Esme
Cavendish & Lord Desmond Alcott Riot
Quando
Esme mise piede fuori dall’aeroporto calcò con
forza i
grandi occhiali da sole all’ultima moda, afferrò
il manico del suo trolley e
procedette spedita verso la vettura che l’attendeva appena
fuori le porte
scorrevoli. Il rumore dei tacchi alti che picchiettavano contro
l’asfalto
bollente finì inevitabilmente con il tradire la sua presenza
alle decine di
fotografi e giornalisti che avevano affollato l’atrio e
l’area antistante nella
speranza di catturare qualche immagine della nuova giovanissima fiamma
del vice
ministro della magia americano.
S’infilò
nella limousine dai vetri oscurati e richiuse lo
sportello ignorando i flash e la voce di un giornalista piuttosto
insistente
che la pregava di concedere loro almeno un sorriso e qualche scatto.
-
Sembrava la passerella di una perfetta diva –
l’accolse
Desmond con l’accenno di un sorriso ironico sulle labbra
prima di chinarsi
verso di lei per baciarla.
-
Ti sei goduto lo show? –
-
Da morire. –
Ridacchiò,
allontanandolo poi leggermente e sfilandosi gli
occhiali da sole per poterlo guardare dritto negli occhi.
-
Queste due settimane in giro per la California sono state
veramente stressanti, non immaginavo che lavorare come stagista per la
madre di
Isabelle sarebbe stato tanto massacrante – ammise, sfilando
le scarpe dai
tacchi vertiginosi e stendendo le gambe su quelle del suo uomo.
-
La moda non vale il sacrificio? –
-
Credo di aver appena deciso che preferisco indossare i capi
di moda piuttosto che crearli e limitarmi a vedere modelle anoressiche
e dai
volti androgini calcare le passerelle con le mie creazioni. –
-
Bene, perché ho in mente un programma che potrebbe tenermi
molto impegnato qui a New York per i prossimi cinque anni e credo che
mi
farebbe comodo avere qualcuno che gestisca le pubbliche relazioni.
–
Corrugò
la fronte, impiegando qualche istante a realizzare ciò
che Desmond le stava dicendo.
Poi
emise un urletto e lo abbracciò di slancio.
-
Dimmi che è come penso, hai accettato di concorrere per le
elezioni come Primo Ministro? –
-
Già, ma per essere tale avrò sicuramente bisogno
di una
perfetta first lady di ferro … ti va di essere la mia?
–
-
E me lo chiedi? Cominceremo a lavorare alla tua campagna non
appena arriviamo a casa. –
Desmond
si chinò a baciarle lentamente il collo, scendendo
verso il basso in una lenta e irresistibile carezza che le fece correre
brividi
per tutto il corpo.
-
Sicura di voler iniziare subito? –
-
Magari possiamo rimandare l’inizio dei preparativi per la
campagna a domani. –
Astrid
le rivolse un’occhiata divertita mentre la sentiva
abbaiare contro una povera disgraziata del catering, sostenendo che non
era
ammissibile una sistemazione di quel genere.
-
Ti rendi conto che da qui a un’ora daranno
l’annuncio degli
esiti delle elezioni e tu stai ancora pasticciando in giro?! –
-
Sì, signorina, le mie scuse. –
-
Non me ne faccio un accidente delle tue scuse, datti una
mossa! –
Jackson
fece capolino dal corridoio, intercettando la bionda e
sorridendo a sua volta.
-
Fammi indovinare, Esme è entrata in modalità
dobermann? –
-
Più o meno -, ammise, - ma ci tiene davvero che sia tutto
perfetto. –
Come
a voler confermare le sue parole l’amica esplose
nuovamente contro il ragazzo del bar.
-
Ti ho chiesto un Martini, non questa cosa imbarazzante! Ma
perché devo sempre fare tutto io?! –
-
Scusami, vado a fermarla prima che uccida qualcuno. –
-
Già, immagino che un omicidio a opera della futura first
lady raffredderebbe un po’ il clima dei festeggiamenti
– sghignazzò prima di
tornare a raggiungere Joaquin su uno dei divanetti in pelle bianca
all’angolo
opposto della sala.
*
-
Come sto? –
Esme
lo osservò dalla testa ai piedi con palese apprezzamento.
-
Benissimo come sempre. –
-
Ne sei sicura? –
Annuì
appena mentre armeggiava con il ferro per acconciare
meglio le sue onde scure.
-
Sì, Dex. Mi dici perché sei così
insicuro questa mattina? –
-
Ecco è solo che … dopotutto si tratta di
incontrare i tuoi
genitori, voglio fare una buona impressione. –
Gli
sorrise intenerita.
-
Ma li hai già incontrati innumerevoli volte, non
è come se
non li conoscessi, e a loro piaci molto. –
-
Già -, replicò sorridendo tirato, - ma mi hanno
conosciuto
come Lord Desmond e non come il futuro marito della loro unica figlia
per cui
immagino saranno molto più esigenti. –
-
Credo che saranno debitamente impressionati dal Primo
Ministro americano, perciò smettila di essere paranoico
– lo rassicurò
nuovamente, alzandosi appena in punta di piedi per baciarlo.
-
Ma se … -
-
Dex, lo so che mio padre è tremendo e che mia madre
è
esigente, ma tutta questa preoccupazione ti rende quasi
irriconoscibile. C’è
forse qualcosa che non sono? –
-
In effetti sì – bofonchiò a mezza bocca.
-
E sarebbe? –
-
Non ho mai incontrato i genitori di nessuna prima d’ora.
–
Francamente
stupita, inclinò il capo di lato e sgranò le
iridi
scure.
-
Sul serio? Eppure hai trentadue anni e so che hai avuto uno
stuolo di donne non indifferente prima di deciderti finalmente ad
aprire gli
occhi e smetterla di guardarmi solo come la compagna di scuola di tuo
nipote. –
-
Ne ho avute molte -, ammise, - ma nessuna contava davvero
per me perciò non ho mai voluto conoscere le loro famiglie o
i loro amici, non
volevo alcun legame perché sapevo già che mi
sarei stancato di loro. –
Esme
gli rivolse un sorriso gigantesco, colpita da quelle
meravigliose parole. Sapeva già che Desmond
l’amava, ma mai avrebbe pensato di
sentirgli dire delle cose simili.
-
Quindi sei sicuro che non ti stancherai mai di me? –
-
Più che sicuro, non potrei mai stancarmi
dell’unica donna
della mia vita. –
Dorian
Riot (nato nel 2032)
Eireen
Riot (nata nel 2036)
-
Mamma, come sto? –
Eireen
fece una piroetta al centro del salone, mettendosi poi
in posa e permettendo ai suoi genitori di ammirare il capolavoro che a
suo
giudizio aveva creato.
Desmond
ridacchiò davanti al compiacimento della piccola
mentre Esme la guardava dalla testa ai piedi sforzandosi di restare
seria e
dare un giudizio accurato.
-
Tesoro devo dire che sei stata veramente molto brava, ma
quelle scarpette non vanno bene con il colore del vestito. –
-
Oh -, la piccola osservò le scarpette marroni che aveva
messo sotto all’abitino e poi chiese titubante, - le metto
nere? –
-
Sì, tesoro, nere sono perfette. –
-
Allora corro a cambiarmi. –
Eireen
voltò loro le spalle e salì i gradini in fretta e
furia
per poi ricomparire una manciata di minuti dopo con indosso le
scarpette nuove.
-
E adesso? –
-
Ora sei perfetta. –
-
Sono bella quanto te, mammina? –
-
Anche di più – le sorrise, abbracciandola e
stringendola a
sé.
-
Secondo me invece la mamma è più bella -,
intervenne Dorian
facendo poi una linguaccia alla sorella, - tu sei solo un piccolo rospo
che
gioca a fare la principessa. –
Eireen
gettò la testa all’indietro con un urlo belluino e
si
lanciò contro il fratello maggiore per poi mordergli la
prima porzione di pelle
che le arrivò a portata di dentini.
-
Toglietemi di torno questo squalo, per carità –
urlò il
ragazzino di nove anni mentre suo padre si avvicinava a loro.
Tappò
il naso alla piccola, che dopo qualche istante spalancò
la boccuccia con fare sorpreso.
-
Eireen cosa ti ho già detto? –
-
Che non posso mordere Dorian ogni volta che dice qualcosa di
stupido – replicò prontamente.
-
Quindi? –
-
Non lo farò più papino, lo giuro. –
Desmond
le accarezzò una guancia con affetto.
-
Va bene, piccoli, adesso andiamo o finiremo con il fare
tardi dai nonni. –
-
Anche loro mordono quando non sono d’accordo con qualcuno -,
sussurrò Esme facendo ridere il marito mentre indossavano i
soprabiti, - forse
Eireen ha ripreso da loro. –