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Autore: Ariadne Taylor    16/02/2019    1 recensioni
Nella distopica realtà del Regno di Bordeaux domina la dittatura del Sommo Imperatore, Marcel De La Roche Martin, spregevole tiranno che non si cura affatto delle terribili condizioni del suo popolo, verso cui è immotivatamente ingrato, se non quando gli si presenta una buona occasione per peggiorarle. Fuori dalle solide mura del palazzo, in cui vive isolata la famiglia reale, l'insoddisfazione di un popolo consumato dalla povertà e dai soprusi rende inconcepibili le possibilità di un futuro migliore e della libertà. Ma la fiamma della speranza non si è ancora del tutto spenta, e vuole tornare a bruciare più viva che mai per mano di coloro che si danno il nome di Rebelles.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Annalise avrebbe dovuto immaginare che sarebbe finita così. In fondo conosceva Belle, sapeva che aveva sempre la testa fra le nuvole. Era bastato volgere per un momento lo sguardo verso la folla in piazza per realizzare un attimo dopo che lei era sparita nel nulla: non riusciva più a vederla.
Sbuffò, sperando che la sorella non si fosse cacciata in qualche guaio. Se la loro vera identità fosse stata scoperta, sarebbero stati guai seri; non potevano permettere che accadesse.
Con i suoi occhi chiari continuò a cercare la mantellina della sorella, ma la sua attenzione fu subito attirata dal rombo di un motore. Un camion nero si fermò nell’ampia piazza: era la prima volta che vedeva un veicolo così da vicino. Per un periodo aveva persino creduto che in quella città ne fossero privi.
Si rese conto di quanto ogni minuto passato fuori da quel castello le faceva sembrare sempre più assurdo il fatto di aver vissuto nello stesso luogo per diciotto anni, ricevendo solo passivamente tutte le informazioni sul mondo, ma senza mai toccarle effettivamente con mano. Non le era mai mancato nulla, a corte, forse per questo era stato difficile rendersene conto: giochi di tutti i tipi nell’infanzia; un’istruzione impeccabile con i migliori insegnanti del Paese; passatempi quali film, libri, strumenti musicali; perfino damigelle selezionate appositamente per intrattenere le due principesse.
La sua parte preferita era stata sempre, però, quella proibita: c’era una stanza, a cui lei non avrebbe dovuto avere accesso ma che con la sorella aveva imparato a scassinare. Lì c’erano film e libri che il re aveva ritenuto meglio non entrassero in loro possesso; ma loro ci andavano spesso, anche solo per passarci il tempo, e per leggere le storie d’amore più avvincenti, come quelle degli avventurieri che s’innamoravano in giro per il mondo, che erano le sue preferite. Si chiedeva però, adesso che era fuori da quelle mura, se non ci fosse di più oltre a quelle storie d’amore che il padre voleva loro nascondere. Si ripromise di cercare più accuratamente in quella stanza, una volta tornata a palazzo quella sera.
Un altro rombo del motore la distolse dai suoi pensieri e la riportò alla realtà: quel camion le trasmetteva uno strano senso di inquietudine, che divenne timore quando ne vide uscire una decina di uomini. Annalise li riconobbe subito: erano i soldati di suo padre. Il centro di addestramento si trovava vicino al castello e quando si arrampicava sugli alberi riusciva a vederlo; ogni quattro ore partivano dei camion diretti verso terre a lei sconosciute; almeno fino a quel momento.
Erano alquanto ambigui in quel contesto, vestiti completamente di nero e armati di scudo e manganello, nella cintura un paio di pistole.
Il popolo non sembrava stupito di vederli: tuttavia, cercava di stargli il più lontano possibile, qualcuno al massimo gli lanciava di sfuggita un’occhiata seccata o impaurita.  I soldati parlottavano tra loro e ad un certo punto cominciarono a camminare, o meglio, a marciare, per la strada. Annalise capì subito che si trattava di un turno di servizio d’ordine, suo padre ne aveva parlato durante una delle sue lezioni private: per proteggere il popolo dai numerosi malviventi, aveva organizzato delle pattuglie che assicurassero la giustizia nella capitale. In quel momento, però, le sembravano terribilmente sbagliati.
Dove i soldati passavano si creava un varco fra le persone, si vedeva benissimo che il popolo aveva paura di loro e la cosa che la disgustava di più era che i soldati sembravano godere di quell’atteggiamento: avevano un sorriso beffardo dipinto sui loro volti.
Non avrebbero dovuto rassicurare il popolo, invece di terrorizzarlo? Non avrebbero dovuto rapportarsi con loro in modo da avere la loro fiducia, essere umili e non prevaricare nessuno inutilmente?
Più tempo passava in quel posto, più tutti gli insegnamenti che aveva appreso nel corso della vita le sembravano una menzogna.
L’urlo di quella che le parve essere una donna la ridestò dai suoi pensieri.
“Si può sapere che cosa volevi fare, sporca ladra?
Cinque soldati avevano circondato una ragazzina, di circa quindici anni, e uno di questi la teneva per il polso urlandole contro. Da quel che aveva capito, la ragazza aveva rubato una mela ed era stata scoperta.
“I miei genitori non ce la fanno a sfamarci tutti, hanno appena perso il lavoro… e io devo portare qualcosa ai miei fratelli!” tentò di giustificarsi lei.
Annalise rimase sconvolta da quelle parole, l’ennesima illusione sgretolata. Fin da piccola le avevano detto che la città, nonostante tutto, fosse una luogo dove si viveva bene, le persone lavoravano ed erano piuttosto felici.

Menzogne.

Sul volto del soldato comparve un sorriso maligno e alcuni suoi compagni sghignazzarono.
“Se il denaro è un problema, puoi sempre pagare in natura, non è forse vero, puttanella?”
Alla bionda si raggelò il sangue alla vista degli occhi della ragazzina, pieni di terrore e disperazione, e quella parola rimbombava ripetutamente nella sua testa.
 
Menzogne.


Era una cantilena fastidiosa, una nenia asfissiante che si imprimeva come inchiostro su carta nella sua mente.
 
Menzogne.

Per la prima volta nella sua vita non sapeva che cosa fare, era completamente paralizzata dallo shock. Per anni aveva immaginato cosa ci fosse oltre quelle mura enormi, che sembravano volerla tenere rinchiusa in una prigione d’oro.
Era davvero quella la libertà? Povertà e abusi in ogni dove?
Pregò mentalmente affinché quella ragazza si salvasse e gettò qualche occhiata alle persone nella piazza, ma nessuno sembrava volerla aiutare.
Continuavano a camminare, testa bassa e sguardo fisso sulle scarpe o sui piedi scalzi, ma si poteva leggere la paura nei loro volti.
Il soldato afferrò anche l’altro polso della ragazza, che urlava disperata, a tal punto che un altro degli uomini lì presenti dovette tappare la bocca con una mano, e tenerla ferma con l’altra. Uno di loro cominciò a sbottonarsi i pantaloni, e afferrò la gonna della fanciulla, che piangeva e singhiozzava, senza però poter più proferire parola. Cominciò a dimenarsi sempre meno, stremata dallo sforzo e scoraggiata dalla forza degli uomini che la immobilizzavano.
Il cuore di Annalise batteva all’impazzata, sentì la fronte imperlarsi di sudore, l’empatia verso quella fanciulla era così forte che poteva sentire quelle luride mani su di se, il dolore della loro stretta e il terrore di quanto sarebbe successo di lì a pochi secondi.
 
Menzogne.

Mossa dalla paura e dalla rabbia allo stesso tempo, la fanciulla cominciò ad avanzare verso quei soldati. Voleva, doveva salvare quella innocente vittima. Non stava pensando alle conseguenze a cui il suo gesto avrebbe potuto portare, e nemmeno al fatto che avrebbe potuto farsi molto male; sapeva solo che era la cosa giusta da fare.
Qualcuno evidentemente ebbe la sua stessa idea, e la anticipò. Una freccia, comparsa dal nulla, infilzò la carne del collo del soldato, e questo cadde a terra inerme lasciando il polso della ragazza. Non ebbero nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo, che anche gli altri quattro caddero al suolo, uno dopo l’altro, uccisi dalle frecce.
Tutti, in quell’enorme piazza, si fermarono.
Qualcuno aveva osato sfidare la legge.
E proprio quel qualcuno guardava dall’alto di un tetto di un palazzo la sua opera, il cappuccio nero ben calato in testa e l’arco in una mano. Louisiana.
Un sorriso soddisfatto le si dipinse sul volto, celato dietro la maschera decorata da ghirigori dorati.
Un altro passo era stato fatto.
   
 
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