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Autore: alga francoise14    11/03/2019    13 recensioni
Perché ogni anima, anche la più nobile, nasconde un lato oscuro...
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’ultimo bacio
 
Alla debole luce del nuovo giorno, Parigi iniziava a svegliarsi. Era un rigido mattino di fine febbraio e un cielo plumbeo incombeva sulla città, eppure dalle botteghe ancora immerse nella foschia si levavano i suoni più disparati, dal battere energico dei fabbri e dei maniscalchi, al vociare allegro delle lavandaie pronte a uscire con le loro ceste ricolme di panni, mentre sulla strada riecheggiavano i richiami degli ambulanti e di qualche strillone, a spezzare il monotono cigolio delle ruote sul selciato e lo scalpiccio cadenzato dei cavalli.
Indifferente a quel brulicare operoso, Oscar continuava a procedere in sella a César lungo l’animata Rue Sainte Marguerite, con lo sguardo puntato in avanti e il cuore denso di angoscia, nonostante fosse ormai vicina  a riabbracciare l’unica persona il cui pensiero, in quei giorni, le aveva impedito di commettere una pazzia. La sera precedente, infatti, a due settimane esatte  dal fastoso ricevimento che aveva ufficializzato il suo fidanzamento con Victor e fissato le nozze per la prima domenica di maggio, suo padre le aveva finalmente consegnato il sospirato lasciapassare per incontrare André, detenuto da quasi tre mesi nella Prigione Militare dell’Abbazia[1].
Quella prima concessione, nelle intenzioni del Generale, doveva essere un segnale di distensione, un tentativo di riavvicinarsi alla figlia dopo averla – lui credeva– piegata, tuttavia non aveva minimamente intaccato il vivo rancore che Oscar provava nei suoi confronti, un rancore che in diverse occasioni, peraltro, era stata incapace di dissimulare, in barba ai consigli di Jean e agli inviti alla prudenza da parte di Marguerite.
Ciò nonostante, il Generale aveva tenuto fede ai patti, pur rammentandole con feroce chiarezza che qualsiasi colpo di testa, qualsiasi opposizione, avrebbero annullato il loro accordo e che di conseguenza André sarebbe stato deferito alla Corte Marziale con l’accusa di alto tradimento. In tal caso, nella migliore delle ipotesi avrebbe trascorso il resto della sua vita in una cella, oppure… 
Un brivido le percorse la schiena. D’istinto la donna si strinse nel mantello e abbassò la testa, cercando di distogliere la mente dagli scenari più cupi evocati dalle parole paterne. Doveva restare lucida senza lasciarsi andare al pessimismo, si disse, in fondo stava andando tutto secondo i piani: poteva contare sull’appoggio di Victor e presto il Generale avrebbe predisposto la traduzione di André in un luogo più confortevole di quella tetra e umida prigione, dove lo avrebbe tenuto recluso sino alla celebrazione delle nozze… questo però solo in teoria, puntualizzò tra sé con una punta di compiacimento. Infatti, grazie all’informatore reclutato da Victor tra le guardie dell’Abbazia, da qualche giorno conosceva ormai data, modalità e destinazione del  trasferimento e avrebbe dunque tentato di liberare André lungo il tragitto, tendendo un’imboscata all’esigua scorta incaricata di vigilare sul suo spostamento.
 L’impresa non era certo semplice né scevra di rischi, ma non sarebbe stata sola: ancora una volta il Maggiore Girodelle si era dimostrato un amico prezioso e devoto, offrendosi di affiancarla con la spada in mano.
A quella considerazione, le sfuggì un sospiro. Senza dubbio, il sostegno di Victor si era rivelato una fortuna, ma essere stata schietta con lui sin dall’inizio poteva davvero bastare alla sua coscienza? In fin dei conti, si stava comportando proprio come Jean le aveva suggerito, approfittando dell’amore incondizionato e sincero di un uomo per raggiungere i suoi scopi…
 In quel momento le campane di Saint-Germain-des- Prés suonarono la terza[2]. Riscuotendosi di colpo, Oscar tornò a guardare in avanti, verso la piazza che si apriva sulla sinistra in fondo alla via, scorgendo così, in lontananza, una delle torrette dell’Abbazia che si stagliava tozza e ostile nella livida caligine del mattino.
Il suo volto s’indurì. André era rinchiuso lì, in quell’edificio orribile… era una velleità continuare a farsi degli scrupoli morali. Con decisione pertanto spronò César e percorse l’ultimo tratto di strada che la separava dalla prigione.
 
L’Abbazia era una massiccia costruzione quadrata a tre piani, fiancheggiata ai quattro angoli da altrettante torrette di avvistamento, che si ergeva in Place Sainte-Marguerite, nel quartiere di Saint Germain[3]. Dopo aver fatto anticamente parte del monastero attiguo, da più di un secolo era ormai adibita a carcere militare e le sue celle sporche e umide non godevano purtroppo di buona fama, motivo per cui Oscar, osservando inquieta le fitte grate alle finestre della facciata principale, non poté fare a meno di chiedersi in quali condizioni avrebbe trovato André.  Tra l’altro, poco prima del suo fidanzamento ufficiale con Victor, il Generale  le aveva accennato qualcosa in merito a una presunta, grave malattia che aveva colpito il giovane durante la detenzione. Magari era una  menzogna bella e buona o per lo meno un’esagerazione, per far leva sulle sue preoccupazioni e assicurarsi così che continuasse a comportarsi come le era stato imposto… questo almeno si era ripetuta nei giorni passati, per non lasciarsi sopraffare dallo sconforto. Ad avvalorare questa ipotesi, c’era il fatto che l’informatore di Victor, interpellato in proposito, non aveva confermato alcunché; tuttavia l’uomo aveva ripreso servizio soltanto da pochi giorni dopo un periodo di congedo, di conseguenza  le notizie in suo possesso sulla salute di André potevano essere incomplete.
 “Chi va là?”
La voce stentorea del piantone alla garitta la riportò bruscamente al presente. Con passo sicuro Oscar si avvicinò  alla guardiola e porse al soldato il suo lasciapassare.
“Sono Oscar François de Jarjayes, comandante in congedo della Guardia Reale. Sono qui per incontrare il prigioniero André Grandier”.
Per qualche istante l’uomo guardò dubbioso il foglio accuratamente ripiegato, prima di romperne il sigillo e leggerlo con attenzione. Il risultato della scrupolosa disamina fu l’ingresso del visitatore, che dopo aver affidato il cavallo a un mozzo di stalla e lasciato, come richiesto, spada e pistola in un ufficio, fu condotto nell’ala occupata dalle celle.
Impassibile in volto, ma con il cuore in gola, Oscar si ritrovò così a percorrere un lungo corridoio al seguito della guardia a cui era stata affidata, fino a svoltare in una piccola stanza di disimpegno. All’interno, nonostante la scarsa illuminazione data da una finestrella che si affacciava sulla piazza esterna, le bastò un’occhiata per scorgere alla sua sinistra l’imponente porta blindata sorvegliata da un secondino.
“C’è una visita per il prigioniero, Jacques” comunicava nel frattempo il suo accompagnatore, facendo cenno all’altro di aprire. Il secondino obbedì prontamente, rivelando al di là dell’uscio una stretta scala di pietra che scendeva nell’oscurità.
 “Che cosa significa?” domandò tesa Oscar “Per quale ragione mi avete portato qui?”
“Perché il soldato Grandier è rinchiuso nella cella dabbasso, signore” le rispose il soldato come se avesse appena detto un’ovvietà, aggrottando perplesso la fronte dinanzi al suo volto accigliato.
“Una cella? Vorreste farmi intendere che sarebbe una cella come tutte le altre?” ribatté lei, fulminandolo con uno sguardo.
“Ecco, a dire il vero…”
“Nessuno mi aveva informato di tutto questo… addirittura rinchiuso nelle segrete, neanche fosse un cospiratore o un volgare assassino!” sbottò la donna come un fiume in piena, serrando i pugni in un moto rabbioso “Vorrei capire perché un soldato di Sua Maestà debba attendere il giudizio in un posto del genere, quando fino a prova contraria andrebbe ritenuto ancora innocente!”
“Il soldato Grandier sarà anche innocente, ma dal momento che non si è dimostrato propriamente docile, si è ritenuto opportuno lasciarlo qui sino alla data del processo” intervenne a quel punto il secondino “Ordini superiori, mi dispiace signore. Non dipende da noi”.
 Oscar borbottò qualcosa tra sé, avvicinandosi ai gradini.
“Se volete ancora scendere, questa vi servirà” aggiunse allora  l’uomo, porgendole una fiaccola che lei accettò meccanicamente.
“Da qui in poi posso proseguire da sola?”
“Mi rincresce, ma non è possibile,” replicò la guardia che aveva zittito poco prima, scrutandola di sottecchi come se temesse un nuovo scatto d’ira “Sarà Jacques a condurvi là sotto e a farvi entrare nella cella… comunque, se lo desiderate, potrete restare qualche minuto da solo con il soldato Grandier”.
“Sì, lo vorrei… Vi ringrazio” capitolò rassegnata Oscar, che aveva ormai perso tutta la sua foga nel veder concretizzati i suoi più nefasti timori. Senza dire altro seguì quindi il secondino, cercando di non cedere alla disperazione neanche quando, prendendo come riferimento una minuscola finestra sul corridoio che si apriva in prossimità del soffitto, si rese conto di essere scesa ad almeno trenta piedi[4] di profondità. Tuttavia,  non poté fare a meno di inorridire nel momento in cui il suo accompagnatore si fermò davanti alle celle: al di là delle grate, infatti, le volte erano così basse che un uomo di altezza media non  avrebbe mai potuto stare in piedi senza piegarsi su se stesso; i muri inoltre erano neri e scrostati e, nonostante il pesante mantello di feltro, il freddo umido di quel luogo le era penetrato sino alle ossa. Quale mente crudele aveva mai potuto progettare una simile mostruosità?
“Grandier! Hai visite” annunciava intanto il secondino, girando rumorosamente la chiave nella toppa.
Nessun suono si levò dalla penombra.
L’uomo spostò la fiaccola in avanti per illuminare la cella, palesando sulla destra un braciere spento e, poco lontano,  un ammasso informe e scuro adagiato su un pagliericcio.
“Credo che stia dormendo, ma potete entrare lo stesso” disse pertanto, tradendo tuttavia un certo disagio nel vedere gli occhi del visitatore velarsi di lacrime “Io… io allora vi lascio soli”.
Oscar, pallidissima, si limitò a un cenno di assenso, restando immobile finché non udì la porta del piano superiore richiudersi pesantemente. Soltanto a quel punto, con la torcia in mano, avanzò lentamente in direzione del prigioniero, rabbrividendo al rumore della suola sul pavimento bagnato dall’umidità. Bagnata era in parte anche la base del pagliericcio, accanto al quale c’era una tazza ancora ricolma di brodo e un pezzo di pane. In preda all’ansia appoggiò la torcia nel braciere e si abbassò un poco verso quel corpo apparentemente esanime, avvolto da una lacera coperta di lana
“André…” sussurrò tremante “André!” quasi gridò subito dopo, scuotendolo leggermente per una spalla.
“Chi… chi è?” farfugliò finalmente una voce impastata, strappandole un sospiro di sollievo.
“André, amore mio… sono io, sono Oscar!” esclamò allora inginocchiandosi accanto al pagliericcio e prendendogli una mano tra le sue.
“Oscar… Oscar, sei davvero tu?” balbettò il giovane mentre apriva faticosamente gli occhi e si girava verso di lei.
Quanto aveva atteso quel momento? Eppure, dinanzi al suo sguardo vacuo Oscar soffocò un gemito: quasi stentava a riconoscere, in quel volto smunto e ispido di barba, i lineamenti gentili del suo André.
“Sì amore, sono io…” bisbigliò pertanto, abbandonandosi a un pianto sommesso “Dio mio, che cosa ti hanno fatto, André, che cosa ti hanno fatto?”
“No, Oscar, non piangere… Sono così felice di vederti…” disse lui con un fil di voce, sforzandosi di sorridere e allungando una mano a sfiorarle il viso “Stavolta non è un sogno, non è un sogno… non me ne andrò senza averti rivista…”
A quelle parole Oscar sgranò gli occhi, rendendosi conto con sgomento che quasi delirava.
“Ma che stai dicendo, André? Tra pochi giorni sarai fuori da qui, te lo assicuro, non andrai da nessuna parte senza di me!”
“No Oscar…  No… è un posto in cui non puoi accompagnarmi… ” ribatté l’uomo, provando debolmente a mettersi seduto.
“No, no, resta giù, non ti stancare!” lo fermò lei, costringendolo a sdraiarsi di nuovo “Andrà tutto bene, hai capito André?” aggiunse più dolcemente, scansandogli una ciocca di capelli dalla fronte “Tra meno di una settimana, tu…”
Suo malgrado s’interruppe, impietrita.  “Dio mio, quanto sei caldo…”
“Era a questo che mi riferivo, Oscar…” pronunciò mestamente André   “I miei compagni di cella, quelli con cui ho condiviso il freddo e gli stenti, avevano i miei stessi sintomi… e sono morti uno a uno nel giro di poche settimane. Ora… ora credo che tocchi a me”.
“Non dire sciocchezze! Tu non morirai!” proruppe Oscar.
“Oscar…” provò a replicare lui.
 “Da quando stai così?” gli domandò imperterrita.
“Non lo so… due settimane, forse tre” rispose André con fatica  “Riesco a malapena a distinguere la notte dal giorno… mi sembra di essere qui da un’eternità”.
Un’espressione dolente si dipinse sul volto di lei. “Se penso che sei qui solo a causa mia, io… io” gemette affranta, torcendo le mani.
“Ma che stai dicendo, Oscar?” fece lui sforzandosi di dare un senso alle sue parole.
“E’ stato mio padre a farti imprigionare…” gli rivelò nervosamente “Lui ha capito quello che c’è tra noi… e per piegarmi alla sua volontà, ha pensato di colpirmi dove sapeva mi avrebbe fatto più male!”
A quelle parole, lo sguardo spento di André si rianimò per un momento.
“Adesso è chiaro… È difficile credere che tuo padre possa essere giunto a tanto, ma a questo punto mi viene da pensare che sia solo perché intende farti sposare Girodelle, che ancora respiro”.
“André, mi dispiace così tanto… “
“No Oscar, non voglio sentirti parlare così… conoscevo i rischi che avrei corso amandoti e se il prezzo di ogni minuto passato con te è questa cella, sarei disposto a pagarlo mille volte”.
Oscar sentì il cuore lacerarsi nel petto e ringraziando l’oscurità che le nascondeva in parte il volto, si asciugò frettolosamente le lacrime. Avrebbe voluto raccontare tutto ad André, dirgli quali erano state le reali motivazioni che avevano spinto suo padre ad agire in maniera tanto meschina; dirgli di quel fratello che aveva stravolto la loro vita e che in quei tre mesi era divenuto una presenza sempre più assidua a Palazzo, che sembrava leggerle dentro e non si dava pena di nasconderlo. Era certa che quella capacità di giudizio che tante volte André aveva dimostrato di possedere, l’avrebbe aiutata a capire di Jean ciò che le sfuggiva, decifrandone indole e intenzioni…  ma tacque. Tacque perché in quel momento André era fragile e non poteva instillargli nuovi motivi di ansia e preoccupazione.
 “Mia nonna come sta?” domandò in quel momento il giovane con voce atona, distogliendola bruscamente dai suoi pensieri.
“Sta… sta bene” si affrettò a rispondere, senza riuscire a dissimulare del tutto il suo disagio.
“Le hai detto…”
“No… no, stai tranquillo” lo rassicurò “Crede che tu sia stato trasferito alla guarnigione di stanza a Lione. Almeno su questo… mio padre ha avuto un barlume di umanità e ha avallato il mio racconto”
“Se sapesse… ne morirebbe…” constatò lugubremente André.
“Ma non lo saprà e a te non accadrà niente…ti tirerò fuori di qui…”
La replica di André non fu tuttavia quella che si sarebbe aspettata.
“No” ribatté infatti con lapidaria fermezza, nonostante l’affanno che gli spezzava il respiro.  
“Ma che diamine stai dicendo, André?”
Per tutta risposta l’uomo puntò i gomiti e seppur con qualche difficoltà riuscì a mettersi seduto, reclinando la schiena all’indietro per cercare l’appoggio sicuro del muro.
“Sono troppo debole Oscar, non credo che riuscirò a resistere a lungo…” ansimò “So che non vuoi sentirtelo dire, ma non credo di avere molte probabilità di poter uscire da qui sulle mie gambe… e non voglio… non voglio che tu faccia qualche sciocchezza a causa mia… non voglio che tu ti senta costretta a...”
 “Non mi sento costretta a fare niente, André!”
“E allora spiegami… se tuo padre mi ha rinchiuso qui per obbligarti ad accettare il matrimonio con il Maggiore, perché ora ti ha concesso di vedermi? Che cosa hai fatto O…” Un violento colpo di tosse lo scosse con forza, interrompendo le sue parole.
“Calmati, non ti agitare!” si allarmò lei “ Io gli ho solo promesso che sposerò Victor, ma non avverrà mai, te lo giuro!”
“E lui… lui si sarebbe fidato della tua parola?” domandò scettico André dopo aver ripreso fiato.
“Si fida di Victor ma non sa che ci sta aiutando…”
“Aiutando?” ripeté lui  pungente “Victor de Girodelle starebbe aiutando me, Oscar?”
“Sì André, gli ho detto tutto e che tu ci creda o meno, è quello che sta facendo” replicò la donna puntando le iridi chiare in quelle cupe di lui“Di più non posso dirti qua dentro… ma ti prego, fidati di me”.
Un’ombra di tristezza passò negli occhi del giovane, mentre le sfiorava delicatamente il viso con una carezza.
“Io… io mi fido di te, amore mio… ma non di chi ti sta intorno”
“Io non ho dubbi sulla lealtà di Girodelle, André e tra una settimana ti faremo uscire” disse lei in un sussurro, tendendo le orecchie per assicurarsi che il secondino non stesse scendendo proprio in quel momento “Ti chiedo solo di resistere ancora qualche giorno… per me”.
“Ci proverò…” ironizzò allora André e per un istante un guizzo impertinente tornò ad accendere il suo sguardo dell’antica vivacità.
Sono questi gli occhi che conosco, esultò tra sé Oscar di fronte a quegli occhi verdi che brillavano nell’oscurità e d’impulso cercò le sue labbra.
“Oscar, no... “ protestò spiazzato André, provando a scostarsi imbarazzato dalle sue misere condizioni .
“E perché mai… Cosa vuoi che m’importi se non profumi esattamente di lavanda!” lo canzonò dolcemente lei con un sorriso.
Sorrise a sua volta, André, ed accolse le sua bocca  con un impeto che per un momento soverchiò il malessere e la ragione, prendendole il  viso tra le mani e baciandola con veemenza, quasi con disperazione, al pensiero che quello sarebbe potuto essere il loro ultimo bacio.
“Ora vai” le ingiunse quindi rauco, staccandosi da lei “E ti prego… non voltarti indietro” aggiunse con voce angosciata.
Troppo forte, infatti, era il dolore di lasciarla andare sapendo che avrebbe potuto non vederla mai più; e se lei si fosse girata anche solo per un momento, sentiva che non sarebbe più riuscito a trattenersi e non voleva che l’ultimo ricordo che Oscar serbasse di lui fosse il suo viso rigato di lacrime.
“Sì… ma tu..”
“Lo farò… resisterò per te”.
Rincuorata, Oscar gli lambì la fronte con le labbra…poi si alzò e uscì dalla cella senza cercare i suoi occhi, come gli aveva promesso.
Nel silenzio del seminterrato, il rumore dei suoi passi riecheggiò sulle scale, facendosi via via sempre più lontano… soltanto però quando ebbe udito il cigolio dei cardini e il rimbombo della porta che si richiudeva, André cedette e  si lasciò andare ad una smorfia dolente, mentre il suo corpo tremava di nuovo, squassato dalla tosse.
Sfinito, infine, da quel feroce addio, chiuse gli occhi e si lasciò cadere sul pagliericcio, cercando di non pensare al sapore ferrigno del sangue che sentiva nella bocca.
“Sì, vai amore mio, e vivi… vivi come il tuo cuore ti suggerisce… anche senza di me”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] La prigione de l'Abbaye (nota a noi fans di Lady Oscar per l’imprigionamento dei Soldati della Guardia, episodio peraltro storicamente avvenuto) fu una prigione di Parigi in uso dal 1522 al 1854, facente anticamente parte dell’Abbazia di Saint- Germain de Prés. L’edificio finale fu realizzato nel 1631 dall’architetto Christophe Garmard e adibito quindi  a prigione militare. Per la descrizione e la topografia ci siamo attenute alle informazioni  e alle illustrazioni di santo Wikipedia francese (!) e a due  preziosissimi siti, uno all’indirizzo  https://prisons-cherche-midi-mauzac.com/des-prisons/l%E2%80%99abbaye-maison-d%E2%80%99arret-et-de-discipline-militaire-a-saint-germain-des-pres-211 l’altro su http://www.cosmovisions.com/monuParisPrisonAbbaye.htm
[2] Nella tradizione cattolica, corrispondeva alle nove del mattino.
[3]La prigione, oggi non più esistente, si trovava all’estremità sud-orientale del recinto del monastero; la parete sud confinava con Rue Sainte-Marguerite, oggi Rue Gozlin, mentre la parete est formava uno dei lati di Place Sainte-Marguerite. Il sito della costruzione è occupato oggi dal boulevard Saint Germain.
[4] Circa nove metri
   
 
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