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Autore: Parmandil    15/01/2019    1 recensioni
Per molti secoli i popoli della Via Lattea si sono interrogati sui grandi misteri del cosmo. Cosa c’è oltre la Grande Barriera che avvolge la galassia, impedendo alle navi di uscire? Chi ha costruito le megastrutture come la Sfera di Dyson? Da dove viene la sorprendente somiglianza genetica fra gli umanoidi, una somiglianza tale che le diverse specie possono persino incrociarsi? Alcuni hanno visto un’unica mano dietro questi misteri: quella dei Progenitori, la stirpe ancestrale da cui tutti gli umanoidi hanno tratto origine. Ora queste antiche domande avranno finalmente risposta.
Ristrutturata dopo l’ultima battaglia, l’Enterprise-J si lancia arditamente all’esplorazione della galassia di Andromeda, arrivando là dove nessuno è mai giunto prima. Troverà nuovi e formidabili alleati, ma si scontrerà anche con la forza più distruttiva dell’Universo: la Scourge. In una corsa contro il tempo, i nostri eroi cercheranno di rintracciare i creatori della Scourge... e di loro stessi. I legami saranno sottoposti alle prove più dure e ciascuno di loro affronterà i propri demoni, mentre il viaggio al centro di Andromeda somiglia sempre più a una discesa negli abissi dell’Inferno... e della mente.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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-Epilogo:

Data Stellare 2557.225

Luogo: Kelva Primo

 

   Fanior depose gli strumenti da giardinaggio e si asciugò il sudore con uno dei tentacoli. Era bello stare su Kelva nella sua forma naturale, ed era ancora più soddisfacente contribuire alla ricostruzione, a partire dalle piccole cose. Attorno a lui, i fiori di Sashira che aveva appena piantato stavano mettendo radici. Le colline circostanti, dove lui e altri Kelvani avevano lavorato nei giorni scorsi, erano già rivestite dalla boscaglia azzurrina. Le vecchie storie erano vere: quegli arbusti silicei crescevano nell’arco di una notte. Erano piante pioniere, il primo passo per ricostruire l’ecosistema kelvano. Le altre piante, dalla crescita più lenta, sarebbero state reintrodotte gradualmente. Poi sarebbe toccato agli animali, a partire dai più piccoli. La Coalizione aveva salvato diverse specie, talvolta sotto forma di esemplari viventi, più spesso con il solo DNA. Sofisticate tecniche di clonazione e crescita in vitro permettevano di ricrearli. Era un lavoro immane, che avrebbe richiesto generazioni; ma bisognava pur cominciare. E Fanior era lieto di contribuire ai primi passi.

   Richiamato da un suono rimbombante, l’Ambasciatore inclinò il corpo conico e puntò uno dei grandi occhi da calamaro verso il cielo. Due astronavi della Coalizione stavano scendendo dall’orbita. Sorvolarono la collina su cui si trovava e si diressero verso il lago, dove presero a riempire le stive di Melma Dorata. Altre astronavi, atterrate sulle sponde, avevano già fatto il pieno ed erano pronte a ripartire. La flotta della Coalizione, giunta dalla stazione di Suspiria, stava imbarcando grandi quantità di quella sostanza, da usare contro la Scourge. In tal modo avrebbe contribuito a diffonderla in Andromeda.

   Anche se il suo corpo da calamaro era inespressivo, Fanior si sentiva appagato. I leader della Coalizione avevano ringraziato i federali per la loro impresa nel Cervello Matrioska. Reshef in persona aveva ammesso che costituiva «la vittoria più significativa mai conseguita contro la Scourge». Di conseguenza l’Enterprise era stata riammessa nei ranghi della Coalizione con tutti gli onori. E quando Chase aveva chiesto a Reshef di revocare l’esilio contro Fanior, il Consigliere non aveva potuto esimersi dall’accettare. L’Ambasciatore si disse fra sé che aveva fatto bene a fidarsi del Capitano. Quali che fossero le sue remore contro i vertici dell’Unione Galattica, Chase e i suoi ufficiali meritavano la sua più alta stima e tutto l’aiuto che poteva ancora dargli. Perciò sarebbe rimasto sull’Enterprise, quando fosse ripartita, anche se lo addolorava lasciare Kelva così presto. Almeno i suoi simili sarebbero rimasti, per portare avanti la ricostruzione. E l’Enterprise si sarebbe tenuta in stretto contatto con gli alleati.

   L’Ambasciatore riprese il lavoro, muovendosi svelto con le sue cento appendici. Qua e là, sulle colline e nei fondovalle, altri Kelvani facevano lo stesso. Nella zona più pianeggiante stavano già tracciando le linee di un nuovo insediamento. Esseri di tutte le specie, sia di Andromeda che della Via Lattea, erano affaccendati in mille attività. Alcuni però si godevano semplicemente qualche ora di meritato riposo. Lantora e T’Vala camminavano tra i fiori di Sashira, mano nella mano, facendo progetti per il futuro. Si erano ormai lasciati alle spalle l’incidente della Barriera. Raav e gli Xindi Rettili dell’Enterprise si godevano il sole sulla spiaggia. E l’Ingegnere Capo Grenk risalì la collina, stando attento a non calpestare i germogli appena piantati. Si avvicinò a Fanior e l’osservò in silenzio per circa un minuto; poi si schiarì la voce. «Ehm, è lei, Ambasciatore?» chiese.

   «Certo, Ingegnere. Non mi riconosce?». Il traduttore universale rendeva comprensibile il linguaggio del Kelvano.

   «In quella forma, devo dire che ho qualche difficoltà. Non per criticare, ma... voi Kelvani vi somigliate molto» disse il Tellarita.

   «So cosa intende... anch’io trovo gli umanoidi difficili da distinguere» ammise Fanior, comprensivo. «Cosa la porta qui?» chiese poi.

   «Uh, niente di che... volevo stare un po’ all’aria aperta. Posso aiutarla?» chiese Grenk, accennando agli attrezzi da giardinaggio.

   «Se crede... ma si tenga a distanza di sicurezza. Mi muovo molto rapidamente» avvertì l’Ambasciatore. In effetti i suoi tentacoli gli guizzavano attorno come fruste.

   Grenk prese una paletta e cominciò a piantare i fiori di Sashira, che nella loro struttura frattale riproducevano già la forma dell’intera pianta. Per un po’ il piccolo Tellarita e il grosso Kelvano lavorarono in silenzio, fianco a fianco.

   «Non mi sono ancora congratulato per il contributo che ha dato all’ultima battaglia» disse a un tratto Fanior. «Far collassare la Matrioska è stata un’ottima idea».

   «Sempre che sia servita» sospirò Grenk. «Shado potrebbe essere ancora là fuori. Sa, quando sono salito sulla Phoenix non era quella, la mia idea. Pensavo di tornare più indietro nel tempo e avvertire l’Enterprise perché non entrasse affatto nella megastruttura. Così non avremmo avuto né Sunny, né Shado».

   «Ma la Scourge avrebbe continuato a espandersi incontrollata» notò Fanior. «Anche se Shado fosse sopravvissuto, ritengo che lei abbia fatto la scelta giusta. Tra l’altro, se avesse seguito la sua prima idea, è probabile che il cambiamento di linea temporale l’avrebbe annichilita».

   «Sì, beh... sono già morto una volta» commentò Grenk, facendo spallucce.

   «Mi spiace che la pensi così. Quel che ho fatto sul Leviathan era finalizzato unicamente a salvarla. Non pensavo di sconvolgerla a tal punto» si scusò il Kelvano.

   «È tutto a posto, Fanior» disse Grenk, alzandosi dal suo lavoro. «Sono stato giù di corda per un po’, ma ora è passato. Quand’ero nella Phoenix, e ho dovuto scegliere che fare, ho avuto un’illuminazione. Qualunque cosa mi sia successa, ci sono un’infinità di buone ragioni per andare avanti».

   «Ne sono lieto. È proprio certo di stare bene?» insisté l’Ambasciatore, squadrandolo con un occhio da calamaro.

   «Yotz, sì!» esclamò il Tellarita, con un sorriso che gli scoprì le zanne porcine, e si rimise al lavoro di buona lena.

 

   «Gli ordini di servizio per oggi, Capitano» disse Ilia, porgendo a Chase un d-pad da firmare.

   «Uh-uh. Novità dalla Coalizione?» chiese il Capitano, scorrendolo rapidamente. I due stavano passeggiando non lontano dal lago, in una zona in cui la riva si alzava a formare una scogliera rocciosa.

   «Quel che ci aspettavamo. Sta cercando di contattare altri gruppuscoli che finora si erano nascosti e di far pace coi pirati, ma non sono cose che si ottengono dall’oggi al domani» rispose la Trill, camminando con le mani intrecciate dietro la schiena. «Intanto stiamo rifornendo i coloni kelvani con viveri e medicinali. Reshef le fa sapere che apprezza molto».

   «È un Kelvano ragionevole, dopotutto» commentò Chase, restituendole il d-pad firmato. «E Suspiria che dice?» chiese, ma in quella si vide passare davanti un gruppo di bambini dell’Enterprise che giocavano a rincorrersi. Fra loro c’era una ragazzina bionda con gli occhi verdi, una delle più vivaci del gruppo.

   «Dice che non si divertiva tanto da quando ha lasciato gli Ocampa» sorrise Ilia, osservando i bambini che si allontanavano correndo.

   «Uhm... e di lei che mi dice?» domandò Chase, studiando il suo Primo Ufficiale. Ne osservò attentamente la postura e l’espressione. «C’è qualcosa di diverso in lei. Sento che il vecchio Zarden ci ha lasciati».

   «È così» confermò Ilia. «Lo zhian’tara è finito. Che esperienza! Non so come definirla... di sicuro istruttiva. Ma anche logorante, con certi Ospiti».

   «Non lo dica a me!» esclamò il Capitano. «Penso ancora a quando ha manifestato la personalità omicida di Joran, poco prima che arrivassimo ad Andromeda. Abbiamo dovuto tenerla in guardina per due settimane. Poi mi sono dovuto sorbire l’umorismo di Curzon. È andata meglio con Jadzia ed Ezri... ufficiali in gamba. Ma mi lasci dire che Martis era una solfa. E Zarden sarà stato pure un genio, ma non era simpatico a nessuno. Sono lieto che sia di nuovo se stessa. Mi prometta che non farà mai più una cosa del genere!».

   «Promesso, Capitano» lo tranquillizzò Ilia. «A meno che non sia assolutamente necessario!» aggiunse furbesca. «Beh, ora torno all’insediamento. Le ricordo la riunione coi Consiglieri, questo pomeriggio».

   «Non mancherò» promise Chase, procedendo di buon passo verso la scogliera.

   «Vuol proseguire da solo?» chiese Ilia, un po’ stupita. Non c’erano altro che rocce, in quella zona. Sia gli Andromedani che la gente dell’Enterprise erano lontani. Anche i bambini erano stati richiamati indietro dagli adulti.

   «Non da solo» corresse l’Umano.

   Ilia aguzzò la vista e notò una piccola figura che si stagliava in cima alla scogliera. «Capisco... buona fortuna, Alexander» disse in tono più confidenziale, e si allontanò con discrezione.

 

   «Eccoti!» disse Neelah, quando Chase la raggiunse. «Strano posto, per un appuntamento. Che volevi dirmi?».

   «Oh, giusto un paio di cose» disse il Capitano, guardandola in un modo che la dottoressa non seppe interpretare. «Per quanto riguarda la tua richiesta, Suspiria dice di no: non puoi avere un campione del suo citoplasma».

   «Frell, ci contavo!» si dispiacque Neelah.

   «Però ha accettato di dirti qualcosa su Exosia. E questo mi crea un problema, perché non vorrei che ti smarrissi nella foresta miceliare, o che impazzissi con le spore, proprio ora che ti sei ripresa dalla Scourge» notò Chase.

   «Oh, Alexander... ti preoccupi troppo!» trillò Neelah. Fece una piroetta e lasciò che Chase l’abbracciasse da dietro, cullandola. «È che sono piena di progetti. Devo recuperare il tempo perso nella crono-stasi. Non mi perdonerò mai d’essermi dormita la permanenza nel Cervello Matrioska. Se avessi potuto ficcare gli iniettori tubolari in un computer dei Proto-Umanoidi... ah, chissà che avrei scoperto!» sospirò. L’emozione le fece estroflettere davvero gli iniettori, lunghi un palmo.

   «E dai, cara, ritira quegli affari... non donano alla tua mano» disse Chase, scostandole i capelli candidi per baciarla sul collo. Neelah rabbrividì e socchiuse gli occhi, mentre gli iniettori le rientravano nella mano. Per un po’ rimasero abbracciati, contemplando il lago dorato.

   «Questo invece la rende molto graziosa» riprese Chase, e Neelah sentì che le stava infilando qualcosa al dito. Abbassò lo sguardo, meravigliata... e vide che l’uomo le aveva infilato un anello all’anulare. Era un cerchietto di platino, con incastonato un piccolo zaffiro di un blu intenso. Per un attimo rimase paralizzata, senza fiato: sapeva cosa significava quel gesto, per gli Umani.

   «Alexander...!» mormorò, sentendo le vertigini. Si girò per guardarlo negli occhi.

   «Neelah... in questi anni ne abbiamo passate tante» disse Chase, stringendole le mani fra le proprie. «Abbiamo visto la morte in faccia più volte e ho rischiato di perderti in più modi di quanti voglia ricordare. Ma per qualche miracolo ne siamo sempre venuti fuori. E poiché ci attendono altre sfide, voglio approfittare di quest’ora di pace per chiedertelo. Avrei dovuto farlo già da tempo». Le sfiorò la guancia, fissandola negli occhi azzurri. «Neelah, vuoi sposarmi?» chiese con voce limpida. Ci fu un attimo di silenzio; ma l’Aenar non era il tipo che dubita di ciò che vuole.

   «Lo voglio» disse con fermezza. «Caspita se lo voglio!» aggiunse ridendo, e gli gettò le braccia al collo. Chase la strinse tanto che la sollevò da terra per qualche secondo. Quando sentì le labbra dell’Aenar sulle sue, capì che ogni battaglia e ogni sacrificio di quegli anni erano ripagati.

 

   Quel pomeriggio, Chase si recò alla riunione con i Consiglieri. Era l’ultimo incontro, prima che l’Enterprise ripartisse. Anche molte navi della Coalizione avrebbero lasciato Kelva, con le stive piene di Melma Dorata, ma alcune sarebbero rimaste per proteggere i coloni kelvani. Altre astronavi erano ancora in viaggio, dai quattro Quadranti della galassia, per venire a rifornirsi.

   La riunione si tenne in un edificio ancora in costruzione: c’erano i pavimenti e le pareti, ma niente soffitto, così che l’intensa luce del sole inondava il salone ancora spoglio. Il Capitano si presentò con i suoi ufficiali superiori, ai quali non sfuggì l’anello che Neelah sfoggiava al dito e ciò che implicava. I leader della Coalizione erano tutti lì, di persona o in olo-presenza, compresi Reshef e Suspiria. Venne anche Fanior, in forma umana, e da ultimo Sunny.

   Fu una lunga discussione, perché c’era molto da pianificare. La Coalizione promise di diffondere il più possibile la Melma Dorata, convertendo la Grigia. S’impegnò anche a cercare tracce della Nera, dato che nemmeno la distruzione del Cervello Matrioska assicurava che Shado fosse stato annientato. «Il Clan degli Esuli cercherà in tutta Andromeda le tracce di questa entità malefica» promise Suspiria, la cui vocetta seria contrastava con il viso paffuto da bambina. «Ci assicureremo anche di mantenere i contatti con l’Enterprise».

   «Visto che hai deciso di rimanere a bordo, sarai il nostro ufficiale di collegamento» disse Reshef, agitando un tentacolo all’indirizzo di Fanior. «I nostri avi furono saggi a mandare gli esploratori nella Via Lattea. Da lì è giunta la nostra salvezza» riconobbe.

   «Ora che la Scourge si è fermata, molte genti che vivevano nascoste torneranno a farsi vedere» commentò Suspiria. «La nostra Coalizione potrebbe crescere, ma affronterà anche sfide inedite. Dobbiamo tenerla unita, perché le battaglie sono tutt’altro che terminate».

   «Noi ci tratterremo ad Andromeda ancora per qualche anno» spiegò Chase. «Così vedremo il nuovo corso delle cose. Ma c’è una domanda che mi faccio, e non so darmi risposta».

   «Dica, Capitano» lo invitò Reshef.

   «La Sfera di Dyson della Via Lattea accoglieva una popolazione superiore a quella di tutte le altre specie umanoidi sommate» disse lentamente il Capitano. «Il Cervello Matrioska era più piccolo, ma poteva comunque sostentare una popolazione immensa. Insomma, i Proto-Umanoidi – sia Preservatori che Distruttori – erano incredibilmente numerosi. Del resto la migrazione da una megastruttura all’altra richiese quattrocento anni per essere completata, non è così?».

   «Esatto» confermò Suspiria. «Dove vuole arrivare?».

   «Ecco, per quanto la Scourge fosse virulenta mi sembra strano che siano morti tutti» argomentò il Capitano. «Possibile che nessuno sia riuscito a sganciare qualche modulo dalla Matrioska? E quelli che erano giunti dalla Via Lattea, i Preservatori, l’avranno fatto con delle astronavi. Dobbiamo credere che non se ne sia salvata neanche una?».

   «Sta ipotizzando che alcuni Proto-Umanoidi siano sopravvissuti fino a oggi» riassunse Terry.

   «Sì... Preservatori, Distruttori o entrambi» confermò Chase. «So che sembra strano, visto che nessuno li ha mai visti... ma ricordiamo che erano schivi e maestri dell’occultamento».

   «La sua ipotesi è realistica, visto il loro numero esorbitante» ammise Terry. «E il cambiamento della Scourge potrebbe finalmente indurli a rivelarsi».

   «Se i Progenitori esistessero ancora, mi piacerebbe conoscerli. In fondo sono la radice comune che ci unisce» commentò Sunny, rivolgendosi agli umanoidi dell’Enterprise. «Ma se fossero sopravvissuti i Distruttori... allora sarebbe male» aggiunse, rattristandosi. La sua epidermide dorata parve d’un tratto meno luminosa, come se rimuginasse cupi pensieri. E nessuno, nell’assemblea, seppe che dire per confortarlo.

 

 

FINE

 

 

   
 
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