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Autore: blackjessamine    24/02/2019    7 recensioni
Non è facile avere quattordici anni ed essere il secondogenito della famiglia Weasley.
Ci si deve confrontare con un fratello Prefetto che sembra in grado di raggiungere qualsiasi traguardo, un fratellino deciso a diventare il miglior studente di tutta la scuola, il peso della responsabilità di una fama da straordinario Cercatore.
Per non parlare, poi, di quanto sia facile commettere egli errori banali ma fatali. Perché, sì, chiedere al professor Kettleburn di poter assistere dei cuccioli di Crup potrebbe sembrare un'idea fantastica, ma nasconde pericoli inaspettati.
Fra morsi e infezioni, lezioni di volo, bevande illegali e feste impreviste, Charlie scoprirà che la tenacia e la determinazione di certe Corvonero vanno ben oltre ogni sua previsione.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
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Capitolo 3
Houston, abbiamo un problema




L'infallibile piano di Stacey rischiò di naufragare prima ancora di cominciare, e tutto a causa, guardate un po', di un maledetto marmocchio. Ah, perché, perché suo padre aveva tanto insistito con quanto fosse sicura e prestigiosa la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts? Se fosse rimasta ad Amburgo, avrebbe studiato con un precettore privato, e non avrebbe dovuto sopportare l'infida presenza di nessun marmocchio.
Stacey aveva calcolato tutto nei minimi dettagli: aveva studiato Weasley-di-Mezzo e le sue abitudini, ed era giunta alla conclusione che il momento migliore per agire era il tramonto. Charles Weasley, infatti, era solito sparire dalle zone note del castello subito dopo le lezioni – probabilmente per ritirarsi nella sua Sala Comune – salvo poi trasferirsi in biblioteca a studiare un paio d'ore prima di cena.
E Stacey, con tutta la disinvoltura di cui era capace, un giovedì sera si era appostata fuori dalla suddetta biblioteca, fingendosi particolarmente interessata al brutto ritratto di una damigella dalla fronte spropositata.
Quando i morsi della fame stavano ormai iniziando a farsi sentire, fiaccando tutta la sua determinazione, finalmente il gruppetto di Grifondoro del quarto anno si decise ad abbandonare il regno di Madama Pince.
E lì, in mezzo a quei ragazzetti allampanati e brufolosi, Charles Weasley trotterellava tranquillo, soffocando una risata con una manaccia sporca d'inchiostro. Stacey cercò di nuovo di osservarlo con sguardo imparziale: un ragazzino robusto, non molto alto, con uno sguardo luminoso e un bel sorriso. I suoi riccioli rossi avrebbero avuto bisogno di una bella spazzolata, e la sua divisa di una stirata, ma tutto sommato era un ragazzino normale.
Non brutto, ma anonimo.
Chissà, forse sudato, sporco di fango e alle prese con dei cuccioli agitati poteva guadagnare un po' di fascino, ma era il fascino che poteva piacere ad Alhena, non certo a Stacey. Del resto, erano amiche anche per quello, no? Due persone con lo stesso gusto in fatto di ragazzi non potevano essere amiche. Non potevano, perché la tragedia sarebbe stata inevitabile.

Stacey si riscosse: si lisciò il mantello della divisa, gettò dietro le spalle un boccolo arricciato di fresco e, sfoggiando il suo sorriso migliore, piombò in mezzo al gruppo di Grifondoro con la stessa letale determinazione di un falco in mezzo a degli anatroccoli indifesi.
“... e anche il tema per Piton!”
“Tu sei Charles Weasley, non è vero?”
Stacey aveva completamente ignorato gli sguardi stupiti e le occhiatine divertite degli amici di Weasley-di-Mezzo, concentrata solo sulla sua preda.
“Che... sì?”
Charles Weasley la scrutò a lungo, accigliato. Probabilmente stava cercando di capire chi fosse. Sì, insomma, l'acume non pareva proprio il punto di forza di questo benedetto ragazzo.
Reprimendo un moto di irritazione, Stacey sorrise ancora di più, tendendogli una mano:
“Mi chiamo Stacey, piacere! Forse ti sembrerò un po' sfacciata, ma devo chiederti un favore...”
“Ma tu sei una Corvonero!”
La vocetta acuta di un bambino fece sobbalzare Stacey, che si ritrovò a fissare un ragazzino secco secco e dai folti capelli scuri. Un ragazzino che era certa di aver già visto da qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordare dove...
“Non ti avvicinare, Charlie, lei è una spia!”
Il disprezzo con cui quel moccioso pronunciò quell'ultima parola, puntandole contro un ditino accusatore, indignò Stacey. Ma come si permetteva quel nano di chiamarla a quel modo?
Trattenendosi a stento dal pestare un piede a terra, Stacey sibilò:
“Sparisci, gnomo, stavo parlando io!”
Ma il ragazzino, evidentemente, era ben determinato a dimostrare i motivi che avevano spinto il Cappello Parlante a smistarlo fra i Grifondoro, perché si frappose con decisione fra lei e Charles Weasley, estraendo la bacchetta.
“Che cosa stai cercando di fare, sabotarci?”
Per poco, Stacey non scoppiò a ridere. Se non avesse avuto fame e fretta di portare a termine la fase iniziale del suo piano, si sarebbe divertita non poco a dare del filo da torcere a quel ragazzino, prima di spedirlo in Infermeria con dei padiglioni auricolari che sfioravano il pavimento. Ma si dava il caso che aveva una certa fretta, perché mancavano soltanto due settimane alle vacanze di Natale, e Stacey era ben decisa a riportare una vittoria schiacciante su Weasley-di-Mezzo prima lasciare la scuola.
“Senti, non so che Pozione Annebbiante tu ti sia scolato, ma qui abbiamo cose più importanti da fare.”
Il ragazzino, però, le lanciò uno sguardo di fuoco, prima di voltarsi a cercare l'approvazione di Weasley, cantilenando:
“È lei quella che ha spiato i vostri allenamenti! Ed è una Corvonero! Sicuramente è una spia di Benjamin, e adesso vorrà sabotarti per la partita!”
Oh, maledizione.
Ragazzi.
Sempre a pensare al Quidditch. Che quattro palle! Come se a lei importasse qualcosa di quella partita!
Sentendo la vocina del ragazzino salire di tono, Stacey ricordò dove si fossero incontrati: quello era lo stesso ragazzino che aveva seguito assiduamente gli allenamenti del Grifondoro, tormentandola con i suoi commenti assolutamente non richiesti su ogni mossa dei giocatori.
“Oliver, sono sicuro che ti sbagli...” cercò di blandirlo Charles, ma il ragazzino non si lasciò scoraggiare. Anzi, tutto ringalluzzito all'idea che Weasley avesse riconosciuto il suo nome, continuò:
“Ma è vero! Ha seguito tutto il vostro allenamento, e guadava soprattutto te, e quando avete finito è corsa via! Questo mi sembra molto sospetto!”
Uno degli amici di Weasley si lasciò sfuggire una risatina maliziosa, borbottando:
“Altro che sospetto, Weasley è fortunato!”
Cercando di trattenere l'orrore, Stacey si affrettò a gridare che no, avevano del tutto frainteso la situazione, che lei usciva con Jackson, unCaposcuola, dunque non aveva il minimo senso immaginare che avesse qualche interesse per un ragazzino del quarto anno.
Ed ecco il suo principale errore: mai perdere la calma.
Perché proprio quando si stava affrettando a spiegare a Weasley perché lo aveva cercato, la porta della biblioteca si spalancò, rivelando quell'arpia della Pince, più pallida e minacciosa che mai, la quale prese a strillare come un'aquila che il loro era un comportamento increscioso, che stavano disturbando tutta la biblioteca e che dovevano sparire, se non volevano passare momenti difficili in compagnia di Gazza.
I Grifondoro scomparvero correndo lungo il corridoio, non prima di essersi voltati a lanciare occhiate divertite e piene di apprezzamento a Stacey, dando vigorose pacche sulle spalle di Charles Weasley.
Decisamente, era necessario aggiustare il tiro del suo piano.
***

Per qualche giorno, Stacey decisi di non fare niente.
Il tempo stringeva, ma doveva far calmare le acque per non attirare troppo le attenzioni sbagliate di Weasley-Volante.
Nonostante non avesse granché voglia di passare un'altro pomeriggio a studiare con Sean Jackson, una sera fece in modo di sedersi in biblioteca ad un tavolo poco lontano da quello dei Grifondoro, e si esibì nella dimostrazione pratica di quanto un bacio appassionato potesse fare apparire interessante anche il Caposcuola più noioso della faccia della terra. Certo, quel giochetto le costò l'ennesima sfuriata di Madama Pince e la perdita di dieci preziosi punti, ma mentre trascinava con sé un allibito Jackson fuori dalla biblioteca, poté scorgere un Grifondoro dare una gomitata nelle costole a Weasley, indicandola. E fu con immensa soddisfazione che vide il ragazzino dai capelli rossi scrollare le spalle con noncuranza, guardandola a malapena, per tornare a dedicare la sua attenzione ai libri.
Oh, be', avrebbe dovuto sopportare l'ingombrante e un po' appiccicosa presenza di Jackson per un paio di settimane, ma era certa che durante le vacanze di Natale avrebbe trovato il modo giusto per scaricarlo.

Alhena, domenica sera, rientrò nella Sala Comune più sorridente del solito: non fece parole della sua punizione con Kettleburn, e Stacey non chiese come fosse andato il pomeriggio in compagnia di Weasley, ma a quanto pareva le cose non erano messe poi così male.
Stacey la osservò ridere e scherzare, finire i compiti di Trasfigurazione senza lamentarsi quasi mai, e addirittura aiutare una ragazzina del secondo anno a cui qualcuno aveva fatto uno scherzo, incantando tutte le sue boccette d'inchiostro perché, una volta posata la piuma sulla pergamena, questa non lasciasse alcuna traccia.
Quando si ritirarono a dormire, Alhena accolse senza nemmeno una smorfia le frecciatine di Judy Howard, si spazzolò i capelli canticchiando e, prima di infilarsi a letto, augurò la buonanotte a tutte le compagne di stanza.
Mentre ascoltava il respiro pesante di Stella Hill, Stacey si ritrovò a rimuginare sul suo piano.
La prima parte poteva anche essere fallita miseramente per colpa di quell'assatanato di Quidditch di Oliver, ma non era detto che fosse tutto andato in fumo.
L'indomani ci avrebbe riprovato, e, questa volta, non avrebbe fallito.
***

“Si può sapere che cosa vuoi fare?”
Alhena, avvolta nella sua sciarpa più pesante, la fissava con gli occhi lucidi: faceva un freddo dell'inferno, quella sera. Nel fine settimana aveva almeno smesso di piovere, ma soffiava un vento gelido che aveva arrossato la pelle delicata della ragazza, il cui naso, rosso come quello di Vitious al quarto brindisi durante il banchetto di fine anno, spuntava fra la stoffa scura.
“Abbi un po' di pazienza e mi ringrazierai.”
O almeno lo spero.
Stacey questa volta aveva calcolato tutto: la sera della biblioteca aveva sbagliato ad agire in maniera tanto plateale, senza calcolare che il luogo e le condizioni scelte avrebbero offerto a Weasley troppe vie di fuga.
Quella sera sarebbe andato tutto diversamente: aveva calcolato perfettamente i tempi, e avrebbe incastrato sia Weasley che Alhena.
Con un pizzico di fortuna, non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di passare alla seconda fase del piano, perché ci avrebbe pensato Alhena a concludere la serata nel migliore dei modi.
“Stacey, sto morendo di freddo. Mi dici perché mi hai trascinata fuori proprio adesso?”
“Bocca chiusa e zampette in movimento, tesoro!”
Dopo quella che parve una scarpinata infinita, finalmente giunsero in vista dello stadio.
E lì, scarsamente illuminati dalle torce messe a dura prova dal vento, i membri della squadra di Quidditch di Grifondoro erano a terra, scopa in spalla, e stavano confabulando tra di loro.
Tempismo perfetto.
“Tu aspettami un attimo qui, io torno subito” canticchiò Stacey, sforzandosi di apparire totalmente innocente, mentre si lanciava in una leggera corsetta verso il campo d'allenamento. A giudicare dallo sguardo sospettoso che le aveva regalato la sua amica, Alhena non si era fidata di lei nemmeno per un istante.
Ottimo.

“Ehi, Weasley! Mi presti due minuti del tuo tempo?”
Stacey si ritrovò puntati addosso gli occhi dell'intera squadra di Grifondoro, ma il suo sorriso smagliante non vacillò neppure un secondo.
Sugli spalti aveva intravisto il faccino agguerrito di Oliver, che la fissava con aria minacciosa, ma lo ignorò.
Weasley, sudato e con un taglio fresco in fronte – come, per tutte le cortigiane di Nostradamus, come poteva essersi fatto un taglio in frontevolando, benedetto ragazzo? – scosse le spalle, sospettoso.
“Uhm, dovrei tornare al castello, perché...”
“Tutto a posto, Charlie?”
Ulmus Brown, il nuovo capitano della squadra, si avvicinò ai due, la fronte aggrottata. Stacey gli sorrise: conosceva Ulmus, erano entrambi al quinto anno, e, anche se non avevano mai passato troppo tempo assieme, andavano abbastanza d'accordo.
“Ciao, Brown. Ti giuro che non sono qui in qualità di spia, né voglio sabotare il vostro Cercatore. Ho solo bisogno di chiedergli un favore...”
Ulmus, a quel punto, lanciò un'occhiata a Oliver, e scoppiò a ridere.
“Quindi saresti tu la pericolosa Corvonero che sta attentando alla nostra squadra?”
“Così pare.”
Il ragazzo si allontanò un ciuffo di capelli sudati dagli occhi, scuotendo la testa.
“Ci parlo io, con Baston. Tu non stancarmi troppo il nostro Cercatore, eh, che ci serve in forma per sabato. A domani!”
Ulmus sorrise, un sorriso affascinante che Stacey non aveva mai notato, e li lasciò soli, seguendo il resto della squadra negli spogliatoi.
“Senti... Stacey, giusto?”
Stacey annuì, trattenendosi appena dal ridacchiare di fronte all'espressione piena di imbarazzo di Charles.
“Ecco, io non so di che cosa hai bisogno, ma...”
“È per una mia amica. La conosci, credo, si chiama Alhena, e...”
Charles si fece subito più attento – anche se non attento quanto Stacey avrebbe sperato – e così la ragazza prese a spiegare il suo piano.
Quando finì di parlare, la maggior parte della squadra di Grifondoro, ripulita alla meno peggio, aveva già abbandonato gli spogliatoi.
“Oh, ok. Non c'è problema. Dille pure che, quando vuole, io ci sono.”
In quel preciso istante, Alhena comparve alle sue spalle, le mani sui fianchi e un'espressione inviperita in volto.
Stacey avrebbe voluto mettersi a danzare: quello sì che era un tempismo perfetto!
Indicando la sua amica con un cenno del capo, Stacey esclamò, soddisfatta:
“Be', direi che adesso sarebbe perfetto!”
“Adesso che cosa?” sibilò Alhena, raggiungendoli e scrutando Stacey con espressione omicida.
Per scongiurare una qualsiasi fuga della sua amica, Stacey le afferrò la mano destra, sorridendole con fare eloquente, e cinguettò:
“Nulla. Ho solo spiegato a Charles del tuo imbarazzante problema con le scope, e avevi ragione, è stato molto comprensivo. Ha detto anche lui che non c'è proprio niente di cui vergognarsi, non sei l'unica al mondo a soffrire di vertigini, e che sarà felicissimo di insegnarti a volare!”
Stacey poté osservare il momento preciso in cui la rabbia di Alhena lasciò il posto al terrore più puro. I suoi occhi chiari si spalancarono, mentre il suo viso esangue perdeva ogni traccia di colore.
“Cos... NO!”
Alhena cercò di allontanarsi, ma Stacey era stata previdente: la sua stretta attorno al polso sottile della ragazza si fece d'acciaio, intrappolandola accanto a sé, sorda alle sue suppliche.
“Ma sì, certo. Gli ho spiegato che ti vergognavi a chiedere a qualcuno della nostra squadra, perché sono tutte persone che conosci da tanto e non vuoi farti prendere in giro, e Charles è stato così gentile da offrirsi per darti una mano...”
Stacey cercò con insistenza il viso di Alhena, lanciandole un'occhiata eloquente. Be', almeno un minimo Alhena avrebbe dovuto collaborare alla riuscita del piano. Eppure trattenerla al suo posto si stava facendo sempre più difficile, mentre la ragazza sbuffava e tirava come un pony terrorizzato.
“Col cazzo, Stacey! Col cazzo che salgo su un manico di scopa!”
Stacey lanciò un sorriso ammaliante a Weasley, che fissava le due ragazze come una persona saggia avrebbe fissato una Caccabomba inesplosa in un corridoio molto stretto.
“Alhena! Non essere ridicola!”
Altro che fanciulla in difficoltà, così Weasley avrebbe finito per pensare ad Alhena come a una pazza furiosa.
In quel momento, infatti, Weasley sembrò prendere il coraggio a due mani, e, continuando a tenersi a distanza di sicurezza dalle due ragazze, sussurrò:
“Alhena, non sei mica obbligata... magari possiamo fare un'altra volta, con più calma...!”
“NO!” esclamarono insieme le due ragazze, continuando la loro lotta. Il no di Alhena, chiaramente, significava no, non salirò su un manico di scopa, né ora, né mai, mentre quello di Stacey significava no, Weasley, non credere di scappare, tu e Alhena non ve ne andrete da qui prima di esservi tenuti stretti stretti sul tuo manico di scopa.
“Linnie, smettila di fare la stupida!”
Stacey aveva sperato che il soprannome di bambina di Alhena servisse a far rinsavire la sua amica e metterle un po' di sale in quella zucca vuota che stava dando un increscioso spettacolo di sé, ma produsse l'effetto esattamente opposto.
“Lasciami stare!”
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime di frustrazione, e mentre la sua voce si spezzava, Weasley decise di intervenire.
“Stacey, lasciala in pace!”
Weasley si avvicinò deciso alle due ragazze, e Stacey sentì la sua mano calda posarsi decisa sulla sua, aprendo con facilità la presa con cui lei teneva intrappolata Alhena.
Alhena scattò come una molla: balzò all'indietro, e la sua mano, finalmente libera, disegnò un'ampia traiettoria nel cielo scuro, cercando di allontanarsi il più possibile da Stacey.
La sua folle corsa si concluse, con un secco e inquietante crack, contro il naso di Weasley.
“Oh, merda!”
L'esclamazione di Stacey e Alhena arrivò, armoniosa, nello stesso istante.
Stacey era inorridita.
No, no, no, il suo piano non poteva concludersi così.
Merda!
Perché, perché quell'idiota di Weasley aveva delle ossa fatte di carta velina? Perché doveva arretrare, gemendo, le mani sporche di sangue?
Stacey era morta.
Morta.
Alhena l'avrebbe uccisa con le sue deliziose manine.

“Scusami! Scusa, Charlie, scusami!”
Stacey rimase immobile, osservando Alhena danzare attorno a Weasley, torcendosi le mani. Oh, be', Weasley stava perdendo un bel po' di sangue, ma il suo naso era lungo e diritto esattamente come una manciata di minuti prima.
Insomma, non era successo niente di grave.
Forse.
Weasley, premendosi l'inutile fazzolettino che Alhena gli aveva prestato contro il naso sanguinante, si limitò a scuotere le spalle con noncuranza.
“Dod hai fatto abbosta. Dod è niedde di grabe.”
Stacey, ansiosa, si guardò attorno: gli spalti erano vuoti. Per fortuna quell'Oliver se n'era andato assieme al resto della squadra, oppure, ne era certa, si sarebbe svegliata nel cuore della notte giusto in tempo per vedere le manine di quel bimbetto fanatico stringersi attorno al suo collo.
Cazzo, Ulmus l'avrebbe uccisa, quando avesse scoperto che aveva davvero attentato alla salute del suo Cercatore.
Stacey tornò a guardare Alhena e Weasley, che ora se ne stavano in un angolo, illuminati dalla punta della bacchetta di Alhena, senza degnarla nemmeno di uno sguardo.
“Scusami!”
Anche attraverso il sangue, Weasley sorrise.
“Siabo bari. Io di ho fadda moddere da Sushine, tu bi hai roddo il daso.”
Alhena si avvicinò un po' di più, scostando il fazzoletto intriso di sangue dal viso di Weasley, e scrutandolo con aria preoccupata.
“Rotto? Oh, cazzo! Sicuro? Ti fa tanto male?”
Weasley fece una mezza risata, che si trasformò presto in una smorfia.
“Quaddo Fred mi ha faddo cadere dall'abbero l'ho roddo, e bi ha faddo moldo biù bale di così. Dod credo sia niedde di grabe.”
Alhena osservò a lungo la sua bacchetta e poi il naso di Weasley, e sembrava quasi sul punto di fare un incantesimo – Priscilla ce ne scampi! – quando chinò la testa di lato, e disse:
“Forse è meglio se andiamo in Infermeria.”
Weasley annuì piano, e poi i suoi occhi, anche nella fioca luce delle torce, si accesero di un brillìo malizioso.
“Se ci addiabo voladdo, facciamo brima.”
Alhena, se possibile, impallidì ancora di più.
“No, Charlie, ascolta, se vuoi corro a chiamare Madama Chips, ma non posso volare. Non posso, capito?”
Ma Charlie aveva già inforcato la sua scopa, improvvisamente dimentico del naso sanguinante, e sembrava scalpitare dalla voglia di sollevarsi in volo.
“Buoi, ivvece. Di bromeddo che non mi solleverò mai di biù di un betro da terra. Fidadi.”
Stacey era certa che Alhena sarebbe fuggita in preda ad un'altra crisi isterica, invece rimase immobile a fissare il sorriso sereno di Weasley. Lo fissò così a lungo che Stacey fu sul punto di intervenire, temendo che lo shock le avesse messo fuori fase le poche rotelle sane che le restavano, e temendo, soprattutto, che il povero Weasley – che tanto male non era, dopotutto – potesse crollare a terra dissanguato.
E poi, oh somma Circe, protettrice dei folli per amore, Alhena, tremando, annuì, e si avvicinò con passo deciso alla scopa di Weasley.
“Dove... dove mi devo mettere?”
Weasley le fece cenno di accomodarsi davanti a lui, reprimendo a stento un sorriso soddisfatto.
Alhena sfiorò esitante il legno del manico di scopa, e poi, pallida come la bella Helena, sussurrò:
“Non ci regge, in due.”
“Non dire scebenze. Du besi come un gaddino bagnato. Salda su.”
Saggio, saggio Weasley.
Perché Alhena, che stava tremando come una fogliolina di Mandragola, sollevò la sua gambetta elegante, e si sedette, probabilmente per la prima volta in quindici anni, su un manico di scopa.
Disinvolto come uno Snaso in una Camera Blindata della Gringott, Weasley si chinò in avanti, circondò saldamente la vita di Alhena con un braccio, e impugnò il manico di scopa.
“Sdai dranguilla, di dengo io.”
E, strappando un urletto spaventato ad Alhena, Weasley si sollevò in volo.
“Cazzo!”
Alhena chiuse gli occhi, affondò le unghie della mano sinistra nel braccio di Charlie, e iniziò a sciorinare una lunga cantilena di improperi che avrebbe fatto impallidire anche i migliori clienti di Aberforth.
Charlie, però, fu di parola: volò senza mai allontanarsi dal suolo più di una manciata di centimetri; volò veloce, ma senza mai allentare la presa attorno alla vita di Alhena; volò senza più pensare al sordo dolore al naso, né allo spiacevole rivolo caldo che gli inzuppava il viso. Volò sorridendo appena, godendo dell'aria gelida fra i capelli, di quel brivido nello stomaco che lo faceva sentire vivo.
***

Madama Chips aveva appena terminato di somministrare con millimetrica precisione un misurino e tre quarti di Pozione Corroborante a due minuscoli Nati Babbani del primo anno: era incredibile con quanta facilità i ragazzini che non avevano mai avuto contatto col mondo magico si ammalassero, durante il loro primo anno a Hogwarts.
La più piccola dei due, poi, aveva quasi prosciugato le sue riserve di pazienza, lamentandosi continuamente e rifiutandosi di bere quella pozione. Certo, non si trattava esattamente di succo di zucca, ma al mondo c'era di peggio, di molto peggio!
L'Infermiera si era delicatamente richiusa la porta alle spalle, pronta a gustarsi, finalmente, una meritata tazza di cioccolata scaldata da un dito di Whiskey Incendiario.
Era difficile, avere a che fare con giovani maghi in preda alla sperimentazione.
Quel giorno aveva dovuto affrontare un Incanto della Pastoia mal eseguito, un'intossicazione da Pozione Lisciariccio (e sì che era scritto su tutte le etichette che il prodotto era per solo uso esterno, benedetta Evelyn Keats!), un paio di Fatture Orcovolanti particolarmente potenti, tre ustioni da calderone esploso, un dente saltato da rissa babbana e quello che aveva tutta l'aria di essere un mal di testa da vino elfico.
Per Asclepio, ci voleva pazienza, per fare il suo lavoro.
“Madama Chips?”
La vocina di quella ragazzina lagnosa fece sobbalzare l'Infermiera, mandando in frantumi la sua tazza preferita, quella con i decori a zampa d'Ippogrifo.
Se il problema era ancora la luce delle torce che si rifletteva sul vetro delle finestre, l'Infermiera giurò che avrebbe presentato le sue dimissioni al Preside prima ancora di avere il tempo di dire Poppy.
“Che cosa c'è?”, domandò la donna, spalancando con uno sbuffo stizzito la porta del suo ufficio.
La ragazzina con la frangetta scura e il pigiama decorato di stelle si era alzata dal suo letto, e indicava con aria imbronciata la porta dell'infermeria.
“Qualcuno ha bisogno di lei.”
Oh, per tutti i centauri.
Sulla soglia dell'infermeria c'era un ragazzo che l'Infermiera aveva imparato a conoscere bene: non passava mese senza che Charles Weasley finisse, per un motivo o per un altro, sotto la sua bacchetta.
Non lo avrebbe mai ammesso, per non dare adito a sgradevoli favoritismi, ma la verità era che Poppy provava una certa simpatia per quel ragazzo dal sorriso aperto: certo, gli incidenti in cui si trovava coinvolto implicavano spiegazioni talvolta bislacche e spesso lacunose, ma non era mai successo che trascinasse altre persone nelle sue disavventure.
Non fu dunque la vista della sua divisa da Quidditch e del suo viso coperto di sangue, a turbare Poppy: conosceva per nome ogni giocatore di Quidditch della scuola, e ospitava uno di loro almeno una volta alla settimana.
Quello che lasciò di stucco l'Infermiera, infatti, era il fagotto che Weasley portava fra le braccia: una ragazza priva di sensi.
“Bi sa che è borda di baura, Badaba Chips...”



 
***





Note:
Dunque, se ben ricordo, Oliver Baston dovrebbe essere un compagno di Dormitorio di Percy. Non so, ma io da piccino lo immagino come la versione fanatica del Quidditch di Colin Canon, mascotte della squadra, presente ad ogni allenamento.
Questa storia mi sembra sempre più stupida, e comincio a credere che pubblicarla non abbia avuto granché senso, ma considerando che ormai devo solo sistemare l'epilogo e poi é tutto pronto, credo ve la propinerò fino in fondo.
   
 
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