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Autore: vamp91    23/02/2019    1 recensioni
La stanza intorno a me iniziò a vorticare; tutto si fece confuso. L'unica cosa ben definita era il palco. Tutto il resto scomparve; c'eravamo solo io, lui e la musica. La sua voce roca, profonda e sensuale era qualcosa di indescrivibile. Ne avevo sentite tante, ma mai come quella. Stava risvegliando in me emozioni che avevo deciso di reprimere da tempo. Le note mi penetrarono fin nelle ossa, facendomi fremere...
(Se le mie storie vi piacciono commentate e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti)
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La mia vita monotona e noiosa ormai era solo un vago ricordo. La mia intera esistenza era stata stravolta del tutto da quando avevo conosciuto quell’energumeno che adesso era il mio ragazzo.
Sembravano passati secoli dal nostro primo incontro, la sera del suo concerto, quando avevo giurato che mai mi sarei lasciata coinvolgere di nuovo da un tipo come lui. E invece eccomi a scendere le scale della sua cantina, pronta a riprendere in mano uno strumento. Che cosa sarebbe successo? Era una domanda alla quale non ero riuscita a dare una risposta. Sapevo soltanto che l’inquietudine che provavo non era solo dovuta alla paura, ma anche all’impazienza. Quindi non era una cosa del tutto negativa.
“Ehilà” mi salutò Alan vedendomi arrivare. Quel giorno era stranamente allegro. Jeff invece mi lanciò solo uno sguardo veloce, facendo un cenno con la testa. Era chiaro che la delusione non gli era ancora passata; ma adesso c’era anche un misto di imbarazzo e soggezione. Forse Ian gli aveva detto qualcos’altro? Ne dubitavo, e comunque io non ne ero al corrente...
“Ciao ragazzi” dissi abbozzando un sorriso.
Ian strinse la mia mano e si mise al centro della stanza in modo tate da avere gli altri due membri della band di fronte.
“Bene, ora che ci siamo tutti vorrei proporvi un’idea... qualche giorno fa ho chiesto a Megan di aiutarci dato che non abbiamo ancora trovato un altro chitarrista.”
Entrambi i ragazzi mi guardarono sorpresi.
“Hai cambiato idea?” chiese Alan entusiasta.
“Diciamo di si” risposi stringendomi nelle spalle.
“Si, ecco ha accettato solo per quanto riguarda le prove... così noi non smetteremo di esercitarci anche se per adesso i concerti sono annullati. Sapete tutti che mi sono inventato la balla di avere un’infiammazione alla gola. Questo ci farà guadagnare un po’ di tempo per cercare un sostituto di Katy. Voi che ne dite?” li guardò entrambi uno ad uno.
“Per me é assolutamente si” esclamò Alan entusiasta.
“Jeff?” Ian alzò un sopracciglio fissandolo.
“Beh, direi di fare una prova e poi darò una risposta”
“Ci sto” risposi decisa. Guardai Ian che sembrava avere un’espressione cupa sul volto.
“Tutto bene?” chiesi sfiorandogli un braccio.
“Si, è solo che mi infastidisce un po’ che sia stato Alan il primo a sentirti suonare”. Mise il broncio così come avrebbe fatto un bambino. Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere.
“Sei così adorabile” dissi abbracciandolo mentre ancora ero scossa dalle risate.
“Ehi donna” esclamò “non prenderti gioco di me o te ne pentirai” ; ma anche la sua espressione era divertita.
Dopo qualche minuto era tutto pronto... ci sistemammo ognuno al proprio posto e mentre gli altri iniziavano a riscaldarsi, vidi la mia stessa mano tremare poco prima di impugnare la chitarra. Chiusi gli occhi e feci un lungo respiro. Quando li riaprì notai Ian fissarmi mentre mi chiedeva se ero pronta. Feci cenno di si... Jeff diede il tempo e le mie dita, quasi come ad avere vita propria, pizzicarono le corde della chitarra. Il suono degli altri strumenti mi inondò; e via via che il ritmo aumentava mi sentivo pervadere da un calore da tempo dimenticato.  
Le paure sparirono di colpo, così come i dubbi e le insicurezze che da molto tempo mi trascinavo dietro in un fardello che mi aveva quasi schiacciata. Ero di nuovo io!
Chiusi gli occhi, lasciando che la calda voce di Ian mi guidasse. Sentivo le note scorrere lungo tutto il mio corpo come fossero pura elettricità. Più andavamo avanti e più riprendevo dimestichezza nel tenere il tempo con gli altri strumenti. I ragazzi se ne accorsero, iniziando anche loro ad aumentare il ritmo. Jeff batteva sulla batteria come un forsennato, raramente l’avevo visto così preso, mentre Alan, stranamente, non mostrava più quella sua solita espressione vuota e distante, ma al contrario si notava quanto fosse concentrato.
Ian cantava con una passionalità stravolgente, era come se con quel suo modo di fare mi esprimesse tutto il suo amore. Mi guardava, penetrandomi con quel suo sguardo di ghiaccio in grado di sciogliermi.
“WOW” urlò Jeff appena dopo aver fatto l’ultimo passaggio di batteria. “È stato incredibile!”
“Grande” sorrise Alan dandomi il cinque.
Sorrisi, girandomi verso il mio ragazzo.
Stranamente non aveva ancora detto una parola.
“Allora?” chiesi incuriosita.
Lui continuò a non parlare; si avvicinò soltanto, prendendo il mio viso tra le mani prima di darmi un lungo ed appassionato bacio.
I suoi occhi bruciavano di una luce diversa dal solito, come se mi stesse vedendo per la prima volta.
“Continui a stupirmi” sussurrò.
“Perché non ci canti qualcosa?” propose Alan interrompendoci.
“Si, facci sentire una tua canzone” si unì Jeff.
“Va bene...” risposi. Il più ormai era fatto del resto.
Afferrai nuovamente la chitarra mentre gli altri andavano a sedersi di fronte a me.
“Che pubblico modesto...” sussurrai al microfono strappando un sorriso a tutti.
“Ma... vi prometto che sarà indimenticabile...” feci l’occhiolino in direzione di Ian. Lui ghignò leccandosi le labbra.
La musica che avevo scritto era rude e grezza, così come era il mio animo nel momento in cui l’avevo composta. La chitarra elettrica tuonò e sembrò far tremare le intere fondamenta. Il suono sembrava un fiume in piena mentre poggiavo la bocca sul microfono.
“Ho incontrato i tuoi occhi in una notte infuocata;
il tuo sguardo di ghiaccio mi ha bruciata;
vorrei stare con te, ma tu sei lontano anni luce.
Voglio un tuo bacio. Mi senti?
Ma ho paura di farmi male.
Tienimi stretta, e non lasciarmi andare...”
Cantai con il cuore, come non avevo mai fatto prima; perché in quella canzone avevo riversato tutto ciò che Ian mi aveva fatto provare dal primo momento in cui i miei occhi si erano incrociati con i suoi: paura, attrazione, indecisione, dubbio; e poi rabbia, frustrazione e infine gratitudine e ... amore.
Aprii gli occhi nel momento in cui suonai l’ultima nota.
Se ne stavano tutti in silenzio, ognuno con un’espressione diversa.
Jeff stupefatta, Alan compiaciuta, Ian... indecifrabile.
“Lo so, va un po’ oltre il vostro genere; é proprio Heavy Metal... ma si può arrangiare benissimo in base al vostro stile.
“Invece é bella proprio perché ha questo sound” rispose Ian.
“Assomiglia a qualcosa... un genere di una qualche band...” Jeff aveva pensato ad alta voce.
Iniziai a sudare freddo. Per quanto avessi dato vita ai miei sentimenti, ero io che avevo scritto le canzoni del mio vecchio gruppo, quindi era chiaro che anche questa avesse una melodia simile.
“Dici? Non saprei...” borbottai cercando di cambiare argomento.
Ma a Ian questo mio tentativo non sfuggì; mi fissò alzando un sopracciglio, ma rimase in silenzio.
La tensione che provavo si allentò quando Alan propose di continuare con le prove, ricevendo l’approvazione di tutti.
Qualche ora più tardi mi sentivo le dita intorpidite e le braccia stanche.
“Direi che può bastare per oggi” disse Ian. Lo ringraziai mentalmente.
“Siamo stati grandi” osservò Jeff entusiasta. Il suo imbarazzo iniziale sembrava essersi disciolto.
Continuarono a parlare senza interruzione sia sulle scale che lungo il corridoio. Più li osservavo e più iniziavo a voler bene a questo strambo gruppo che mi stava intorno.
“Ci vediamo ragazzi” li salutai accompagnandoli alla porta. Ian teneva il suo grosso braccio sulle mie spalle.
Entrambi si voltarono abbozzando un sorriso; fu impercettibile, ma sul viso di Jeff  mi sembrò di notare un velo di tristezza. Che l’avessi soltanto immaginato?
Non ebbi il tempo di rifletterci a lungo perché Ian mi afferrò da dietro, abbracciandomi. Mi copriva completamente con il suo metro e novanta di altezza e la sua stazza muscolosa. “ é andata bene” disse appoggiando il mento sulla mia testa.
“Direi proprio di si”.
“Pensavo...” iniziò.
“Si?” mi aveva incuriosita.
“Devo portarti il prima possibile a fare shopping” continuò serio.
“Eh?” mi girai di colpo sbattendo il naso contro il suo petto duro come il marmo. Sollevai la testa, cercando di guardarlo in faccia “Perché?”
Lui abbassò il viso in un’espressione dolce “ così avrai dei cambi quando resterai qui a dormire senza dover tornare a casa”.
Rimasi stupita. Con quanta facilità riusciva a dire una cosa del genere?!
“Va bene” balbettai incapace di aggiungere altro.
Ero io o stavamo facendo dei passi in avanti nella nostra relazione? Insomma non era una convivenza vera e propria ma ci si avvicinava parecchio. Ed era stato lui a proporla. Non negavo che la cosa mi facesse immensamente piacere.
“Ottimo. Domani é sabato, sei libera, giusto?” feci cenno di si e lui sorrise “allora é deciso”.
Lo abbracciai, beandomi di quel dolce tepore che riusciva a scaldarmi l’anima. Non avrei mai ringraziato abbastanza per averlo nella mia vita.
“Ora... che ne dici se ti porto a letto?” non aspettò nemmeno che rispondessi, ma in fondo non ce n’era bisogno. La dolcezza di prima aveva lasciato il posto alla lussuria, glielo si vedeva chiaramente in faccia. Quella sua espressione da animale selvatico mi faceva rabbrividire tutte le volte. Mi abbassò la spallina lasciando una scia infuocata di baci lungo tutto il mio collo.
Come diamine ci riusciva? Era davvero un maestro nel sedurre. Improvvisamente mi incupii. Era ovvio che fosse bravo, a differenza mia aveva avuto centinaia di donne nel corso degli anni...
“Che succede?” chiese fermandosi.
“Pensavo... che hai molta esperienza... avrai perso il conto delle donne con cui sei andato a letto” biascicai.
“Piccola... se potessi le cancellerei tutte” rispose serio “ma non posso... se avessi saputo che avrei avuto la fortuna di stare con te avrei evitato” era davvero dispiaciuto.
“Lo so, in fondo non potevi sapere cosa sarebbe successo o come sarebbe andata tra noi”
“Posso assicurarti però che sei l’unica per cui abbia mai provato qualcosa”.
Sorrisi. Sapevo già che era così.
“A volte ho paura che il mio caratteraccio ti possa far scappare via” confessò “non lo sopporterei”.
Lo strinsi a me. Dio, quanto lo amavo! Lo baciai, prima delicatamente, poi con sempre più intensità; aggrappandomi alle sue spalle mi sentii mancare la terra sotto i piedi quando mi sollevò per portarmi in camera.
Quella notte fu più dolce che mai mentre mi spogliava con meticolosità. Era come se mi stesse analizzando per memorizzare ogni minimo dettaglio che mi riguardasse.
Accarezzai la sua schiena muscolosa, godendomi quel calore che aumentava sempre di più.
Poi di colpo le mie dita si bloccarono. “Che cos’hai qui?” chiesi cercando di guardare.
“Non é nulla...” borbottò.
“Dimmelo” insistetti.
Ian sospirò contro il mio collo, solleticandomi la pelle con le labbra.
“Ti ho già raccontato di non aver avuto un’infanzia facile. Gli uomini di mia madre non erano delle belle persone... avevo intorno ai 16 anni quando il coglione di turno, durante una delle sue sbronze colossali, ha afferrato un coltello cercando di colpire mia madre... ero piccolo, ma ero già più alto e grosso di lei; così mi sono messo in mezzo per proteggerla, ed ecco qui. 20 punti e tre settimane in ospedale”.
Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso “potevi morire...”sussurrai.
“Naaa, ho la pelle dura”.
Lo abbracciai forte prima di baciare lì dove la lama aveva lacerato la carne.
“Non so che farei se ti succedesse qualcosa” dissi guardandolo.
Ian abbozzò un tenero sorriso “non mi succederà nulla piccola, te lo prometto”.
E ricominciammo da dove ci eravamo interrotti.
Quella notte non riuscì a dormire bene; continuavo a fare uno strano sogno.
Scappavo urlando da qualcuno, poi inciampavo, ma le braccia di Ian mi afferravano. Gli sorridevo, ma il suo sguardo era vuoto, assente. Lo vedevo accasciarsi al suolo. Cercavo di scuoterlo, ma non rispondeva... mi fissavo le mani, ricoperte di sangue prima di urlare in preda al terrore...
Aprii gli occhi; il respiro affannato.  Mi guardai intorno per un attimo, realizzando che mi trovavo a casa di Ian.
Lui dormiva beato accanto a me, un suo braccio era intorno alla mia vita, quasi schiacciandomi, ma non mi importava. Sorrisi teneramente osservandolo. Quando dormiva il suo viso era completamente rilassato... non c’era nessuna traccia di quella espressione da duro che assumeva sempre.
Era davvero bello ed era tutto mio... Quel corpo massiccio che da solo occupava interamente la metà del letto, in realtà nascondeva un animo gentile. Se ripensavo a quanto fosse stato rude con me all’inizio... Avevo pensato che fosse la persona più odiosa del mondo. Accarezzai la sua schiena dal basso verso l’alto, fino ad arrivare al viso. Percorsi leggermente le palpebre, il naso e il profilo delle labbra; per un momento ripensai che anche lui l’aveva fatto con me quando pensava che dormissi.
La sua mano mi bloccò di colpo; poi spalancò gli occhi inchiodandomi con quel suo sguardo di ghiaccio.
Senza rendermene conto mi tirò a se, facendomi ruotare e ritrovandomi sotto di lui. Il suo intero corpo mi sovrastava, mentre le grosse braccia muscolose facevano leva sul materasso affinché non mi schiacciasse. I lunghi capelli di Ian scendevano morbidi e delicati come una cascata ai lati delle spalle, chiudendomi la visuale. Era come se ci fosse una tenda che separava noi dal resto del mondo.
Era così sexy... istintivamente sentii le mie guance diventare rosse.
“a cosa stai pensando piccola donna perversa?” chiese accorgendosene e iniziando a farmi il solletico.
Quel ghigno di sfida sul suo viso lasciava intendere che non avrebbe ceduto.
Io non facevo altro che ridere e contorcermi mentre gli urlavo di smetterla.
“Ok, ok te lo dico!”
Si interruppe di colpo aspettando una mia risposta.
“Ecco, pensavo a quanto fossi eccitante...” ero rossa come un peperone, tuttavia sostenni il suo sguardo.
“Mai quanto te”
Era strano, ma avevo la sensazione di conoscerlo da sempre, come se ci fossimo già incontrati... con lui mi sentivo in pace.
“Dovremmo alzarci” sussurrai qualche ora dopo accoccolandomi ancora di più al suo petto caldo. Ero consapevole che le mie parole erano in contrasto con i miei gesti.
“Più facile a dirsi che a farsi...” rispose mentre giocava con una ciocca dei miei capelli.
Sorrisi e seppur a malincuore mi allontanai da lui.
Forse era meglio se facevo io la doccia per prima, in fondo era quella a cui serviva più tempo per prepararsi. Ma come al solito Ian riusciva a sorprendermi sempre.
Avevo appena iniziato a insaponarmi quando la porta della doccia si aprì “Così risparmiamo tempo” ghignò lasciando che l’acqua gli scivolasse addosso.
Non riuscivo a muovermi, il mio cervello era del tutto fuori controllo. Lo guardavo prendere il bagnoschiuma e iniziare a lavarsi, ma era come se vedessi la scena di un film...
Ian non badò al mio stato di shock, anzi mi attirò a sé, prima di inginocchiarsi e iniziare a leccare intorno al mio ombelico e poi sempre più giù. Gli afferrai i capelli, stringendoli nella mano; non sapevo se gli stessi facendo male, ma non riuscivo a controllarmi, era come se fossi in preda a degli spasmi...
Lui non se ne curò, anzi aumentò il ritmo fin quando non  sentii le mie gambe cedere...
Ghignò, pieno di soddisfazione mentre mi aiutava a finire di lavarmi.
Un’ora e mezza dopo eravamo finalmente pronti per la nostra giornata di shopping.
Pensandoci bene non avevo mai chiesto a Ian cosa facesse per vivere. Chris mi aveva detto che era nel commercio, ma non sapevo cosa nello specifico.
“Ian” dissi mentre mi infilavo le scarpe “ma che lavoro fai di preciso?”
“Hai presente il negozio di dischi dove lavora Jeff?” chiese.
“Si, lo conosco”
“Beh, quello é mio” disse con non-chalance.
“Cosa? Davvero?” ero incredula.
“Si. In oltre a parte dischi vendiamo anche strumenti musicali, pezzi di ricambio... trattiamo anche merce usata; l’anno scorso abbiamo deciso di affittare il locale accanto e ampliarci vendendo videogiochi e consolle. È stato un successo”.
“Capisco...”
“Sta tranquilla, i soldi non mi mancano se è questo che ti preoccupa” scherzò.
“Ero solo curiosa” risposi alzando le spalle con tranquillità.
“A proposito di questo...” iniziò “casa tua é in un quartiere da ricconi, con il tuo stipendio arrivi a mala pena a pagare l’affitto...”
Sapevo dove voleva arrivare...
“Si, ecco... mia sorella Josy... lei era a capo di una grossa azienda. Quando é morta é venuto fuori che aveva lasciato tutti i suoi beni a me, comprese varie azioni che fruttano un bel po’....per cui posso permettermi il mio appartamento senza nessun tipo di problema. Sapeva che non avrei mai accettato di lavorare per mio padre, né tanto meno di accettare i suoi soldi. volevo essere indipendente, ma questo la preoccupava... Aveva paura che non potessi vivere per sempre seguendo il sogno di essere una musicista così mi ha creato un’assicurazione, se così si può dire”
Abbassai la testa. Avrei dato via ogni singolo centesimo pur di riavere indietro mia sorella; ma sapevo che non era possibile...
“Ha pensato proprio a tutto eh” dissi cercando di sorridere.
Ian mi strinse a sé senza dire una parola, non ce n’era bisogno. In quel momento le sue braccia furono in grado di evitare che il dolore mi lacerasse completamente.
“Basta con queste storie tristi” esclamai subito dopo “sappi mio caro che hai commesso un gravissimo errore a propormi questa giornata di shopping”.
“Si, comincio a capirlo...credo di essermi cacciato in un gigantesco guaio...”
“Peggio per te. Su, andiamo” lo trascinai fuori fingendo di non aver notato il suo sorriso. Era sollevato del fatto che avessi messo da parte i cattivi pensieri. Non immaginava nemmeno che la maggior parte del merito fosse suo.
Il centro commerciale non era molto distante, avremmo anche potuto raggiungerlo a piedi e fare una bella passeggiata, ma avevo bisogno di parecchie cose se davvero dovevo restare a casa di Ian.
Mentre camminavamo guardando le vetrine e chiacchierando cercavo di non dar peso alle occhiate che ci lanciavano i passanti.
Chissà come apparivamo agli occhi degli altri. Un gigante vestito interamente di pelle, con l’espressione da duro, i capelli scuri lunghi fino alla schiena e due occhi capaci di incenerire con un solo sguardo che teneva per mano quella che al suo fianco appariva come un folletto dai capelli rossi.
Guardavo le nostre dita intrecciate, sorridendo come un’ebete, mentre nell’altra mano Ian trasportava qualsiasi cosa io decidessi di comprare.
“Perché sei voluto entrare?” chiesi poco dopo. Eravamo nel negozio di intimo ed io ero rossa dalla testa ai piedi.
“Beh, non mi dispiace dare un’occhiatina a cosa scegli” il suo ghigno arrogante mi faceva capire che nonostante stessimo insieme non aveva perso il vizio di imbarazzarmi e di prendermi in giro.
“Stronzo” borbottai fingendomi offesa.
“È questo che ti piace di me...”
Feci finta di non sentire mentre mi guardavo intorno. Non volevo scegliere qualcosa di troppo vistoso; volevo essere provocante, ma in modo naturale.
Ovviamente Ian non si lasciò sfuggire l’occasione e chiese alla commessa il completino più sexy che avessero. Si misero pure a discutere sul colore, come se fosse la cosa più normale al mondo.
“Non metterò mai quella roba” mi impuntai dopo essere usciti dal negozio.
“Non l’hai nemmeno vista” replicò.
“L’hai scelta tu, il che mi basta. Razza di pervertito”.
Si abbassò per arrivare alla mia altezza prima di sussurrarmi qualcosa all’orecchio “questo tuo modo di essere pudica mi arrapa ancora di più...” e mi mordicchiò il lobo.
Il mio corpo reagì nella frazione di un secondo; un calore scaturì dal basso ventre per poi esplodere dappertutto. lo desideravo con ogni fibra del mio essere. In quell’istante fu come tornare indietro nel tempo, a quando mi punzecchiava per provocarmi. Ero felice che questo suo aspetto, nonostante la dolcezza che mi dimostrava, fosse sempre presente.
Questa volta avrei risposto alla sua provocazione; e con suo grande stupore lo avvicinai a me afferrandolo per il giubbotto e costringendolo ad abbassarsi; poi in punta di piedi lo baciai, incurante della gente che ci osservava chi sghignazzando e chi borbottando.
Quando finalmente lo lasciai andare Ian aveva le fiamme negli occhi “lo shopping finisce qui” sussurrò con voce roca.
Abbozzai un mezzo sorriso, vittoriosa; mentre mi trascinava via.
“Sei troppo lenta!” osservò quando arrivammo nel parcheggio e senza darmi il tempo di reagire mi circondò la vita con un braccio prima di caricarmi sulla spalla come fossi un sacco di patate.
“Ian. Riesco ancora a camminare da sola!” tuonai.
“Sta ferma o finirai col sedere per terra” disse ridendo.
“Sei un sadico” borbottai smettendo di lottare.
“Non immagini quanto...” sussurrò ghignando. Chissà cosa mi aspettava una volta tornati a casa...
A volte dimenticavo il suo carattere impetuoso e istintivo; eppure era proprio quando abbassavo la guardia che quel suo modo di essere rispuntava fuori.
Finalmente mi stavo godendo un po’ di felicità... dopo tutto il tempo passato da sola mi risultava quasi surreale sapere di poter contare su di un’altra persona.
Come avevo fatto a resistergli così a lungo? Non riuscivo a trovare una risposta; sapevo soltanto che niente e nessuno me lo avrebbero mai portato via.
  
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