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Autore: Adhafera    12/01/2019    1 recensioni
Asteria Cagnoli ha poche certezze che considera impossibili da mettere in discussione, una di queste è l'assoluta certezza che il conflitto che massacra il suo continente non la riguardi, in quanto giovane laureata in scienze Astronomiche l'unica cosa che cattura davvero la sua attenzione è il cielo. Con il coinvolgimento nell'indagine dell'apparente suicidio di sua cugina queste certezze verranno messe in discussione, facendo crollare quel velo di ignoranza che la teneva al sicuro dalla cruda realtà, realtà nella quale la sua fuga a Vienna da Torino trascinerà lei e i suoi amici in una lotta per la loro vita, facendole comprendere quanto quella guerra le abbia tolto e quanto ancora può perdere, sarà Theoderic Von Anhalt con i suoi modi glaciali ed efficienti a costringerla, per la terza volta nella sua vita, ad un brutto risveglio.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Asteria
 
Sin da bambina Asteria aveva sempre trovato conforto nell’ osservare le stelle, le osservava quando si nascondeva dagli scherzi crudeli di Edoardo, aspettando paziente che Corrado arrivasse a placare i loro malumori, le osservava quando i suoi zii, una volta rimasta orfana, cercarono di opporsi al proseguimento dei suoi studi, cosa se ne sarebbe fatta dello studio una volta sposata? Non era forse più importante che imparasse a gestire gli affari di suo padre anziché perdere tempo e denaro, che aveva in abbondanza, per poi tornarsene comunque a Torino senza niente in mano?
Si era sempre ripetuta che un giorno gliel’avrebbe fatta vedere a tutti quanti, si era impegnata, aveva reso un paese straniero casa sua, visto che in patria trovava rifiuto in ogni dove, e sorprendentemente Edoardo, che quando era ragazzina non faceva altro che farla soffrire era stato il primo a schierarsi dalla sua parte… il secondo in realtà, la prima era stata Angela, che in quel momento giaceva senza vita in un obitorio, le era stato permesso di vederla solo per il riconoscimento facciale, poi niente, quella porta si era chiusa alle sue spalle e lei era rimasta in balia di un ufficiale della polizia che da ore le faceva le stesse domande…e lei da ore dava le stesse risposte, nella sua testa almeno, ogni volta che provava a parlare uscivano solo singhiozzi, e quel suo essere così pateticamente devastata in quella situazione iniziava ad irritare il suo interlocutore.
“Signorina Cagnoli…se lei continua a non collaborare sarò costretto a far intervenire la Gestapo, capisce in che condizione si è messa?”
Gestapo
La minacciavano con quella ridicola scusa da ore, eppure che cosa poteva farle la Gestapo? Che potere aveva su quello che stava per essere archiviato come suicidio per una dose mal calcolata di Morfina? Niente, si ripeteva, ma osservando la fronte madida di sudore del suo interlocutore stava iniziando a pensare che forse il rifiuto non fosse dovuto solo al dolore che provava, che la spingeva a negare l’evidenza e ad immaginarsi Angela ancora frizzante e sorridente…e viva, poteva trattarsi di, come lo definiva suo fratello, istinto di autoconservazione, non era mai stata sicura di averne, neanche un po’, ma poteva benissimo essersi sbagliata, un po’ come l’ufficiale si era sbagliato quando aveva cercato di minacciarla con la patetica scusa della Gestapo.
“Vorrei parlare con la mia ambasciata…qualcuno ha già provveduto ad avvisarla delle mie condizioni?”
Lo stupore nel volto pallido e stanco dell’uomo le fece comprendere che davvero doveva essere stata in silenzio tutto quel tempo, gli occhi le facevano ancora male e le lacrime continuavano a scendere impedendole di metterne bene a fuoco il volto, ma andava bene così, non aveva importanza che fosse lei a vederlo, bastava che lui continuasse a pensare di avere a che fare con una povera ragazza sconvolta e priva di coscienza di sé.
“Signorina Cagnoli, la prego, basterà che lei risponda a qualche breve domanda… i miei colleghi si stanno occupando di avvertire le autorità italiane, fino ad allora dovrà collaborare con le autorità”
“Collaborare per un suicidio? Mi stia sentire mia cugin…”
Le parole così come quella determinazione ritrovata le morirono in gola quando l’aprirsi di una porta e l’improvviso scattare in piedi del giovane ufficiale le fecero congelare il sangue nelle vene, non ebbe il coraggio di guardare chi si era unito a loro in quella stanza, ma improvvisamente quelle minacce che aveva ignorato così a lungo non le sembrarono più il fantasma di un interrogatorio condotto in malo modo.
“Heil Hitler!”
“Heil Hitler!”
“Come prosegue la conversazione con la nostra ospite?”
“…io ci ho provato…ma la ragazza sembra sconvolta…forse se le fosse concesso di parlare con le autorità italiane sarebbe…”
“Bene così Dornbach può andare, ci penso io adesso”
Asteria voltò lo sguardo verso l’uomo, capelli scuri, barba rasata, aveva gli occhi più chiari che avesse mai visto e un doppio mento appena accennato che rendevano la sua mascella pronunciata molto più inquietante di quanto già non fosse. La osservava con occhi vuoti e con un sorriso appena accennato, appena l’ufficiale lasciò la stanza l’uomo le si avvicinò alle spalle stringendogliene una in una presa ferrea, costringendola a guardarlo in faccia.
“Mi è stato detto che è stata lei a trovare la donna…deve essere stato terribile soprattutto se si considera il profondo legame affettivo che vi legava” c’era una dolcezza sinistra nelle parole di quell’uomo era ormai evidente che quella gente desiderasse qualcosa da lei, ma cosa non le era dato saperlo. Tutto quell’interesse per il suicidio di una ragazza era assolutamente inconcepibile, e a discapito della curiosità in quel momento l’unica cosa che davvero voleva era essere lasciata in pace.
“Mi auguro che lei comprenda che noi stiamo solo cercando di aiutarla a concludere questo brutto episodio senza doverci più pensare…sono solo domande di routine quelle che le verranno poste…può aiutarmi ad aiutarla?”
Si stropicciò gli occhi sperando che assieme alle lacrime, le maniche del suo cappotto potessero togliere anche quell’espressione di paura che non l’aveva abbandonata neanche per un momento da quando quell’uomo aveva messo piede lì dentro.
“Mi hanno fatto tante domande e alla maggior parte di esse non potrò rispondere la avverto… ma se proprio vuole chiedermi qualcosa prego”
l’uomo tirò fuori carta e penna e cercò di mantenere quell’aria ambigua che le impediva di valutare a dovere la situazione tenendola in quella bolla d’ansia e preoccupazione in balia di quella differenza di ruolo che le impediva di opporre una qualsiasi resistenza.
“Allora mi dica…da quanto tempo viveva con sua cugina in Austria?”
Asteria cercò di sciogliere le parole imprigionate nella sua testa, sperando che quello che aveva da dire bastasse a placare la curiosità di quel suo pericoloso interlocutore, pregando che davvero qualcuno avesse avvertito le autorità italiane del suicidio di sua sorella.
 
Edelweiss
 
Aveva passato la notte insonne e nonostante il mancato riposo l’adrenalina che le scorreva nelle vene non accennava a smettere di dirle che quello non era il momento della disperazione.
Dopo aver accompagnato Asteria alla centrale e aver risposto a qualche domanda sulla situazione in generale le era stato detto che poteva andare, quando aveva provato a chiedere della sua amica aveva ricevuto un sorriso freddo ed era stata accompagnata fuori, con la garanzia che se Asteria avesse collaborato sarebbe stata rilasciata non appena le autorità italiane lo avessero richiesto, autorità che non le era permesso contattare.
Edel conosceva Asteria, e conosceva l’affetto profondo che provava per sua cugina, non sarebbe stata in grado di rispondere a niente e andava aiutata, ma in quel momento il come poterlo fare non si decideva a disegnarsi nella sua mente, che a quanto pare non era così acuta come credeva.
Fece finta di niente quando quattro uomini in borghese fecero capolino sulle scale della questura mostrando alto il braccio e venendo accolti con reverenziale ossequio, la sua testa le diceva di non girarsi, di continuare a camminare e di allontanarsi quanto prima, cercando di non farsi prendere dal panico. Asteria poteva anche essere distrutta dal dolore ma lei non lo era, il suo cervello funzionava perfettamente e le stava dicendo che visto il coinvolgimento dei tedeschi non poteva trattarsi del suicidio di una persona qualunque. Appena intravide una cabina telefonica libera utilizzò la vetrina di un negozio per cercare di sistemarsi i capelli controllando allo stesso tempo di non essere seguita, una volta entrata tirò fuori un pezzo di carta con un numero di telefono scarabocchiato sopra, glielo aveva dato Asteria in un breve momento di lucidità quando ancora erano a casa e senza pensarci digitò il numero, sperando che chiunque rispondesse dall’altra parte fosse in grado di aiutarla.
Tuntun….tuntun…tuntun…tuntun…
“Pronto?”
La voce femminile dall’altro lato della cornetta la lasciò completamente paralizzata, mentre gli occhi cominciavano a bruciarle per l’agitazione, era passato più di un anno dall’ultima volta che aveva sentito quella voce amica, e vista la situazione era certa che non l’avrebbe più sentita in nessuna occasione.
“Silke…sei tu?”
Dall’altro lato del telefono provenne solo un sussulto, segno che se Silke aveva dato ad Asteria quel numero di certo non si aspettava che qualcun altro lo usasse per contattarla.
“Silke?”
“Come hai avuto questo numero? Mio fratello…”
“è stata Asteria, Silke Asteria è in pericolo…Angela è morta e non sappiamo come, se sei in Austria per favore torna”
Un altro sussulto e poi la chiamata fu interrotta, era evidente che Silke non fosse ancora pronta per niente di ciò che significava tornare a far parte di un gruppo, quando se ne era andata tempo addietro augurando morte a suo fratello e giurando dopo che lei medesima le aveva detto di andare a farsi fottere assieme a tutto il suo popolo dalla razza pura si era ripromessa di non cercarla mai più…Asteria no a quanto pare, eppure in quel momento anche Silke, cosa poteva fare? Niente che non potesse fare anche lei di certo, erano poche in realtà le opzioni che le rimanevano, poteva tornare a casa di Asteria, sperare che avesse dei numeri di telefono dei fratelli o della famiglia che la polizia non avesse preso anche quelli assieme ai campioni della cucina, poteva infischiarsene di quello che le aveva detto la polizia che le aveva intimato di non entrare in contatto con l’ambasciata italiana, sperare di arrivare all’ambasciata, avvisare del suicidio di Angela e informarli di Asteria e finire nella lista nera della polizia, sempre con la speranza che l’Ambasciata effettivamente non fosse stata avvisata e che ci fosse qualcuno con le competenze per risolvere il suo problema. Le prime due opzioni erano entrambe abbastanza pessime, ma la terza, quella che si accingeva a mettere in atto mentre fermava un taxi con un ghigno stampato in faccia aveva l’aria di poter funzionare.
Certo lasciò abbastanza sbigottito il Tassista il quale stentava a credere che una ragazza con quell’aria così per bene volesse davvero andare agli edifici utilizzati come basi militari per gli ufficiali tedeschi perché doveva parlare con il suo ragazzo.
Prese un giro più lungo, un po’ come se sperasse che a metà strada Edel cambiando idea gli chiedesse di tornare indietro, una possibilità così plausibile vista la poca voglia che aveva di vedere Kurt che la prese in considerazione diverse volte durante il tragitto.
Quando il taxi la lasciò di fronte a quello che doveva essere stato un istituto di scuola superiore sentì chiaramente il sapore della bile invaderle la bocca, ma quello non era il momento di farsi prendere dall’odio, se voleva risultare credibile avrebbe dovuto apparire il più cordiale e serena possibile. Del resto le era stato detto che non poteva contattare le autorità italiane, non che non poteva fare una visita al suo ragazzo.
 
Kurt
 
Quella giornata non era iniziata bene, per niente. L’addestramento mattutino era forse la parte più dura della giornata, l’essere uscito il giorno prima anziché riposarsi e l’essersi scontrato con Edel avevano solo contribuito a renderlo più nervoso e irascibile senza contare che lo smantellamento delle cellule della resistenza stava consumando molte più risorse di quelle che si erano aspettati all’inizio il che rendeva i suoi superiori irascibili e nervosi, soprattutto da quando avevano scoperto che uno dei luoghi preferiti da quei bastardi socialisti erano i bordelli, luogo al quale erano estremamente affezionati viste le attività alle quali erano dediti.
Da circa due settimane gli addestramenti si erano fatti molto più duri, che si trattasse di tiri liberi o di percorsi ad ostacoli o di disinnescare ordigni.
Il suo corpo esausto lo ringraziò quando, finiti gli addestramenti per quella mattina aveva deciso di concedersi una doccia prima di riprendere a lavorare come un mulo per il Reich, ma a quanto pareva la madre patria lo sentiva anche quando imprecava nella sua testa e aveva deciso di mandargli una punizione ben peggiore delle sacrosante esercitazioni.
“HETTWER”
Il suo nome risuonò all’interno degli spogliatoi pronunciato con una tale violenza che ancora un po’ perse l’equilibrio nel tentativo di affacciarsi dalle docce, luogo attuale della posizione appena comunicata da qualche vigliacco traditore dei suoi compagni.
Heil Hitler!”
Il suo superiore, un tenente giovane e prestante lo guardò disgustato quando se lo ritrovò di fronte bagnato e nudo come un verme, soppesandolo come se dovesse decidere in quel momento il valore della sua vita.
“Si metta subito qualcosa addosso…la sua doccia è finita”
Più confuso che atterrito Kurt eseguì senza fare domande l’ordine che gli era stato dato dal Tenente Klein che, come la maggiorparte delle persone non rendeva affatto giustizia al suo nome, l’unica cosa piccola del suo essere infatti doveva essere il cuore. Tenente che non aveva minimamente smesso di osservarlo con disgusto per tutta la durata della sua vestizione.
“Mi dica Hettwer…io le sembro il suo segretario?”
la risposta era ovvia, ma il fatto che il suo tenente superiore sentisse la necessità di chiederglielo lo fece preoccupare ancora di più.
“Certo che no signore!”
“Bene…e questa struttura” disse indicando lo spogliatoio ma riferendosi probabilmente all’edificio che era stato assegnato al loro settore dal Reich
“Ti sembra una sala da tè o un luogo di ritrovo o ancora un bordello?”
“Ci mancherebbe altro signore, ovviamente no…ma se posso, perché mi chiede di queste ovvietà?”
Klein ridacchiò appena Kurt finì di fare la sua domanda, gli occhi nocciola, così cangianti da sembrare verdastri vennero ridotti a due fessure inquietanti storpiando il volto armonioso dell’uomo che nel frattempo era diventato paonazzo e furente.
“Speravo che tu me lo domandassi Hettwer, perché sai…neanche a me questo luogo sembra un bordello e non mi pare di essere il tuo segretario eppure oggi ho dovuto sopportare le lamentele della tua puttana Austriaca che non fa altro che blaterare di volerti vedere”
I toni si erano alzati e per quanto volesse chiedere al suo Tenente chi diamine fosse la sua puttana austriaca visto che, il cielo gli era testimone, non aveva mai avuto il coraggio di relazionarsi con ragazze normali figurarsi con qualche disinibita di un bordello che, per come andavano le cose, poteva benissimo essere una spia.
Ma non ebbe bisogno di chiedere niente perché Moritz Klein era un fiume in piena impossibile da arginare, e presto gli avrebbe vomitato addosso tutte le informazioni che gli servivano per completare il puzzle di quella situazione assurda.
“Dimmi cosa diamine ti è saltato in testa quando hai rivelato la tua posizione a una completa sconosciuta? Mh…a cosa CAZZO PENSAVI”
“Temo di non capire signore”
“Una maledetta stronza è entrata qui dentro stamattina chiedendo di te, definendoti come un suo amico e sappiamo entrambi cosa ciò significhi, non mi frega un cazzo di quello che fai nel tuo tempo libero ma qui dentro devi essere irreprensibile, e permettere a una puttana qualsiasi di venire qua, una struttura protetta, riservata e rispettabile a interrompere il mio lavoro è tutto l’opposto di irreprensibile”
Il sangue gli si era appena gelato nelle vene, lui non conosceva nessuna puttana ma una stronza austriaca almeno la conosceva, Edel aveva appena svelato le sue carte…non volendo far soffrire Asteria aveva deciso di farlo fucilare dopo avergli distrutto una carriera militare che manco voleva…un piano astuto non c’è che dire.
“Che diamine fai ancora qui? Vai subito e leva quella dannata piaga dal mio campo”
Non se lo fece ripetere, uscì con la divisa ancora disordinata e i capelli bagnati pregando che Edel avesse fatto imbestialire solo Klein e non anche qualcun altro, ma più si avvicinava all’ingresso più comprendeva che in effetti Edel doveva avere tutto sotto controllo, la sua risata riempiva i corridoi e quando la sua figura gli comparve davanti, bellissima e luminosa…e con ancora i vestiti del giorno prima non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo, stava lì attorniata da altri soldati che le avevano offerto una sigaretta che non era stata rifiutata. Scosse leggermente la testa pensando alla totale irresponsabilità delle azioni della sua amica.
“Edel”
Le fece cenno di avvicinarsi, e appena si mosse felina nella sua direzione non poté non notare il disappunto dei suoi commilitoni che adesso, dopo aver completamente frainteso la situazione lo osservavano con una mal celata invidia che gli provocò un discreto piacere.
“Kurt caro! Eccoti finalmente dove possiamo parlare?”
La afferrò per un braccio e la tirò via sperando vivamente di non attirare ulteriormente l’attenzione.
“Si può sapere che diamine fai? Vuoi farmi fucilare?”
“Suvvia per così poco”
La sua risata cristallina riempì nuovamente i corridoi e appena notò altri sguardi su di loro Kurt la tirò via spingendola in una stanza vuota. Assicuratosi di aver chiuso la porta si voltò di nuovo verso la ragazza che era improvvisamente diventata serissima.
“Mi dispiace essere venuta qui…ma non avevo altra scelta”
“Ti dispiacerà ancora di più quando il tenente Klein scoprirà che non ti ho cacciata fuori da qui…mi spieghi che diamine succede?”
“Sì tratta di Asteria Kurt…io e lei abbiamo trovato Angela morta ieri notte e siamo state portate in un commissariato”
Le parole di Edel lo trapassarono come proiettili da parte a parte, si immaginò il volto sempre sorridente di Asteria deformato in una smorfia addolorata e si maledisse per non averle riaccompagnate il giorno prima.
“Mio Dio…Asteria…lei sta bene?”
“No Kurt, la causa del decesso è un’overdose di morfina, almeno così dicono ma Asteria è ancora al commissariato, mi hanno detto che non avrei potuto contattare l’ambasciata italiana e mentre lasciavo la centrale ho incrociato quelli che sembravano a tutti gli effetti membri della Gestapo…polizia segreta Kurt! Cosa diamine le faranno?”
Edel ormai era arpionata al suo braccio con gli occhi pieni di lacrime… e di odio, la Germania le aveva già dato sufficienti motivi per farsi detestare e adesso stava cercando di toglierle la sua migliore amica.
“Vieni con me forza! Te ne devi andare adesso, io cercherò di fare quello che posso”
Uscì dalla stanza senza badare all’ improvvisa confusione dell’amica. Se dopo solo poche ore dalla sua morte il Reich aveva già mandato la Gestapo per Angela voleva dire che da qualche parte esisteva un fascicolo che la riguardasse anche se ciò, nel caso in cui avesse avuto ragione, poteva solo far peggiorare la situazione.
“Ma vuoi farlo da solo?”
“Finché resti qua non posso accedere all’archivio, voglio vede se esiste un caso Cagnoli o qualcosa del genere…ma tu devi andare via chiaro? Cercherò di rimettermi in contatto con te”
Sorrideva per rassicurarla…eppure sapeva che non c’era niente da ridere e Edel doveva averlo capito, perché non oppose nessuna resistenza quando la accompagnò fuori assicurandosi che si allontanasse dall’edificio per poi tornare indietro e cercare di fare qualcosa di utile.
Era bravo a non dare nell’occhio, parlava poco, aveva rapporti cordiali con tutti e aveva sempre fallito nel rendersi interessante agli altri, per cui camminava, salutava e si lasciava alle spalle chiunque incontrasse. Entrò neanche troppo furtivamente nell’archivio sperando di trovare qualcosa che riguardasse Angela, iniziando dalla lettera C di Cagnoli, cercava e leggeva, leggeva e cercava ma sembrava non esserci nulla, il ché non aveva senso soprattutto basandosi sulle informazioni portate da Edel.
“Kurt”
Si girò di scatto senza riuscire a trattenere un singulto, aveva preparato delle scuse per evitare di mettersi nei guai senza immaginarsi che fosse un membro delle Waffen SS e soprattutto non quel membro delle Waffen SS.
 “Eric…volevo dire SS-Obersturmführer!”
Sbatté i piedi e tese il braccio disgustato dallo sguardo compiaciuto del fratello di Silke che immaginava lontano da lì e che poteva trasformarsi in un vero problema.
“Cosa ci fa qui ufficiale Hettwer? Non è un po’ troppo poco qualificato per entrare qui dentro?”
“E lei non è un po’ troppo qualificato invece?”
Theoderic irrigidì la mascella irritandosi ma lasciò correre, e si accasciò lungo la scrivania osservandolo divertito.
“Ho visto Edelweiss lasciare la struttura prima…volevo salutarla ma ho pensato non fosse una buona idea”
Kurt sentì tutta la sua spavalderia abbandonarlo e cercò di affidarsi alla paura in quel momento che gli impediva di assumere qualsivoglia tipo di espressione, gli tornò alla mente una scena di più di un anno prima, anche lì c’erano lui e Theoderic…e Asteria e Edelweiss e Silke, e c’era sangue. Di Theoderic non ci si poteva fidare, averlo attorno voleva dire esserne in balia non portare avanti un rapporto alla pari. Non erano alla pari prima di entrare nell’esercito e non lo erano in quel momento in cui in quanto membro delle Waffen SS era automaticamente un suo superiore.
“Dimmi…cosa cerchi qui dentro?”
“Niente di che…”
“Forse potrei andare a chiederlo a Edel…magari lei saprebbe dirmelo”
“No aspetta…è per Asteria”
Vedendo il volto di Theoderic irrigidirsi improvvisamente si maledisse per aver pronunciato il nome dell’amica, ma se doveva essere onesto con se stesso sapeva bene di non aver alcun tipo di scelta, l’irrigidimento durò solo un secondo, il tempo per permettere al giovane SS- Obersturmführer di assumere un’espressione canzonatoria che aveva il solo scopo di farlo sentire ancora più inutile.
“Cagnoli è tornata di nuovo qui? E cosa mai potrebbe volere dai nostri archivi? Lo sai qual è la pena per chi ruba?”
“Asteria è in un commissariato…sua cugina Angela si ò suicidata ieri notte ma…”
“Ma?”
“Ma Edel dice che è stata coinvolta la Gestapo nelle indagini…e volevamo sapere il perché”
la risata del giovane riecheggiò nella stanza facendolo impallidire, era ingiusto che un ragazzo con un cuore così orribile avesse la capacità di far sentire gli altri sempre al posto sbagliato al momento sbagliato.
“Non esiste nessun fascicolo Cagnoli…e adesso vattene, se Asteria non sa niente la lasceranno andare, nessuno vuole altri problemi con gli italiani”
“Aspetta… ma quindi tu…”
“Ti ho detto di sparire”
Fu Kurt questa volta a ridacchiare allontanandosi dalla porta, allibito dall’atteggiamento autoritario di quel ragazzo che aveva un tempo considerato un caro amico. Era incredibile il modo in cui la guerra fosse in grado di cambiare e deformare le persone, corrompendo qualsiasi forma di bontà esistita in precedenza.
“Sai…non mi sorprende che Silke non ti rivolga più la parola…però lasciati dare un consiglio, evita di darle altri buoni motivi per odiarti”
Se ne andò senza aspettare di conoscere la reazione che quelle parole avrebbero provocato nel giovano uomo, anche se dubitava che qualcosa in grado di scalfirlo potesse esistere.
 
Theoderic
 
Avrebbe potuto farlo fucilare, eppure Kurt Hettwer sembrava determinato a irritarlo ogni giorno di più, malediceva ogni giorno il giorno in cui sua sorella aveva deciso di legarsi a gente come i Cagnoli e ai bizzarri amici di quella famiglia. Il principale risultato di quella scomoda amicizia era stato l’allontanamento di sua sorella dalla famiglia, finita Dio solo sapeva dove ma anche il suo avvicinamento a persone che mettevano ogni giorno in discussione la stabilità che lui stava cercando di creare.
Non esisteva nessun fascicolo Cagnoli era vero, non aveva mentito su quello, ma non era la sua appartenenza alla famiglia Cagnoli che aveva reso Angela così pericolosa nei tempi passati. Si diresse verso gli scaffali dopo essersi assicurato di aver ben chiuso la porta alle sue spalle, tirando fuori da una cassetto un fascicolo ancora troppo scarno per poterne creare un vero e proprio caso che portava il nome Herbstorchidee Orchidea d’Autunno, nessuno sapeva bene in cosa fosse coinvolta Angela Cagnoli, ciò che era certo è che in quel lasso di tempo in cui Asteria era rientrata in Italia sua cugina era entrata in contatto con un numero considerevole di persone diversi dei quali erano risultati membri di cellule isolate della resistenza, eppure non si era mai riusciti a collegarla a niente.
Angela viveva come faceva un fantasma, toccava tutti ma allo stesso tempo non si faceva toccare da nessuno e cercare di incastrarla era come tentare di afferrare la nebbia.
Prendendo il fascicolo con sé si lasciò lo studio alle spalle, aveva rifiutato l’incarico di occuparsi della questione Herbstorchidee la prima volta che gli era stato proposto, ma quella rognosa situazione si stava improvvisamente trasformando in qualcosa di incredibilmente interessante. Aveva conosciuto Angela da bambino, e la ricordava come un terremoto e se quel terremoto stava per abbattersi sulla città di Vienna voleva essere preparato.
Lasciando l’edificio si fece guidare dall’istinto per decidere cosa fare…eppure vista la meta in cui si era auto-condotto iniziava a dubitare che il suo istinto avesse a cuore la sua autoconservazione.
 
Asteria
 
L’avevano trattenuta per ore ormai, non le era permesso telefonare né parlare con Edel, non sapeva manco se Edel si trovasse ancora in quell’edificio o se fosse stata condotta altrove si aspettavano che rispondesse a tutte le loro domande eppure nessuno sembrava intenzionato a rispondere alle sue.
Avrebbe voluto avvertire Edoardo o Corrado, in quel momento uno dei sue due fratelli le avrebbe fatto davvero comodo, si sentiva in balia degli eventi e odiava quella sensazione di impotenza che il rimanere a contatto con quell’individuo sgradevole le provocava.
“è proprio certa di non volermi dire quello che voglio sapere signorina?”
“Sono proprio certa di non sapere come rispondere alle sue domande”
Ci aveva provato all’inizio a fare la povera vittima, ma dopo ore passate in quella stanza oltre al dolore e alla rabbia per la morte di Angela si era aggiunta anche una strana e primordiale forza interiore che le chiedeva di ribellarsi…una pessima idea se si tenevano in considerazione gli individui con i quali aveva a che fare.
“Io non credo a una parola di quello che dice” le mani possenti dell’uomo sbatterono sopra il tavolo facendola sussultare, era fortunata che per ora la superficie liscia e legnosa fosse stata l’unica cosa lì dentro a subire l’ira di quel figuro
“Io non posso rispondere alle sue domande, ero a Torino nel breve periodo che Angela ha passato a Vienna… ci siamo scritte delle lettere che sono tutte nel nostro appartamento più una parte che ho conservato a Torino, sarò ben felice di fargliele leggere ma questo è quanto. Sono tornata a Vienna ieri e la notte stessa mia cugina ha deciso di uccidersi…non posso dirle niente”
Quell’insistenza e quella brutalità le fecero tornare però in mente le parole che la signora Haas le aveva dett descrivendo sua cugina.
Una ragazza strana che andava in giro con gente strana
Qualsiasi cosa in cui Angela si fosse immischiata non doveva essere niente di buono e Dio solo sapeva se avesse intenzione di andare a fondo. Vide la bocca dell’uomo muoversi di nuovo pronta a parlare e ridotta a un rantolio imbarazzato non appena la porta della stanza si aprì rivelando il profilo dell’ultima persona al mondo che avrebbe voluto al suo fianco in quel momento.
“L’interrogatorio di routine finisce qui, lo sfortunato incidente è stato archiviato come suicidio, mi sono occupato personalmente di avvisare l’ambasciata italiana che presto invierà qualcuno a collaborare per ulteriori ed eventuali accertamenti”
Theoderic Von Anhalt stava lì in piedi gelido e magnifico con gli occhi fissi su un fascicolo, che facevano occasionalmente capolino sul volto del suo interlocutore, che aveva ormai perso quel poco di colore che gli rimaneva trasformandosi in una faccia di timore reverenziale. Asteria superato lo shock iniziale osservò come si deve la divisa del fratello di Silke scorgendo un teschio con due ossa incrociate che le fece gelare il sangue nelle vene. Edel aveva cercato di spiegarle la differenza dei vari settori della Wermacht per evitare che si mettesse nei guai con la persona sbagliata, eppure quel simbolo la riportava a Torino, lo aveva visto solo un’altra volta, a casa sua in un breve soggiorno dei fratelli, apparteneva a un ospite dei suoi zii e sia Corrado che Edoardo le avevano intimato di tenersi alla larga da quell’uomo.
“Ciao Asteria…come stai?”
Presa dai suoi pensieri non si accorse che lei e Theoderic erano rimasti soli nella stanza, sussultò appena lo vide sorridere nella sua direzione, come se fossero ancora amici, come se non fosse successo niente e come se lei dovesse esser felice di rivederlo, cose che naturalmente non era.
“Stavo meglio ieri…grazie”
“Mi dispiace molto per tua cugina, e per tutto il resto”
Afferrò il cappotto e cercò di sorpassarlo, voleva lasciarsi alle spalle, la centrale, la Gestapo e soprattutto Theoderic Von Anhalt, voleva solo concentrarsi sul suo dolore, Angela non meritava che il lutto per lei venisse offuscato da pensieri così poco felici. Ma la mano dell’uomo le afferrò il braccio, prima che potesse chiedere il perché di quel comportamento o spingerlo via Theoderic mostrò i suoi documenti ancora stretti nella sua mano, fece per prenderli ma il braccio del ragazzo si sollevò troppo in alto, lasciandola a terra con gli occhi più furiosi che mai.
“Vedo che hai fatto carriera Theo…sei stato in Polonia”
La sua non era una domanda, il Totenkopf sulla divisa del giovane uomo era l’unica prova che le serviva. Le chiamavano Waffen SS le divisioni alle quali apparteneva, solo per veri tedeschi davvero puri e davvero convinti, il sapore della sua stessa bile le riempì la bocca e se non fosse stato per il digiuno imposto dalla sera prima probabilmente avrebbe vomitato proprio in quel momento. Lui continuò a non dire niente ma le allungò con calcolata cortesia di suoi documenti, sorridendole nello stesso modo magnetico che usava quando erano bambini, ma lei non era più una bambina e trovava difficile non odiare quell’uomo che aveva quasi distrutto quello che era stata in grado di costruirsi in Austria.
Afferrati i documenti se ne andò sperando di non doverlo più vedere, eppure sembrava che con il suo ritorno in Austria fossero tornati anche i problemi.
“Ci vediamo presto Cagnoli…prima di quanto immagini”
con la voce sgradevolmente dolce di Theoderic nelle orecchie di allontanò dalla centrale di polizia trovando all’ingresso ad attenderla Kurt e Edel, rappresentazione vivente del sollievo e per una volta decise di non permettere a Theo di avvelenare il suo lutto, con il braccio di Kurt attorno alle spalle e quello di Edel che le avvolgeva la vita si riavviò verso casa ben decisa a far luce sui recenti avvenimenti.

 
   
 
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