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Autore: Fiamma Drakon    20/07/2009    1 recensioni
Strane chiamate senza risposta ed ombre evanescenti sono alcuni degli strani avvenimenti che turbano il quieto scorrere dell'esistenza di Pride, che si ritroverà alle prese con le sue prime "cotte adolescenziali" e a confronto con qualcosa che supera anche le capacità degli Homunculus...
[dedicata a valerya90 e _Titti_]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8_Il Luogo del Silenzio Malice si voltò verso Pride, disteso sul suo letto, arpionato alla coperta, mentre osservava il soffitto.
Sospirò.
- Pride, devi star calmo... -
- Io sono calmo... -
- Ooooh, lo vedo... -.
Aveva passato tutta la giornata con lui, cercando in ogni modo possibile ed immaginabile di togliergli dal cervello quella dannatissima ombra, ma era tutto inutile: ogni tanto, non sapeva bene né dove né quanto frequentemente, l’ombra riappariva e Pride andava di nuovo in paranoia.
Inutile.
- Almeno cerca di dormire... okay?? -.
Il biondo sospirò.
- Okay... -.
Lei gli si avvicinò un’ultima volta e gli posò un casto bacio sulla fronte.
- Buonanotte -.
- ... ‘notte -.
Uscì dalla stanza, lasciandolo da solo con i suoi pensieri.
Non poteva continuare in quel modo: ogni sguardo di quell’ombra era come una pugnalata al cuore, una orribile, dilaniante, profonda ferita che si rinnovava continuamente e sempre più dolorosamente.
Insopportabile.
Eppure lui, l’Orgoglio, poteva lasciarsi sopraffare da un tale senso d’impotenza?
Era esattamente quel che provava ogni volta che la vedeva: impotenza.
Frustrante, irritante impotenza.
Era come se ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano, qualcosa gl’impedisse di utilizzare le proprie capacità, come se divenisse d’un tratto solo un corpo vuoto, privo di forza.
L’unica cosa che poteva fare era guardarla, osservare quelle inquietanti pupille bianche e provare quell’orribile senso di familiarità incoerente.
Sospirò e socchiuse gli occhi, distrutto, desideroso solo di poter dormire, di riuscire a dimenticarsi, anche solo per quelle dolci ore notturne, tutto ciò che riguardava quell’ombra.
Dimenticarsela per sempre, come se non l’avesse mai vista.
Sarebbe stato bellissimo...
Un luogo vuoto, buio, lugubre.
Un luogo di morte.
Un luogo di silenzio.
Quello era il luogo del silenzio, il silenzio tetro e sinistro che accompagnava l’oblio eterno.
Ne era certo, non sapeva come né perché né come, ma lo sapeva.
Intorno a lui, il niente, solo terreno, duro, insensibile.
Nell’aria gravava un’opprimente atmosfera di morte, un’atmosfera così pesante che fu come essere soffocato nonostante l’aria avesse libero accesso ai polmoni.
Era terribile.
Refoli sinistri presero a spirare, sollevando alcuni ciuffi dei suoi capelli.
Fruscii terribilmente freddi e lugubri.
Dalle tenebre dinanzi a lui, apparve una figura perlacea, effimera, che prese sempre più consistenza, fino a divenire l’ombra che tormentava ogni sua azione da quel fatale primo sguardo.
L’ombra che stava osservando, tuttavia, era più “umana”, somigliava incredibilmente ad un ragazzo, un essere umano.
Somigliava terribilmente a lui.
Pride si avvicinò ad esso, senza riflettere, senza possibilità di scampo, come se il suo corpo non fosse più padrone delle sue azioni, bensì soggetto al volere di un altro.
E quell’ombra, quell’essere a metà tra un fantasma e un essere umano, rideva.
Una risatina sottile che trasudava malignità pura.
Incurvato, la testa leggermente incassata nel torace, ghignava, facendo vibrare le spalle.
E Pride gli camminava incontro, inconsciamente.
Quando furono l’uno dinanzi all’altro, la mano dell’Homunculus si mosse, lenta, verso l’ombra, sfiorando tuttavia la liscia parete di uno specchio che gli rimandava l’immagine di un se stesso sconosciuto dall’aria familiare.
Incredibilmente, orribilmente familiare...
Si svegliò, gli occhi fissi sul soffitto.
La porta in quell’istante cigolò e da essa apparve quell’ombra umana.
Entrò tranquilla, scivolando macabra nella stanza, volgendosi poi d’improvviso verso di lui, osservandolo dall’alto in basso, ghignante.
Con un repentino scatto, gli fu sul viso, le pupille bianche fisse nelle sue.
Sul suo viso s’allargò un ghigno folle, depravato, mentre nei suoi occhi sì accendeva una luce rosso sangue che trasformò anche il suo sguardo in un qualcosa di assolutamente riprovevole e perverso.
- Presto... saremo di nuovo insieme... - sussurrò.
Quel sussurro, che pareva molto più simile ad una minaccia, gli gelò letteralmente il sangue nelle vene, facendogli risalire lungo la spina dorsale ondate di brividi.
- Presto... - ripeté.
- PRIDE!!! -.
L’Homunculus si risvegliò dall’incubo per trovarsi ad osservare le profondità più recondite delle iridi viola di Malice, distesa su di lui, il viso a pochissimi centimetri dal suo, in stato di totale panico.
- Pride! O grazie al cielo ti sei svegliato! Mi hai fatta preoccupare! - esclamò, mettendosi seduta sul letto, sospirando, sollevata.
Ma nella mente di Pride, una cosa sola era presente, un solo pensiero, un solo assillo che gli premeva dentro con forza, opprimendolo.
Presto... saremo di nuovo insieme.
Ed era ciò che lo assillava a trasformare quella minaccia in tragica, orripilante realtà.
   
 
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