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Autore: marziaaadm    22/07/2009    0 recensioni
Ultimi pensieri di una condannata a morte per aver amato troppo il suo peccato.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara , Temari
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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la dama morirà sotto i raggi della luna

- Ni

“E’ così importante la morale? Vi sottomettere a una regola che altri hanno deciso per voi e reprimete i vostri sentimenti. In fondo siete soltanto dei vigliacchi.”

 

Respirava lenta ed amareggiata. L’aria era calda e soffocante. Sudava freddo, aspettando la sua fine. Era stata condannata a morte. Per cosa poi? Amare una persona fino al punto di dare la vita per lui, è una colpa così grave?

Il corpo era atrofizzato, scomodo ed intorpidito nella stessa posizione da tempo. Da quanto oramai? Le sembrava un’eternità. Un’ eternità lontana da lui.

Lui, lo stesso che l’ha condannata a morte.

Ci pensava spesso a lui e se anche provava ad evitarne il pensiero, era lui a farsi vivo nei suoi sogni. Era una persecuzione, un’ eterna e dannata maledizione, ma era quanto di più meraviglioso le fosse rimasto.

Sentiva il bisogno di bere. La gola le ardeva insistentemente, aumentando il dolore che il cuore le procurava ad ogni battito, ma doveva resistere.

Lo doveva, lo voleva vedere un’ultima volta.

Voleva che fosse lui, l’ultimo vincolo a quel mondo così crudele e legato al protocollo di una società marcia, che non sapeva più a cosa aggrapparsi per far valere la giustizia.

E quella loro la chiamavano anche giustizia?

Omicidi, furti, brogli…erano tutte barzeccole. Amare era un vero crimine. Divenire folli per un sentimento tanto crudele, era un crimine. Dannare l’anima in nome di quel sentimento, era un crimine.

Oramai lei non ci si arrabbiava più. Aveva accettato tutto con garbo e la fierezza che la contraddistingueva dalle altre donne.

Provò a muovere i polsi dolenti, stretti nelle manette. Le braccia pallide ed asciutte erano alzate e tirate dietro la sua schiena da delle grandi e forti catene. Ogni suo movimento le faceva sussultare e il rumore metallico si sovrapponeva al silenzio dell’angusta e tetra cella dove era stata incarcerata. Non vedeva nulla. Era tutto troppo buio perché i suoi occhi stanchi potessero mettere a fuoco l’ambiente. Vedeva sfocato.

Tutto quello che percepiva, erano i sterilizzati raggi della luna, provenienti da qualche crepa.

Erano luminosi, intensi, ma soprattutto dolci. Era per quello che potevano essere solo raggi lunari.

I vestiti erano logori e sudici, inusuale per una dama precisa e ben curata come lei.

Lei, la preferita del re. Quella che indossava sempre i vestiti più lussuosi ed appariscenti. Lei, quella sempre ben truccata e pettinata. Ironico, vista la sua attuale situazione. I capelli impicciati e raccolti nei suoi classici codini alti e solitamente di un biondo lucente, erano paragonabili a steppa adesso.

E lei, era vanitosa. Anche troppo.

Quella situazione era un insulto alla sua persona, al suo ego.

Ma che poteva fare?

Aspettare, in silenzio, riflettendo.

Si sentiva soffocare, ma non avrebbe ceduto.

Oltre ad essere vanitosa, era tremendamente orgogliosa. Lei avrebbe vinto e se ne sarebbe andata con il rispetto che una donna come lei si meritava.

L’aria marcia le attraversava le narici, investendola come la fredda Tramontana d’inverno.

Che pietosa situazione.

La testa china, perché non aveva più la forza di guardare la morte in faccia.

Sospirò.

Non le rimaneva più niente. Era sola, abbandonata e derisa.

Aveva tradito la famiglia, aveva macchiato l’onore della sua stirpe con un peccato gravissimo.

Peccato…già.

Come quando accoglieva ogni notte, nel suo caldo letto il suo amato boia.

I capelli rossi come il fuoco, come il sangue, come la passione che gli scorreva adrenalinica nella vene ad ogni contatto con quel corpo marmoreo. Lo stringeva, lo avvinghiava, lo possedeva, marcandolo stretto, amandolo fino alla fine.

A volte lui le copriva gli occhi con le mani. Un gesto apparentemente amorevole.

Lo faceva spesso. Era il loro segreto e perverso gioco.

Si morse il labbro, desiderando tornare indietro a rivivere quegli istanti di dolcezza infinita. Soffriva ad ogni goccia di memoria. I ricordi viaggiavano veloci e si materializzavano nella sua mente senza il suo consenso, mentre una lacrima disubbidiente, sfuggiva dalla sua freddezza inumana.

Gli occhi serrati, per spegnere la sofferenza che le bruciava lo spirito.

Presto, sarebbe tutto finito.

Fece un respiro profondo, cercando di prendere coraggio.

I ricordi batterono ciò che il cuore aveva sigillato.

La loro ultima notte. La notte che calò veloce, come veloce era calato il suo sipario.

Lui le stava baciando avidamente il collo, solleticandone la pelle con piccole ciocche dei capelli arruffati.

Si distaccò dalla sua carne come sofferente, posandole le mani calde sui suoi occhi e spegnendo tutto.

Cosa vedi?”

Le sussurrò ammaliatore nell’orecchio.

Te!

Rispose repentina. Ed era vero, lei lo vedeva. Vedeva i suoi occhi come specchi guardarla e desiderarla, facendola sentire la donna più felice del mondo. Erano occhi distaccati, seducenti ed ingannatori. Quasi ipnotici. E lei, nel buio della sua mente, li fissava rapiti. Quelli la studiavano, la riflettevano.

Proprio come specchi. Degli specchi seduttori e dalle mille forme. Degli specchi lucidi ed irrequieti. Misteriosi, tetri, dei cui sguardi non puoi fare a meno. Erano come una droga per lei. La sua qualità preferita.

Sorrise all’idea, leccandosi le labbra secche.

Per lei, quegli occhi erano come un passaggio in un’altra dimensione. Un portale che le cambiava la vita e le mostrava il mondo in mille colori, sapori, desideri.

Ogni volta che li rimirava, era in una realtà diversa e lontana. Dove lei ne era regina e regnava incontrastata.

Si sentiva onnipotente.

Temari…

Continuò lui.

Come vorresti morire?

Lei restò in silenzio un secondo. Pensava a tutto. Ad una guerra, ad una carestia, alla peste…e poi, rivide quegli occhi che le mostrarono scenari differenti. Felicità, amore, ricchezza, gioia…

Tutti possibili finali.

Tutti quelli che aveva sempre sognato.

E poi, capì, che per averli però, avrebbe dovuto dare se stessa. Vide il riflesso della fine, ma non ci prestò troppo caso.

Sinceramente…

Disse lenta scostando le mani del ragazzo.

…non ho mai pensato a come morire, ma credo che sacrificarsi per la persona che si ama, sia un buon modo per andarsene.

 

 

Temari.

Una voce calda si propagò nella stanza. Pronunciava il suo nome, ferita e quasi rotta dal pianto, ma comunque ferma.

Temari alzò il capo, riportata alla realtà. Per quanto difficile fosse vedere, lo forzo che fece l’appagò completamente, perché stava realizzando il suo desiderio. Fissava la figura comparsa, mentre la sua pelle cerulea veniva bagnata. Era bello come sempre. Fiero e sicuro come lo voleva ricordare.

Gli sorrise, bene, compiaciuta di sé, come piaceva a lui, senza ricevere risposta.

Ma a lei bastava vederlo per sentirsi in paradiso.

Cercò di guardarlo meglio, di mettere a fuoco il suo viso perfetto.

Li vide, iridescenti di luce propria. Stavolta però, non ci vide nulla. I suoi specchi che le mostravano gioioso futuri, stavolta riflettevano solo lei. La banale realtà. Non vi era più futuro per lei. Era giunta la fine. Era arrivata la morte.

Ma non aveva paura.

Ripensò a quando una vecchia cortigiana, le disse che gli occhi erano lo specchio dell’anima.

All’epoca era una fragile bambina. Ma ora che era cresciuta, capì di non essere cambiata. Di essere stata sedotta, usata ed abbandonata, non dalla persona che amava, ma dai suoi occhi, come quelli di un demone. Come aveva potuto credere che quello che riflettevano fosse il suo futuro?

Forse, un fondo di verità c’era. Forse il destino che l’attendeva era davvero come l’aveva vista allo specchio.

Temari!”

La richiamò il ragazzo. Aveva il braccio sollevato ed impugnava una spada che deviò un raggio di luce sulla sua vittima. La stava per uccidere, sotto i raggi della luna.

Temari chiuse gli occhi con la stessa intensità di come si lancia una pietra ad uno specchio nella speranza di infrangerlo. Voleva rompere l’incantesimo in cui era stata imprigionata. Voleva che tutto finisse, che lo specchio le ridasse la vita, la speranza, l’amore. Ma era inutile.

Scappare dalla realtà non le serviva a nulla ormai.

La spada si abbassò. Un taglio netto, nel silenzio profondo della notte.

Temari morì.

Adesso la vedi…la morte?

Sussurrò lui al nulla. Guardava la sua vittima senza vita. Sangue scarlatto gocciava sul pavimento. Abbassò lo sguardo vedendo la sua figura dentro il liquido denso che si allargava sul pavimento. Però, quello che vide riflesso, era solo un demone, dagli occhi rilucenti al cui interno era imprigionato lui.

Un mostro orrido che aveva venduto sua sorella, per preservarsi il trono.

Schiacciò il riflesso come per distruggerlo e girandosi, si lasciò alle spalle la carcassa della sua amante.

La carcassa di sua sorella, sapendo che presto i suoi occhi, torneranno a riflettere solo lei.

  
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