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Autore: BlueButterfly93    17/04/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 46
Un manto di stelle





🎶Sam Smith - Writing's On The Wall🎶

Un milione di schegge di vetro 
Mi perseguitano dal mio passato 
Mentre le stelle cominciano ad ammassarsi 
E la luce inizia a svanire 
Quando ogni speranza inizia ad andare in mille pezzi 
So che non avrò paura

Se io rischio tutto 
Potresti interrompere la mia caduta?

Come vivo? Come faccio a respirare? 
Quando non sei qui con me mi manca il fiato 
Voglio sentire l'amore correre attraverso il mio sangue

Per te devo rischiare tutto, perché è scritto sui muri.


***


MIKI

Rousseau scriveva: "prima di essere felici bisogna capire cosa s'intende per felicità", io lo avevo capito a diciassette anni; né troppo tardi e né troppo presto forse. Felicità era... Essere stretta da calde e possenti braccia, ricevere carezze dalla persona più importante per te, dormire insieme, baciarlo, ammirarlo di nascosto. Felicità era lui: capelli lisci color cremisi sparsi sul cuscino bianco del mio letto, il suo profumo speziato alla menta misto all'odore di noi, occhi chiusi e lineamenti virili rilassati, bocca sottile, petto nudo e fisico scolpito. Avrei pagato qualsiasi cifra per avere quel risveglio ogni mattina durante tutta la vita. Quel giorno me lo sarei ricordata per sempre e non solo perché fu la prima notte in cui dormimmo insieme, ma perché quei momenti sarebbero stati rari. Non sapevo come fosse possibile; solitamente felicità era sinonimo di un posto, di un evento o di uno stato d'animo, mentre la mia felicità era una persona in carne ed ossa, con due occhi grigi penetranti e dei capelli che non passavano inosservati. La mia felicità aveva un nome: Castiel Black. Grazie a lui scoprii il vero significato di parecchi sentimenti, ne scovai addirittura l'esistenza di alcuni, e senza di lui non sarebbe mai più stata la stessa cosa. Avrei perso tutto.

«Buongiorno Ariel», aprì prima un occhio e poi l'altro facendo capitombolare il mio povero cuore. «Da quant'è che mi fissi?» sollevò un angolo di bocca quando mi scoprì arrossire, poi accarezzò dolcemente la mia guancia. La sua voce era ancora più rauca d'appena sveglio, le farfalle nel mio stomaco fecero le acrobazie.

«Ecco io... M-mi sono appena svegliata», replicai imbarazzata per esser stata appena colta in fallo. Lo stavo fissando da mezz'ora.

«Certamente», fece finta di credermi. «A proposito: calci come un mulo mentre dormi. La prossima volta che dormiremo nello stesso letto, metteremo delle barriere divisorie prima che tu mi distrugga la terza gamba», si sollevò e in un baleno fu sopra di me. 

«L'hai chiamato davvero terza gamba?!» finsi una smorfia schifata «Sei disgustoso», afferrai il cuscino - sul quale fino a qualche secondo prima era poggiato - e glielo spiaccicai sul viso. «E per la cronaca: io non calcio come un mulo!» Lo spinsi fino a farlo cadere di schiena sul materasso e, salendo a cavalcioni su di lui, lo baciai. Gettai il cuscino sul pavimento, poi strinsi Castiel a me più che potevo con il timore che sarebbe potuto scappare a breve. Infilai il viso tra i suoi capelli, accanto al collo e, socchiudendo gli occhi, respirai il suo profumo.  

«Mi soffochi così», improvvisò un colpo di tosse per fingere di avere mancanza d'aria. "Che melodrammatico!" Alzai gli occhi al cielo ed allentai la stretta senza scendere dal suo corpo, stavo così bene su di lui da volerci restare per tutta la vita. 

«Sono felice», mormorai all'improvviso accanto al suo orecchio.

«Di cosa?»

«Qui. Ora. Con te... Sono felice», sollevai il capo per guardarlo in volto «Vorrei fosse sempre così», terminai con una punta di malinconia nella voce. Le frasi, il suo pessimismo degli ultimi giorni, avevano fatto sorgere dei dubbi persino a me che solitamente infondevo forza e coraggio.

Lui non replicò a parole, ma con i gesti. Fu il suo turno di stringermi, lo fece per infondermi conforto, mi accoccolai sul suo petto e mi lasciai cullare dal battito irregolare del suo cuore: pulsava in quel modo per me e di conseguenza il mio rincorse il suo, batterono insieme all'impazzata a causa della vicinanza dell'altro. 

«Mi soffochi così», ad un certo punto imitai la sua voce con tanto di colpo di tosse finale riportando la conversazione a qualche minuto prima. 

«Pappagalla», m'insultò affettuosamente. 

«Pomodoro»

«Carota»

«Brontolo»

«Eolo»

«Ma che cavolo...?»

«Non stavamo elencando i nomi dei Sette nani?! Comunque non interrompere questo gioco, mi piace!» fece finta di essere contrariato.

«Non so se dovrei meravigliarmi di più della tua cultura sui cartoni Disney o perché classifichi degli insulti come gioco...»

«Sono un ragazzo dalle mille risorse», sorrise furbamente «Continua!»

«Okay... Ariel!»

«Ehi, ma quella sei tu!»

«Le somigli più tu in realtà», feci la linguaccia.

«Io sarei una fottuta principessina?» incredulo delle mie supposizioni si mostrò con il dito indice.

«Dal colore e dalla lunghezza dei capelli sì, somigli decisamente ad Ariel... La tua virilità ne sta risentendo?» lo stuzzicai trattenendo una risata. 

«Lascia che ti dimostri quanto», appena terminata la frase oscillò il bacino sotto di me, mi sfiorò il seno da sopra la maglietta e la parte inferiore del suo corpo si risvegliò permettendomi di percepire la sua durezza crescente. Tornai seria all'istante, l'aria si riempì di tensione sessuale mutando all'istante. «Non hai caldo?» m'incitò a spogliarmi in una richiesta velata ed io lo accontentai. Come sempre avevo voglia di lui, ormai non me ne vergognavo più. 

Sentii formicolare i polpastrelli per il desiderio di toccarlo, mentre le nostre lingue si unirono in un bacio lussurioso. Portai entrambe le mani dietro la sua nuca, la sensazione piacevole di sentire le dita tra i suoi capelli morbidi fu una tortura; cresceva incessante il bisogno di possederlo completamente. Con gesti veloci fece sparire i suoi boxer, restammo nudi per la centesima volta in due mesi. Ma ogni volta era come la prima o addirittura decisamente migliore. 

Castiel assaporò ogni parte di me: i miei seni, la mia bocca, il mio collo, la mia intimità. Dopo aver lambito l'interno coscia, risalì fino alla cicatrice sotto al seno - quella provocata dal mostro di mio padre - e la baciò con cura. Non se ne dimenticava mai, in ogni nostro momento intimo voleva farmi capire che a lui piacessi ugualmente, seppure marchiata. Più lui la baciava e più io guarivo dal mio passato. Castiel mi faceva bene fin dentro l'anima. Dopo un ultimo bacio fissò gli occhi sul mio volto e, senza distogliere lo sguardo, entrò dentro di me con la parte più imponente di lui. Un brivido percorse tutto il corpo, inarcai d'istinto la schiena. 

«Mi fai impazzire ogni giorno di più», pronunciò a fatica man mano che aumentava le spinte, mi fece morire e rinascere al tempo stesso. Alcuni ciuffi gli ricaddero davanti agli occhi rendendolo ancora più sensuale. Il torso nudo e lucido di sudore, i muscoli guizzanti delle braccia in tensione per lo sforzo, lo resero irresistibile davanti ai miei occhi. Ansimai, il cuore mi batté fin dentro le costole nell'ammirare tanta perfezione. 

Accompagnò i movimenti del bacino con la mano: scese dal collo ai seni, dall'ombelico all'interno coscia, fino alla mia intimità; la stuzzicò facendo esplodere il mio piacere all'istante. Lui mi seguì subito dopo.

«Sono ubriaco di te».

"Ed io ti amo Castiel!"

***

Dopo aver fatto colazione, Castiel mi aiutò a pulire e sistemare il disordine lasciato dagli invitati alla mia festa. C'impiegammo tutta la mattinata, ma già solo la sua presenza rese meno stancante e noioso mettere in ordine la casa. Verso l'ora di pranzo dovette andare via perché aveva appuntamento con gli altri ragazzi della band per le prove. Lo salutai a malincuore.

Dopo pranzo avevo tutta l'intenzione di rilassarmi guardando una serie tv in televisione, ma qualcuno decise bene di scombussolare i miei piani. Il campanello suonò e con poca lena trascinai i piedi fino all'entrata; non aspettavo nessuno. Zia Kate sarebbe rientrata a sera inoltrata, Rosalya era alla boutique di Leigh, Ciak era sul set di un servizio fotografico; non c'era nessun altro oltre loro che si sarebbe scomodato a farmi visita in quell'ora poco opportuna. 

«Cosa ci fai qui?» strabuzzai gli occhi nel ritrovarmi Nathaniel davanti alla porta di casa.

«Memoria corta?!»

«Che?! No, solo... Non pensavo che saresti venuto dopo-» fui sorpresa della sua sfacciataggine e ciò mi rese balbuziente.

«Intendi dopo che il tuo ragazzo mi ha aggredito senza motivo? Non ho paura di lui!» Non lo lasciai entrare, restammo sull'uscio della porta. Non avevo apprezzato il suo modo d'interagire; non che il mio fosse stato dei migliori, ma stavo solo cercando di evitare una catastrofe tra lui e Castiel. 

«Sì, ma non mi sembra il caso che tu stia qui. Sceglierò da sola il brano da portare al concerto di Giugno. Grazie per esserti offerto, non è necessario il tuo aiuto», lo liquidai con l'intenzione di sbattergli il masso di legno in faccia.

«È per lui che non vuoi che io stia qui, non è vero?! Temi una sua possibile scenata, ti ha vietato di parlarmi, ti fai comandare a bacchetta da lui. Non ti facevo così...» Parlava senza sapere niente, come tutti d'altronde.

«Così come?»

«Così debole».

«Va' via Nathaniel!» iniziai a spazientirmi. Non avevo nessuna intenzione di farmi giudicare proprio da lui: l'essere (im)perfetto.

«La verità fa sempre male», sul suo viso si dipinse un sorriso sfacciato. Cosa ne era stato del Nathaniel timido conosciuto mesi prima?

«Ho detto va' via!» urlai. Non m'interessò di risultare scostumata, non mi piaceva per niente quel Nathaniel.

«Sto solo cercando di aprirti gli occhi Miki, lui non è chi sembra». Ancora con quella storia.

«Ah siamo tornati al punto di partenza? A quando lo definivi un mostro per qualcosa di falso?» sorrisi amareggiata ricordando quel lontano Settembre di un anno prima. «Ma c'è una novità, Nathaniel: io non sono più quella di un tempo. Mi fido di Castiel, so chi è, conosco le sue paure, le sue ansie, il suo pessimismo e so anche quanto ci tiene a me.. Quindi le tue parole non hanno più alcun effetto su di me», lo guardai dritto negli occhi quasi trucidandolo con lo sguardo.

«Non sai tutto, credimi».

«Quindi era questo il tuo intento? Quello di tentare di riavvicinarti a me solo per parlarmi male di lui?»

«Mi sono riavvicinato a te perché ci tengo ad esserci nella tua vita».

«Ah sì... Da quando?» risultai essere dura, ma non ne potevo più di gente che entrava ed usciva dalla mia vita a proprio piacimento senza importarsi delle mie volontà.

«Da sempre! E non metterti sulla difensiva con me, non sono io il tuo nemico», mi sorrise in un modo che non capii. «Detto ciò... questa è la lista di brani che penso possano essere adatti a te», mi porse un foglio scritto a mano. 

«Ma se non mi hai mai sentito cantare e non conosci i miei gusti musicali...» mi mostrai scettica.

«Questo lo dici tu», strizzò l'occhio facendomi intimorire ed intendere di poter essere un possibile stalker. 

«Come... Quando... Che?!» tartagliai mentre osservavo la lista di brani datami da Nathaniel. Conteneva parecchie canzoni che io stessa avevo valutato d'interpretare durante il concerto di fine anno. Ero incredula, come poteva conoscermi così bene?

«Hai avuto modo di rispondere da sola alle tue insinuazioni precedenti».

«Be'...» persi del tutto le parole.

«Adesso devo scappare, è stato così orrendo chiacchierare con me?» piegò la testa di lato attendendo una mia risposta.

«Non è questo il punto...»

«Ciao Miki», chinandosi schioccò un bacio sulla mia guancia e, chiudendosi la porta di casa alle spalle, se ne andò senza concedermi possibilità di replica. 

Fu strana quella conversazione; le risposte di Nathaniel parevano avere un doppio fine, non era più il ragazzo ingenuo e perfetto conosciuto sette mesi prima. Sembrava quasi essere la brutta copia di Castiel, stava forse cercando di somigliargli? Mi lasciò completamente sbigottita e, con la lista di brani consigliati in mano, restai davanti alla porta chiusa fino a quando non suonò nuovamente il campanello. Aprii ancora in stato di trance e davanti agli occhi mi si presentò il volto rabbioso di Castiel. Perfetto, Mr. Lunatico era tornato. Non doveva essere alle prove della band?

«Perché quel damerino del cazzo è uscito dal tuo cancello? Cosa ci faceva qui?» spostò lo sguardo ovunque, dalla cucina al salotto, cercando tracce di qualsiasi tipo ma senza trovare niente. Si erano incontrati; il solito tempismo fortunato della mia storia.

 «Cosa gli hai fatto?» Mi venne spontaneo chiedergli con il timore di un'altra ipotetica lite imminente tra i due, ma ovviamente Castiel intese un altro significato in quelle parole.

«È questo a preoccuparti? Temi che gli abbia rovinato il suo faccino perfetto? Scusa se non sono biondo con gli occhi dorati come lui...»

«Castiel, ti prego, non iniziare con questi discorsi assurdi. Non ho mai voluto nessuno oltre te, dovresti saperlo», ribadii quasi stanca di dover ripetere mille volte lo stesso discorso. Le ore di tranquillità trascorse quella stessa mattina insieme a lui sembrarono già essere solo un lontano e dolce ricordo.

«E allora perché ti preoccupa cosa gli abbia potuto fare?» Era alla continua ricerca di certezze, qualche mese prima mi avrebbe suscitato persino tenerezza, ma ormai doveva smetterla. Più volte ci eravamo scambiati promesse, più volte avevo tentato di mostrargli quanto ci tenessi a lui. Doveva iniziare a fidarsi di me, altrimenti sarebbe stata la fine. 

«Per te, cretino... Tu mi preoccupi. Non voglio che tu finisca nei guai per delle cavolate», alzai leggermente la voce e gesticolai puntandogli il dito contro. 

Gli venne spontaneo fissarmi la mano e fu a quel punto che vide il foglio che ancora reggevo tra le dita. Avrei tanto voluto lanciarlo e pestarlo sotto i piedi, farlo sparire in qualche modo, ma ormai era troppo tardi. 

«Cos'è questo?» me lo strappò dalle mani e lo aprì riconoscendo sin da subito la calligrafia di Nathaniel. Erano stati migliori amici per tutta l'infanzia e adolescenza, avevano imparato a scrivere insieme, era scontato che l'avrebbe conosciuta anche tra tante. «Ti ha dedicato delle canzoni d'amore?» sgranò gli occhi, strinse il foglio nel suo palmo riducendolo piccolo quanto una pallina di ping-pong. Se avesse avuto Nathaniel davanti fui sicura che lo avrebbe ridotto uno straccio, per fortuna era andato via. 

«Mi ha solamente consigliato dei brani da poter cantare al concerto di fine anno», mi giustificai subito prima che la sua mente potesse creare falsi scenari. Ma trovò il modo per prendersela ugualmente con la sottoscritta.

«Hai chiesto aiuto a lui e non a me...» non era una domanda, aveva già tirato le sue conclusioni. Che testone!

«Io non ho chiesto aiuto proprio a nessuno, lui si è offerto di aiutarmi perché a differenza tua sosteneva di essere aperto a qualsiasi genere musicale», il mio risultò essere quasi un rimprovero, ma non era quella la mia intenzione. 

«Ah certo, la colpa adesso è mia perché non ascolto quelle lagne», sorrise amaramente scuotendo la testa.

«Non intendevo dire questo, solo-»

M'interruppe: «Sei prevenuta come tutti gli altri. Pensate che io non sappia andare oltre le mie vedute, i miei pensieri. Pensi che io sia bravo solo nel mio». Non stava più facendo riferimento solo alla musica e questo m'incupì parecchio. 

«Stai dicendo queste cose proprio a me, non ci credo...» lo guardai triste, ancora una volta stava dimostrando di aver compreso poco della mia essenza «Ti ho aiutato, ti sono venuta dietro per mesi accontentandomi delle briciole, mi sono fatta andar bene persino la tua confusione, baciavi me e poi stavi con Debrah. Ho acconsentito ad iniziare una relazione con te senza sapere dove potesse portare nonostante tu non credessi più nelle relazioni e nell'amore... Ho sempre avuto fiducia in te, ho sempre avuto la certezza che potessi andare oltre le tue fissazioni, oltre le tue barriere e l'ho sempre fatto in silenzio, ma cercando di fartelo capire ugualmente con i gesti. E adesso vieni qui puntandomi il dito contro per delle stupide canzoni? Ti rendi conto di quello che dici almeno?!» parlai in fretta e furia, sperai di essermi fatta capire ugualmente.

«Stai cercando di spostare l'attenzione su altro per prenderti la ragione. Non hai a che fare con un poppante, certi giochetti li capisco eccome», portò le mani dentro le tasche anteriori dei suoi jeans.

«Ma ti senti quando parli?»

«Sì e mi sentirò ancor meglio quando uscirò da questa casa!» lo sguardo truce «Questa lista l'ha fatta il "chiuso a qualsiasi altro genere musicale al di fuori del rock"» mi lanciò sul busto un foglio scritto da lui, non riuscii ad afferrarlo in tempo e cadde sul pavimento. «Sono scappato dalla sala prove per venire a portartela, ma a quanto pare sarebbe stato meglio non venire proprio. Goditi il tuo momento... Ciao Miki!» senza darmi possibilità di replica si voltò di spalle e sparì oltre la porta d'entrata. 

Avevamo litigato nuovamente per la sua gelosia e mancanza di fiducia nei miei confronti. Qualcosa non andava e non poteva più essere risolta con un semplice contatto fisico, avevamo bisogno di parlare seriamente e Castiel doveva iniziare a prendere sul serio le mie parole. Io non ero Debrah, non lo avrei mai ferito, non gli avrei mai voltato le spalle, non lo avrei mai abbandonato e doveva ficcarselo in quella testa di rapa rossa che si trovava. 

Cercando d'ingoiare la delusione percepita in tutto il corpo, mi abbassai e presi il foglio scritto da Castiel, lo aprii e trovai una lista di dieci brani che secondo lui sarebbero stati adatti alla mia voce. Erano tutti brani pop di cantanti che odiava; si era sforzato per me senza che glielo chiedessi. Mi sentii immediatamente in colpa per esser stata prevenuta nei suoi confronti. Avrei tanto voluto stringerlo a me in quel momento. 

***

Più volte in quel pomeriggio fui tentata di raggiungere Castiel per chiarire, ma conoscendolo piuttosto bene preferii far passare più ore per fargli smaltire la collera. 

Alle nove di sera ero sotto casa sua, davanti al cancello, camminando avanti e indietro alla ricerca di coraggio per entrare e chiedergli di perdonarmi. Non ero abituata a farlo, solitamente era sempre lui a sbagliare. Certo, anche in quel caso si era dimostrato essere prevenuto nei miei confronti, ma anch'io avevo fatto la mia parte. Mentre ancora rimuginavo sul da farsi fui distratta dalla vibrazione del mio cellulare, lo afferrai e lessi il messaggio. Era proprio da parte di Castiel. 

Stai consumando il marciapiede a furia di camminarci avanti e indietro.

Mi aveva vista, maledizione! Dov'era nascosto? Mi guardai intorno alla ricerca della sua folta chioma, non passava mai inosservata, ma non riuscii a vedere niente. Un altro messaggio da parte sua mi aiutò a comprendere dove potesse essere. 

"Counting Stars", mi scrisseEra un brano dei OneRepublic che qualche volta avevamo ascoltato insieme. Adoravo le sue risposte criptiche contenenti più messaggi nascosti e adoravo ancor di più indovinare cosa volesse intendere. 

Sollevai il capo verso il cielo pieno di stelle e proprio sul tetto di casa Black notai una sagoma, non poteva che essere lui. Cosa ci faceva lì sopra? Non c'era mai fine alle sue stranezze e particolarità, ma erano anche quelle a farmi innamorare ogni giorno sempre più di lui; peccato che non lo avrebbe mai saputo. 

Miki: Come dovrei raggiungerti?

Castiel: Con i piedi?

Miki: Smettila di fare lo spocchioso

Castiel: E tu di farmi ammattire

Miki: Devo andarmene? Stai cercando di farmi capire questo?

Castiel: C'è una scala sul retro del giardino

Sospirai leggermente rilassata dal fatto che non volesse mandarmi via e tentai di raggiungere il retro della casa semi-illuminata con la torcia dello smartphone attiva. Quando trovai la scala in questione la fissai inorridita per quanto sottile e traballante. 

«Te la reggo io», mi spaventò la voce di Castiel. Si trovava sul tetto con le mani su entrambi l'estremità della scala. Conservai il cellulare in tasca e percorsi la scalinata più tranquilla rispetto a prima. Quando finalmente giunsi sul tetto, Castiel poggiò le mani sul mio bacino per reggermi. Una volta in piedi sulle tegole ci trovammo l'una di fronte all'altro. 

 «Allora...» iniziai senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto. I suoi occhi, il suo volto con dietro un letto di stelle, mi ridussero il cervello in pappa ed il cuore in gelatina. 

«Allora?!» ripeté mormorando. La sua voce sensuale mi accapponò la pelle. 

«Scusa!» biascicammo all'unisono. Scoppiammo a ridere per il nostro solito amico tempismo. Poi mi afferrò la mano e lentamente mi guidò sul punto in cui era seduto prima del mio arrivo. Ci accomodammo l'uno a fianco all'altra in silenzio. 

«Inizia tu», m'incoraggiò a parlare per spiegargli le mie ragioni. 

«Cosa stavi facendo?» gli chiesi vedendo la chitarra accanto a lui ed un quaderno chiuso.

«Niente di che», lo vidi irrigidirsi alla mia domanda. Lasciai correre, non volevo peggiorare la situazione già delicata di suo con la mia eccessiva curiosità. 

«Sono stata affrettata a giudicarti per via della musica e... Grazie per i brani consigliati, sono davvero belli», non lo guardai negli occhi, fissai invece il cielo illuminato dalle stelle. Era immenso, buio e bellissimo visto dall'alto della villa Black. 

«Già... Hai sbagliato a pensare che quel damerino da quattro soldi potesse avere gusti musicali migliori dei miei.» Il solito esagerato. 

«Non ho pensato questo», ribadii.

«Oh sì invece, il messaggio mi è arrivato forte e chiaro.»

«Castiel dobbiamo parlare a proposito di questo, non è possibile che per qualsiasi cosa tu dubiti subito di me», cercai di mantenere la calma, con le urla non avremmo risolto niente.

«Non l'ho fatto...»

«Sii serio», gli urtai la spalla e sollevai nuovamente gli occhi al cielo. Sperai di non tornare punto e a capo in quei discorsi.

«Lo sono», si sdraiò con le mani dietro la testa a mo' di cuscino. «Ho un modo di pormi sbagliato, ma non sei tu quella che temo», roteò il volto nella mia direzione. Stranamente non era agitato.

«E allora chi temi?» fu scontato chiedergli. 

«Me stesso!» per qualche istante non aggiunse altro, poi terminò «Temo il momento in cui mi dirai addio, temo la mia reazione. E ogni volta che litighiamo penso che quel momento possa essere arrivato; per cui dico cose per ferire o faccio lo stronzo per prevenire», parlò con calma rivelandosi in tutta la sua fragilità. Corrugai la fronte, riflettei ed immagazzinai la rivelazione. Non mi aspettavo quella sincerità totale. «Perché prevenire è meglio che curare, no?!» sollevò braccia e spalle. «E ciò non vuol dire che io non mi fidi di te, è solo colpa della mia testa che in quei momenti è annebbiata».

«Va bene», mi presi un attimo di tempo prima di rispondere. «Comunque non credo possa essere mai possibile quello che hai detto», sospirai e poi lo guardai negli occhi sperando di risultare maggiormente convincente «Non potrei mai dirti addio».

«Non ne sono così sicuro...» interruppe la connessione tra i nostri occhi e spostò lo sguardo sul cielo. Mi stava nascondendo qualcosa, non era necessario un genio per capirlo, sperai fosse qualcosa di poco conto e perdonabile.

«Invece io dico che sai essere un bravo fidanzato quando t'impegni», sorrisi rievocando tutti i momenti in cui, in quei pochi mesi, era riuscito a sorprendermi. Non avevo più alcuna intenzione di fasciarmi la testa con i problemi.

«Sul serio?»

«Sul serio».

E preferii non aggiungere altro, a volte le parole risultavano essere superflue. Mi trascinai fino a lui e mi sdraiai poggiando la testa sul suo petto. Il muscolo cardiaco gli batteva regolarmente nella gabbia toracica, fui soggiogata da quel suono. Lui era lì: vivo, bellissimo e mio. Completamente. Non m'importò di nient'altro. Posò il braccio destro sul mio fianco e prese ad accarezzarmi. Insieme, in silenzio, ascoltammo i rumori della notte.

«Everything that kills me makes me feel alive. Everything that drowns me makes me wanna fly.» Dopo qualche minuto di silenzio Castiel bisbigliò in inglese parte di quel brano di cui, solamente mezz'ora prima, mi aveva mandato il titolo per messaggio.

"Ogni cosa che mi uccide mi rende vivo. Ogni cosa che mi soffoca m'invoglia a volare", sapevo ci fosse un significato nascosto dietro quel titolo. Ma cosa lo uccideva e, nello stesso tempo, lo rendeva vivo? Cosa lo soffocava e, nello stesso tempo, gli permetteva di volare?

«La relazione che avevo con Debrah era malata. Stavamo insieme ventiquattr'ore su ventiquattro, appena ci siamo messi insieme praticamente già convivevamo; lei non aveva regole ed io vivevo solo. Eravamo piccoli - per cui ci sembrava qualcosa di figo e fuori dall'ordinario - ancora non capivo quanto potesse essere sbagliato. Non uscivamo, ci divertivamo soltanto a letto», udii la sua voce ancora più profonda e roca a causa della posizione in cui ero; vibrò nella cassa toracica e rabbrividii sia per quel particolare che per il racconto. Ancora una volta aveva scelto me per confidarsi. Non m'infastidii del suo parlare di un'altra donna, in quel caso era diverso il motivo per il quale lo stava facendo. «Il primo anno andò tutto bene, mi sembrava di essere in un sogno, di aver trovato l'amore della mia vita. Compensava persino la mancanza dei miei genitori. Evidentemente però tutta quella perfezione era solo nella mia testa... Il resto lo sai. Quando ho scoperto delle sue menzogne mi sono visto improvvisamente solo, avevo perso tutti. Ho iniziato a drogarmi e a bere per dimenticare, fino ad arrivare quasi a morire per delle stupide pasticche», riassunse gli eventi principali che già conoscevo. Gli carezzai il petto coperto da una sottile t-shirt nera e restai in silenzio, in attesa di capire dove volesse andare a parare con il suo discorso. «Ed è per questo se, con te, ho cercato di fare le cose con calma. Ho evitato di dormire, di passare troppo tempo in tua compagnia. Posso sembrare matto, ma non voglio più dipendere totalmente da una persona com'è accaduto con lei. Non voglio più arrivare a toccare il fondo com'è capitato in quel periodo della mia vita», lo sentii sospirare frustrato dopo quelle parole. 

La storia con Debrah lo aveva segnato per sempre, avrei dovuto rassegnarmi davanti a quel dato di fatto. «Ed è per questo che non riesci più ad amare...» seppi di star toccando un argomento delicato per lui, ma avevo bisogno di capire quanto e se fossi riuscita a smuoverlo in quel mese. Ci eravamo promessi che ci avrebbe provato e che io lo avrei aiutato. 

«In realtà dopo che... Non so più se - quello provato per Debrah - fosse amore», mi alzai di scatto davanti a quella rivelazione, il cuore minacciò di uscirmi dalla gabbia toracica. Guardai Castiel con gli occhi sgranati. Lo aveva detto sul serio? Se n'era già pentito? Cosa voleva dire esattamente? Dio, la lingua fremeva per quanto avrei voluto tartassarlo di domande. «Cosa ho fatto?» mi guardò tranquillo. Era talmente in vena di essere sincero da non riuscire a pesare le parole. 

«Hai detto che tu... C-cioè che Debrah... Che tu non-» gesticolai agitata. Perfetto, non ero più in grado di concludere un discorso. Mi portai le mani tra i capelli e li scompigliai. 

«Calma Miki», sorrise teneramente restando coricato. Cavolo, lo avrei voluto baciare e uccidere contemporaneamente. Come potevo restare calma davanti a quella rivelazione velata? 

«Hai detto che Debrah... e che tu n-» fu lui a bloccarmi. Si mise seduto e mi tappò la bocca con la mano per prendere la parola.

«Ho detto che probabilmente non amavo Debrah come pensavo e che a questo punto non so neanche cosa possa significare amare una persona, però...» fermò quella rivelazione proprio sul punto più importante per me, mi guardò negli occhi leggendomi l'anima e, senza levare la mano dalla bocca, proseguì sorridendo «tu stai facendo un ottimo lavoro!» Fece riferimento alla promessa che stringemmo entrambi poco tempo prima: io avrei provato ad insegnargli ad amare e lui me l'avrebbe lasciato fare. Non aggiunse altro, mantenne quell'aria misteriosa e criptica che da sempre lo aveva contraddistinto ed io - seppure con un velo di delusione - mi sforzai di farmi andare bene quella risposta.

Quando finalmente si decise a levarmi la mano dalla bocca si avvicinò per baciarmi, lo fece senza chiedere il permesso; sapeva benissimo di poter fare ciò che voleva di me. Fu un bacio speciale, di un significato profondo, che racchiudeva un sentimento ancora troppo acerbo per essere svelato... Castiel preferì celarlo nell'avvolgente manto di stelle luminoso. Sperai piovesse, sperai cadesse il cielo, per scoprirlo e poi riportarlo alla luce del sole.


-

Il giorno dopo


Durante l'ora di arte il professore ebbe la brillante idea di farci dipingere ed io, totalmente negata e maldestra, finii per macchiarmi i vestiti e le mani. Alla fine della lezione, mentre ancora il professore che avremmo avuto nell'ora successiva doveva giungere in classe, mi precipitai in bagno per cercare di ripulirmi. Risultò impossibile: con l'acqua finii per macchiare ancor di più la camicetta. Maledii l'insegnante nella mia mente e, sbuffando, spalancai la porta del bagno per uscire e rientrare in aula con una chiazza enorme e bicolore sul seno. Ma prima d'incamminarmi una voce - che conoscevo bene - proveniente dai bagni maschili attirò la mia attenzione. C'era solo un muro a dividere le due porte, per cui sporsi la testa e sbirciai senza correre il rischio di esser vista.

«Mi sei mancato...» affermò tra un bacio e l'altro.  

«Non possiamo più continuare a vederci di nascosto, dobbiamo dirlo a tutti».

Totalmente sbalordita da quello a cui avevo appena assistito, mi tappai la bocca per non urlare e restai immobile con i piedi incollati sul pavimento. 

 

 

 

 



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🌈N.A.🌈

LALALALALALALALALAAAAAAAAA... Cos'avrà visto Miki? Chi erano i due che si scambiavano effusioni? Diamo il via alle supposizioni. Sono curiosa di conoscere i costi pensieri. Fatevi avanti.

E invece Nathaniel?! Perché è cambiato così tanto nei suoi comportamenti?

E poi i Mikistiel che litigano e fanno pace. Castiel e le sue rivelazioni già quasi svelate negli altri capitoli. Non so proprio come spostare l'attenzione su altro, quando mi metto a scrivere di loro non la smetto più e finisco per fare un intero capitolo sui loro momenti😆, spero non vi dispiaccia😜

E spero, inoltre, che non vi siate stancati di leggere della loro routine o della storia in generale. 

Vi chiedo perdono per l'enorme ritardo, mi farò perdonare. 

Poi vorrei condividere con voi una piccola gioia: la storia è arrivata settima nella categoria Teen-fiction/ Fan-Fiction del concorso "Nuovi Talenti 2019" organizzato da alcune ragazze su Wattpad. C'erano 25 storie partecipanti in totale, so di non essere sul podio, ma resta pur sempre una piccola soddisfazione. Quindi sono già felice del risultato ottenuto, venivano giudicati solo i primi capitoli quindi è una gratificazione doppia perché, pur avendoli revisionati, sono ancora parecchio dubbiosa sulle prime parti. 

Ora vi saluto, 

Buona serata

Blue🦋 


P.S Colgo l'occasione per mostrare la mia vicinanza al popolo francese (e non solo) per l'incendio avvenuto a Parigi, nella Cattedrale di Notre-Dame: patrimonio dell'intera umanità. Sono catastrofi terribili che non dovrebbero mai accadere, perdite che non dovrebbero mai avvenire. Sono davvero dispiaciuta💔

  
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