“All
of your flaws and all of my flaws | Are
laid out one by one | Look at the wonderful
mess that we made”
Bastille. Flaws
Appartamento di Chris, Upper
Wimpole St, Londra, 14 ottobre
Ore 2:23 PM
Trent era forse quello che più preoccupava Amelia, quasi
più di Ewan. La ragazza non aveva dimenticato come l’aveva guardata il giorno
in cui li aveva salutati per andarsene, ormai il mese scorso. Anche allora
aveva sospettato che il chitarrista avesse compreso tutto, che avesse capito
che quella di Amelia era una scusa bella e buona. Lei lo aveva intuito dal tono
della sua voce, dal modo brusco, austero, con cui le si era rivolto, così
diverso e severo rispetto al solito. Per tale ragione si sentiva piuttosto
nervosa, neanche dovesse prepararsi ad andare in scena per uno spettacolo
teatrale.
Chris e Chase
erano insieme a lei e il fatto che avessero acconsentito ad aiutarla le dava la
motivazione necessaria per non arrendersi. Non che volesse mollare tutto, al
contrario. Subito il consiglio di Pani le era sembrato strano, privo di senso.
Ora, invece, cominciava a capire cosa l’amica l’avesse spinta a fare. Per gli
uomini amicizia e cameratismo erano due aspetti molto importanti, quasi
irrinunciabili, in un certo senso. Se Amelia voleva fare adeguatamente pace con
Ewan era necessario che prima regolasse le cose con i suoi migliori amici, così
da avere la certezza che loro non potessero intromettersi nel suo tentativo di
recuperare i rapporti con il cantante. Non che lei temesse che Chase, Chris e
Trent potessero rovinare tutto, ma era chiaro che sapere che loro comprendevano
la sua situazione l’aiutava a calmarsi. Pani era davvero furba; era molto più
semplice affrontare il diretto interessato consapevoli di avere i suoi amici,
almeno un po’, dalla propria parte. Appena finito di parlare con Trent si
ripromise di inviarle un messaggio per farle sapere come stava procedendo
quella sua “missione” e ringraziarla per tutto.
Mentre lei era
intenta a pensare a tutto quello, fissando fuori dalla finestra, Chase era impegnato
a cambiare stazione radio in cerca di qualcosa di bello da ascoltare in attesta
del chitarrista, il quale, stando al suo messaggio, sarebbe arrivato a breve.
Sulle frequenze radio della BBC il batterista trovò Flaws dei Bastille e,
soddisfatto, alzò il volume. Amelia gli sorrise per fargli capire che
apprezzava quel gesto; quel pezzo le piaceva molto, specie per le parole del
testo. In quel momento sentì che era azzeccata per lei, che sembrava quasi
stesse parlando di sé. E di Ewan.
Ascoltò quella
canzone fino all’ultima parola, cercando di non pensare a quello che sarebbe
avvenuto a breve, né al fatto che mancava sempre meno all’incontro con il
cantante.
«Mi ha scritto Ewan.»
La frase di
Chris si sollevò nel silenzio generale, nemmeno la radio parlava più. Amelia guardò in direzione del ragazzo, che rispose al suo
sguardo.
«Cosa dice?» volle sapere
Chase.
«Chiede dove sono.»
«Possibile che Trent gli
abbia chiesto qualcosa?» intervenne la ragazza. Il fatto che il cantante
potesse arrivare quando lei ancora non si sentiva pronta per incontrarlo l’agitava.
Chris scosse la testa. «No,
altrimenti avrebbe scritto sulla chat di gruppo. È che questa mattina gli avevo
detto che stavo pensando di andare a chiedere informazioni per una tastiera e
gli avevo chiesto se voleva venire con me. Dubito sospetti qualcosa su quanto
sta succedendo.»
Amelia si sentì rincuorata
da quelle parole e si calmò, ma rimaneva comunque il fatto che Ewan era in giro
da qualche parte a chiedere di Chris.
Chase fu il primo che pensò
di cogliere quell’occasione al volo. «Ho un’idea. Digli che vi trovate in sala
prove per le cinque. Gli facciamo una bella sorpresa.» Sorrise radioso al suono
del proprio piano. Era quel genere di idea che una volta che gli veniva in
mente doveva assecondare a ogni costo.
Chris acconsentì, iniziando
a digitare sulla tastiera virtuale la risposta per Ewan. Amelia lo fermò.
«Aspetta. E Trent?» chiese, alludendo al fatto che ora erano in attesa del
chitarrista.
I due ragazzi la guardarono
perplessi per un istante. «Ce la facciamo in due ore e mezza a parlare con
Trent» le fece notare Chris.
«Sì ma, se lui non volesse
aiutarmi?»
Le sembrò strano formulare
quel pensiero, ma il suo progetto era chiaro: prima gli amici, poi il cantante.
A Chase sfuggì una risata
all’ingenuità di Amelia. «Davvero ti preoccupi così tanto?» chiese, retorico.
«Ami, Trent non ha motivo di essere arrabbiato con te, esattamente come non ne
avevamo noi. Potrebbe essere infastidito per il tuo gesto, ok, ma arrabbiato
non penso proprio.»
«E poi Ewan è il suo
migliore amico in assoluto. Ha un occhio di riguardo per lui e tu sei venuta
fin qui per sistemare le cose, perciò stai tranquilla. Si risolverà tutto»
cercò di rassicurarla Chris, il quale finì poi di rispondere a Ewan.
La ragazza ripensò alle loro
parole e capì che avevano ragione. Voleva mettere le cose in chiaro con il
chitarrista, ma se questi non avesse voluto sentire ragioni di sorta ciò non
significava che lei avrebbe dovuto rinunciare a tutto. Il pensiero che meno di
tre ore dopo avrebbe rivisto Ewan cominciò a bruciarle dentro come una fiamma.
Quella consapevolezza la innervosiva molto di più di quella di vedere Trent a
minuti.
Chris parve
accorgersi del mutamento di espressione della ragazza. «Andrà bene, vedrai» la rassicurò.
Lui e Chase le
si avvicinarono, forse entrambi con l’intento di essere d’aiuto in qualche
modo, quando sentirono la voce di Trent chiamarli. Il chitarrista apparve sulla
soglia, dopo aver usato la sua copia delle chiavi come Chris gli aveva detto di
fare. Quando entrò, però, gli altri membri degli Shards stavano involontariamente
comprendo Amelia alla sua vista. L’ultimo arrivato li salutò e i due, dopo
esservi voltati, si spostarono dalla ragazza, aprendosi come le acque davanti a
Mosè, uno da una parte, uno dall’altra.
All’apparenza
Trent non mutò espressione alla vista di Amelia, ma era chiaro che la sua
presenza lì l’avesse colto impreparato. Non disse nulla, rimase immobile con
gli occhi fissi in quelli di lei, rigido. Per la ragazza fu evidente che
lui non l’avrebbe abbracciata come Chris, né le avrebbe detto di essere
contento di vederla come Chase – almeno così pensò davanti alla sua faccia.
Tuttavia non si
fece intimidire da quel silenzio protratto. «Linton» lo salutò, sorridendo, pronunciando il suo cognome
anche in onore di quell’abitudine che aveva preso dopo averlo conosciuto.
«Campbell» replicò asciutto l’altro.
Chase e Chris si
scambiarono un’occhiata. Il primo stava per dire qualcosa, ma fu preceduto dal
chitarrista. «Cosa ci fai qui?»
«Volevo risolvere le cose con Ewan. E con voi» rispose la ragazza. Si
strinse nelle spalle, assumendo un’aria colpevole, dopodiché cominciò subito a
pensare a quanto dire.
«D’accordo. Allora perché non sei da lui?»
«La mia migliore amica mi ha detto che per fare pace
con un ragazzo bisogna prima fare pace con i suoi amici» sorrise alle sue stesse
parole e non poté fare a meno di notare che anche Trent, sebbene cercasse di
non darlo a vedere, stava sorridendo lievemente. Forse, dopo il momento
iniziale, la tensione fra i due cominciava a sciogliersi.
«Beh, ognuno ha la sua scuola di pensiero» proseguì il chitarrista. Si
sfilò la giacca e la mise sullo schienale di una sedia. Fuori iniziò a piovere
piano, quasi in silenzio.
«Allora dimmi: che cosa è successo?» domandò lui, ormai stanco
di quel continuo rimpallarsi di mezze frasi. Non erano in un telefilm, non
serviva a niente perdere tempo con inezie del genere.
Amelia si
preparò a raccontare tutto per l’ennesima volta e come nelle precedenti decise
di partire dalla motivazione per cui era scappata, per poi andare a ritroso
fino a dare al tutto un senso – per quanto personale e introspettivo. «Ho avuto paura» esordì, con lo stesso tono
di pacata ammissione che aveva usato con Chase e Chris. Si aspettò di vedere
Trent sollevare le sopracciglia, guardarla perplesso come se non capisse cosa c’entrasse
quell’affermazione, invece lui la sorprese. Corrugò appena la fronte, assumendo,
seppur lieve, l’espressione di qualcuno che sapeva cosa significasse tutto ciò.
Lui non la
invitò ad andare avanti e fu Amelia a continuare di sua spontanea volontà.
Proseguì a raccontare, spiegando tutto ciò che le era successo per arrivare a
portarla a compiere il gesto – che ora lei sapeva benissimo sbagliato – che l’aveva
allontanata da ciò che di più bello aveva incontrato a Londra. Le sembrava
quasi di aver premuto play su un disco registrato, su una litania che ormai
conosceva a menadito. Le era diventato quasi noioso
stare a sentirsi, al punto che arrivò a chiedersi come fosse possibile che
Trent rimanesse ad ascoltarla. Ripercorse come già aveva fatto i nomi e gli
eventi che più l’avevano segnata dal punto di vista sentimentale.
Quando
arrivò alla fine trasse un lungo respiro. «Non è che voglia giustificarmi con
questa storia, tipo dire “non è stata colpa mia”. È colpa mia ciò che è
successo con Ewan, speravo solo che sapendo ciò che mi è accaduto, almeno un po’,
voi poteste capire perché mi sono comportata a quel modo.»
Attese
una reazione da parte del chitarrista, che non avvenne – almeno non in modo
evidente. Trent continuò a guardarla senza proferire parola; tuttavia l’ansia e
l’agitazione di Amelia erano sparite dal suo corpo, lasciando spazio alla
motivazione. In un modo o nell’altro qualcosa lo avrebbe presto ottenuto.
«Capisco
benissimo che tu possa essere arrabbiato e–» proseguì, ma venne interrotta dal
ragazzo.
«Arrabbiato?»
esclamò. «Non sono arrabbiato, sono incazzato.
Ewan è uno dei miei più cari amici e ha sofferto molto per quello che è
successo fra di voi» proseguì. Sembrava davvero infuriato per quella storia.
Amelia si sentì piccola davanti a lui, ma rimase comunque ferma sulle sue gambe
a guardarlo negli occhi. Era chiaro prendesse le difese del cantante, chiaro
che, dovendo scegliere, non sarebbe mai stato dalla parte della ragazza. Lei
già sapeva, prima ancora di tornare nella capitale, che una di quelle sfuriate
se la sarebbe presa e, anzi, era rimasta quasi sorpresa di scoprire che Chase e
Chris si erano resi subito disponibili ad aiutarla. Pensò a qualcosa da dire,
al modo migliore per formulare le sue prossime scuse. Il chitarrista, davanti a
lei, si mosse, improvvisamente nervoso. Sbuffò un po’ d’aria, stropicciandosi
la fronte con la mano sinistra. Tornò a rivolgere la sua attenzione ad Amelia
e, nei suoi occhi, la ragazza poté notare un cambiamento di luce. Non sembrava
più adirato, quasi rassegnato, piuttosto.
«Perché
non ne hai parlato con lui prima di andare via?»
La ragazza si
strinse nelle spalle, mordendosi il labbro inferiore con aria colpevole.
Perché; non lo sapeva nemmeno lei il perché. Forse perché risultava molto più
semplice scappare dai problemi anziché affrontarli e questo anche quando
risolvere il problema avrebbe potuto significare stare insieme a Ewan. Non
disse nulla, sperando che il suo silenzio fosse abbastanza esaustivo e per
Trent lo fu eccome. Lui fece una smorfia, la stessa che si poteva fare quando
si capiva qualcosa ma si era ugualmente restii ad accettarla. Tuttavia quell’espressione
gli sparì in fretta dal viso, sostituita da uno sguardo di
comprensione. Dopotutto Amelia era tornata; aveva sbagliato e ferito Ewan,
certo, ma era lì per rimediare alla cosa e l’ultima parola spettava proprio al
cantante, non certo a lui, per quanto fosse suo amico. Sbuffò di nuovo,
sentendosi alle strette. Chase e Chris, che conoscevano eccome il loro
chitarrista, compresero che era sul punto di cedere. Quest’ultimo guardò Amelia
e capì che non riusciva a essere arrabbiato con lei e non solo per quello che gli
aveva appena detto. Amelia gli piaceva e ormai era sua amica, era chiaro che
avesse voglia di aiutarla.
Si grattò il
collo, facendo una smorfia. «Beh, non posso tenerti il broncio» disse infine. «Sei
venuta fin qua, no? Chi sono io per impedirti di vedere Ewan proprio ora?»
Amelia si
illuminò a quelle parole. Un sorriso si fece strada sul suo volto. Pensò in
fretta al modo migliore per ringraziare il chitarrista, ma Chase fu più veloce.
Si avvicinò a Trent e lo abbracciò, sentenziando un “Ora ti riconosco”.
Chris si
affiancò alla ragazza. «Bizzarro» osservò, facendo ridere Amelia.
Appena Trent si
fu liberato dalla stretta del batterista – che non era nuovo a gesti simili –
fissò i due davanti a sé. «E ora?»
«Abbiamo
appuntamento con Ewan alle cinque, in sala prove.»
L’altro annuì. «C’è
tempo per un caffè allora» disse.
Sala prove degli Shards, Shaftesbury
Ave, Londra, 14 ottobre
Ore 5:11 PM
Ewan posteggiò la bicicletta al consueto paletto di
metallo, fra il marciapiede e la strada, e la chiuse con la spessa catena,
facendo scattare la serratura del lucchetto.
Dopo quel 14
settembre tornare in sala prove gli metteva addosso sensazioni strane,
contrastanti. Non poteva fare a meno di ripensare a quanto accaduto con Amelia
quel giorno quando varcava la soglia della stanza, ma al tempo stesso sapeva
che la musica era la cura migliore per uno come lui e desiderava guarire in
fretta da quel vuoto che la partenza della ragazza gli aveva lasciato.
Mai avrebbe
pensato di arrivare a provare sentimenti di tale portata in così breve tempo,
ma quando si parlava di lei non c’era nulla di “normale”. Il modo in cui si
erano incontrati la prima volta, quello in cui lui aveva sentito di esserle
legato, il modo in cui, prima ancora di conoscerla, la sua mente tornava in
modo costante al suo pensiero; tutto era stato inspiegabile, unico e bellissimo
al tempo stesso e Ewan sentiva di aver perso qualcosa che, a quel modo, non si
sarebbe più ripresentato.
Al momento la
musica si stava rivelando la cura migliore. Delicata ed efficace come solo lei
riusciva a essere. Provare con gli Shards riusciva a non fargli pensare a niente,
a concentrarsi solo sulle note, sulle parole e sulle sensazioni che riuscivano
a scatenargli.
C’era solo una
canzone che non avevano più provato da settembre: Penelope. Il significato nascosto in quel brano lo portava in modo
spietato a ripensare ad Amelia. Sapeva che un giorno quella canzone avrebbe
acquistato un senso diverso, forse si sarebbe trasformata in una cicatrice,
qualcosa capace di farlo tornare con la mente a un preciso punto del proprio
passato, a ripensare a quanto accaduto, forse con un po’ di malinconia ma con
la consapevolezza di essere cambiato, cresciuto. Con il tempo avrebbe imparato
a convivere con il ricordo di Amelia. Tuttavia, in quel momento, sentiva solo
un asfissiante vuoto dentro di sé.
Fece il
possibile per scacciare il pensiero della ragazza ma quello, ormai, si era
trasformato in un chiodo fisso, proprio come il disegnino che lei gli aveva
fatto trovare nella tasca dei jeans dopo il concerto, quello “scarabocchio” che
per mesi non gli aveva dato pace. Amelia era unica e forse aveva fatto male a
lasciarsela scappare così. In quel momento, però, pensò anche che correre
dietro a una persona per pregarla di rimanere con qualcuno di cui non le
importava più di tanto fosse pressoché inutile, oltre al fatto che presto si
sarebbe trasformato tutto in una specie di tortura, un cappio al collo che si
sarebbe via via stretto nel tempo. E lui, quello, non lo avrebbe mai potuto
sopportare. Pensò fosse meglio soffrire subito, ma ricordare Amelia nel modo in
cui la ricordava, per il suo essere pungente, sarcastica, curiosa e bellissima.
Per il modo in cui lo guardava, per come si mordeva il labbro in preda all’agitazione
o all’imbarazzo; per i disegni che sapeva fare – ora le ufficiali grafiche
della nuova tournée – per i suoi gusti in fatto di musica. Quello era il modo
in cui voleva ricordarla, con le vesti della sua Penelope, perché quella
canzone continuava imperterrita a parlare di lei ed era quello il motivo per
cui cantarla gli risultava ancora tanto difficile.
Il vuoto dentro
di sé era ancora lì, ma sapeva che a breve lo avrebbe colmato con gli amici e
la musica – e anche un po’ di birra – e la cosa gli diede una ragione per
sorridere.
Prese una lunga
boccata d’aria su quel pensiero, riempiendo a fondo i polmoni. Non doveva
abbattersi così, non gli era d’aiuto. Infilò le chiavi del lucchetto in tasca e
si voltò, rimanendo confuso da ciò che vide.
Sulla soglia del
palazzo in cui avevano la sala prove c’erano fermi gli altri tre membri degli
Shards. Lo stavano aspettando, dedusse.
«Ce la farai mai
ad essere puntuale?» domandò retorico Chris.
«Perchè tutti
qui?» chiese il cantante, ignorando del tutto le parole del tastierista. «Trasferta
di gruppo al negozio di strumenti?»
Gli
altri si scambiarono un’occhiata. Fu inevitabile che, con quello sguardo, Chris
e Chase intendessero dire a Trent che volevano fosse lui a prendere in mano la
situazione. Sembrava quasi che in presenza del chitarrista le cose più
importanti diventassero subito di sua competenza. Quest’ultimo sollevò gli
occhi al cielo, consapevole di essersi appena visto passare il testimone. Non
che quella in cui si era appena cacciato fosse una situazione piacevole, ma
avrebbe significato aiutare Ewan e Amelia a riunirsi, perciò alla fine decise
di sorvolare sul fatto che quel genere di beghe finivano sempre sulle sue
spalle.
«Certo,
il negozio di strumenti» borbottò.
Il
cantante inarcò perplesso un sopracciglio a quelle parole.
«In
verità avevamo pensato di provare un po’, se per te va bene. Io e Chase ci
siamo aggregati quando Chris mi ha detto che vi sareste visti qui» proseguì il chitarrista.
«Oh.»
Ewan rifletté su quanto gli era appena stato detto. Aveva parecchia voglia di
andare al negozio di strumenti, provarne il più possibile e lasciare che la
musica lo inondasse fino a prevaricarlo. Al tempo stesso, però, nulla avrebbe
potuto farlo sentire meglio che cantare le proprie canzoni con i suoi migliori
amici, in ciò che per loro era diventato naturale come il respiro e che
continuava a essere una delle cose più belle e vitali che insieme potessero
fare. Nessun negozio di strumenti, addirittura nessun concerto di ogni altra
band, poteva donargli la stessa energia di una sessione di prove con gli
Shards, anche se questa fosse avvenuta nello scantinato più sgangherato e
malconcio pensabile.
«Abbiamo
fissato le prove per domani» osservò poi, senza sapere perché stesse dicendo
tutto ciò.
«Sì,
vero, ma che c’entra? Manca poco alla tour in America, no?» improvvisò Trent.
«E
poi io avevo voglia di suonare» si intromise Chase, pensando di poter essere in
qualche modo d’aiuto.
Ewan
annuì con il capo. «Beh, sì, proviamo. Non so neanche perché sto qui a
rimuginarci sopra» esclamò, avviandosi verso l’ingresso della sala prove.
Gli
altri tre si fecero da parte, lasciando che lui entrasse per primo nel
corridoio che, pochi metri dopo, avrebbe loro fatto raggiungere la piccola e
accogliente sala. Ewan non si chiese perché non fossero entrati prima loro, né
perché lo stessero aspettando sulla soglia anziché dentro la stanza, ma quando
ebbe raggiunto l’ingresso della sala prove quelle domande gli affiorarono in testa. Aveva appena posato la mano sul pomello della
porta, la chiave infilata nella serratura quando si fermò. Si voltò verso gli
amici e li squadrò. «È tutto a posto?»
«Perché?»
chiesero all’unisono i tre. Avevano spalancato gli occhi, eccetto Trent, che si
era fatto ben più serio di prima.
«Non so, siete
strani» replicò il cantante, così da motivare la sua domanda di poco prima.
Altro silenzio
da parte degli amici. Alla fine fu Chris a reagire. Sbuffò, allargando le
braccia, quasi arrendendosi all’inevitabilità dei fatti. «Ok, d’accordo»
scattò. «Doveva essere una sorpresa ma ho già capito che non riusciamo più a
fartela.»
Chase e Trent si
voltarono di colpo verso il tastierista, fulminandolo con lo sguardo. Prima che
uno dei due potesse intervenire, però, Chris riprese in fretta parola: «Abbiamo
comprato un divano nuovo.»
Il batterista
per poco non si fece scoprire a tirare un sospiro di sollievo. Trent, invece,
aveva una capacità tale di rimanere impassibile da essere invidiabile.
L’espressione
perplessa sul viso di Ewan si accentuò. «Un div– Che aveva l’altro che non
andava?»
«Niente in
realtà» sentenziò Chase. Si sentì in dovere di dire qualcosa a riguardo, lui
adorava il loro divano, non si sa mai che Chris avesse voluto cambiarlo sul
serio.
«Ma se invece di
fare domande tu dessi un’occhiata?» Chris aveva ormai preso in mano la
situazione. Ruotò la chiave nella serratura e aprì la porta, sospingendo il
cantante per fargli capire che doveva entrare.
Quando questi fu
dentro guardò la sala prove, trovandola identica al solito, senza nessun divano
nuovo. Si voltò per chiedere delucidazioni agli amici – che davvero si stavano
comportando in modo assurdo, perfino Trent – ma Chris gli chiuse la porta in
faccia, girando di nuovo la chiave nella serratura e chiudendo nella stanza
Ewan. Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo e sbuffò. Chiuso a chiave nella
sala prove, quello era uno scherzo da ragazzini della prima liceo. I suoi amici
si stavano comportando così perché erano regrediti, per caso? Prese a battere i
pugni contro la porta, avvicinando le labbra alla superficie dei pannelli
isolanti, consapevole che, dall’altra parte, la sua voce sarebbe arrivata
flebile e ovattata.
«Andiamo
ragazzi, aprite» sbottò. Posò la fronte contro la superficie ruvida del
materiale che rivestiva la porta. «Non mi va di scherzare» concluse. Lo disse
piano, quasi mormorando, pur sapendo che era impossibile che gli altri lo
sentissero.
«Mi è sempre
piaciuta quella maglietta.»
La voce lo fece
sussultare. Non tanto perché non si aspettava che ci fosse qualcun altro nella
sala, ma per via di chi era quella persone. Non ebbe bisogno di vedere in
faccia il suo interlocutore per capire di chi si trattava. Conosceva troppo
bene quella voce ormai, quell’accento dalle belle erre arrotolate.
Ewan si voltò,
trovandosi davanti Amelia, distante qualche metro da lui. Fu un momento strano
quello che si formò fra di loro, così strano che nessuno dei due avrebbe detto
di arrivare a vivere un giorno.
Quando lei
incrociò il suo sguardo si rese conto di quanto lui le fosse mancato. Lo trovò
splendido come ogni altra volta e si sentì trafitta e incatenata da quegli
occhi blu, spalancati per la sorpresa. Il cuore le batteva a ritmi forsennati
ora, divenendo quasi assordante. Si inumidì le labbra, pronta per parlare, ma
il cantante la precedette: «Che ci fai qui?» chiese piano. Lanciò d’istinto un’occhiata
alla porta chiusa alle sue spalle. «Cos’è, avevate organizzato tutto?»
Ad Amelia parve
che la sorpresa non fosse stata di suo gradimento. Le sembrava nervoso, teso,
sul punto di arrabbiarsi sul serio.
La verità, però,
era che lui non sapeva come sentirsi. Alla vista della ragazza nel suo petto
era esplosa una bomba, il caos. Non sapeva cosa fare, come comportarsi. Capì
solo che era lei il motivo per cui i suoi amici si era comportati a quel modo
assurdo solo pochi attimi prima. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso
come se, facendolo, lei potesse sparire. Non un solo dettaglio del suo viso si
era cancellato dalla sua memoria, non si era nemmeno smussato; la sfumatura
bruna degli occhi, la sottigliezza dell’anello che aveva al setto, il modo in
cui si dava l’eyeliner. Quando fece scivolare gli occhi sulle sue labbra venne
scosso da un fremito, ma non lo assecondò.
Amelia notò che lui
rimaneva immobile, nello stesso modo in cui era rimasto quando aveva annunciato
che se ne sarebbe andata, in quella stessa sala prove. A differenza di allora,
però, nello sguardo di Ewan non c’era tristezza, ma una luce indecifrabile, un
misto di rabbia e speranza. Il suo corpo era rigido e teso.
La ragazza prese
a guardarsi intorno, non riuscendo a reggere oltre la vista del cantante. Il
pensiero che, forse, non sarebbe più riuscita a ricostruire le cose fra loro
cominciò a farsi strada nella sua mente. Iniziava ad avere paura, di nuovo, ma
questa volta si decise a proseguire. Non voleva più sentirsi allo stesso modo
in cui si era sentita giorni prima, nella sua camera da letto alla vista delle
foto, e per farlo doveva andare avanti, parlare con Ewan, dirgli quello che
provava e prepararsi alle conseguenze. Forse avrebbe sofferto – anzi, vedendolo
era piuttosto sicura che nulla sarebbe tornato lo stesso fra loro – ma in quel
caso avrebbe saputo di aver fatto tutto ciò che era in suo potere. Con il
tempo, poi, avrebbe anche imparato a ricucire quella nuova ferita.
«Ho chiesto io
ai ragazzi di aiutarmi» esordì, facendo il possibile fin da subito per mettere
in chiaro il fatto che loro non c’entravano.
Ewan non disse
nulla e lei si decise ad andare avanti: «Volevo parlare con te. Al tempo stesso
però volevo che anche loro capissero perché me ne sono andata, a settembre.» Si
morse il labbro, inspirando a fondo. «Non c’era nessun lavoro a Glasgow. La
verità e che me ne sono andata perché ho avuto paura.»
Il cantante
schiuse le labbra, ma non per parlare. Quello che Amelia gli aveva appena detto
lo aveva sorpreso. Era incredulo, ora, stupito da quell’ammissione. Avrebbe
voluto chiederle di cosa aveva paura, perché non ne avevano parlato se in quella
storia c’entrava anche lui, perché andarsene a quel modo, ma non fece in
tempo.
Amelia era
nervosa, molto, si capiva dal modo in cui si tormentava le mani, ricacciava
indietro le ciocche di capelli che, ostinate, continuavano a scivolarle sulle
spalle a ogni movimento, così come dal modo in cui guardava ovunque nella sala
prove senza però puntare lo sguardo su di lui.
«Stavo...sto» si
corresse, «iniziando a provare qualcosa di serio, per te. E la cosa mi ha
mandata nel panico perché non riesco a ignorare il mio passato, a fare in modo
che non influisca sulla mia vita.
«Sono
arrivata a convincermi di non avere nessuna qualità particolare per il disegno.
Che il mio lavoro fosse mediocre, che non avrei mai fatto nulla di cui sentirmi
veramente fiera. E poi sei arrivato tu. Ho sofferto per amore al punto da
persuadermi che non sarei mai riuscita a trovare qualcuno con cui vivere una
storia come se ne vedono al cinema. Credevo che intorno a me ci fossero solo
uomini intenzionati a prendere, usare e gettare. E poi sei arrivato tu. Mi ero
convinta che avrei avuto un’esistenza scontata, forse addirittura monotona. Mi
immaginavo la solita routine, sai? Alzarmi alla mattina, lavorare, uscire ogni
tanto, dormire. E poi sei arrivato tu. Mi hai completamente stravolto la vita e
io sono felice che tu lo abbia fatto al punto che vorrei continuassi a
stravolgermela ancora. Ma…quel cambiamento cominciava a spaventarmi
a...rendermi insicura. Così ho scelto la via più semplice e sono scappata. Mi
pento di averlo fatto, Ewan, mi pento tantissimo perché sono consapevole di
aver rovinato tutto…Mi dispiace così tanto… Volevo che lo sapessi.»
Quando finì
aveva quasi il fiatone per la foga con cui aveva parlato, per il modo in cui
aveva buttato tutto fuori, quasi avesse aspettato per tutta una vita di
liberarsi da quelle parole. Ewan l’aveva ascoltata in silenzio per tutto quel
tempo, cercando il suo sguardo che continuava a sfuggirgli. Ripensò a quanto
gli era appena stato detto, la disperata ricerca di una valida replica, ma
sembrava aver perso d’improvviso l’uso della parola.
Come poteva
trovare il modo di esprimere la confusione che provava dentro in quel preciso
momento? Nessun insieme di parole sarebbe mai stato in grado di far sì che lui
riuscisse a esprimere quanto ciò che Amelia gli aveva appena detto lo avesse
fatto sentire improvvisamente rinato. Non era mai stato arrabbiato con lei;
dispiaciuto, ferito dall’andamento degli eventi, quello sì, e molto anche. Ma
arrabbiato no e l’avrebbe inseguita lui stesso se avesse saputo che il motivo
per cui lei era andata via era quella paura di non essere ricambiata che gli
aveva appena rivelato e non quel disinteresse sentimentale come lui aveva
sospettato.
Amelia era
tornata a puntare lo sguardo sul ragazzo, ancora fermo davanti alla porta. Quel
suo silenzio protratto, però, la stava facendo impazzire. Avrebbe voluto
scuotere Ewan, pregarlo di dirle qualcosa, qualsiasi cosa, purché smettesse di
stare lì, immobile a guardarla senza proferire parola. Cominciava a sentirsi male
in quella situazione, le lacrime le punsero gli occhi, minacciando di scendere.
Proprio quando
Amelia era in procinto di parlare di nuovo, spronare il cantante, quest’ultimo
si mosse. Raggiunse la ragazza con pochi passi sicuri, senza mai staccarle gli
occhi di dosso. Poi, appena l’ebbe raggiunta, le prese il viso fra le mani e la
baciò.
In quel bacio vi
era racchiuso ciò che a parole non si sarebbe mai potuto spiegare. In quel mese
di separazione da Ewan, Amelia non aveva dimenticato i suoi baci e capì che non
aveva desiderato altro. Voleva sentire il calore della sua bocca, il suo corpo
vicino, il tocco leggero delle sue mani. Ogni cosa di quel ragazzo le era
mancata come ossigeno e in quel momento quasi le sembrava di tornare a vivere.
Ewan, allo stesso modo, non avrebbe più voluto lasciarla andare. Si era pentito
di non aver trovato un modo per fermarla quando lei si era allontanata da
Londra e aveva passato il resto dei giorni a maledirsi per quello. Solo pochi
minuti prima, quando lei si era aperta, raccontando la sua verità, lui aveva
capito che a parole non sarebbe riuscito a farle comprendere quanto le fosse
mancata, quanto bisogno avesse di rivederla. Quel bacio, al contrario, sembrava
in grado di esprimere alla perfezione quel sentimento.
Nessuno dei due
avrebbe voluto separarsi dall’altro, ma, dopo un po’, il bisogno d’aria lo rese
necessario.
«Quanto ti
fermi?» chiese Ewan fra una boccata d’aria e l’altra, sfiorando le labbra di
Amelia mentre parlava.
«Un altro paio
di giorni» rispose la ragazza, prima di avvicinarsi e baciarlo ancora.
«Potremmo uscire
stasera» propose lui appena si furono separati nuovamente.
Lei acconsentì,
facendo segno con la testa più volte. Non riusciva più a smettere di sorridere
e si sentiva leggerissima, neanche fosse stata piena d’elio.
«Mi inventerò
qualcosa» proseguì il cantante.
«E io immagino
di non poterlo sapere in anteprima» lo ammonì lei.
L’espressione di
Ewan fu piuttosto esaustiva. Sollevò le sopracciglia e le sorrise come a dirle
che conosceva la risposta e non aveva senso che chiedesse. La ragazza arricciò
le labbra. Quell’aspetto del suo rapporto con il ragazzo non era affatto
cambiato e lei si rese conto che le piaceva così. Anzi, forse si sarebbe
dispiaciuta se lui le avesse detto ciò che aveva intenzione di fare.
In quel momento
la porta della sala prove venne aperta piano e la voce di Chris introdusse i
tre membri degli Shards rimasti fuori fino a quel momento. «State ancora
litigando?»
Amelia e Ewan si
voltarono verso la porta, guardando i ragazzi con facce perplesse.
«Non vi
sentivamo più» spiegò Trent, usando come d’abitudine poche, calibrate ed
efficaci parole.
«Stavate
origliando?» esclamò sconvolta la ragazza. L’idea che loro tre avessero sentito
parola per parola quanto aveva detto al cantante la mise d’improvviso in
imbarazzo, sebbene non avesse detto nulla che loro già non sapessero.
«Origliando è
una parola grossa» borbottò Chris, che sembrava quasi deluso della cosa. «Diciamo
che abbiamo percepito un mormorio indistinto.»
«Allora?» li
incalzò poi Chase, che voleva conferme, non sorrisi di sorta.
I due
interpellati si scambiarono un’occhiata, poi un sorriso, due gesti più che
esaustivi.
Il batterista
rise. «Il nostro super piano ha funzionato.»
Trent gli lanciò
un’occhiataccia, sbuffando appena.
«Quale super
piano?» chiese Ewan.
«Ehm, stasera ti
spiego. E ti racconto per bene cos’è successo» gli rispose Amelia, decisa a
raccontare tutto ciò che era successo al ragazzo, pronta a ripetere per l’ennesima
volta di quel passato ingombrante che si portava dietro.
«Ah, grande.
Quindi stasera si esce?» continuò Chase.
Ewan e Amelia si
scambiarono una nuova occhiata, dopodiché il cantante fissò gli amici. Non gli
sarebbe dispiaciuto avere un po’ di privacy con la ragazza, specie ora che si
erano ritrovati. Tuttavia il ragazzo non poteva precludere loro la possibilità
di trascorrere del tempo con lei ora che si trovava a Londra. Poi li conosceva
bene e sapeva che dopo un paio d’ore tutti insieme li avrebbero lasciati soli.