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Autore: _Destinyan_    15/01/2019    1 recensioni
Inghilterra, 1945.
Antonio ha vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio, vorrebbe che la gioia trovata lì non finisse mai. Sarà però costretto a dover affrontare la realtà una volta capito che cosa significa crescere, conoscere il mondo... e affrontare qualsiasi tipo di viaggio pur di rivedere Lovino.
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dicembre, 1958

Italia

Feliciano rimase non più di un momento in silenzio, Lovino in attesa che suo fratello parlasse premette le labbra. Feliciano finalmente tirò fuori tutto “Come sarebbe a dire sei innamorato? Da quanto?” per qualche ragione iniziò a sorridere, e a emettere qualche strillo “Non pensavo… che…” e rise di nuovo. Lovino si coprì il viso e rotolò dall’altra parte “Sapevo che non avrei dovuto dirlo. Sono uno stupido!”
“No, no, Lovi, va bene, sono felice!” Feliciano gli era praticamente addosso, poggiato sulla sua spalla. “Antonio lo sa?”
“Emh…” Lovino si girò e trovò il volto del fratello “Sì, credo… ma… Non gliel’ ho mai detto.”
Feliciano inclinò la testa “Che significa?”
Lovino sospirò e raccontò tutto dal principio. Partì dall’orfanotrofio, quando lui e Antonio si diedero il primo baciò, da piccoli, e arrivò fino al presente. Raccontare quegli anni fu più difficile del dovuto, soprattutto cercare di far capire a Feliciano perché Lovino non spedisse quasi mai delle lettere perché era troppo spaventato e insicuro.
“Ma… se vi ricambiate cosa stai aspettando?” Fu l’unica cosa che Feliciano riuscì a dirgli dopo aver ascoltato tutto, in una risatina.
“Non ho il coraggio di...”
“Non state insieme?”
“No.”
“Perché?”
Lovino si coprì di nuovo il volto “Per colpa mia.”
“No, Lovi, non devi darti la colpa.” Feliciano gli prese le mani, scoprendogli il viso, e lo fissò negli occhi. “Devi dirglielo, non puoi aspettare ancora.” E intrecciò le dita con quelle del fratello.
Lovino spostò lo sguardo “Domani.” Poi aggiunse “Forse.”
“Stasera stesso.” Insistette. Ormai Lovino era completamente rosso e l’imbarazzo lo stava divorando. “Non hai nulla da temere, fratello. Antonio si è già dichiarato, hai già la certezza di essere ricambiato.”
“Devo dirglielo per forza?” Solo l’idea di doverlo ammettere di nuovo ad alta voce lo faceva sentir male.
“Ovvio, altrimenti come farete a stare seriamente insieme?”
Lovino guardò negli occhi dolci del fratello e sospirò di nuovo. Aveva paura.
“Torna a casa e dirglielo, posso pensare io al nonno.”
“Cosa?”
“Lo convincerò ad uscire con me, sta tranquillo.” Rise subdolamente mentre si alzava, tese una mano a Lovino e lo fece alzare. “Andiamo a casa.” E gli sorrise.

Mentre tornavano verso la strada di casa Feliciano continuò con le domande. “Lo avete già fatto?” notando l’altro confuso aggiunse “L’amore intendo.”
“FELICIANO!” Lovino urlò con vergogna, ormai era tornato rosso.
“Sto solo chiedendo…” continuò lui “Io e Ludwig lo abbiamo fatto.” Aggiunse con tranquillità. Con espressione di disgusto Lovino simulò un conato di vomito. “Feli, che schifo.”
“Dai, Lovi…. Voglio sapere.”
“No.” Rispose seccato. “Non lo abbiamo fatto.” Era uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita.
“Oh…” Sospirò quasi deluso “Non sai che ti sei perso.”
Lovino strizzò gli occhi e scosse la testa “Dio santo, Feliciano!”

***

“Nonno!” Il rumore della porta che sbatteva e la voce di Feliciano fecero sobbalzare Antonio, che nel frattempo era intento a mettere in ordine in casa. Roma era sul divano a far riposare la gamba dopo aver passato troppo tempo in giardino a cercare di ripulire le foglie secche. Feliciano saltellò fino al divano, e Antonio lo osservò passargli accanto, mentre all’ingresso c’era Lovino che tra le mani teneva la sciarpa come se fosse stato un sacco, dentro sembrava esserci qualcosa, lo stava guardando con fare ansioso.
“Cosa è successo?” chiese lui preoccupato. Lovino arrossì e disse subito “Nulla, abbiamo raccolto dei cachi.”
“Oh… ok.” Lo osservò mentre faceva rotolare i piccoli frutti sul tavolo e Feliciano che continuava a parlare con il nonno.
“C’è bisogno che tu esca con me.” Gli stava dicendo. Antonio raggiunse Lovino e lo aiutò a mettere i cachi nella ciotola.
“Cosa? Feliciano perché non sei andato con tuo fratello?”
“Devo prendergli un regalo per Natale, non può venire con me.” Lovino alzò la testa e li osservò mentre parlavano. Il nonno scosse solo la testa. “Dobbiamo andare proprio ora?”
“Sì.”
Antonio si voltò verso Lovino quasi offeso “Avevi detto di non volere un regalo di natale.”
“Non sapevo nemmeno che questo scemo volesse prendermi un regalo.”
“Feliciano gli hai addirittura rovinato la sorpresa, ormai è inutile andare a prenderlo con me.” Roma cercò di trovare delle scuse, Feliciano non ne volle sapere nulla e prese la giacca di suo nonno.
“Questi ragazzi mi uccideranno.” Disse l’uomo ad Antonio mentre metteva il giaccone, pieno di rattoppi, probabilmente lo indossava da molti anni. “Allora noi usciamo.”
Antonio e Lovino annuirono in risposta e sentirono solo la porta chiudersi. Antonio prese l’ultimo frutto e lo lanciò nella ciotola “Dove li avete presi?”
“Li abbiamo presi in un frutteto in campagna.” Alzò le spalle.
“Li avete rubati?” Antonio rise e guardò Lovino intenerito “Avete fatto pace almeno?”
“Sì…” mormorò e sparì nella sua stanza. Sentì la porta sbattere violentemente. Un po’ preoccupato raggiunse la camera e bussò.
“Che vuoi?”
“Posso entrare?”
“Come ti pare.” Si aspettava una risposta del genere. Premette la maniglia ed entrò nella stanza.
“Sicuro di aver fatto pace?” Lovino era accomodato ai piedi del letto dove dormiva con suo fratello.
“Ti ho detto di sì.” Incrociò le braccia e nel frattempo Antonio si sedette accanto a lui.
“Se c’è qualcosa che vuoi dirmi, fallo pure.”
Lovino lo guardò negli occhi e dopo qualche momento di silenzio gli chiese “Posso farti una domanda?”
“Certo.” Antonio ascoltò attentamente, preoccupato per i due italiani, convinto avessero avuto qualche discussione che aveva reso Lovino nervoso.
“Cosa siamo noi due?” Le guance dell’italiano erano diventate rosa. Il cuore di Antonio aumentò la velocità, non si aspettava quella domanda. Rimase un momento a ragionare, cercando di rispondere in modo tranquillo.
“Possiamo essere tutto quello che vuoi tu.” Gli rispose sinceramente, guardandolo con occhi apprensivi, aveva concesso a Lovino tutto il tempo che voleva per decidere cosa dovessero fare. Lovino si fermò a contemplare il pavimento, non sapendo più cosa rispondere. Antonio gli prese la mano. “Lovino quando te l’ho detto all’orfanotrofio, io lo avevo già capito, ti ricordi?” il ragazzo tornò a guardarlo “Ti ho chiesto se ti piacevo.”
“Sì…” Lo disse in un sospiro, però la sua voce stava tremando. Le punte dei loro nasi potevano quasi toccarsi, se Antonio si fosse mosso in avanti avrebbe potuto baciarlo, ma doveva arrivarci con calma. In quel momento Lovino aveva voglia di parlare, non avrebbe perso l’occasione e non lo avrebbe fatto scappare facendo un passo falso. “Mi piaci ancora.” Disse Lovino, tutto rosso e tremando, Antonio sorrise.
Aveva aspettato che Lovino lo ammettesse per così tanto tempo, non poteva nascondere il suo sorriso in nessun modo.
“Quindi cosa vuoi?” gli domandò restando calmo e con gentilezza.
Lovino si schiarì la gola e poi rispose “Che resti con me.”
Si erano capiti così. Non bisognava dire ad alta voce di essere fidanzati, di dover pensare al fatto che non avrebbero mai potuto ufficialmente sposarsi, anche se Antonio ci pensava spesso, bastava sapere che Lovino sarebbe stato sempre lì per Antonio, e lui avrebbe fatto altrettanto. Questo significava che avrebbero potuto stare insieme, non aspettare anni per potersi vedere, ma potersi vedere ogni giorno, ogni mattina. Si sarebbero presi cura uno dell’altro.
Le loro dita si intrecciarono e Lovino si porse in avanti per dare un bacio veloce ad Antonio, il quale rise e gli sembrò di vedere Lovino più rilassato, aveva accennato un sorriso. Antonio saltò su Lovino e lo abbracciò così forte che lo fece cadere con la schiena sul letto.
“Idiota, levati di dosso!” Lovino cercò di sembrare arrabbiato, invece stava ridendo. Antonio, nascosto nel collo dell’altro continuava a ridere forte, quando si tirò su per incontrare il volto di Lovino lo trovò in lacrime mentre rideva. Antonio gli asciugò le lacrime e poi lo baciò a lungo. Si accomodò fra le sue gambe nel frattempo. Ben presto sentì le mani di Lovino cercare di sfilargli la maglietta, lui stava facendo lo stesso con i pantaloni dell’altro. Non c’era modo che qualcuno li interrompesse quella volta. Il cuore di Antonio sembrava in corsa. Entrambi si trovarono a corto di fiato. Si ritrovarono nudi, i loro corpi iniziarono a toccarsi e sfregarsi dolcemente, Lovino rimase tutto il tempo afferrato al collo di Antonio e ogni volta che sentiva chiamare il suo nome Antonio stringeva di più l’altro a sé. Prima iniziarono a muoversi più velocemente, poi rallentarono, poi smisero, e Antonio cadde al lato di Lovino in un ultimo sospiro. Lovino si voltò a guardarlo, respirava velocemente ed era completamente rosso, Antonio gli spostò i capelli dagli occhi, per guardagli meglio il viso, risero di nuovo imbarazzati.
Non riusciva a controllare quella contentezza.

Gennaio, 1959

Lovino sapeva che quella giornata sarebbe stata difficile da affrontare non appena aprì gli occhi. Si alzò con la schiena, si guardò attorno, suo nonno era già in piedi ovviamente, lo sentiva parlare, probabilmente anche Antonio era in piedi. Accanto a lui c’era suo fratello, perso ancora nei sogni, che fra poche ore sarebbe partito per la Germania. I suoi bagagli erano già pronti ai piedi del letto. Li guardò e subito i suoi occhi, ancora impastati per il sonno, iniziarono a diventare lucidi. Avrebbe visto di nuovo suo fratello partire, gli faceva male, non poteva farne a meno.
“Lovino.” Sentì un sussurro.
Tirò su con il naso e si asciugò gli occhi. Si voltò e suo fratello era ancora nella stessa posizione, ma aveva aperto gli occhi. “Stai piangendo?”
“No.” Rispose. “Dovresti alzarti o perderai il treno.” Feliciano allungò la mano per toccargli la spalla.
“Tornerò Lovi.” Poi continuò non appena Lovino poggiò la mano sulla sua “Non possiamo stare insieme per sempre, lo so che ti preoccupi per me e che tutti ti hanno sempre detto di avere cura di me, ma ora so cavarmela da solo.” Sorrise “Tornerò ogni volta che vorrai e ogni volta che vorrò vederti.” Si tirò su “Dovrò andare a trovare anche i miei altri genitori.” Disse ridacchiando, stava parlando di Elizabeta e Roderich.
Lovino rimase in silenzio.
“Mi mancherai, Lovi.” Sospirò. Si abbracciarono per un po’.
“Farai meglio a sbrigarti.” Lovino si staccò dall’abbraccio e diede un colpo sulla testa del fratello. L’altro rise e si alzò di fretta. Lo guardò uscire dalla stanza, lo sentì urlare qualcosa con il nonno e cercò di calmarsi, pensando che il fratello questa volta sarebbe tornato, non avrebbe dovuto aspettare anni per vederlo.

***

A pranzo Lovino rimase in silenzio, la sedia dove di solito Feliciano sedeva era ora vuota. Di fronte a lui Antonio lo guardava con occhi gentili, odiava essere capito così facilmente, non voleva che Antonio sapesse che era triste. Guardandolo gli era tornato in mente che prima di partire Feliciano gli aveva detto scherzando che adesso avrebbero avuto più tempo da passare da soli e aveva fatto l’occhiolino ad Antonio, facendolo arrossire e ridere. Dopo pranzo si occupò lui dei piatti e Antonio lo raggiunse in cucina, mentre il nonno si addormentò sul divano, con una coperta sulle spalle.
“Lovino.” Si sentì chiamare da dietro, mentre era intento a togliere il sugo da un piatto. Antonio gli poggiò una mano sulla spalla e massaggiò.
“Sì, so già quello che stai per dirmi.” Lo interruppe subito “Che tornerà, che non c’è bisogno di fare così…”
“No.” Antonio sorrise “Hai ragione ad essere triste.” Aggiunse in una risata “Abbiamo dovuto dire addio e vedere persone partire per tutta la nostra vita, ormai sembra una cosa normale.”
Lovino non rispose. In realtà era contento che Antonio fosse lì con lui per consolarlo.
“Tranquillo, andrà tutto bene.” Lo abbracciò e strinse il suo petto contrò la schiena dell’italiano.
“Piantala, idiota.” Borbottò e il suo voltò divenne caldo. Il piatto che aveva in mano scivolò e urtò contro le pentole producendo un fracasso insopportabile. Antonio si allontanò di fretta e il nonno si svegliò di colpo alzandosi in piedi. “Cos’è stato?!”
Lovino si era voltato completamente e aveva trovato Antonio schiantato contro il muro. “Nulla!” rispose subito. “Un piatto… Mi è caduto.” Il nonno sembrò tranquillizzato e si lasciò cadere sul divano. Lovino approfittò per dare un calcio al ginocchio di Antonio, che ora stava ridendo, e lo fece quasi cadere “Imbecille.” Aggiunse.

***

Febbraio, 1959

La mattina del ventiduesimo compleanno di Antonio si presentò calda, per quanto potesse esserlo una giornata invernale, e con un sole splendente, il tempo preferito dal festeggiato. Fu svegliato dalla sua vescica che supplicava di essere svuotata, si alzò di fretta e attraversò il corridoio per raggiungere il bagno. Mentre era di passaggio si affacciò alla porta, solo per osservare Lovino mentre dormiva. Doveva riabituarsi a dormire da solo, infatti abbracciava un cuscino di solito. Antonio lo trovava adorabile, sarebbe rimasto a guardarlo per ore, per un momento Lovino sorrise e Antonio dovette tornare nel corridoio per ridacchiare e pensare a quanto fosse carino.
“Antonio.”
Trasalì e si voltò di colpo verso la voce che lo aveva chiamato “Ah!” sibilò “Roma, buongiorno!”
Roma lo stava osservando dall’alto con un sopracciglio inarcato “Buongiorno.” Poi continuò “Che stavi facendo?”
Antonio sentì il volto diventare più caldo “Nulla. Ho… ho sentito un rumore e mi sono affacciato.”
Roma lo osservò ancora con occhi un po’ duri, poi sorrise “Oh, bene, ti aspetto di là, ti preparo un caffè!”
“Sì, grazie!” Lo guardò allontanarsi e poi sospirò. Mentre stava per entrare nel bagno Roma lo chiamò nuovamente “Oggi vorrei mostrarti una cosa importante, ti andrebbe di venire con me appena finita la colazione?”
Antonio sorrise “Sì, certo.” E si affrettò ad entrare nel bagno. Quando ebbe finito raggiunse Roma, già vestito e lavato, che si gustava la sua tazza di caffè.
Antonio prese la sua, poggiata sul tavolo di fronte a Roma, con accanto dei biscotti “Grazie.” Disse mentre si sedeva “Di che si tratta?”
Roma sghignazzò “Lo vedrai più tardi!”
Calò il silenzio, per romperlo Antonio si decise a parlare “Oggi è il mio compleanno.” Annunciò, con fare quasi infantile.
“Oh!” fece un cenno con la tazza, porgendola in avanti “Tanti auguri!” continuò dopo aver sorseggiato un pochino “Non lo sapevo. Quanti anni hai?”
“Ventidue.” Rispose Antonio, gongolando con un sorriso stampato sulle labbra. Il nonno sorrise amaramente “Proprio una bella età.” E in quel momento ad Antonio sembrò di vederlo invecchiato. Il nonno si affrettò a ripulire tutto quando anche Antonio finì la sua colazione.
“Va a prepararti.” Gli ordinò quasi.
“Devo… devo chiamare anche Lovino?” chiese mentre si avviava verso la camera.
“No, andremo solo io e te.”
“Va bene!” Antonio non era molto convinto, il nonno di Lovino era molto strano a volte. Non aveva idea di dove lo avrebbe portato. Quando entrò nella stanza cercò di essere il più cauto possibile. Si tolse la maglia e dovette abituarsi momentaneamente al freddo mentre cercava qualcosa da mettersi.
“mh?” sentì Lovino mugugnare e le coperte strusciare. Si era voltato a guardarlo. “Che ore sono?” gli aveva detto con la voce ancora rauca, gli occhi si tenevano aperti a malapena.
“Credo le otto.” Gli rispose, ancora senza maglia, si avvicinò per accarezzare i capelli dell’italiano.
Lovino annuì e si girò di nuovo dall’altra parte con l’intento di dormire. “Stiamo uscendo.” Aggiunse poi Antonio, che continuò a toccare quei capelli soffici.
“Va bene.” Lovino lo aveva detto con una voce dolce e crollò di nuovo in un sonno profondo. Probabilmente non si sarebbe nemmeno ricordato di quello conversazione una volta sveglio. Rimase ad osservarlo ancora un po’, poi decise che era il momento di mettere qualcosa addosso. Infilò un maglione che aveva comprato quando viveva con Arthur e un jeans, probabilmente di tre anni prima almeno.
Raggiunse il corridoio, non trovando Roma dedusse che lo stesse aspettando fuori, infatti era lì, a fumare una sigaretta. Gli fece un cenno con il capo e si avviarono. Erano andati in direzione del paese.
“Vuoi fumare anche tu?” Roma gli offrì il pacco, mentre fra i denti stringeva la sua sigaretta accesa. Antonio scosse solo la testa, non gli andava molto di fumare. “Ti starai domandando dove stia portando, vero?”
Antonio ridacchiò “Ovviamente sì.”
“Che lavoro facevi prima di venire qui?” Roma gli fece un’altra domanda, parlò cacciando una nube di fumo dalla bocca.
“Intendi… dopo aver lasciato l’orfanotrofio?” Roma annuì, ma quando Antonio aprì la bocca per parlare lo interruppe.
“Anzi, parti da quando eri nell’orfanotrofio.” Rise “Non mi hai raccontato molto.”
Antonio si massaggiò il collo “Bhe, non c’è molto da dire. Sono stato trovato dalla signorina che teneva l’orfanotrofio da neonato. Sono rimasto lì fino a 18 anni e poi sono andato via. Sarei dovuto restare in paese, invece decisi di lasciare tutto e andare a vivere in città.”
Roma nel frattempo si era acceso un’altra sigaretta e l’altra era rimasta sul terreno. “Come mai hai lasciato all’improvviso il paese per la città?” lo disse un po’ sbalordito.
“Ah!” Antonio ripensò a quando si confessò a Lovino, al bacio, al fatto che lasciò il paese dopo quello che era successo con il nipote dell’uomo che gli stava accanto. Arrossì e scosse la testa “Nulla di che!” rise “Sono uno a cui piace improvvisare.” Il nonno sembrò convinto.
“Poi andai a stare in una piccola stanza con i soldi che mi aveva dato la signorina, i primi tempi è stata dura. Per racimolare qualcosa consegnavo giornali, aiutavo qualcuno con il lavoro manuale, aiutavo i negozianti.” Fece un cenno con la mano “Poi sono andato a vivere con un mio vecchio amico. Lo aiutavo con la libreria.”
Roma sembrava impressionato. Antonio fece una pausa, poi aggiunse “Ah, poi in Germania ho lavorato in un bar, per poco, mi servivano i soldi per venire qui.” L’altro rise. Nel frattempo avevano smesso di camminare e si trovarono di fronte un piccolo locale abbandonato, di fronte c’erano un calzolaio e altre piccole botteghe. C’era una trave di legno caduta, l’edificio era impolverato e le ragnatele erano visibili, le due finestre ai lati della porta non c’erano nemmeno più.
“Aggiungi questo alla tua lista.” Roma gli indicò il locale, e Antonio lo guardò confuso. “Ti ho detto che ero un barbiere, no?”
“Sì, ma… non capisco.” Mormorò lui in risposta. Roma rise.
“Il locale è tuo, gli daremo una bella ripulita. Ti insegnerò io tutti i trucchi del mestiere, non ti preoccupare.” Gli poggiò una mano con la spalla e lo strinse a sé. “Che ne dici?” Lo guardò sorridente. Antonio aveva gli occhi spalancati. Era quello che gli serviva, avrebbe imparato l’italiano e sarebbe rimasto in Italia, con Lovino, con un lavoro. Antonio lo abbracciò “Grazie mille, Roma!”
L’altro rimase immobile e poi gli diede una pacca sulla schiena, un po’ imbarazzato. Antonio si allontano e si avvicinò di più alla struttura davanti a loro, stava sorridendo con tutto se stesso, aveva messo una testa in quella che prima era una finestra e guardò l’interno. La puzza polvere gli fece bruciare il naso, uscì e tornò a guardare Roma “Ci sarà molto da fare!” e l’altro gli rispose con un sorriso.

***

Il campanello suonò ripetutamente. Lovino e Antonio erano impegnati a posare la legna al lato del camino, così da averla pronta quando sarebbe servita, l’italiano urlò “Arrivo!” il campanello però non smise di suonare “Cazzo, ho detto che arrivo!” urlò ancora di più e Antonio rise vedendolo così innervosito. Era passata una settimana da quando Roma gli aveva proposto di lavorare come barbiere nel suo vecchio negozio, dopo averlo saputo tornò a casa ad avvertire Lovino che era ancora a letto. Antonio gli disse “Ci lavorerò tutti i giorni in modo che sarà pronto il prima possibile.”  Lovino lo tirò in avanti in uno scatto e lo baciò, gli disse solo “Non credere che non ti darò una mano, stupido.”
Ora Lovino si era allontanato per andare ad aprire la porta. “LOVI!”
Antonio riconobbe la voce di Emma. Lanciò un pezzo di legna sul fuoco e raggiunse l’ingresso. “Emma!” lei era abbracciata a Lovino il quale cercava di spostarla, dimenandosi.
“Oh! Antonio!” lasciò Lovino, che si prese qualche momento per ricomposi, e saltò al collo dell’altro. “Ne parlano tutti…” era diventata brava con l’inglese, in poco tempo era riuscita ad imparare tantissime cose anche se l’accento italiano era ancora molto marcato. “Stai rimettendo a posto il negozio di Roma?” esultò lei staccandosi dall’abbraccio, ma continuava a tenere Antonio per le spalle.
Lui rise “Sì, è vero, ma abbiamo solo pulito, tolto le ragnatele, buttato qualcosa.” Cercava di parlare piano in modo che lei potesse capirlo a pieno.
Emma stava sorridendo, dietro di lei, Lovino si era occupato di chiudere la porta e la stava guardando stupito “Ma sei venuta fin qui per questo?”
“Vi ho portato anche dei taralli!” e dalla borsetta cacciò una bustina.
Antonio la invitò a sedersi al tavolo per prendere un caffè. Roma era intanto seduto a giocare a solitario “Ciao, Roma!” lei salutò gentilmente e si accomodò di fronte all’uomo, aggiustandosi la gonna lunga.
“Ho sentito il baccano, ma ho preferito aspettare qui.” Stava mettendo in ordine le carte per non dare impiccio. Lovino si diresse in cucina “Ti preparo un caffè allora…”
“Lovi, una cosa veloce, devo tornare alla pasticceria.”
Sembrava delusa dal tono della voce. Apri la busta e cacciò i taralli che aveva portato. Lei e Roma iniziarono a chiacchierare, e Antonio, che aveva capito già poco dei loro discorsi, ora si trovava ancora più confuso. Il significato di molte parole ancora gli sfuggiva, anche se rispetto ai primi tempi capiva molto di più, anche per una questione di sopravvivenza, quasi nessuno capiva l’inglese in paese.
“Antonio, sono contentissima che tu abbia deciso di restare qui. Lovino non mi aveva detto che avevi preso una scelta definitiva” Stava sorseggiando il suo caffè ora, mentre Roma era già al secondo tarallo. Antonio sorrise “Emma non dovevi venire qui in orario di lavoro per dirmelo.” Aggiunse un po’ imbarazzato.
“Tanto c’è mio fratello in negozio.” Fece un cenno con la mano “Una signora è entrata e me ne ha parlato, quindi sono corsa subito qui.”
“Ma come  fa la gente a sapere tutto così in fretta in questo dannato posto?!” Roma se ne uscì con la bocca piena e Emma rise, rispondendo solo con un’alzata di spalle.
“Per qualsiasi cosa potete chiamarmi.” Spostò lo sguardo verso l’orologio “Oh, devo proprio andare, o mio padre si arrabbierà.” Si avvicinò a Lovino e gli diede un pizzicotto sulla guancia “Grazie del caffè!” Lovino arrossì “Oh, dannazione Emma!” e scacciò la mano della ragazza. Rimise la giacca di fretta, salutò tutti e corse via.
“È adorabile, non trovate?” Roma commentò dopo aver sentito il portone chiudersi. Antonio annuì contento, Lovino roteò solo gli occhi e si allontanò.

***

Marzo, 1959

Lovino era crollato in un sonno profondo intorno le tre del mattino, Antonio lo aveva sorpreso a mezzanotte con una bottiglia di vino per festeggiare i suoi 19 anni. Il problema è che si spaventò e si infuriò contro di lui e suo nonno, ma sotto sotto sapevano tutti che era contento della sorpresa. Finirono la bottiglia di vino in tre e fu la prima volta che vide Antonio ubriaco, dovette portarlo a dormire con lui per farlo calmare, il nonno nemmeno ci fece caso perché crollò sul divano dopo i primi quattro bicchieri e dopo aver cantato tutte le canzoni che conosceva a squarciagola. Lovino scoprì di essere divertito da qualsiasi cosa lo circondasse da ubriaco. Lui e Antonio traballarono fino la camera da letto, dove si addormentarono abbracciati.

Dlin Dlon

Lovino aprì gli occhi, vide appannato per qualche secondo, poi vide il petto di Antonio davanti al suo volto. “Mh?” fu l’unica cosa che riuscì a dire. Guardò giù. Le braccia di Antonio lo avvolgevano, mentre lui aveva le mani poggiate sul petto dell’altro.

Dlin Dlon

“Antonio.” Disse con la voce roca e la testa che pulsava “Antonio.” Lo chiamò ancora una volta. I loro nasi si stavano toccando, Lovino lo stava strattonando nel disperato tentativo di fargli aprire gli occhi “Dannazione.” Spostò una mano, la passò prima sul petto, poi sul collo di Antonio, poi quando arrivò alla guancia… gli diede uno schiaffo. “E svegliati, stronzo!”
Antonio grugnì e aprì gli occhi, terrorizzato “Cosa? Cosa?”

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“È il campanello?” Lovino aveva ancora la mano poggiata sulla guancia dell’altro e cercava di tirarsi su. Antonio si mosse, prese la mano di Lovino, ci poggiò le labbra calde e la baciò producendo uno schiocco “Non lo so, Lovi, torna a dormire...” Lovino era diventato completamente rosso, la voce di Antonio era così calma e calda. Il campanello suonò un’altra volta. “Non è il momento per questo.” Si ritrovò a dire ad alta voce. “Levati.” Lo spostò e Antonio si lamentò. La testa di Lovino non aveva mai smesso di pulsare, per tutto il tragitto fino all’ingresso i suoi occhi rimasero socchiusi. Vide suo nonno addormentato sul divano accanto al tavolo, roteò gli occhi, quell’idiota era messo peggio di Antonio. Il campanello suonò di nuovo.
“Giuro su Dio…” Lovino si stava reggendo la fronte “Chi diavolo è il coglione che alle sei del mattino-” smise di parlare quando aprì il portone. Spalancò gli occhi, aprì di poco la bocca ed esclamò.
“Feliciano?!”

Suo fratello fece un sorriso splendido e Ludwig, dietro di lui con una borsa da viaggio in mano, fece altrettanto.
Feliciano saltò addosso a suo fratello, il quale stava ricambiando l’abbraccio “Avreste potuto avvertire!”
“E come?” Feliciano si allontanò e ridacchiò “Non avete nemmeno il telefono!”
Lovino incrociò le braccia. Ludwig iniziò a parlare “Abbiamo viaggiato durante la notte. Immagino stavate dormendo.” Lovino alzò solo le spalle e gli fece un cenno con la mano “Venite.” Poi si corresse “Anzi, andate a chiamare quell’idiota in camera.”
Feliciano fece l’occhiolino a suo fratello “Ora dormite nella stessa stanza?” Lovino gli diede un pugno sulla spalla “Io penserò al nonno!” Lovino osservò suo nonno qualche secondo, poi rise fra sé e sé. Andò in cucina, prese delle padelle, il nonno russava rumorosamente nel frattempo. Cominciò a battere con forza le padelle “Bella ciao! Bella ciao! Bella ciao, ciao, ciao!” urlò, ma senza intonare una melodia, e sorrise in modo sadico. Anche la sua testa ne risentì, ma la reazione di Roma era troppo divertente. Il nonno cadde dal divano per lo spavento.
“LOVINO!” Gli urlò contro e suo nipote rispose “Vendetta personale.” Andò a posare le pentole, nel frattempo Feliciano rifece la sua comparsa e urlò subito “Nonno!”
Roma si alzò sbalordito e andò ad abbracciare suo nipote “Cosa ci fate qua voi due?”
“Feliciano voleva assolutamente venire a trovare Lovino per il loro compleanno.” Ludwig spiegò, poi sobbalzò “Oh, Lovino, auguri!”
“Che stupidi, ci siamo dimenticati il motivo principale per il quale siamo venuti!” Feliciano rise e tornò di nuovo ad abbracciare il fratello “Auguri, Lovi!”
“A-anche a te.” Parlò piano e nascose un sorriso nelle spalle di Feliciano. Antonio, che nel frattempo era arrivato e sembrava essersi ripreso si unì all’abbraccio “Buon compleanno, ragazzi!” li teneva entrambi stretti. Il nonno si avvicinò “Venite qui!” E li strinse. Lovino stava ridendo, una di quelle risate vere. “Vieni anche tu, Ludwig!” Feliciano lo stava chiamando. Ludwig osservava la scena da lontano “Oh… io… meglio di no.” Roma lo afferrò per un braccio e non gli lasciò dire nemmeno un’altra parola. Li stringeva tutti e quattro adesso. Le guance di Ludwig erano diventate porpora, e l’unica cosa che fece fu poggiare le mani sulle spalle di Feliciano. Ad un tratto il nonno li strinse ancora di più e li alzò tutti. Urlarono all’unisono, ma riuscì a coprire le loro voci con la sua risata.
Feliciano e Ludwig sarebbero rimasti tre giorni per poi ripartire per la Germania.

Ludwig aveva approfittato del tempo passato a casa per continuare a scrivere il suo libro e sembrava andare a buon termine, Feliciano invece voleva trovare lavoro in modo da poter aprire un negozio di fiori tutto suo in futuro. Assicurò a Lovino che sarebbe andato a trovare Elizabeta e Roderich il mese dopo e li avrebbe aggiornati su tutto. Lovino, Antonio e Roma invece dissero del locale e Ludwig insistette per dare una mano in quei giorni, una mano in più non era male. In due giorni montarono le finestre e sostituirono delle vecchie travi, aggiustarono l’impianto elettrico. Di questi compiti però se ne occuparono Ludwig, Roma e Antonio. Feliciano e Lovino si occuparono di scartavetrare le pareti, pulire e poi ridipingere tutto di bianco. Furono giorni estremamente estenuanti. Roma dovette prendersi parecchie pause a causa della sua gamba, ma c’erano comunque Ludwig e Antonio ad occuparsi del resto. Nonostante il lavoraccio, Lovino si era divertito, anche se non lo aveva dimostrato.

***

La sera prima della partenza il nonno volle preparare una grande cena e alla fine lui, Antonio e Feliciano finirono con il fare un gran casino. Lovino si accese una sigaretta mentre si raccontavano storie. Per tutto il tempo osservò l’espressione felice di Antonio e si trovò a sorridere anche lui per un momento. Quando però il nonno iniziò a cantare, roteò gli occhi e decise che era il momento di andare a fumare fuori. Antonio in lacrime mentre rideva gli si avvicinò “Ehy, dove vai?”
“Fuori.” Rispose in tono seccato “Mi farete venire il mal di testa.”
“Dai stai con noi.” Antonio lo seguì fino alla porta. Lovino scosse la testa e l’altro gli sorrise “Va bene, torna subito però, una sigaretta e basta, fa troppo freddo fuori.”
Lovino indossò la giacca e con la sigaretta già pronta fra le labbra cantilenò “Sì, sì…”
Era seduto sulle scalette quando sentì la porta dietro di lui aprirsi. Era buio pesto a quell’ora e, se non fosse stato per quei tre, l’unico rumore che si sarebbe sentito sarebbe stato quello del respiro di Lovino.
“Antonio?” si voltò e trovò invece Ludwig, ritto con un cappotto nero addosso. “Ah, scusa.”
Ludwig subito sembrò imbarazzato “No, scusa tu, aspettavi Antonio?”
“Ma no, chiudi il becco.” Tornò a voltarsi e inspirò a lungo dalla sigaretta. Ludwig si accomodò accanto a lui.
“Non abbiamo avuto occasione di parlare da un po’” Ludwig cominciò a parlare, con la coda dell’occhio vide che agitò la mano per allontanare il fumo.
“Non abbiamo nulla da dirci infatti.” Lovino disse in tono un po’ troppo freddo.
“Tu mi odi Lovino?” Ludwig lo stava fissando con i suoi occhi azzurri, e dal suo tono sembrava deluso. Lovino stava per rispondere di sì, anche se non era quella la verità, ma l’altro fermò le parole prima che potesse pronunciarle “Pensavo fossimo amici ormai. Mi sbagliavo evidentemente.”
Lovino sentì come una fitta nello stomaco e scosse la testa “…Diciamo che siamo amici.” Alzò le spalle “Una specie.” Poi continuò “Ma se farai qualcosa a mio fratello reputati un uomo morto.” Gli puntò la sigaretta vicino al naso, Ludwig spostò la testa indietro e alzò le mani.
“Certo che no.” Disse il tedesco. Lovino sapeva che si poteva fidare, ma lo avvertì per sicurezza. Rimasero in silenzio e dopo poco divenne imbarazzante.
“Non siamo molto bravi in queste cose, io e te.” Forse per la prima volta Ludwig stava parlando in tono scherzoso. Sentirono il rumore di un bicchiere che si rompeva e sobbalzarono “Quei tre si faranno male se qualcuno non li controllerà.”
“Saranno ubriachi… di nuovo.” Lovino disse, e non guardò Ludwig alzarsi e raggiungere la porta. Non odiava Ludwig era solo geloso che avesse preso il suo posto nella vita di suo fratello. Gli era però grato di molte altre cose: Delle attenzioni che dava a Feliciano, del fatto che era lì per lui quando rimase solo all’orfanotrofio e poi…
“Ehy, Ludwig!” Lovino lo chiamò senza voltarsi.
“Mh?” sentì il suo della porta aprirsi.
“Grazie…” lanciò via la sigaretta finita.
“D-Di cosa?” L’altro rispose un po’ spaesato.
“Per avermi portato Antonio.” Si voltò finalmente. Ludwig gli sorrise, poi guardò il pavimento e entrò dentro.
Lovino rimase qualche minuto a contemplare la notte, poi entrò dentro anche lui, iniziava ad avere troppo freddo.










----Angolo dell'autrice----
Mi conoscete ormai, era ovvio che non sarei riuscita a finire la fic entro il 2018. 
Buon 2019... in ritardo. Vi ricordo che il prossimo capitolo sarà l'ultimo! Spero di riuscirlo a scrivere entro la fine del mese, ho stilato una scaletta e dovrei farcela (Dovrei...)

P.S: Avevo pensato di lasciare qualche link ad altri account che ho in giro per i social, ma poi ho pensato che a nessuno importerebbe lol bho non lo so, non ricordo nemmeno se l'ho scritto in un altro capitolo.
(Posto solo i miei disegni ovunque e qualche cosplay, sappiatelo.)
   
 
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