Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    14/01/2019    6 recensioni
Seguito di Crossroads, qualche mese dopo
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rientrarono allo chalet quando si era ormai fatto molto tardi, molto più di quanto avesse previsto quando l'aveva convinta che uscire fosse un'ottima idea. Al ritorno aveva guidato con prudenza, come le aveva promesso, perché la neve era scesa copiosa, imbiancando la strada e accumulandosi in vistosi assembramenti sull'ultimo tratto del viottolo che dovevano necessariamente percorrere per non lasciare l'auto troppo lontana.
Nel silenzio della notte la trasformazione del paesaggio in un mondo candido e fatato lo riempiva, come sempre era avvenuto nella sua vita, di stupore e meraviglia. Si rendeva però conto che questo avrebbe messo a rischio il proseguimento del loro viaggio, magari il mattino successivo sarebbe stato costretto a metter mano alla pala in dotazione – aveva controllato - e darsi da fare, giusto solo per uscire di casa.

Decise che avrebbe affrontato la questione solo nel caso in cui si fosse presentata, non aveva nessun senso preoccuparsene già ora. L'unica cosa che gli importava era farla entrare in casa sana e salva, dal momento che non avevano un abbigliamento adeguato all'improvviso cambiamento di temperatura.
Era molto affaticata, lo si vedeva dai lineamenti scavati e dalla mandibola contratta. Per l'ennesima volta si ripeté che era stato sconsiderato imporle di uscire, quando lei, a differenza sua, non aveva affatto riposato, perché impegnata a prendersi cura di lui. Non voleva trattarla come se la gravidanza fosse una malattia, ma di fatto la sua era stata diversa dalle altre, e negli ultimi due giorni non aveva chiuso occhio. A suo avviso, si stavano muovendo in una zona rischiosa, che era fermamente deciso a voler evitare a ogni costo.

Una volta entrati, dopo averla aiutata a salire gli scalini di legno scivolosi, le si avvicinò e l'abbracciò da dietro, sentendosi protetto dall'oscurità dello chalet, illuminato fiocamente dalla luce biancastra che filtrava attraverso le tende tirate. Appoggiò le mani sopra il pancione, dal quale non provenivano segni di vita, o almeno non del tipo che lui potesse registrare dall'esterno, posandole piano le labbra sul collo. La sentì rilassarsi e inarcarsi per ricevere i suoi baci, con un sospiro soddisfatto.
Anche lui era spossato, e non vedeva l'ora di farsi un lungo sonno ristoratore in quel letto comodissimo dal quale era stato brutalmente strappato l'unica volta in cui ci si era sdraiato sopra. Ma era una stanchezza diversa, più serena, in grado di rimetterlo in pace con se stesso. Incredibilmente, il lavorio della sua mente, che si era mantenuto ininterrotto per mesi, si era placato come un vento forte che cessi di colpo le sue raffiche. Era una sensazione appagante che avrebbe voluto mantenere a lungo.

"Devi andare a sdraiarti, Beckett", le sussurrò all'orecchio, prevenendo già ulteriori rimbrotti, esattamente come quelli che aveva ricevuto rifiutandosi di farla camminare da sola, una volta scesa dall'auto.
"Lo so, ma non riesco a muovermi, è come se mi fossi conficcata nel pavimento", confessò con un gemito.
"È perché sei esausta". Si sorprese di non essere subito corso a immaginare gli scenari peggiori, come sarebbe successo fino a poco tempo prima. Avrebbe teorizzato, immerso in un'ansia che non avrebbe saputo di provare, - perché convinto fosse la realtà e non un'errata percezione di essa -, problemi di circolazione, pressione alta, edemi, un parto prematuro d'urgenza, perfino un soggiorno in terapia intensiva neonatale. Si sentì rincuorato nel constatare che il suo livello di allerta si fosse normalizzato. Non che avrebbe mai lasciato correre sintomi preoccupanti, ma era più lucido nell'inquadrare le cose per quelle che erano.

Portò entrambe le mani all'altezza dei fianchi e le massaggiò la schiena, nel modo in cui sapeva darle sollievo. I mugolii di apprezzamento che ricevette in cambio lo convinsero che doveva aver immagazzinato molte tensioni in quel preciso punto del corpo, non solo durante le ultime ore, ma probabilmente in una vita intera, che era precisamente la sua sensazione per quanto riguardava la durata dell'intera gravidanza.
Fantasticò, un giorno, di poter vivere altri nove mesi di attesa in un clima molto più pacato, meno frenetico, godendosi i progressi, invece che aspettarsi problemi a ogni angolo. Non era il caso di parlargliene, non era il caso di farsi minacciare con l'attizzatoio di ghisa posizionato accanto al camino, quando stavano vivendo una scena di pace idilliaca. Ci teneva alla sua incolumità.

La aiutò a muoversi lentamente attraverso la stanza, sorreggendola in parte mentre la conduceva verso il letto, dove avrebbe preteso che rimanesse distesa almeno fino al mattino dopo. Dopo averle sfilato la giacca invernale più pesante che si era portata in valigia, si abbassò per toglierle le scarpe.
"Se stai per rimproverarmi perché mi sto occupando di te e non metto al centro me stesso, sappi che non ti darò retta", bofonchiò da sotto, deciso a non farsi interrompere. E, in seconda battuta, non aveva nessuna voglia di ricominciare con il solito argomento. Si erano detti quanto necessario e adesso avevano bisogno di metabolizzare, far decantare le emozioni e, soprattutto, riprendersi fisicamente dalla lunga giornata.
"Non ho intenzione di fermarti", gli rispose risoluta. "Per stasera intendo approfittare dei tuoi favori e servigi". Castle alzò la testa, fingendosi scandalizzato.
"Beckett, dovrei comportarti in modo più consono alla tua condizione di madre, una volta che la bambina sarà nata", la bacchettò con aria virtuosa.
La sentì sbuffare sonoramente."Solo perché sono molto stanca, Castle. Altrimenti avresti quello che meriti", lo redarguì. "E, per la cronaca, se intendi continuare a vedermi come simbolo della Mater Immacolata, come hai fatto finora, dovrai cambiare in fretta le tue idee", precisò.
Non avrebbe chiesto altro alla sorte. Erano in assoluto accordo sulla questione.

Si sdraiò accanto a lei, approfittando del tipico brusco buonumore di sua moglie per baciarla. Erano entrambi a corto di energie, d'accordo, ma questo non vietava di indulgere piacevolmente nella sintonia appena recuperata. Le slacciò un paio di bottoni del corto pullover che indossava e si dedicò a riassaporare il contatto con ogni centimetro visibile di pelle, non avendo ricevuto nessun segnale contrario.
Sarebbero andati per gradi, non gli premeva tornare subito a quelli che erano stati in passato, ma era già straordinariamente esaltante darsi il permesso di baciarla, accarezzarla piano, scoprire lentamente lembi di pelle che gli erano stati negati a lungo, con tanto tempo a disposizione.

Sentì le dita di lei intrufolarsi tra i capelli, mentre rispondeva ai suoi baci in modo molto meno esitante di quanto stesse facendo lui.
"Mi sei mancato", gli sussurrò contro le labbra, mentre lui faticava a rispettare quello statuto di Mater sul quale lei si era espressa.
Le accarezzò una guancia morbida. "Mi sei mancata anche tu".
Gli era impossibile trasmetterle a parole l'intensità della sua rinuncia e la sofferenza che aveva comportato e che, probabilmente, aveva afflitto anche lei in egual misura, se doveva dar retta ai segnali che gli stava trasmettendo.
Lo avevano tollerato entrambi per un valido motivo, infatti non aveva alcun rimpianto – di fronte a possibili rischi per la gravidanza, avrebbe rinunciato a molto di più -, ma avrebbe mentito se non avesse ammesso a se stesso di essere molto più che soddisfatto di essersi lasciato alle spalle il divieto di avvicinamento.
Era anche felice di scoprire che le sue mani ricordavano a meraviglia ogni piega del suo corpo, ogni rientranza, ogni linea, minuscoli segni invisibili a occhio nudo. Rimase comunque in allerta, invece che affondare totalmente nelle sensazioni di puro piacere, perché non voleva metterla a disagio, ed era una strada nuova anche per lui, nella quale si stava mettendo in gioco senza sapere dove li avrebbe portati.
Avrebbe dato retta al suo istinto. Se era vero che aveva represso le emozioni al punto da creare un piccolo terremoto dentro di sé – lei avrebbe detto, Castle, non così piccolo - quando avevano iniziato ad agitarsi per essere viste e lasciate andare, adesso le avrebbe usate come bussola per costruire un presente più soddisfacente, meno gravato da quello che era successo, da cui non voleva però che fossero eternamente influenzati.

Kate interruppe le sue riflessioni disegnandogli il contorno delle labbra con un dito, facendogli il solletico. "Sai, Castle, credo che dovremmo finalmente accettare l'idea che questa bambina nascerà davvero tra poco, anche se abbiamo evitato di crederci per non farci a pezzi. Dobbiamo iniziare a fare dei preparativi. E forse, come prima cosa, potremmo sceglierle un nome", mormorò, lanciandogli un'occhiata rassicurante, per contenere eventuali reazioni che le sue parole avevano in effetti provocato in lui, un po' di batticuore, un nodo che si disfaceva, qualcosa di liquido e caldo che andava a riempire vuoti ai quali si era suo malgrado assuefatto. Un nome significava cominciare a immaginarla come una persona in carne e ossa, e non un sogno sempre sul punto di sfuggire dalle dita.
"Anche tu non credevi... ?". Si fermò, rendendosi conto che ci sarebbero stati infiniti "anche tu" che non si rendeva conto di aver raccolto e compresso dentro di sé, come del resto doveva aver fatto lei. Avevano vissuto la stessa tragedia, ognuno tentando di andare avanti da solo, ma lo avevano fatto solo per amore, spinti dalla necessità di non opprimere l'altro, non aggiungere sofferenza al carico già pesante che ciascuno di loro aveva sopportato. Avevano cercato di proteggersi, in fondo, ma questo aveva comportato il rischio reale di farli allontanare. Avevano imparato la lezione.
Kate annuì brevemente deviando lo sguardo, ma non rispose direttamente alla sua domanda, forse per non tornare a rimuginare su questioni spiacevoli. Aveva ragione lei, dovevano concentrarsi sul futuro. Non era necessario sezionare ogni evento per superare quel passato che non vedeva l'ora di scrollarsi dalle spalle.

Si appoggiò su un gomito, strabuzzando gli occhi per manifestare tutto il suo entusiasmo e farla scoppiare a ridere. "Vuoi dire che posso finalmente comprare tutto quello che voglio? Basta che tu mi dia il permesso, Beckett, e avremo il loft invaso di oggetti per l'infanzia e giochi per ogni età, prima ancora di far ritorno dal nostro viaggio".
Afferrò il cellulare, convinto in realtà che l'avrebbe fermato, che gli avrebbe imposto serietà, ordine, morigeratezza e non un'immersione spericolata nelle sue tendenze compulsive all'acquisto di oggetti privi di ogni utilità. Invece non disse nulla, limitandosi a chiedere se avesse abbastanza campo.
Si fermò. "Vuoi davvero lasciarmi libero di fare shopping per nostra figlia senza essere supervisionato? Sai a cosa stai andando incontro?". Era stupefatto. Nessuno gli avrebbe dato corda fino a quel punto, sapendo benissimo come sarebbe finita.
"Castle, ti conosco da anni, credi sul serio che ci siano parti di te che possano stupirmi? Pensi che ti abbia sposato senza rendermi conto di quello che mi aspettava, soprattutto in caso di possibile discendenza diretta? So che ci troveremo in casa interi magazzini di giocattoli, ma è quello che ci meritiamo. E inizieremo a farlo stasera", concluse all'apparenza molto sicura di sé.

Cominciò a temere che non si sentisse bene o che quelle esternazioni fossero prodotte da una mente annebbiata. "Non riusciremo a muoverci, non sarà nemmeno possibile entrare dalla porta", insistette, pur andando contro il proprio interesse.
"Lo so, Castle. Ti chiedo solo di lasciarmi scegliere qualcosa, giusto per poter dire di aver partecipato". Gli fece una smorfia. Di quel passo le avrebbe fatto scegliere tutto quello che voleva.
"Naturalmente. Anzi, possiamo prima compilare due liste separate e poi confrontarle, per vedere se abbiamo qualcosa in comune".
"Ci vorrebbe tutta la notte solo per farti completare la tua lista, ti ricordo il numero mostruoso di invitati che avevi proposto per il nostro matrimonio. Lo faremo insieme e ti prometto che fingerò di non vedere le cose più stravaganti che finiranno nel carrello".
Wow. Chi se lo aspettava quel colpo di testa? Meglio prenderla in parola, prima che cambiasse opinione. Sarebbe stata una lunga notte divertente. E per le cose davvero stravaganti, avrebbe pazientato finché non fosse crollata addormentata. Non era ancora convinto che gliele avrebbe fatte passare senza lamentarsi o tentare di fermarlo, in nome della ragionevolezza eccetera.

"Ma prima dobbiamo scegliere il nome. Ho bisogno di chiamarla per nome, quando le parlo", si impuntò, temendo che lui si distraesse con il mondo irresistibile dei prodotti per l'infanzia.
Era talmente commosso per la candida ammissione di intrattenersi in dialoghi silenziosi con la loro primogenita, da essere generosamente spinto a lasciarle la possibilità di decidere senza interpellarlo. Si fermò in tempo, prima di darle il via libera, perché aveva capito che era qualcosa a cui lei teneva molto e che voleva facessero insieme.
"Hai pensato a qualcosa in particolare, in questi mesi?". Magari nel tempo si era concentrata su un nome preferito a cui teneva in modo speciale, e lui non l'aveva mai saputo perché non aveva osato chiedere, insieme a molte altre cose.

"No", gli rispose poco convinta. E da questo tono dubbioso lui dedusse invece che c'era sul serio un nome speciale. Si meravigliò di quante cose gli fossero sfuggite. Ed era altrettanto evidente che fosse lui a non aver riflettuto seriamente sulla questione. Si aspettava forse che avrebbero continuato a riferirsi a lei come "bambina", anche dopo che fosse nata? Evitò di rimproverarsi ulteriormente per le sue mancanze, altrimenti quella lista sarebbe stata infinita. Era tornato in sé, era l'unica cosa che contava.
"Possiamo consultare qualche sito di nomi online, scrivere degli elenchi ed eliminare quelli che non piacciono a entrambi, oppure chiedere il nome alla prima persona che incontreremo per strada, magari hanno una tradizione di famiglia...".
"Questa tua eccessiva energia mi fa venire voglia di riportarti nella doccia e chiuderti la bocca", lo rimbeccò estenuata.
"Non avrei niente in contrario, segnami pure tra i volontari", le rispose solerte.
Dall'occhiata che gli rivolse fu sicuro che l'attizzatoio fosse ancora tra le opzioni possibili.

"Castle, non voglio che si trasformi in una ricerca inconcludente, quando dovremmo ormai sapere, arrivati a questo punto, come volerla chiamare", esclamò infastidita. Attribuì quello scoppio di cattivo umore al fatto che lei sembrava avere già una chiara idea in mente, mentre lui no. Si sentì messo alle strette, perché non voleva confessarle di essere in alto mare e di non aver considerato prima d'ora una cosa che, d'improvviso, si stava rivelando tanto importante.
"D'accordo, la faremo molto breve. Chiudiamo gli occhi, contiamo fino a tre e diciamo ad alta voce il primo nome che ci viene in mente. Solo uno. Poi estrarremo a sorte quello definitivo".
Soppesò le sue parole. "Non sono convinta dell'ultima parte del tuo discorso".
"So che pensi che me ne uscirò con un nome improponibile, ma voglio farti notare che stai perdendo tempo prezioso, lasciando nostra figlia senza una precisa identità, cosa che le causerà complessi in età adulta".
"Nostra figlia, avendo metà del tuo DNA, non avrà mai nessun complesso di nessuna natura, lo sai, vero?".
Era in forma smagliante, e per fortuna aveva ammesso di essere stanca. Se fosse stata in forze, l'avrebbe annientato. Le fece segno che il tempo stava scorrendo inesorabilmente.
"Va bene", acconsentì visibilmente contrariata. "Faremo come dici tu. Comincia a contare".
Doveva sbrigarsi a farsi venire in mente qualcosa di credibile, perché lei non aveva nessun bisogno di raccogliere le idee, mentre in lui c'era il vuoto totale.
"Al mio tre...". Chiuse gli occhi e, invece di sforzarsi di trovare qualcosa a ogni costo, liberò la mente e si arrese al fatto che, qualsiasi nome avrebbe detto, non sarebbe andato bene.
"Uno... due...".
"Lily", esclamarono all'unisono, girandosi a guardarsi sorpresi dal fatto che anche l'altro avesse anticipato la risposta, ma soprattutto che se ne fossero usciti con lo stesso nome.
"L'hai sempre chiamata così anche tu?", lo interrogò sospettosa, come se lui fosse stato fino a quel punto reticente a condividere informazioni preziose.
"Quindi ora stai ammettendo di aver avuto in mente un nome preciso da mesi? Mi hai mentito poco fa, Beckett. Che esempio pensi di dare alla piccola Lily? Lei ascolta tutto e ti sta giudicando, proprio in questo momento".

Aveva messo in piedi un diversivo, qualche sciocchezza di nessuna importanza, perché era allibito, non solo per via del fatto che la scelta si fosse rivelata identica per entrambi, ma anche perché non aveva la più pallida idea di come gli fosse salito alle labbra proprio quel nome. Forse lei gli aveva fatto dei sortilegi nel sonno? Lo aveva ipnotizzato o gli aveva somministrato qualche erba magica? Oppure si trattava della loro famosa sintonia? Questo era decisamente quel genere di aneddoto che avrebbe raccontato a chiunque, anche agli amici di sua figlia ed eventuali futuri partner, tanto per metterla a disagio, in eterno.
Gli fece un sorriso ammaliante che lo sciolse. "Lily Castle. Mi piace".
Certo che le piaceva. "Hai barato, Beckett. Spero che tu ne sia consapevole. Mi hai drogato e innestato quel nome sottopelle con un microchip".
"O forse Lily ha comunicato telepaticamente con te, come ha fatto con me. Forse vuole proprio chiamarsi così", annunciò serafica.
La fissò sbalordito.
"Che ne hai fatto della mia più che scettica moglie? Dove la tieni nascosta?". Le diede un bacio sul naso."Anche a me piace", le confessò in un sussurro, tenendola stretta. Non vedeva l'ora di mettere un intero set di spade laser nel carrello, ma la notte era lunga, e quel momento andava celebrato. Aver deciso il nome significava aver fatto un atto di fede, e cioè credere - senza averne la certezza matematica - che la loro avventura sarebbe finita nel modo desiderato, che sarebbero diventati una famiglia. Significava, soprattutto, aver scelto di essere ottimisti, fiduciosi, invece che paralizzati dalla paura e dalle brutte esperienze passate ed esporsi al rischio di essere di nuovo feriti, perché la vita avrebbe potuto metterli di nuovo alla prova. Ma non potevano vivere con il motore al minimo, in attesa della prossima bomba. Dovevano vivere pienamente, con tutto il coraggio che avrebbero dovuto sfoderare per farlo.

"Vedrò qualcuno, una volta tornati a casa", annunciò con un un leggero tremore iniziale, ma sentendosi più sicuro con il passare dei secondi. Aveva bisogno di fare chiarezza dentro di sé prima che Lily nascesse, voleva essere sicuro di essersi ripreso al cento per cento, una volta che fosse venuta al mondo. Avrebbe consultato un professionista, proprio come aveva fatto lei a sua insaputa quando il cecchino l'aveva quasi ammazzata, la prima volta.
"Spero che con qualcuno tu non intenda una donna meno ingombrante di me", lo punzecchiò, pur avendo compreso a cosa si stesse riferendo.
"Non ora che posso finalmente dirti quanto tu sia splendida, e quanto lo sia stata in ogni minuto della gravidanza, senza passare per un maniaco feticista. Te lo ripeterò finché non avrai voglia di farmi sparire in fondo all'oceano".
"Perché mi tenti suggerendomi idee tanto stuzzicanti, Castle?".
"Perché ti amo".
"Ti amo anche io. E mi dispiace... per tutto. Anche di averti tenuto lontano".
Le mise un dito sulle labbra per farla tacere. "Non mi stavi tenendo lontano, stavi cercando di sopravvivere. Abbiamo tutto il tempo per recuperare quello che ci siamo persi, di qualsiasi cosa si tratti".
"Anche festeggiare come si conviene il nostro anniversario? È appena passata mezzanotte".
"Soprattutto festeggiare il nostro anniversario", le rispose tirandola più vicina e dedicandosi finalmente senza nessuna remora a tutto quello che aveva in mente e che ora non aveva più motivo di rimandare.

.

Ho pensato per qualche giorno se non fosse il caso rendere il decimo capitolo quello finale, perché è stato un capitolo corposo che, in qualche modo, chiudeva e risolveva emotivamente questa "tappa" del loro cammino verso la nascita di Lily. In realtà però continuavo a immaginarli trascorrere del tempo più sereno a chiacchierare carini, dopo tutti i drammi passati, e quindi ho aggiunto questo. Grazie come sempre a chi ha letto, commentato, chi ha seguito, atteso nella pausa natalizia, mi è stato accanto e mi ha sostenuto. Un abbraccio a tutti! Silvia

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl