzi su Alexei Nicolaevich Romanov, il figlio dell'imperatrice, sul suo coraggio, a soldier prince, a knight, full of grace and courage, a Ring within the Ring.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Wagner era sempre ricevuto con premura da re Ludwig, il suo illustre mecenate..
Un onore che spettava a pochi, quando il re non tollerava qualcuno le sue trovate erano quasi comiche, faceva mettere grandi mazzi di fiori sulla tavola per defilarsi  e il povero commensale doveva sgolarsi per farsi notare.
Mal sopportava l’esercito e alle parate ufficiali si presentava con un ombrello.

Si definiva un pavone in mezzo a un branco di galline.

E soprattutto era un misantropo, che dormiva di giorno e vegliava di notte, spesso cavalcava per ore in un maneggio chiuso, in tondo, percorrendo enormi distanze, che il suo scudiero annotava scrupoloso.
Quelle facezie erano giunte anche alle orecchie della zarina Alessandra, quando era una bambina, alla corte di suo padre il granduca, in Assia.

Anche a quei tempi era timida e riservata, l’idea di comparire in pubblico la snervava e, causa la tensione, il viso le si ricopriva di sgradevoli chiazze rosse, si irrigidiva e agognava il momento in cui quella tortura avrebbe avuto termine.
Da una parte poteva comprendere il bavarese.

Quel disagio era peggiorato negli anni da imperatrice, ogni volta che vi era un ballo, una cerimonia e quanto altro, non vedeva l’ora di scappare nella sua diletta mauve room, al Palazzo di Alessandro, il suo rifugio contro il mondo
Quella era la sua stanza preferita, piena di mobili ordinati per corrispondenza ai grandi magazzini inglesi Marple’s (cosa che aveva prodotto altra frecciata ai suoi danni, che bisogno aveva di ordinare quegli acquisti quando disponeva delle squisite collezioni e degli splendidi arredi dei palazzi dei Romanov? Era e rimaneva una Hausfrau, una casalinga in tedesco,una piccola borghese, anche in quello si palesava la sua inadeguatezza). Il pianoforte verticale.
La chaiselongue ove si adagiava, lo sguardo appuntato sulla parete colma di foto, della madre Alice, di sua nonna la regina Vittoria di Inghilterra e paesaggi della Germania e della Gran Bretagna, un quadro dell’Annunciazione e un arazzo Gobelin che rappresentava Maria Antonietta e i suoi figli, dono dell’ambasciata francese, i vasi sempre colmi di fiori, nella specie lillà e rose freschi, mescolati al suo profumo preferito White Rose e alle sigarette che fumava, nei momenti di quiete che di fretta, ovvero sempre, una sigaretta appresso l’altra.

Quando  l'emofilia di Alessio si era palesata, con il marito aveva scelto di tenere il segreto, ritenendo che la questione fosse strettamente privata.
Da un pezzo non compariva in pubblico, se non per ineludibile obbligo, e se compariva il suo viso era irrigidito per la tensione nei riguardi di Alessio.
Ignorando il segreto, le persone scambiavano la sua tensione per alterigia, il viso una maschera, si sentiva una bara, una simulatrice.
Quando Alessio  stava male, le scuse ufficiali erano una storta, una febbre, un raffreddore.

E la gente, ignara, malignava, le voci definivano lo zarevic  storpio, deforme, un mentecatto con crisi epilettiche.


Segreti e dicerie, la tragedia era dietro l’angolo.
   
 
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