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Autore: Ms Mary Santiago    07/04/2019    2 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti della mia long interattiva “The Riot Club”]
I ragazzi hanno terminato la loro esperienza a Ilvermorny e, tra chi si appresta a frequentare l’ultimo anno scolastico e chi invece si ritrova catapultato nel mondo del lavoro, una nuova avventura lunga tutta una vita li aspetta. Riusciranno a gestire la famiglia un po’ come facevano con il Club?
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Joaquin Lockwood & Jackson Riot

 

 


 

 

 

 

 

- Da quanto è che non lo vedi? –

Jackson smise di sorseggiare la sua tazza di caffè e fissò in silenzio Winona per quelli che sembrarono istanti interminabili prima di aprire bocca.

- Sei mesi. –

- Non siete mai stati tanto tempo senza vedervi o anche solo scrivervi -, considerò la ragazza con un tono a metà tra il pensieroso e il triste, - non senti la sua mancanza? –

Certo che la sentiva, ogni giorno da quando si erano visti per l’ultima volta.

- Un po’. –

- Non serve che tu faccia il tipo tutto d’un pezzo con me, Jack. Ci conosciamo da quindici anni, no? Abbiamo imparato praticamente a fare qualsiasi cosa insieme perciò so bene quando ti rifuggi dietro alle tue alte mura e non permetti a nessuno di entrare. –

- Alte mura? –

Ignorò il suo vago accenno di divertimento e insistè: - Esattamente, tiri su delle barriere per proteggerti dall’esterno, ma nel farlo lasci fuori anche le persone che ti vogliono bene. E Joaquin è una di queste, lo sai bene. –

- Tu lo hai visto? –

- Certo che l’ho visto. Siete voi due che vi siete allontanati, tra me e lui è rimasto tutto come sempre. –

- Non è una cosa semplice, Winnie. –

- Nulla è mai semplice nella vita, credi forse che avere un ragazzo che fa avanti e indietro dalla Gran Bretagna e al contempo gestire tutta questa storia della sciamana sia facile per me? Non lo è, ma affronto la situazione e non scappo via. –

Jackson le rivolse un’occhiata piccata.

- Io non sono scappato via. –

- E invece sì, è esattamente quello che hai fatto. Sei scappato perché hai avuto paura di affrontare quello che era già evidente agli occhi di tutti, cioè che Joaquin ti ama. –

- Non sono scappato per via di quello che prova lui -, ammise dopo l’ennesimo lungo momento di silenzio, - ma per quello che provo io. –

L’espressione di Winona si addolcì davanti a quell’ammissione.

- E cosa provi? –

- Non lo so. Sono sempre stato abituato a pensare alla mia vita con voi due al mio fianco, ma non ho mai immaginato come sarebbe potuto evolversi il rapporto al di là della semplice amicizia. Non sono nemmeno mai stato attratto da un ragazzo prima … è strano. –

- Ma sei attratto da lui … perché devi etichettare per forza questa cosa? Lui ti piace e tu piaci a lui, vi volete bene e magari durerà davvero per sempre. Etero, bisessuale, pansessuale o altro … sono solo etichette. Non tutto deve avere per forza un nome. –

- Sembra che da quando stai con Caos tu sia diventata molto più profonda e romantica – scherzò.

- Già -, gli sorrise di rimando intenerita, - decisamente sì. –

- Andrò a parlare con Joaquin – decise poco dopo, lasciando una manciata di banconote sul tavolino del bar e abbracciando l’amica.

- Fammi sapere come va. –

- Puoi contarci. –

 

 

Bussò piano contro la porta dell’ufficio di Joaquin all’interno della Gazzetta Magica di New York. Aveva ignorato gli sguardi curiosi di quell’ammasso di pettegoli fin dal momento in cui aveva messo piede lì dentro ma quando gli venne detto di entrare e si ritrovò nel bel mezzo di quella che aveva tutta l’aria di essere una riunione tra Joaquin e il suo direttore non potè fare a meno di sentirsi tremendamente in imbarazzo.

Le iridi color dell’acquamarina dell’amico si erano sgranate e sembrava aver perso completamente il filo di quello che stava dicendo, d’altro canto il direttore gli era venuto incontro con fare pomposo e gli aveva stretto la mano dicendo che era un piacere immenso conoscerlo di persona.

Incassò il commento con un sorriso di circostanza, consapevole che dallo scandalo di sei mesi prima e dall’arresto di suo padre e di sua sorella per corruzione e coercizione, tutti non facevano altro che chiedersi se e quanto lui, Baron e Desmond fossero coinvolti.

- Joaquin, non mi avevi detto di aspettare visite, se l’avessi saputo avrei finito il mio discorso molto prima. Prego, lord Riot, si accomodi pure. –

Si allontanò con fare cerimonioso, chiudendosi la porta alle spalle non prima di aver annunciato che non li avrebbe fatti disturbare da nessuno e aver lanciato un’occhiata al moro che era un palese invito a chiedergli un’esclusiva.

- Cosa ci fai qui Jackson? –

- Voglio parlarti. –

- Questo era evidente o non saresti stato di certo qui. –

- Posso sedermi? –

Fece spallucce.

- Come vuoi. –

Sedette appoggiando la schiena contro il rigido schienale della poltrona e osservò per qualche istante il volto del suo amico d’infanzia sentendo un sorriso dipingersi involontariamente sulle sue labbra.

Joaquin gli rivolse uno sguardo corrucciato.

- Cosa hai da ridere? –

- Scusa, stavo solo pensando che … -, tacque non sapendo bene come terminare la frase così ripiegò in altro modo, - mi sei mancato moltissimo. –

- Se non ci vediamo da sei mesi non è certo colpa mia. –

Duro, glaciale, come mai era stato quando si era rivolto a lui nel corso di quegli anni.

- Non hai intenzione di rendermi le cose facili e lo capisco -, sospirò, - ma ti chiedo di ascoltarmi. Poi se proprio ne hai voglia potrai cacciarmi a calci fuori dal tuo studio o magari anche picchiarmi, non te lo impedirò. –

- Parla, ti ascolto. –

Prese un respiro profondo e cominciò.

Gli raccontò di quanto avesse sentito la sua mancanza in quei mesi, di quanto si fosse odiato per non aver saputo gestire la situazione, e anche della chiacchierata che aveva avuto quella mattina con Winona.

- Perciò sono giunto a una conclusione -, disse infine alzandosi in piedi e avvicinandoglisi, - e spero di non averci messo troppo tempo a capirlo. –

Joaquin non perse di vista il suo volto nemmeno per un secondo mentre deglutiva con fare d’aspettativa.

- E sarebbe? –

- Credo di essere Joaquin sessuale – ironizzò, avvicinandosi alle sue labbra per catturarle in un lieve contatto.

Il moro rise contro le sue labbra per poi commentare dandogli affettuosamente dell’imbecille; gli afferrò il labbro inferiore tra i denti e mordicchiò gentilmente prima di ricambiare il bacio.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Jacques Lockwood – Riot (nato nel 2033)



Janessa Lockwood – Riot (nata nel 2036)


 

 

 

 

 

Erano passati tre anni da quando avevano adottato Jacques e ora che il piccolo era cresciuto abbastanza da non tenerli più svegli tutta la notte e da permettere loro di abituarsi ai ritmi che un figlio imponeva un’idea aveva preso lentamente forma nella testa di Joaquin.

Così approfittò di un momento in cui Jacques dormiva nel suo lettino e lui e Jackson erano rannicchiati sul divano a guardare un film per allungarsi ad afferrare il telecomando e mettere in pausa il dvd.

- Ehy -, protestò il marito, - quella era la parte migliore. –

- La guardiamo dopo, prima voglio parlarti di una cosa. –

Jackson si voltò verso di lui, incrociando le gambe e fissandolo in attesa facendogli capire che aveva tutta la sua attenzione.

- Jacques ormai cresce a vista d’occhio e so che a lui piacerebbe avere un fratello o una sorella. Perciò ho contattato il Sayre Hospital e mi hanno detto che in effetti un paio di giorni fa una giovane donna ha partorito e non ha voluto riconoscere la figlia sostenendo di non potersi permettere di mantenerla. Perciò mi chiedevo … -

- Sì. –

- Come? –

- Sì, per me va bene, domani andremo a vedere la piccola. –

Joaquin gli saltò letteralmente addosso, sommergendolo di baci e stringendolo a sé come se non volesse più lasciarlo andare.

- Se reagisci così ogni volta potremmo anche non smettere mai di adottare – scherzò Jackson, venendo tacitato da un lungo e passionale bacio.

 

 

Jacques tese le manine verso la piccola.

- Posso prenderla in braccio anche io? –

- Va bene, campione, ma prima siediti sul divano e stai molto attento. La tua sorellina è molto fragile e noi non vogliamo farle del male, vero? –

Il piccolo scosse il capo, poi obbedì ai comandi del padre e attese pazientemente che gli mostrassero come fare per tenerla.

- Come si chiama? –

La coppia si scambiò un’occhiata eloquente, prima di decretare che se voleva poteva essere lui a scegliere il nome della sorellina.

- Mi piace il nome della nonna – disse risoluto, riferendosi alla madre di Joaquin che si chiamava Vanessa, - ma voglio che il suo nome sia anche simile al mio. –

- Che ne dici di Janessa? –

Dopo un attimo di ponderazione Jacques annuì con un sorrisone.

- Sì, mi piace. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Riesci a credere che vadano davvero d’accordo? –

Jackson rise davanti al sincero stupore di Winona nell’assistere alla piccola Janessa che giocava allegramente con la figlia di Esme.

- Eireen è pur sempre anche la figlia di mio zio e io con lui sono sempre andato molto d’accordo. –

- Ah, quindi è il DNA di Desmond che ha prevalso, ora sì che si spiega tutto. –

Risero all’unisono per poi tacitarsi quando le due bambine corsero verso di loro. Janessa s’inerpicò sulle gambe del padre e rivolse un’occhiata incuriosita a entrambi.

- Di che parlate? –

- Cose da grandi. –

- Io sono grande. –

Eireen scosse il capo, contraddicendola. – Ma se hai solo sei anni proprio come me. –

- Sì, ma so già leggere e contare fino a cento – asserì di rimando.

- E questo cosa c’entra? – chiese Winona, sinceramente divertita dal battibecco delle due bambine.

- No no -, intervenne Eireen con l’aria di chi la sapeva lunga, - è un argomento valido. –

- Bambine perché non tornate a giocare di là? –

- No, Jack Jack, di là ci sono i maschi che fanno cose stupide. –

Winona mimò silenziosamente una frase che assomigliava molto a un “eccolo qui il caratterino di sua madre”.

- Allora potreste andare a cercare il gatto – insistè Jackson.

La proposta questa volta accolse il loro consenso, perché entrambe sgambettarono fuori velocemente lasciando nuovamente da soli gli adulti.

- Ti ha davvero chiamato Jack Jack come il topolino di Cenerentola? –

- Già. –

- Farai diventare queste bambine dipendenti dai cartoni animati della Disney. –

- E non solo, anche da quelli della Dreamworks. –

 

 

- Deandre, Jacques e Dorian sono andati in città e non voglio nemmeno osare immaginare cosa stiano facendo in questo momento – sospirò Joaquin mentre rientrava in casa e sistemava la spesa in frigorifero sotto lo sguardo vagamente assente del marito che stava esaminando al contempo degli incartamenti.

- Cosa vuoi che sia. –

- Sono delle bombe ad orologeria, del tutto incontrollabili e inarrestabili, ecco di cosa mi preoccupo. –

- Se la caveranno. –

- Hanno quindici anni, sono totalmente irresponsabili, so già che finiranno con il cacciarsi in un mare di guai e che passeremo l’ultimo giorno di vacanze estive a correre dietro a loro. –

- Se lo sapevi perché li hai lasciati in città da soli? –

- Perché mi hanno dato il tormento fino a quando non ho ceduto … se ci fossi stato anche tu magari le cose sarebbero andate diversamente, signor sergente di ferro. –

Jackson ridacchiò.

- Sei troppo indulgente con loro ed ecco che se ne approfittano. –

- Di cosa ti preoccupi? Se c’è Dorian con loro il massimo che potranno fare è annoiarsi a morte – intervenne Janessa, con un sorrisetto ironico sulle labbra mentre suo cugino Devin annuiva con vigore.

- Nessie ha ragione, sei troppo apprensivo. –

- Paparino? –

Jackson si voltò verso la dodicenne, che lo fissava con gli occhioni sgranati e un’espressione supplichevole sul bel faccino.

- Sì, piccola? –

- Io e Devin possiamo ordinare la pizza per questa sera? –

- Ma se l’hai mangiata anche ieri sera – fece per intervenire Joaquin, ma il marito annuì all’indirizzo della figlia.

- Certo, che pizza volete? –

- Una diavola gigante. –

- Sarà fatto – asserì, per poi notare il divertimento sul volto di Joaquin, - Cosa c’è? –

- Non ero io quello che li viziava? –

Scrollò le spalle.

Del resto cosa si avevano a fare i figli se non li si accontentava quando facevano richieste innocue come quella?

 

 

 

 

   
 
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