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Autore: alga francoise14    08/04/2019    10 recensioni
Perché ogni anima, anche la più nobile, nasconde un lato oscuro...
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A un passo da te.
 
“Mai abbassare la guardia”.
Era questo il motto che  Augustin de Jarjayes aveva fatto suo sin dall’adolescenza, ritenendo che si adattasse perfettamente alla battaglia come alla vita: entrambe, infatti, erano irte di insidie, celate che fossero da un’ingannevole quiete o semplicemente dietro un sorriso di circostanza. D’altronde, se  in passato aveva pagato a caro prezzo l’ingenuità della gioventù, che lo aveva talvolta indotto a guardare il suo prossimo con fiducia e a rilassarsi a un passo dalla meta, con la maturità aveva imparato che il più amabile dei sorrisi può essere infido quanto una lama affilata e che spesso non basta neanche arrivare in cima per dire di aver scalato la montagna, se al di sotto si apre il precipizio.
Nelle settimane successive all’arresto di André e all’apparente resa di Oscar, pertanto, il Generale aveva mantenuto il suo consueto atteggiamento di vigile diffidenza, nella convinzione che quella figlia che tanto gli somigliava per indole e audacia fosse sconfitta ma non certo doma.
“Avete vinto” gli aveva detto con freddezza, quando di ritorno  dalla sua missione a Libourne[1], l’aveva trovata ad attenderlo nel suo studio; non gli aveva chiesto spiegazioni, né ne aveva  date, ma il suo sguardo… oh, quello sguardo cupo di preoccupazione eppure, al tempo stesso, scintillante di rabbia e di rancore…  Non era lo sguardo di chi si sottomette, di chi è sconfitto e si rassegna… era sguardo di tempesta più eloquente di mille parole.
Consapevole di quanto dovesse ribollire in quel momento il sangue di sua figlia, aveva dunque accolto quella concisa dichiarazione senza aggiungere superflue e oramai inutili accuse, ma si era limitato ad un altrettanto laconico: “Bene”.
Oscar era quindi uscita dalla stanza dopo avergli assicurato che avrebbe agito secondo il suo volere, purché André fosse libero e salvo, ricevendo in cambio la sua parola. Da allora non gli aveva più parlato se non necessario e sempre brevemente, ma ogni sua azione successiva aveva dimostrato la sua intenzione di tener fede a quanto promesso; dal canto suo, anch’egli aveva intenzione di mantenere in tutto e per tutto la parola data e proprio per questo sperava vivamente che lei non stesse bluffando. Non voleva spingersi più in là di dove fosse già arrivato.
In realtà, l’arresto di André era stato più frutto di un impeto che di una decisione calcolata, e a scatenarlo era stato l’impatto emotivo delle prove che si era trovato tra le mani a conferma dei sospetti insinuati da Jean. Era stato infatti lo sdegno per le parole che André rivolgeva a Oscar in una missiva piena di trasporto,  affidata a Gaston[2] senza immaginare che il ragazzo fosse stato scoperto e costretto a tradirlo, ad aver spinto la sua mano su quell’ordine di arresto. Venire a conoscenza della natura sensuale del loro legame e di un’intimità goduta appieno e senza tentennamenti, con totale disprezzo per ogni regola, gerarchia sciale e per la dignità stessa del suo nome, era stato un colpo troppo forte perché potesse contenersi.
Solo in un secondo tempo, quando la rabbia per l’onta subita era sfumata, aveva visto in quella scelta impulsiva un’inaspettata opportunità per piegare la figlia ai suoi voleri.
Certo, doveva ammettere che nel profondo del cuore non era contento di ciò che aveva fatto e per quanto in suo potere aveva cercato di assicurarsi che in prigione André fosse trattato decentemente; qualche settimana dopo,però, gli era stato riferito che il soldato Grandier, reo di aver colpito una guardia con un pugno durante una zuffa in cella, era stato rinchiuso nelle segrete dove, come spesso capitava, si era ammalato.
Quella notizia ovviamente non gli aveva fatto piacere, ma il fine giustifica i mezzi e per Augustin il proprio fine era nobile e giusto: in fondo stava cercando di ristabilire il corretto ordine delle cose, restituendo a Oscar e Jean la vita di cui li aveva scelleratamente privati… quanto ad André Grandier, alla fine lo avrebbe liberato, ma era una pedina troppo preziosa per privarsene anzitempo, considerando che le sue precarie condizioni di salute avrebbero sicuramente dissuaso Oscar dal commettere qualche scelta avventata. Non aveva dubbi, difatti, sul profondo legame che univa sua figlia a quel giovane taciturno e remissivo che aveva accolto in casa quasi trent’anni prima; un legame cementato da un’infanzia e da una giovinezza condivisa, forse anche da una certa affinità di carattere e da una comune educazione, e al quale avrebbe persino guardato con favore se André fosse stato nobile; tuttavia, così non era e pertanto non avrebbe mai permesso che il glorioso sangue dei Jarjayes fosse annacquato da quello di un roturier di oscure origini, né che l’insormontabile differenza di classe tra di loro, esaurita la passione, fosse per la minore delle sue figlie causa di dolore e infelicità.  
Oscar se ne sarebbe fatta una ragione.
Di questo e altro tenore erano dunque i pensieri del Generale, mentre con passo marziale e sguardo fiero percorreva quel pomeriggio i corridoi della reggia; eppure, nonostante la consapevolezza di aver vinto soltanto una battaglia e non la guerra, dinanzi agli auguri e alle felicitazioni che continuavano a piovergli da più parti, gli risultava davvero difficile non lasciarsi andare a un cauto ottimismo. Sebbene in quel periodo avesse disertato Versailles, infatti, a Corte non si era ancora spenta l’eco del sontuoso ricevimento in cui Oscar si era presentata al fianco di Victor de Girodelle, vestita come si confaceva alla sua bellezza e al suo rango; persino il Re, in udienza, si era congratulato pubblicamente con lui e il Cappellano reale si era offerto di celebrare le nozze.
Gongolava in cuor suo, Augustin, e poco importava che il cielo fosse grigio e l’aria ancora fredda: la primavera era vicina e a maggio avrebbe affidato la sua rosa più bella all’unico uomo che reputava degno di lei, un uomo che la amava per quella che era e che di certo l’avrebbe resa felice. A quel punto, trascorso un congruo lasso di tempo, avrebbe potuto finalmente rendere pubblica la sua intenzione di adottare Jean, con buona pace di Louis Armand de Girodelle e delle sue speranze di acquisire il titolo dei Jarjayes, e al contempo avrebbe rivelato a Oscar la verità, nella speranza che, a dispetto delle circostanze che avevano incrociato i loro destini, tra lei e suo fratello potesse instaurarsi un sentimento di reciproco affetto, come in fondo dovrebbe sempre essere quando nelle vene di due persone scorre il medesimo sangue.
Assorto in quelle considerazioni, il Generale salì l’imponente scala marmorea che portava al piano superiore e si diresse verso l’ufficio, occupato da Oscar  fino a tre mesi prima, in cui si era recentemente insediato  il nuovo comandante. Il giovane militare che piantonava la porta dell’anticamera, riconoscendolo, si mise prontamente sull’attenti.
“Buon pomeriggio, Signore” lo apostrofò quindi con deferenza.
“Buon pomeriggio a voi, Blanchard. Il colonnello Girodelle è nel suo ufficio?” domandò distrattamente l’anziano gentiluomo.
“Sissignore, ma ha dato disposizione di non essere disturbato. Non so se…”
“E per quale motivo, di grazia?” fece contrariato Augustin, aggrottando la fronte.
“Ecco…  ha ricevuto ora una visita e…” farfugliò  il soldato, visibilmente imbarazzato.
“E chi mai sarebbe questo misterioso ospite per richiedere tanta riservatezza?”
“Si tratta del Coman…” Resosi conto dell’involontaria gaffe, la guardia s’interruppe, nella vana ricerca di un termine più adeguato “ehm... di vostra figlia, signore” si risolse infine, evitando di impelagarsi ancora di più.
A quelle parole, un sorriso compiaciuto affiorò sulle labbra del Generale. La presenza di Oscar in quell’ufficio sembrava confermargli per l’ennesima volta l’avvicinamento che nelle ultime settimane aveva notato tra lei e Victor de Girodelle; un avvicinamento fatto di sguardi, cenni d’intesa e qualche sorriso, culminato la sera del fidanzamento con il ballo concesso al suo promesso per aprire le danze.
Per un attimo ebbe la tentazione di tornare sui suoi passi per non disturbarli, ma aveva  bisogno di parlare con il futuro genero e il dovere non ammetteva sconti né deroghe .
“La vostra ottemperanza agli ordini vi fa onore, mio caro Blanchard” replicò pertanto con una punta d’ironia “ma ho urgenza di conferire con il Colonnello riguardo al servizio di scorta richiesto per domani e non credo che la presenza di mia figlia costituisca un problema”.
“Volete dunque che vi annunci, signore?” capitolò rassegnato il soldato.
“Non vi preoccupate, faccio da solo…” ribatté serafico il Generale, abbassando la maniglia senza troppi complimenti.
Il giovane Blanchard si scansò con un sospiro, permettendogli così di accedere nell’anticamera. Era questa un’ampia stanza quadrata, un tempo utilizzata come boudoir, il cui sobrio arredamento, costituito da una grande libreria e da alcune sedute imbottite poste vicino al camino, rifletteva il gusto del precedente comandante. Del resto, Oscar non aveva mai amato le chincaglierie, constatò tra sé Augustin richiudendo piano i battenti alle sue spalle; l’unico vezzo di quell’ambiente altrimenti spoglio, infatti, erano le sontuose cornici dorate alle pareti, che racchiudevano scene di caccia e di battaglia capaci di creare, con i loro colori accesi e il dinamismo delle forme, un violento ma piacevole contrasto con il monotono candore delle boiseries. Bianca era anche la grande porta a due ante, finemente decorata, che separava l’anticamera dall’ufficio vero e proprio; raggiungendola, il Generale notò che era stata lasciata socchiusa e si accinse pertanto a bussare per palesare la sua presenza. Dall’interno dell’ufficio, tuttavia, un mormorio sommesso attirò la sua attenzione.
 “Oscar…”
Augustin riconobbe la voce di Victor de Girodelle e pensò che non lo aveva mai aveva udito rivolgersi a sua figlia chiamandola per nome. Quell’inaspettata confidenza e soprattutto il tono accorato usato dal suo futuro genero lo colpirono a tal punto che, d’istinto, si accostò allo spiraglio tra i due battenti.
Ciò che vide, in realtà, lo rallegrò: Oscar era in piedi davanti alla finestra e il Visconte, dietro di lei, le aveva appena posato con delicatezza le mani sulle spalle. L’intimità e la naturalezza di quel gesto sedarono dunque ogni suo dubbio e lo sollevarono, convincendolo ulteriormente della bontà della decisione presa; una decisione che non solo salvaguardava l'interesse del casato, ma contribuiva anche a creare un futuro sereno per sua figlia, che evidentemente, tutto sommato, iniziava a superare quella che non poteva essere stata altro che un'infatuazione per l'amico d'infanzia, nata dalla particolare condizione in cui egli aveva posto entrambi.
Le disposizioni per l’indomani potevano anche aspettare, si disse pertanto con un sorriso malinconico ritraendosi dalla soglia, era giusto che Oscar e Victor vivessero ogni momento utile a cementare il loro nuovo legame; tuttavia, proprio in quell’istante la voce di sua figlia si levò gelida nel silenzio della stanza.
“Voi lo sapevate, non è vero?”
Turbato dalla durezza con cui Oscar si era rivolta al suo promesso sposo, il Generale si riavvicinò alla porta. Dalla posizione in cui si trovava non poteva vedere né il volto di lei né quello di Victor, ma percepiva chiaramente la tensione che si era creata improvvisamente tra di loro, una tensione di cui non riusciva a darsi una spiegazione.
“Sì” ammetteva nel frattempo Girodelle con un profondo sospiro.
Sotto lo sguardo sconcertato di suo padre, Oscar si voltò, staccandosi bruscamente da Victor coi pugni serrati e gli occhi sfavillanti d’ira.
“Perché non me lo avete detto?” sibilò risentita.
“E che cosa sarebbe cambiato, se lo aveste saputo prima?” ribatté il Visconte con tono pacato ma fermo“Vi sareste soltanto angustiata ulteriormente, senza poter far nulla se non attendere con angoscia il giorno del vostro incontro… o, peggio, avreste commesso una follia. Ho pensato a questo, quando mi è stato riferito delle segrete… quanto alle reali condizioni del vostro André ne ero all’oscuro quanto voi, ma vi assicuro che avrei comunque evitato di parlarvene per gli stessi motivi”.
A quelle parole il Generale restò di stucco e non certo perché da esse si evinceva che Oscar si fosse già recata all’Abbazia. Dunque Girodelle sapeva di André Grandier?
“Quanta premura nei miei confronti… siete sicuro che è stato solo per questo?” replicava intanto caustica sua figlia.
“Mi ritenete davvero così meschino, Oscar?” mormorò amareggiato il Visconte.
Dinanzi al suo sguardo ferito eppure così colmo di dignità, la rabbia di Oscar svaporò come neve al sole.
“No” rispose in un sussurro, chinando la fronte “Perdonatemi, Victor… ma stamattina vederlo lì, in quello stato…”
“Non avete nulla di cui scusarvi, Oscar… immagino che sia stato terribile” disse con dolcezza Victor “Tuttavia non dovete abbattervi, André ha un fisico robusto e una volta fuori da quella maledetta prigione guarirà sicuramente”.
“Non ne sarei così certa, Victor… se solo lo aveste visto!” esclamò affranta lei scuotendo la testa “Io… io non so neppure se sia in grado di resistere fino al giorno del trasferimento!”
“Ce la farà” la rassicurò Girodelle con convinzione.
“Voi dite?” obbiettò dolorosamente lei “Ma poi… anche ammettendo che riuscissimo a liberarlo… dove potremmo mai portarlo nelle sue condizioni? Imbarcarsi immediatamente come avevamo progettato sarebbe pressoché impossibile!”
“Vorrà dire che ve ne starete nascosti per un po’, finché André non potrà tornare a viaggiare. Se volete, posso mettervi a disposizione il mio palazzo di Meudon… nessuno della mia famiglia vi si reca più da anni e vostro padre non sospetterà mai che possiate trovarvi lì” le propose allora Victor “Quanto alle cure necessarie, non dovete preoccuparvi neanche di quelle, penserò a inviarvi un bravo medico appena possibile, ovviamente con la dovuta discrezione”.
“Io… io non so che dire, Victor… se non che vi ringrazio dal profondo del cuore” mormorò commossa “Mi chiedo come avrei fatto in questo periodo senza di voi”.
“Non dovete ringraziarmi… ” replicò il Visconte con un sorriso triste ”Sapete bene quanto tenga a voi, ma non mi avete certo obbligato.  Io… io lo faccio forse più per me che per voi... Starvi accanto e aiutarvi come posso mi fa stare bene e sono felice di poterlo fare, anche se ammetto che il pensiero che presto lascerete la Francia al fianco di un altro…” La fronte di Victor s’increspò e per un momento un velo di amarezza gli calò sul volto; ma fu un attimo, veloce quanto il battito d'ali di una farfalla e quell'ombra sparì per lasciare nuovamente posto ad un sorriso “Ma bisogna pur trovare un punto di equilibrio tra altruismo ed egoismo, non credete?”
Il tono disinvolto e vivace con cui Victor pronunciò quelle parole non riuscì tuttavia a nascondere ad Oscar l'effimera tristezza che un momento prima gli aveva incupito lo sguardo.
"Victor, siete una persona come poche davvero... e che vi piaccia o meno  devo ringraziarvi, sono stata fortunata ad avervi trovato sulla mia strada " disse d’impulso, prendendogli la mano.
“Stolta! Tu non conosci il significato della parola fortuna!"
La voce del Generale tuonò nella stanza. Esterrefatti, i due giovani si voltarono verso la porta che l’uomo, fremente d’ira, aveva appena spalancato rumorosamente.
“Se  te ne rendessi veramente conto non butteresti alle ortiche la famiglia in cui hai avuto l'onore di nascere, la tua vita e il tuo avvenire per l'amore indecente di un miserabile servo, per fuggire con un ingrato meschino che ha avuto l'ardire di alzare gli occhi dalla terra cui erano destinati!” proclamò con rabbia, facendosi vicino ai due che lo fissavano con occhi spalancati di sorpresa.
Alla sua vista Oscar si era sentita morire, aveva sentito la schiena gelarsi di un  freddo sudore comprendendo che suo padre aveva ascoltato tutto e che oramai sapeva; eppure, mentre la paura per le conseguenze di ciò che stava accadendo le trafiggeva lo stomaco, il disprezzo usato nel riferirsi ad André e lo spregio per il sentimento che li univa le fece fremere il sangue, tanto che la collera a lungo trattenuta esplose in un ruggito.
“Follia? Voi parlate a me di follia! Voi accusate me di essere folle?! Siete voi e non io a non conoscere il significato delle parole che pronunciate!” proruppe a sua volta avvicinandosi a lui.
 “Oscar, vi prego, calmatevi” intervenne allora Victor cercando di sedare gli animi e recuperare per quanto possibile  la situazione  “E voi Generale, non so che cosa abbiate udito, ma vi assicuro che avete frainteso…”
“Credete per caso che sia uno sciocco, Girodelle? So bene ciò che ho sentito e quanto a voi mi domando come possiate dichiarare di tenere al suo bene!  Se davvero così fosse stato, non l'avreste certo appoggiata in questa follia!”
“Generale, vi prego” insisté Victor “Abbassate la voce, non dimenticate che siamo a Versailles e qui anche i muri hanno orecchie...”
“Magari se finisse sulla bocca di tutti finalmente smetterebbe  di  blaterare di onore e nomi...” osservò pungente Oscar.
 “Taci, scellerata!” le intimò furibondo il Generale, sollevando minacciosamente un braccio per colpirla.
Tuttavia, prima che la violenza dello schiaffo si abbattesse sul volto della donna, Victor de Girodelle si frappose tra di loro e bloccò con decisione il polso del Generale.
“Toglietevi di mezzo, Victor, questa faccenda non vi riguarda!” sibilò questi fuori di sé, cercando di divincolarsi.
“Mi riguarda eccome, dal momento che vi sono coinvolto, e se non dispiace a entrambi io ci tengo al mio onore!”
 Un sorriso cattivo aleggiò sulle labbra livide del Generale.
“Ma davvero? Visto il giochetto a cui vi siete prestato avrei creduto il contrario… Mi sembrava di aver capito che foste estimatore dei menage a trois come vostro padre, un’attività non molto onorevole a dire il vero… ma  d’altronde, com’è che si dice? La mela non cade mai lontano dall’albero!”
“Come vi permettete?!” ringhiò Victor, lasciandogli il polso ma afferrando l’uomo per il bavero della marsina “Se non vi chiedo ragione di quello che avete detto è solo per Oscar!”
“Come mi permetto io?” domandò il Generale liberandosi con uno strattone dalla presa del Visconte “Come vi siete permesso voi, a tradirmi in questo modo indegno! Io… io vi stimavo, Girodelle, vi credevo un uomo d’onore… e invece… invece vi siete fatto abbindolare per tramare alle mie spalle!”
“Sapete, credo che abbia ragione vostra figlia quando dice che non vi rendete conto del senso delle parole... voi che parlate di onore, Generale Jarjayes?” proruppe sdegnato Girodelle. “Voi che…”
"Victor! Non avete appena consigliato di mantenere la calma?" intervenne in quel momento Oscar, che, tornata in sé, si rendeva conto che ogni parola era una potenziale corda stretta attorno al collo di André.
Victor capì e si azzittì.  Da tempo sapeva di Jean; era stata proprio Oscar ad aggiungere l’ultimo tassello di quella squallida storia rivelandogli la verità, ma gli aveva fatto giurare di mantenere il segreto per non compromettere l’eventuale aiuto che suo fratello, che non voleva che la cosa si sapesse, avrebbe potuto offrirle in caso di bisogno. In realtà, complice l’istintiva antipatia nei suoi confronti , Victor non riponeva particolari aspettative sul conte creolo, ma ora che Augustin aveva scoperto i loro piani, Jean de Grammont diventava la loro unica possibilità.
“Vorrei vedere se si fosse trattato di vostra figlia! O magari della vostra preziosa Isabelle[3]!!” esclamava nel frattempo Augustin, equivocando il senso di quelle sue allusioni “Ditemi, Girodelle, fareste sposare vostra sorella con un uomo che fino al giorno prima vi puliva gli stivali? O anche voi vi siete riempito la testa delle corbellerie che girano per la Francia di questi tempi?”
Punto sul vivo, Victor tacque.
“Dissentire da una scelta non giustifica il ricorso al ricatto né tantomeno  il sacrificio di un innocente” obiettò severo, tuttavia, un attimo dopo.
“Imparerete a vostre spese che nella vita non è tutto bianco o nero e che a volte è necessario sporcarsi le mani… e soprattutto che nessuno è davvero innocente”  replicò lugubremente il Generale.
“Padre,” parlò allora Oscar “è inutile negarlo. È vero, ho mentito quando vi ho detto che accettavo la vostra decisione e  vi ho ingannato sperando di riuscire a liberare André, coinvolgendo nel mio piano il Colonnello Girodelle, che al di là di quel che pensate, mi ha appoggiata unicamente per affetto. La responsabilità di tutto ciò è dunque esclusivamente  mia, come mia è stata la volontà di legarmi ad André. Ma oramai è finita... Io ho perso e Voi avete vinto. Avete in pugno la sua vita, la vita di André... dell'uomo che amo, una vita che mi è preziosa  più della mia... Perciò io vi prego,padre, vi supplico, non lasciate che André muoia in quella prigione… Vi scongiuro…  È malato e ogni giorno,ogni ora che passa li dentro potrebbe essergli fatale! Non lasciatelo in quel buco oscuro e freddo che è già una tomba… farò quello che volete, ma vi prego, liberatelo!”
Il Generale la squadrò con uno sguardo colmo di disprezzo.
“Ti rendi conto che non sei nelle condizioni di chiedere nulla, Oscar?” pronunciò con asprezza.
Oscar annuì e questa volta in lei tutto era sconfitta.
“Sì....” rispose “Me ne rendo conto”.
“Bene. Da questo momento in poi, André Grandier per te è morto, hai perso ogni possibilità di avere sue notizie o di vederlo… e se non vuoi che passi anzitempo a miglior vita, ti converrà fare come dico. Quanto a voi, Victor, se volete tirarvi indietro, siete libero di farlo, confido ovviamente in una discrezione che è nell'interesse comune.  Ad ogni modo, sappiate entrambi che ho già previsto un nuovo partito e poco importa se sarà gradito o meno alla futura sposa”.
Victor sentì le budella torcersi dalla rabbia
“Come potete...”
“Posso!” lo interruppe freddamente il Generale “E lo farò, sta a voi decidere... A voi e a mia figlia chiaramente... Come vedete le lascio libertà in proposito, in fin dei conti sono anch'io un uomo di larghe vedute... “
Senza aggiungere altro, quindi, Augustin de Jarjayes  girò sui tacchi e uscì teatralmente dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé.
Come svuotata, Oscar si lasciò cadere su una sedia e nascose il volto fra le mani. Restò in quella posizione per qualche minuto e quasi sobbalzò nel sentire il tocco lieve di Victor posarsi su una spalla.
“Tenete” mormorò l’uomo, porgendole un calice di cognac.
Ella lo ringraziò appena con un cenno del capo e trangugiò tutto di un fiato il contenuto del bicchiere. Il liquore le graffiò la gola e la stordì un poco, ma si sentì meglio. D’istinto alzò lo sguardo verso l’uomo di fronte a lei, a quegli occhi grigi screziati di verde che la guardavano con intensità.
“Non è ancora tutto perduto, Oscar, coraggio. Abbiamo commesso un errore, abbiamo abbassato la guardia e siamo stati imprudenti, ma non è ancora finita…  dobbiamo solo ponderare con attenzione  la prossima mossa per non sbagliare di nuovo. Sempre che chiaramente vogliate farmi l'onore di continuare ad essere la mia fidanzata...”
Nonostante la tristezza, Oscar non riuscì a far a meno di sorridere.
"Bene, essere capaci di sorridere dopo una sconfitta è garanzia della vittoria finale” disse Victor versandosi da bere, e alzando il calice in un brindisi lo svuotò a sua volta in un sorso, pensando che non si sarebbe dato pace finché non l'avesse vista salire su una dannata nave con quell'uomo immeritatamente fortunato che era André Grandier.
 
 
 
 
[1] Episodio citato nel cap 13, “Segreti di Famiglia” (quando Oscar, dopo l’arresto di André, non trova il padre nello studio bensì un’assai loquace Marguerite…)
[2] Il giovane mozzo di stalla di Palazzo Jarjayes usato anche da Oscar per inviare lettere in caserma; compare la prima volta nel cap 3 “Il Coraggio di amare”
[3] Non c’è niente da fare, nel nostro immaginario ormai Isabelle de Girodelle è la sorella di Victor!
 
   
 
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