Capitolo 2
* L’inizio
è nella sua fine *
Era sospesa nel
Nulla infinito.
Nero, oscuro e
senza fine. Non aveva né sopra né sotto,
né
tempo né spazio; non aveva nulla.
Galleggiava
senza peso, mentre l’unica cosa che aveva nella
mente era solo… la sua morte.
Sapeva solo
questo, non ricordava niente del perché e del
come, tanto meno per quanto tempo lo fosse; potevano essere da due
secondi
oppure per secoli, non lo sapeva.
L’unica
certezza che aveva era che fosse morta.
Oppure no? Ora
che ci pensava non sapeva neanche quello.
Ma allora dove
era? Cosa era successo?
Quando si fece
queste domande, qualcosa dentro di lei si
risvegliò. Era successo qualcosa, qualcosa di terribile, ma
non riusciva a
ricordarlo.
Perché
non ricordava?
Cosa le era
capitato?
Sapeva che
doveva fare qualcosa di importante, ma non sapeva
cosa.
Incominciò
a farsi prendere dal panico.
Ma quando si
è morti non si dovrebbe sentire solo la Pace?
Si
guardò intorno, cercando una soluzione, mentre il terrore
e l’ansia la stavano rodendo.
Se non era
morta, allora dove si trovava? Cosa l’ha portata
in quel luogo, se luogo si può definire?
Era importante
ricordarlo, lo sapeva, ma più si sforzava più
la verità le sfuggiva.
Cercò
di muoversi, ma le membra erano pesanti come macigni e
non rispondevano agli ordini del cervello.
Digrignò
i denti, quasi ringhiando, ma nessun suono uscì
dalle labbra.
Strinse i pugni
con forza, mentre con non poca fatica riuscì
a muovere una gamba, poi l’altra. E incominciò,
lentamente, a muoversi.
Poco tempo dopo
(o molto? Il tempo sembrava non avere senso
in quel non luogo), una piccola luce si accese in quel nulla infinito.
Sgranò
gli occhi, mentre incominciò a muoversi più
velocemente, verso quella piccola
lucciola che rimaneva sospesa in quell’abisso.
Una speranza.
Più
si avvicinava, più questa luce incominciò a
prendere
forma, divenendo solida. Quando arrivò nelle vicinanze,
avanti a lei
galleggiava una grande rosa fatta di piccoli soli dorati, che pulsavano
leggermente, battendo come cuori.
Rimase a
guardare, incantata, quel prodigio, per poi
allungare con timore la mano, sentendo di dover toccare quel fiore
lucente,
quell’anomalia al centro di un immensità di cui
non si comprendeva né il
principio né la fine.
Appena
sfiorò un petalo, la rosa aumentò la sua
luminosità e
una voce, dolce e potente al tempo stesso, le arrivò alle
orecchie come un
canto “Vedi la luce in mezzo alle
tenebre, figlia della luna che illumina la notte.
Ricorda,
piccola Rosa, ricorda chi sei e
troverai la tua forza. Ritrova ciò che ti è stato
preso e combatti per la vita.
Ritrovati,
figlia mia, ritrova te stessa e il mondo sarà salvato.
Non
dimenticare mai chi eri e che cosa hai
portato!
La chiave
della verità è in te racchiusa,
ritrova
le memorie e la guerra potrà essere
conclusa !”
Chiuse gli
occhi, facendosi inondare da quel bagliore, caldo
e avvolgente, mentre quel piccolo miracolo scoppiò, luminoso
come una stella.
La luce
aumentò, inondando di colori il nulla attorno,
prendendone il posto, distruggendolo quasi con forza, e la
circondò come una
coperta.
Poi si
sentì tirare verso l’alto con uno strattone, e
incominciò ad essere difficile respirare.
Aspetta, ma
prima stava respirando?
Poi, tutto ad un
tratto, ogni cosa scomparì, e il dolore la
percosse per tutto il corpo. Con un gemito, cercò di muovere
una mano, ma si
fermò subito, sentendo come una scarica elettrica che la
scosse per tutto il
braccio.
Prese dei grossi
respiri, ma incominciò subito a tossire,
sentendo i polmoni andare in fiamme. Quando l’attacco
scemò lentamente, cercò
di respirare più lentamente, mentre, pian piano,
provò ad aprire gli occhi, che
sembravano incollati. Li socchiuse leggermente, richiudendoli con un
ringhio,
sentendoli bruciare dalla luce a cui non era per niente abituata.
Ci
riprovò di nuovo, cercando di sbattere le palpebre,
abituandoli con calma. Un cielo grigio pieno di fumo fu la prima cosa
che
riuscì a vedere, distesa supina sulla terra.
Riprovò a muovere le mani,
sentendo che il dolore era divenuto più sopportabile e,
puntellandosi con
circospezione, cercò di alzarsi a sedere.
Con non poca
fatica riuscì a tirare su il busto, mentre si
asciugò una lacrima di dolore che era scivolata senza che se
ne rendesse conto.
Quando la vista divenne più chiara, si guardò
intorno, cercando di riconoscere
il posto. Ma quello che vide la lasciò basita.
Si trovava al
centro di un enorme cratere ancora fumante,
circondato da creste molto alte e frastagliate, e, per quanto era
profondo, non
riusciva a vedere nient’altro. Si guardò intorno,
cercando la fonte di quella
conca, ma non trovò nulla.
Strano, di
solito una formazione del genere può essersi
creata solo grazie ad un corpo molto grosso che si schianta a terra,
giusto?
Scosse la testa,
mentre riguardò nuovamente la cima di quelle
pareti. Prendendo coraggio si alzò lentamente sulle sue
gambe traballanti, cercando
di rimanere in equilibrio. Barcollò un attimo, sentendo un
peso sulla schiena
che non aveva messo in considerazione. Si guardò indietro,
alzando un
sopracciglio.
“Ali?”
Sussurrò, sentendo la gola in fiamme. Tossì di
nuovo,
talmente forte da farle lacrimare gli occhi di nuovo.
Rimase
interdetta, riprendendo fiato, ma poi, come un flash,
ricordò. Ce le aveva da sempre. Quelle sue fide compagne,
dalle grandi piume
fatte di enormi petali di rosa, di un porpora acceso e bordate di nero
pece. Le
sfiorò con le mani, quasi a scusarsi per non essersi subito
rammentata di
questa conoscenza, per poi passarsele tra i lunghi capelli rossi,
cercando di
districare i nodi creati da quei fili dal colore dell’alba.
Con un
sospirò, aiutata dalle immense appendici che aveva
sulla schiena, si arrampicò sulla parete che circondava il
cratere, cercando di
comprendere un po’ quello che era successo. Quando
arrivò in cima si asciugò il
sangue che fuoriusciva dalle piccole ferite che si era fatta
aggrappandosi alla
pietra, prendendo fiato. Ma quando alzò lo sguardo, il
respiro che stava
facendo le si bloccò in gola.
Distruzione.
Ovunque i suoi
occhi si posavano.
Intere foreste
lacerate, dove ancora gli incendi continuavano
a bruciare, disgregando quel poco che era rimasto. Rovine di una grossa
città,
interamente rasa al suolo, mentre in lontananza si potevano scorgere i
monti,
che facevano da barriera, spezzati, rotti, incredibilmente
disintegrati.
Rimase con gli
occhi sbarrati a guardare quell’orrore, mentre
un odore acre, mischiato con il pulviscolo delle macerie e la cenere
degli
incendi, le arrivò alle narici, bloccandole quasi i polmoni,
facendole
contorcere le viscere.
Rabbrividì,
mentre qualcosa dentro di lei urlava orrore e
disperazione, mentre un coltello invisibile le pugnalò il
cuore, facendolo
sanguinare.
Cosa poteva aver
fatto tutto questo? Nulla di questo mondo
poteva causare una cosa del genere.
Una fitta alla
testa la fece gemere, mentre tutto il corpo
sembrò paralizzarsi. Sembrava che qualcosa le stesse
graffiando dall’interno
del suo cervello. Strinse con forza le tempie, accasciandosi a terra,
mentre tutto
ciò che aveva intorno a se, tutti i suoi sensi,
incominciarono ad affievolirsi,
scomparendo dentro una bolla di oscurità e dolore
lancinante. In mezzo a tutto
il caos riusciva a sentire urla e clangori di battaglia, ma,
soprattutto, un
ruggito che le era vagamente famigliare le fece tremare le membra. Un
verso che,
però, non riusciva a ricollegare in nessun modo, portando
una sensazione di
freddo vuoto nel suo petto.
Non seppe per
quanto tempo si trovò prigioniera di quella
visione dolorosa, ma, come era iniziato, il dolore si
affievolì, poco a poco,
facendola tornare a respirare, mentre tutti i suoi sensi ricominciarono
a
ritornare, riportandola alla realtà.
“Cos’è successo?”
pensò, massaggiandosi le tempie ancora pulsanti.
Le rispose
solamente il rumore delle braci che scoppiavano.
“Dove
sono?” Si disse,
con un sussurro, sentendo un macigno nel petto nel non sapere
perché fosse in
mezzo a quel caos.
Perché
sentiva questa sensazione per un luogo che non
riconosceva?
Un vento leggero
sia alzò tra le case distrutte, ululando
come un animale ferito, portandole il tanfo acre della morte. Si
portò un braccio
avanti alla bocca, trattenendo un conato per l’odore forte.
Sapeva che, se si
fosse incamminata verso l’origine di quel vento, avrebbe
compreso un minimo
cosa fosse successo a quella che sembrava una gloriosa ed enorme
città.
Fece il primo
passo, ed incominciò a muoversi.
Guardando
attentamente dove metteva i piedi, sorpassando i
detriti che trovava in ogni dove, camminò piano, riabituando
le membra a quel
movimento che sembrava non appartenerle più, mentre le ali
venivano trascinate
come uno strascico, troppo grandi per poterle allargare con ancora la
poca
forza che aveva in corpo.
Scavalcò
un ultimo masso in mezzo a quella che, una volta,
doveva essere una strada e sorpassò l’ultima casa
distrutta. Quasi rischiò di
cadere nello strapiombo che si materializzò avanti a lei, in
quanto, a causa del
vento e dall’ansia, aveva sempre guardato a terra e, dopo
aver riacquistato
l’equilibrio e attaccandosi ad un tronco mezzo bruciato,
alzò lo sguardo
lentamente.
E li,
desiderò ardentemente che in quel cratere la falce nera
si fosse abbattuta su di lei.
Cadde in
ginocchio gemendo, ghiacciata.
Sotto di lei,
oltre il rialzo in cui si trovava, si estendeva
una immensa pianura.
Una pianura
cosparsa di sangue e corpi mutilati. Corpi di
persone come lei. Corpi di esseri come lei.
Grandi e
piccoli, trasformati o no.
Morti.
Distrutti.
Freddi e
inespressivi.
Tutti quanti.
Lasciati a
marcire da chissà quanto tempo, mentre il tanfo
orribile dei cadaveri le inondò le narici, facendola quasi
svenire.
Quasi come un
flash, seppe. Seppe che quelli che ora non
avevano più un briciolo di vita, e ghiacciati nei loro
ultimi momenti di dolore
e angoscia, erano il suo popolo.
Il suo glorioso
e potente popolo.
Lacrime di
sangue caddero dai suoi occhi dorati, mentre tutto
il suo corpo era percorso da spasimi di dolore. Si portò le
braccia all’addome,
stringendosi come a proteggersi, mentre si piegava verso la terra,
senza, però,
riuscire a distogliere lo sguardo da quello spettacolo orribile.
Erano tutti
morti.
Tutti.
Artigliò
la terra, trattenendo a stento un grido che proveniva
dal profondo della sua anima.
Erano la sua
vita e la sua gioia, erano i suoi fratelli, la
sua famiglia. Erano il suo tesoro più prezioso.
Ed ora tutto
quello che rimaneva era solo la morte.
Sentì
uno a uno tutti i legami spezzati e ogni morte fu una
pugnalata al suo cuore, lasciandolo lacerato e distrutto.
Avanti a
sé aveva la certezza che tutto ciò che amava,
tutto
ciò che la rappresentava, non c’era più.
La
rappresentava…
Sgranò,
se fosse possibile, ancora più gli occhi, mentre
portò lo sguardo alle sue mani.
Cosa
rappresentava lei per la sua gente?
La sua gente?
Certo che erano
la sua gente… o forse no.
I suoi occhi
guizzarono, mentre sentì l’arrivo di un attacco
di panico imminente.
Fu in quel
momento che capì la gravità della situazione.
Perché si rese conto solo in quell’istante di una
cosa fondamentale.
“Chi
sono io?” Si chiese, in un sussurro.
La sua mente
spezzata rimase vuota.
E il grido
disperato che aveva bloccato le graffiò la gola,
facendole scoppiare il cuore ormai martoriato.
“CHI
SONO IO?” Urlò più forte, ai quei corpi
e a quella
distruzione, sperando in una qualche risposta. Ciò che
ricevette fu solamente
il silenzio, il silenzio di un mondo scomparso.
Di una
civiltà di cui lei era l’unica rimasta.
L’ultima
di un popolo che lei non ricordava.
L’unica
sopravvissuta di un glorioso regno dimenticato.
“Chi
sono io…” Pianse.
Pianse la
ragazza dalle ali di petali, pianse per quello che
aveva perso…e che non rimembrava.
Pianse, senza
sapere che gli ingranaggi che erano stati
bloccati si erano messi in moto quando riaprì gli occhi alla
vita.
Pianse, senza
rendersi conto di quella stella che, caparbia,
aveva illuminato il cielo coperto dalle nubi di fumo di una distruzione
completa.
Pianse, ma la
sua Storia aveva appena avuto Inizio.
Da quella che sembrò essere la sua Fine.
Il nido del drago di comodo (...sempre troppo comodo)
Saaaalve gente bella!
....
ok... giuro... ho fatto il più veloce che ho potuto!
Ora... non posso promettere nulla... ma forse entro altre tre settimane avremo il prossimo capito.. credo.. spero...
Ok.. non faccio promesse che è meglio.. mi conosco abbastanza bene da dire che probabilmente avrò un altro momento pigrizia ehehehe
Per il resto.. spero che questo capitolo vi sia piaciuto...e che incominciate a capire un pochettino cosa sta succedendo (Spero vivamente di no.. perchè ho tutta l'intenzione di confondervi ancora di più muahahah)
Per il resto..
Ci si sente!!!!
Ir S