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Autore: Charlie McGee    20/02/2019    1 recensioni
L'età adulta. Fuori da Hogwarts, nella vita che li ha portati ad essere esattamente tutto quello che si aspettavano, Hermione Granger e Draco Malfoy si scontrano, e si ritrovano inspiegabilmente a riconoscersi.
Dal primo capitolo:
"La Granger adulta è diversa da come te la ricordavi; chissà perché di lei hai solo l'immagine datata di una ragazzina bisbetica, che aveva scritto 'sanguesporco' in fronte così grande che ti era impossibile ignorarlo. In questa foto, la donna che hai davanti ha solo una vaga somiglianza con quella irritante saputella. Ha un lungo vestito chiaro, stretto sotto il seno, con maniche di broccato rigido; tiene i capelli legati di lato, in una coda che nel mondo magico non s'è mai vista; ha un viso pulito, la bocca rossa ben disegnata e due grandi occhi sgranati. Sono fissi sulla tua mano, ovviamente."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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9.

Aprile 2020.
Confini di Hogwarts; campo di Quidditch

Non ci credi. Non vuoi crederci. Ti sei davvero lasciato convincere da Astoria a venire ad assistere all’autocelebrazione dello stupido rampollo Potter, che oggi gioca nientedimeno che la penultima partita della stagione - Tassorosso contro Serpeverde?
Quando avevi saputo che Albus Potter era stato smistato a Tassorosso eri stato preso da un accesso di risa convulse, forte quasi quanto quello che ti aveva colto il giorno della sua nascita (Albus Severus? Oh, per Salazar, Potter, seriamente?). Aveva smorzato di una tacca la delusione di sapere Scorp a Corvonero, ma tant’è.
Tuttavia il giovane Potter, che è stupido e cocciuto quanto il padre, era riuscito a ribaltare le sorti: il suo svagato fratello maggiore, James, aveva giocato con scarso successo con la maglia dei Grifondoro; invece Albus era diventato la stella Tassorosso.
Non ricordi una stagione così sfavillante per la loro Casa dai tempi di Cedric Diggory.
Da qualche anno, complici delle primavere anticipate e poco piovose, le penultima di campionato si tiene ad Hogwarts intorno ad aprile.
E ora, eccoti qui, ritto sugli spalti in questa improvvisata di primavera che ha portato sole splendente e aria piacevolmente frizzante, con accanto Astoria in un completo da giorno grigio perla.
“Oh, Draco, ti prego. È solo una partita. Togliti dal viso quell’espressione da condannato a morte.”
“Io non...”, inizi, e non termini la frase, perché in quel momento i tuoi occhi si sono posati su una coppia che fa il suo ingresso sugli spalti.
Prima viene avanti Ginevra Weasley, con la lunga treccia ramata di sghimbescio sul seno. Ride divertita, e la sua mano è confidenzialmente intrecciata a quella di Hermione Granger. Lei, un passo indietro, indossa abiti babbani, un soprabito su cui si spargono i capelli dorati. Non ti vede subito, ma quando incrociate gli sguardi senti subito un bozzolo caldo che si dischiude nello stomaco.
È nervosa, lo vedi da come si muove a scatti, da come rifugge il tuo sguardo mentre entrambe vengono verso di voi e vi indirizzano saluti cortesi.
Quando ti passa accanto, finge di inciampare; si afferra al tuo braccio per sostenersi e contemporaneamente le sue labbra ti sfiorano l’orecchio, dove depositano un sussurro impercettibile.
“Devo parlarti. Sotto gli spalti, dopo.”
Dopo quella richiesta ti è impossibile concentrarti. Segui distrattamente il gioco, impegnato a sbirciare di sottecchi la strega che, qualche posto dietro di te, chiacchiera con Ginevra.
Quasi non fai caso all’odiosa prole del Salvatore che conduce la sua squadra alla vittoria della partita e dunque del campionato. Se non altro, dopo non ti è difficile fingere un attacco di ira e chiedere alla tua consorte di restare da solo, allontanandoti dalla folla festante che sciama sul campo con i giocatori.
Il terreno sotto gli spalti è gonfio di umidità. L’ombra è fresca, quasi fredda, e ti asciuga il sudore che ti ha imperlato copioso la fronte.  Sopra di te, il reticolo dei piedi degli spettatori si spezza e si confonde come sul pavimento di una sala da ballo.
Cerchi con gli occhi la Granger, e intuisci subito dove ti sta aspettando.
Ma certo. Il vecchio spogliatoio Serpeverde, quello dei numerosi dopopartita passati a sbeffeggiare Potter e la sua manica di incapaci cavalca-scope, è ancora lì. Il legno del casotto è sbiadito e gonfio per l’umidità, alcune assi del soffitto sono spezzate e riparate alla bell’e meglio con un po’ di rozza magia elfica. Non assolve più la sua funzione da qualche anno, ma lo usano ancora come magazzino.
Lo sai, perché sei stato tu a finanziare i nuovissimi spogliatoi della squadra verde-argento, completi di batteria di scope di ultima generazione.
Spingi l’uscio (sul quale campeggia l’immagine sbiadita di un serpente accovacciato sulle proprie spire) in un misto di nostalgia e tensione. La porta cigola e ti svela il vecchio stanzone, intatto come nei tuoi ricordi: le lunghe panche di legno, gli armadietti con il numero, la rastrelliera per le scope. Tra le assi del pavimento, marcite, muschio e fiori hanno proliferato. La luce entra in lame attraverso i buchi del soffitto.
La Granger, che prima del tuo arrivo dava le spalle alla porta, si gira lentamente al rumore ovattato dei tuoi passi.
Hermione così sulle spine non la ricordi proprio, forse solo nel vostro colloquio nello studio, quel giorno in cui la sua boccaccia larga non ha saputo trattenere l’inopportuna confessione. Eppure questa volta è ancora diverso.
“Draco, puoi sederti?”, azzarda indicandoti una delle panche.
“Che succede?”, replichi, ignorando il suo invito.
“Devo parlarti. Non ti piacerà.”
Una saettata improvvisa di paura ti scudiscia nelle viscere. Che Weasley sappia? Che quello sciocco abbia alla fine capito? Non che abbia più molta importanza, lui e la Granger sono separati da qualche mese ormai, ma per te vorrebbe dire infilarsi in un covo di serpi.
Pensi ad Astoria e ti sale un conato di vomito.
La voce della tua interlocutrice ti giunge dal fondo di un tunnel: “... con calma. Mi stai ascoltando?”
“No.”
Hermione sbuffa. “Draco, ho bisogno che ti concentri.”
“C’entra Ronald? Ha scoperto... questo? Sai che la prima cosa che farà l’imbecille sarà...”
La Granger ti interrompe con un gesto stanco della mano, e per la prima volta quel giorno ti rendi conto di quanto sia spossata, provata... incapace di reagire. Noti le occhiaie fonde, il colorito spento.
Il terrore di prima si fluidifica, tramutandosi in una protettiva rabbia cieca.
“Se quello scimmione ti ha toccata...”, ringhi, e vieni di nuovo interrotto.
“Basta, Draco. Ronald non c’entra. Non direttamente. È una cosa mia.”
Solo dopo capirai quel tono venato di fievole disgusto, di terrore e di qualcos’altro che non cogli. Per il momento sei solo confuso, come il Principe delle Serpi non dovrebbe mai essere.
Fai un passo in avanti, ma lei arretra specularmente e le mani le tremano vicino al bacino.
“Cosa hai fatto?”, vorresti ucciderti perché il tuo tono è gelido, non rassicurante come avresti sperato uscisse; ma lei dovrebbe saperlo, maledizione!, che odi essere messo all’angolo e non capire.
Hermione Granger sembra non trovare le parole.
“Non so bene come, m-ma...”, s’interrompe, deglutisce a vuoto prima di ritentare, “Io... s-sono incinta.”
La prima, ovvia reazione da parte tua è uno sbigottito rifiuto.
“Come diavolo è possibile, Granger? Noi non abbiamo mai...”
Hermione sbuffa alzando gli occhi al cielo, dimentica del peso della sua confessione per un brevissimo istante: “Oh cielo, non essere cretino. Non è tuo.”
Capisce subito di aver detto la cosa sbagliata, ma è tardi: la rabbia torna a gonfiarsi velenosa dentro di te.
“... Chi?”
“Ricordi che io e Ron ci eravamo visti, ecco...”
“Basta così. Ho capito.”
“È stato prima di... di... noi.”
Ma non è quello il punto, e lo sa benissimo. Il punto è che un altro piccolo, cencioso Weasley è esattamente la ghiotta occasione che quell’imbecille aspettava per tornare a legarla a sé senza via di scampo.
E mentre pensi che questo sia lo scenario più terribile in cui tu possa ritrovarti, Hermione pronuncia cinque parole che ti fanno decisamente ricredere.
“Non temere: non lo terrò.”
La stanza si inclina a una prospettiva pericolosa. Devi sbattere le palpebre per scacciare l’esplosione di stelline che ti sfarfallano contro la retina.
Barcolli, ma la tua interlocutrice non fa neanche il gesto di allungare le mani per sorreggerti, forse spaventata da quello che ha visto nei tuoi occhi.
Hermione Granger, anche se volesse, non potrebbe neanche lontanamente immaginare la fonte del tuo sgomento. Probabilmente ti crede furioso per il suo menage mai svelato con Ronald.
Ah, Mezzosangue, se sapessi...
Non potrebbe. Neanche se lo volesse. Lei, cresciuta a convinzioni babbane avanguardistiche e pericolose; lei, donna contemporanea a cui è stato detto che può avere tutto. (1)
Se nell’aristocrazia magica vi è mai stato un tabù più forte degli altri, ebbene quello è l’aborto. Disfarsi di un feto è ancora crimine indicibile. Perfino quando il figlio è illegittimo, la sua morte è macchia ben peggiore dell’onta di crescerlo. Hai saputo, nella tua cerchia, di tante giovani donne affannatesi per liberarsi di un bastardo, solo per essere ripudiate dalla famiglia che scopriva il loro gesto immondo.
Hai cacciate nella testa le grida di tua cugina Augustine, che si faceva strappare dal grembo il frutto di un amore proibito con magia nera, e poi quelle stesse grida triplicate quando suo padre se n’è accorto. Oggi è una pazza privata della sua bacchetta, che si prostituisce per i Magonò in una desolata landa irlandese.
Hermione non può neanche lontanamente immaginare cosa passi per quella tua confusa testa purosangue.
Se vedesse!... Ma non può, e dunque attende silente il tuo giudizio, convinta che la perdonerai per quella svista con Ronald.
Non potresti farlo neanche se volessi.
“Fa’ come vuoi.”, ti senti dire, da molto molto lontano, ed il tuo volto è una maschera impassibile, “Non è cosa che mi riguardi.”
Mentre esci, Hermione Granger si lascia scappare il primo singhiozzo.


Malfoy Manor. Qualche giorno dopo

“Chi diavolo è?... Astoria! Elfo Shann!”
Nessuno risponde. Il campanello trilla di nuovo, e tu devi cedere esasperato.
“Il lord sarei io.”, precisi sbuffando all’indirizzo casa che, a quanto sembra, è deserta: tua moglie deve aver reclutato tutti gli elfi al servizio della serra, lasciandoti addirittura gravato dalle incombenze della servitù.
Spalanchi il portone, e se nessun incantesimo ti ha avvisato, significa che è la tua irritante cognata.
Oppure...
E per la prima volta in vita tua, pregherai di esserti trovato davanti Daphne.
La porta si apre su una chioma leonina color rosso fuoco.
Apri la bocca per accogliere l’ospite inaspettato; prima che ne possa uscire alcun suono due aggraziate ma forti manine ti si piantano al centro del petto e ti scaraventano indietro.
Ginevra Weasley ti ha appena spintonato per terra.
“Ma quanto. Puoi essere. Coglione.”
Torreggia su di te con le mani sui fianchi snelli, in comodi abiti babbani, e con i capelli sparati dovunque. Ha pochissimo di suo fratello e moltissimo di un vero Grifondoro.
Sei così sorpreso dal suo ingresso che quasi ignori il moto di rabbia che ti ha fatto correre le dita alla bacchetta. Quasi. Perché quando si piega su di te e tenta di assestarti un manrovescio, le afferri il polso con mossa felina, e glielo torci finché non la vedi prodursi in una smorfia di dolore.
Ben le sta!
“Non ti azzardare.”, sibili, e qualcosa nel tuo tono la fa arretrare. Si divincola dalla tua presa e indietreggia... ma la sua resa è solo fisica, perché torna subito all’attacco.
“Come cazzo ti è venuto in mente?”
Ti rialzi pieno di rabbia e vergogna, spazzolandoti la camicia.
“Ti riferisci alla Granger, immagino.”
La Weasley diventa così paonazza che hai il sincero sospetto possa implodere.
“Se mi riferisco... Se mi riferisco...! Certo che mi riferisco a Hermione, idiota di un Malfoy!”
Sussulti. Se solo abbassasse la voce, questa sciocca!
“Non sono affari tuoi.”, tagli corto.
“Assolutamente sì!”, rimbecca lei, “Da quando sei più stupido perfino di Ron! Oddio, se penso che lei era venuta da te a confidarsi.”
“Andiamo nel mio studio.”
Lei ti segue di controvoglia e hai paura a darle le spalle, temendo una maledizione dritta fra le scapole. Ma ancor più hai paura di quello che sta per dirti.
Insonorizzi la stanza con un incantesimo. Non hai neanche abbassato la bacchetta, che Ginevra ti si scaglia contro peggio di prima.
“Come ti è venuto in mente? Trattarla così! Farla sentire sporca, solo perché...”
“Non è per Ronald.”, la anticipi, reciso, “Se è questo che credi.”
Ginevra si zittisce, ma è solo un secondo.
“Lo so.”, soffia fuori.
Lo sa? Cosa sa, quell'ingenua?
“È per il nascituro. Tu non vuoi che ricorra all’aborto.”
La sua intuizione adamantina ti ha appena assestato un pugno nello stomaco, così forte che ti viene da vomitare. Con molto poco contegno da Lord, crolli sulla tua poltrona preferita, affondando nella stoffa damascata.
Fissi davanti a te, e ci scommetteresti il Manor che il tuo sguardo è vitreo e spaventoso.
“Non potrebbe mai capire.”, la tua voce si spezza senza che tu riesca a controllarti.
“Invece sì; devi spiegarle. E poi farti da parte, cosicché prenda la sua decisione da sola.”
I suoi occhi azzurri brillano, sfidandoti a controbattere.
“Stai dando la caccia al drago sbagliato, Weasley.”, le fai notare, “Dovresti fare questo discorsetto a Ronald.”
“Ron non lo sa. Non spetta a me dirglielo.”
Ti lasci sfuggire un sorriso amaro. “Se però dovesse scoprire...”
“Ci sono tante cose di voi due che la gente non sa.”, t’interrompe, la bocca piena di veleno. Il riferimento neanche tanto velato alla vostra liaison segreta ti manda su tutte le furie, e prima di averci riflettuto scatti in piedi, brandendo la bacchetta d’istinto.
“Mi stai minacciando? Qui, in casa mia?”
La furia rancorosa della Weasley svapora come una pozione calibrata male. Le spalle crollano, in una posa di vergognosa scusa.
“Io... Non intendevo... Argh, Malfoy!, sto solo cercando di farti ragionare. Lei è così... così cieca quando si parla di te. Non puoi abbandonarla.”
Rimanete in silenzio, finché Ginevra non sospira e rompe l’incantesimo della stanza.
“Beh, quel che avevo da dirti l’ho detto. Pensaci.”

Astoria ti trova seduto davanti al camino acceso del Salone. Hai scelto uno Scotch dalla riserva di tuo padre, che teneva celata in un armadietto rivestito di marmo nero. Ricordi che una volta tu e Theo Nott l’avete scassinata, scoprendola protetta da un elementare Alohomora, e avete rubato un minuscolo sorso da ogni bottiglia. Adesso, ogni volta che scegli un pezzo da quella collezione, ora divenuta tua, rivivi quel brivido di eccitazione innocente. La colpevolezza infantile di due adolescenti, di cui certamente uno non lo è mai stato fino in fondo.
Tua moglie scivola accanto a te con grazia. A giudicare dai vestiti che indossa, non era a curare la serra; forse è appena stata a una qualche rimpatriata con le sue frizzanti amiche di Hogwarts: una gonna in cotone lavorato, una giacca avvitata con vistosi bottoni tutti di colori diversi.
Sospira, e ti toglie il bicchiere dalla mano senza che tu protesti. Ne assaggia un minuscolo sorso prima di appoggiarlo sul tavolino.
“Bah.”, commenta storcendo il naso alla francese, “Voi Malfoy avete gusti ben peculiari, per quanto raffinati.”
“Non vi avrei sposata, altrimenti.”, replichi meccanicamente, con una battuta fiacca che non ti spinge neanche a sorridere.
“Draco, che succede?”
Non stacchi gli occhi dal focolare gotico. Le lingue di fuoco si intrecciano sopra la legna creando arzigogoli verde smeraldo; quello, è un vezzo autoreferenziale di tuo padre, che ha voluto laminare l’interno del camino con del bromo reso solido, eterno e inodore dalla magia.
“Ho litigato con Pansy.”, rispondi monocorde.
È una mezza verità. Con la Parkinson ci hai litigato veramente, lei ha starnazzato con tutta la sua indignazione purosangue, ma tu non hai fatto una piega; ad essere sinceri, il motivo esatto nemmeno te lo ricordi.
“Avrei giurato c’entrasse Hermione.”, ghigna Astoria, “Meglio così. Tu e Pans battibeccate di continuo come due vecchie comari, ma fate anche pace con la velocità di un folletto.”
Questa volta ti sforzi di sorridere, e ti fingi anche vagamente offeso.
“Semmai è lei a comportarsi da comare.”, puntualizzi altezzoso.
Astoria sembra rassicurata. La mano, che era piantata a cingerti possessivamente la nuca, si rilassa contro il tuo collo. Ti avvicina le labbra all’orecchio.
“Ti aspetto a letto, milord.”
L’allusione ti lascia freddo, indifferente quasi. Così replichi, in un tono che sembrerebbe quasi un ordine: “Va bene. Toglietevi la gonna.”
Astoria interpreta il tuo distacco come una recita; deve trovarlo eccitante, perché ridacchia e schizza su per le scale. Tu rimani a contemplare il fuoco, mentre ti slacci il primo bottone della camicia, e ti prepari a prendere tua moglie con rabbia e rimpianto.  




Note dell'autore

(1) Non temete, mie sodali femministe, il POV è quello di Draco, non dell'autore.


Colpo di scena! Sono tornata.
Ci sono molte motivazioni che mi hanno allontanata da questa FF, e dalla scrittura in generale; ancora più complesse sono quelle che mi ci hanno riavvicinata.
Così, eccomi qui, dopo una vita che non aggiornavo, a ributtarmi in questo microcosmo vagamente caotico che ho creato, a cercare di riprendere il filo di quel rapporto che avevo tessuto capitolo dopo capitolo. Sapete, a volte è utile rimescolare le carte con qualcosa di inaspettato, e pur essendo questo un capitolo statico per alcuni versi (ambientazione, crescita personale dei personaggi...) c'è un colpo di scena e l'introduzione di un argomento delicato...
Sapete, molti autori temono di maneggiare determinate tematiche. La morte, l'adulterio, il sesso, l'aborto... Spesso, anche quando rombano sotto la superificie della storia, impazienti di uscire, vengono minuziosamente ignorate.
Io ho spalancato le acque ribollenti e intavolato un discorso parecchio pesantino. Non so esattamente se porterà da qualche parte (e dove) ma credo potrebbe gettare ancora nuova luce su questi personaggi.
Se per caso c'è ancora qualcuno all'ascolto, che batta un colpo.

Charlie
   
 
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