Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Lilylunapotter004    13/04/2019    0 recensioni
Anche se sono passati nove mesi Abigail non riesce ancora a superare il trauma dell'incidente. Nonostante il suo migliore amico Ethan cerchi di aiutarla ad affrontare i suoi demoni, Abby sa che ormai qualcosa dentro di lei si è spezzato. C'è qualcosa che non va in lei, qualcosa che lei stessa non è in grado di controllare. Sarà solo quando la sua storia si intercetterà a quella di Logan, il nuovo ragazzo arrivato in città, Abby capirà qual è la sua vera natura...o meglio, la sua vera condanna.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alle sei e mezza la sveglia iniziò a squillare fortissimo facendomi svegliare di soprassalto. Per poco rischia di cadere giù dal letto per lo spavento. Mi affrettati a spegnere quell'aggeggio infernale per non svegliare anche i miei genitori, poi mi trascinai in bagno per darmi una ripulita. Mi appoggiai al lavandino, come se potesse tenermi in piedi, e guardai fisso davanti a me la mia immagine riflessa allo specchio. Avevo un aspetto orribile. I capelli erano tutti arruffati, quasi ci avesse fatto un nido uno stormo di uccelli, e ricadevano malamente sul viso cereo. Quel colore smorto faceva risaltare ancora di più le occhiaie nere che circondavano i miei occhi ambrati, dandomi così un aspetto inquietante. Se Ethan mi avesse visto in quelle condizioni si sarebbe sicuramente spaventato. Sorrisi a quella bizzarra idea che mi passò per la mente e mi decisi poi a lavare energicamente la mia faccia, utilizzando l'acqua fredda per svegliarmi meglio. Ogni volta che la mia pelle incontrava quell'acqua così fredda, un brivido mi percorreva tutto il corpo. Sembrava che la mia pelle portasse contro quel freddo e ogni volta ne usciva sconfitta ma più forte di prima. Asciugato il viso, tornai in camera, mi infilai i vestiti e diedi una rapida occhiata allo specchio sull'anta dell'armadio per controllare che tutto fosse in ordine: jeans blu, maglia e converse grigie calzavano a pennello. Dopotutto dovevo solo andare a scuola e non a un appuntamento. Poi fu la volta dei capelli che legati in una coda distratta e infine mi fionda giù in cucina per mettere qualcosa nello stomaco. Stavo mangiando placidamente i cereali, pensando a chissà cosa aveva di tanto importante da dirmi Ethan quella mattina, quando mi resi conto che erano già le sette e diedi. In fretta e furia tornai al piano di sopra, lavai i denti e presi la borsa a tracolla e cellulare. Sfreccia poi in soggiorno, presi una felpa a caso dall'attaccapanni e finalmente uscii di casa. Camminando verso la fermata dell'autobus, notai che il tempo non era dei migliori: densi nuvoloni neri minacciavano di scatenare un un'acquazzone. Sbuffai. Ci mancava solo la pioggia. L'autobus arrivò dopo qualche minuto e trovai subito posto vicino ad uno dei tanti finestrini che davano sulla strada. Le case si scambiavano una dopo l'altra con lentezza, occasionalmente superavamo qualche ragazzino che camminava per strada e il più delle volte ci fermavamo, come se dovessimo aspettare ciò che ci eravamo lasciati indietro. Alla terza fermata scesi, ritrovandomi davanti all'enorme ingresso della scuola che, per via dell'orario, era ancora destro, dando così all'edificio marmoreo un aspetto tetro e inquietante. Sapendo che Ethan sarebbe arrivato con i mezzi, scartai l'opzione di aspettarlo nel parcheggio a una decina di metri da me, optando così per il piccolo parco sul lato opposto del viale su cui mi trovavo. Mi sedetti su una delle panchine di legno scuro e guardai l'ora sul cellulare. Le sette e mezza. Ero arrivata con dieci minuti di anticipo. Almeno stavolta non ero io la ritardatario. Ad aspettare la noia iniziò a farsi sentire, così mi ritrovai ad ascoltare un po' di musica mentre ascoltavo alcuni professori muoversi verso il loro regno. Il mio sguardo si posò in particolare sul professore Finch. Finch era il mio professore di matematica e fisica, un'uomo tarchiato sulla cinquantina conosciuto da tutti gli studenti per la sua meticolosità e la sua severità. Ovviamente, destino volle che io non afferrassi quasi nulla di matematica e, ogni anno rischiavo di non essere promossa per via di quella dannata materia. Istintivamente guardai malissimo il professore, consapevole che non mi avrebbe vista. Finch però sembrò sentirsi osservato perché iniziò a guardarsi intorno alla ricerca dello scrutatore. Fortunatamente mi girai in tempo dall'altra parte poco prima che mi beccasse. Ma invece di far finta di ammirare il paesaggio mi ritrovai davanti Ethan e non potei fare altro che sussultare per lo spavento. -Ethan ma sei scemo!- gridai con tutta l'aria che avevo nei polmoni lanciandogli un'occhiata di fuoco. -Abby sei proprio scema!- esclamò lui sbellicandosi dalle risate. Vederlo ridere in quel modo mi fece strappare un mezzo sorriso, mandando all'aria il mio mistero tentativo di tenergli il broncio. -Sai- mi disse ancora ridendo -non devi prendertela tanto con Finch, se fai schifo in matematica. E comunque ti ho promesso che ti avrei dato una mano io a studiare...- -Si, okay- lo interruppi io bruscamente. -Allora, cosa volevi dirmi?- cambiai subito discorso. -Ti ricordi di quel volantino che hanno dato l'altro ieri a ricreazione?- mi chiese allora lui, attirando nuovamente la mia attenzione. -Si, quello del concerto dei Thundercold, l'ho vagamente letto perché?- -Indovina un po'? L'organizzatore del concerto è un'amico di mio padre e così gli ha regalato due biglietti!- disse lui sprizzante di felicità e in attesa della mia reazione. Lo guardai perplessa, non capendo il nesso che c'era fra me, Ethan, Simon e i due biglietti in questione. Dopo qualche secondo capii e non riuscì a non far trasparire il mio sguardo diffidente. -Ehi Abby! Di qualcosa!- mi incitò lui con un velo di preoccupazione nella sua voce. -Mi stai dicendo che Simon ti ha dato il suo biglietto per portarmi al concerto?- gli chiesi stupita e turbata al tempo stesso. Ethan aggrottò le sopracciglia. -Cos'è non mi credi?- mi canzonò, prendendomi in giro. Lo guardai un attimo negli occhi, grigi come il mare in tempesta, alla ricerca di una qualsiasi espressione che mi facesse capire che stava raccontando una balla. Niente, non riuscivo a decifrarlo. -Non è che non ti credo, però mi fai sempre scherzi! E poi se i biglietti ve li hanno regalati, non mi sento giusto che io..- -Ma stai tranquilla, - mi interruppe subito lui -tanto a mio padre non glie ne può fregar di meno di andare al concerto, mentre tu adori i Thundercold e quindi mi sembrava giusto così. Quindi non starti a creare strani problemi, dimmi solo che vieni e basta.- concluse lui con uno dei suoi ampi e luccicanti sorrisi. Lo guardai stupefatta della risposta che mi aveva dato. Essendo troppo contenta per il regalo che mi aveva fatto gli gettai le braccia al collo, e stritolai il suo corpo marmoreo. -Lo sai che ti adoro?- gli dissi con uno dei miei più accesi sorrisi. -Lo so- mi confermò semplicemente -però se vuoi venire al concerto oggi pomeriggio devi aiutarmi a prepararmi in storia- riprese Ethan sciogliendomi dal suo abbraccio e alzandosi dalla panchina. -E che sarà mai passare un pomeriggio a studiare scusa?- dissi alzandomi a mia volta e sgranchendomi le gambe. Mi accorsi che mi stava guardando con il suo sorriso schembo, che precedeva sempre qualche scherzo o imbroglio. -Bhe, la tua difficoltà starà nel fatto che dovrai venire a casa mia.- ribatté lui con aria di sfida, senza togliermi lo sguardo di dosso. A sentire quelle parole cambiai decisamente umore, sentendo il sangue fluire alla testa per via del nervosismo che stavo provando. Cercai però di calmarmi e iniziai a camminare avanti e indietro per eliminare tutta quell'adrenalina che avevo accumulato nel giro di un minuto. -Ovvio che se non vieni addio concerto gratis!- aggiunse il ragazzo, nel tentativo di mettermi alle strette. Ignorai la sua ultima affermazione e continuai a camminare, pensando a quale sarebbe stata la scelta migliore. Sapevo benissimo che rinunciare ad andare a vedere i Thundercold, solo perché non volevo vedere Simon, sarebbe stata una stupidaggine. Mi fermai davanti a Ethan e lo guardai con occhi infuocati dalla rabbia. Lui però non si fece intimorire, anzi, si mise a braccia conserte in attesa della mia risposta definitiva. -E va bene- gracchiai seccamente -Ma sappi che un giorno te la farò pagare- aggiunsi in tono serio e accennando un ghigno. Ethan mi squadrò con aria perplessa, e per qualche secondo si perse nei suoi pensieri. Sembrava che stesse prendendo sul serio quella minaccia. Di punto in bianco fece spallucce e mi si avvicinò, dandomi un colpetto sul braccio. -Vedrai che sabato mi ringrazierai- concluse lui, sempre con aria di sfida. Intanto mi accorsi che ormai non eravamo più soli: davanti alla scuola, infatti, si erano radunati tutti i ragazzi, che aspettavano come noi di entrare in quella sorta di manicomio. Presi il cellulare e guardai l'ora. Tra cinque minuti si entrava. -Senti io vado dai miei compagni di classe, sai com'è non devo sembrare un'asociale- bofonchiai ironica. Ethan ridacchiò divertito. -Ci vediamo direttamente a casa mia perché oggi esco prima. Mi raccomando fatti viva per le quattro- mi disse divertito. -Va bene...- brontolai ancora e con un cenno della mano lo salutai e mi diressi verso l'entrata. Mentre mi stavo avviando verso l'entrata vidi la mia amica, non che compagna di banco, Anna che stava chiacchierando con due ragazze. Mi avvicinai e appena mi vide lanciò uno di quei urletti da femminuccia. A sentire quello stridio tutti si voltarono a guardarci prima di tornare ai loro discorsi. Anna non mi diede neanche il tempo di salutarla che mi balzò addosso. -Ah, Abby, Abby! Ti devo raccontare una cosa! Una cosa importantissimo- urlò, stritolandomi in un'abbraccio. Cercai di liberarmi dalla sua forte presa e tentai di calmarla ma Anna era troppo agitata. -Allora dimmi che è successo?- le chiesi, fingendomi incuriosita. -Sai John, quello con cui esco da tipo un mese? Ieri ci siamo messi insieme!- trillò lei estasiata, saltando come un grillo. In quel momento suonò la campanella e i bidelli aprirono le porte, e così io e Anna ci dirigemmo in aula. Appena entrate, andammo infondo alla classe, in un banco vicino alla finestra e ben lontano dagli sguardi degli insegnanti. Le lezioni furono molto noiose e infinite; per di più c'era Anna che non faceva altro che parlare di John. Arrivai così all'ultima ora con la testa che scoppiava. Fortunatamente suonò l'ultima campanella e così svignai via il più velocemente possibile prima che Anna rincominciasse a tartassarmi. -Ehi Abby! Aspettami non ho finito!- mi richiamò Anna in tono supplichevole, per cercare di convincermi ad aspettarla. -Mi dispiace Anna ma devo andare oggi ho un impegno! Semmai mi racconti domani. Ciao!- la salutai velocemente, mentre uscivo dall'aula. Non sentii nemmeno la sua risposta che mi avviai verso l'uscita della scuola. Una volta all'aria aperta, mi diressi verso la fermata dell'autobus dove una folla di ragazzi aspettava l'arrivo dell'autobus. Sbuffai nel vedere tutta quella gente e così decisi di andare a piedi. Tanto in una ventina di minuti sarei arrivata a casa. Il vantaggio di abitare poco lontano da scuola. Decisi strada, giardino a destra e costeggiai il posteggio dove c'erano le macchine dei professori e degli studenti. Anche qui era pieno di gente: ragazzi che facevano vedere le nuove auto agli amici, fidanzati che si sbaciucchiavano sul cofano, madri che suonavano il clacson per richiamare l'attenzione dei figli e professori che correvano verso la loro macchina, sperando che nessuno l'avesse rigata. Mentre superavo un gruppetto di studenti, notai la presenza di un ragazzo, che non avevo mai visto prima. Se ne stava in disparte, appoggiato a quella che doveva essere la sua macchina, una BMW nera. Nonostante fossi lontana da lui una decina di metri, notai che era davvero bello: abbastanza alto, fisico asciutto ma tonico, capelli castani e spettinati che davano al suo viso un aria selvatica, come se si trovasse fuori posto. Se ne stava fermo immobile ma ogni tanto girava la testa di qua e di là, come se stesse cercando qualcuno. Stavo camminando molto lentamente, per non perdere di vista quell'essere che sembrava appena uscito da uno dei tanti libri che avevo nella mia polverosa libreria, quando il ragazzo si voltò improvvisamente verso di me. Mi voltai di scatto, rossa dalla vergogna e uscì velocemente dal parcheggio. Prima di svoltare a destra per lasciarmi alle spalle la scuola, notai però che il tizio mi stava ancora fissando ma questa volta aveva un mezzo sorriso sul volto. Stava sorridendo a me? Come un'idiota mi guardai attorno per capire se il ragazzo stava in realtà sorridendo a qualcuno dietro di me ma c'ero solo io, ferma come una statua in mezzo al marciapiede. Oddio, ecco che avevo fatto come al solito la figura dell'idiota! Senza ricambiareil sorriso, accellerai il passo, lasciandomi così il suo sguardo alle spalle e tornando a respirare normalmente. Per qualche assurda ragione ero andata in apnea. Avevo fatto una figuraccia a guardarlo in quel modo, però non era mica colpa mia se era così bello! Era la prima volta che mi sentivo così strana guardando un ragazzo. E chissà perché poi, dopotutto non era di certo il primo bel ragazzo che vedevo a scuola. Basta prendere come esempio Ethan: alto, biondo, occhi azzurro-grigio e un fisico da mozzare il fiato. Sembrava quasi un dio da quanto era figo, per non parlare del fatto che tutte le ragazze gli sbavano dietro. Quel ragazzo invece, a differenza di Ethan e altri, mi aveva letteralmente ammaliato in un'attimo. Come un fulmine a ciel sereno. E con la testa ancora annebbiata da quello strano scambio di sguardi ripresi a camminare verso casa.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Lilylunapotter004