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Autore: SherlokidAddicted    25/04/2019    3 recensioni
|| AU Destiel ||
John Winchester è morto, e Sam non riesce a superare il lutto.
Dean non ce la fa a vedere suo fratello in quelle condizioni, in più l'assenza del padre lo carica di un peso insopportabile all'altezza del petto. Non vuole piangere davanti a Sammy, vuole dimostrarsi forte e vuole soprattutto che il minore elabori la perdita con il suo aiuto.
Ma Dean non sta bene come crede, ha bisogno di un luogo tutto suo dove rilassarsi e magari anche piangere, quindi inventa uno spazio aperto tutto suo, lo immagina, lo sogna e lo visita ogni volta che chiude gli occhi la sera. Lì è tutto tranquillo, nessuno può dargli fastidio, nessuno può dirgli cosa fare, nessuno può stressarlo perché quella è solo la sua immaginazione e niente può intaccarla. Ma il suo inconscio gli gioca un brutto scherzo, e ben presto si rende conto che quel posto dovrà condividerlo con uno strambo tizio con un lungo trench che la sua mente ha creato per diventare la sua valvola di sfogo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'The silence'
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La lettera per Hogwarts

Sembrava proprio che l’unica distrazione per Dean fosse passare del tempo con Jack.

Quel ragazzino gli ricordava tremendamente l’uomo che amava, e Dean sapeva anche perché. Castiel gli aveva spesso parlato del loro passato. Sapeva che quando Lucifer e Kelly erano impegnati con il lavoro, il piccolo Jack passava le giornate a casa di Gabe o di Castiel. Abitavano a pochi passi di distanza, uscivano sempre tutti insieme. I Novak lo avevano in parte cresciuto, tanto che lui aveva assorbito alcune delle loro abitudini, come la tipica espressione confusa di Castiel o la fede cristiana di Gabe.

E poi c’era quella passione per le vecchie auto che lo accomunava con Dean, e quel piccolo sogno del ragazzo di potersene occupare anche per lavoro, una passione che a quanto ne sapeva aveva preso dal nonno.

Nell’ultimo periodo non era venuto spesso all’officina, anzi in effetti non ci era venuto per niente. Era troppo impegnato con gli esami della patente e le lezioni di guida con il suo istruttore, ma Dean aveva avuto occasione di passare del tempo con lui quando andava alla tavola calda, lui e Jack si sedevano insieme a mangiare allo stesso tavolo, o quando andava a trovare Gabriel a casa… perché adesso anche il rapporto con il suo potenziale “cognato” stava diventando più solido.

Quando quel giorno Jack si fece vivo in officina, settimane dopo la partenza di Castiel, Dean e Bobby stavano parlando con Ellen, la donna che aveva organizzato quella raccolta fondi. Era arrivata lì con l’auto guasta, consigliata proprio da Jessica. A Dean non sfuggì il modo in cui i due si stavano guardando mentre discutevano del problema. Sembrava che Bobby non avesse mai visto una bella donna prima di allora. Fu distratto dal motore del furgoncino che era appena entrato nel parcheggio dell’officina.

- Immagino che possiamo intervenire anche subito… - Borbottò Bobby grattandosi nervosamente un braccio mentre Ellen gli sorrideva riconoscente. Dean lo guardò come se avesse avuto davanti un alieno, poi però si schiarì la voce con una finta tosse per attirare la sua attenzione.

- Vogliate scusarmi, ragazzi. - Fece un cenno a Ellen, poi passò di proposito in mezzo a loro e raggiunse l’esterno, dove Jack stava già scendendo dal furgoncino, pronto per mettersi al lavoro. - Non siete un po’ in ritardo? - Gabe era stranamente a suo agio, aveva una camicia con le maniche arrotolate fino ai gomiti e un paio di occhiali da sole che non esitò ad abbassare sul naso, così che i suoi occhi fossero più visibili a Dean. Calò il finestrino e sollevò le sopracciglia un paio di volte con fare ammiccante.

- Siamo diversamente in anticipo, invece. - Dean roteò lo sguardo trattenendosi il più possibile nel mandarlo a quel paese solo per non intaccare all’ingenuità di Jack che era lì presente. Lui era un ragazzino dolce e simpatico, non lo aveva mai sentito dire parolacce o lamentarsi in malo modo, non voleva che sentisse Dean imprecare come uno scaricatore di porto.

- Ehi Jack! Perché non mi aspetti dentro? Ho una cosa da farti vedere. - Il ragazzino annuì, poi rivolse un cenno di saluto a Gabriel che lui ricambiò, infine li lasciò da soli. Dean si appoggiò con entrambi i gomiti allo sportello del furgoncino, mentre Gabe si tirò su gli occhiali per sistemarli sulla testa. - Hai novità? - Gabriel sospirò.

- Come ogni giorno che me lo chiedi, no. - Dean annuì e distolse lo sguardo sullo specchietto retrovisore dove Gabe aveva appeso quel pupazzo che rappresentava un angelo, quello che Castiel aveva regalato al fratello maggiore quando Gabe aveva acquistato quel furgoncino, per proteggerlo, aveva raccontato una volta a Dean. Il crocifisso non c’era più, sapeva che Castiel lo teneva al collo insieme alla sua medaglietta.

- Nemmeno una telefonata o… -

- Dean, la telefonata deve guadagnarsela. - Disse Gabriel. - Per te è la prima volta, lo capisco, ma io sono abituato alle sue gite oltreoceano. Non ho mai avuto sue notizie così presto, devi avere pazienza. - Il biondo annuì di nuovo, poi si passò una mano fra i capelli e sospirò.

- Scusami… è che mi manca così tanto. - Sentì lo sguardo di Gabriel addosso per un po’, uno sguardo un po’ diverso dal solito. Forse voleva dire solo che lo trovava cambiato, che non aveva più dubbi su di lui. Da poco Dean si era accorto che Gabriel non lo teneva più d’occhio come prima, non solo perché alla tavola calda non si azzardava a guardare nessuna ragazza con gli occhi da pesce lesso, ma anche perché ogni santo giorno Dean non faceva che chiedere a Gabriel se ci fossero novità. A volte, quando Sam era sommerso di lavoro e Dean veniva da solo al locale, se ne stava solo e in silenzio a guardare fuori dalla vetrata, seduto al tavolo che solitamente occupava con Castiel. Gabe avrebbe scommesso tutto sul fatto che in quei momenti in cui sembrava così fuori dal mondo, stesse proprio pensando a Castiel e a quanto gli mancasse.

- Lo so, Dean-o. - Disse infatti.

- È passato ancora solo un mese. Se ti rompo le scatole tutti i giorni è perché so che sai come ci si sente. Perché anche tu hai atteso molte volte il suo ritorno. - Mormorò Dean. - Come fai a non pensarci? - Gabe si agitò appena sul sedile, poi si passò la lingua sulle labbra e sospirò.

- Ci penso sempre, invece. Ma mi piace anche pensare che lui stia bene e che presto tornerà. Non è facile all’inizio, alla sua prima missione ho pianto come un bambino per un mese di fila, almeno finché non ho ricevuto una sua lettera dove mi rassicurava. Pian piano è diventato meno tremendo, ma ehi… tu sei fortunato! Ho dovuto sorbirmi la sua assenza per una miriade delle sue missioni, tu devi superare solo questa, e poi lo avrai sempre al tuo fianco, e a quel punto non lo sopporterai più e me lo rispedirai a casa. - Dean lo aveva ascoltato senza accennare a interromperlo, ma alla sua ultima frase non riuscì a trattenere una risata, così come non ci riuscì nemmeno Gabriel. Alla fine calò il silenzio per qualche secondo, ma non durò molto perché fu proprio il cameriere a spezzarlo - Senti, ho una proposta. Stasera io, Meg e Jack andiamo al bowling. Ti unisci a noi? Puoi dire a Samuel e Jessica di aggregarsi. Che ne pensi? - Dean accennò un minuscolo sorriso.

- Stai cercando di farmi distrarre? -

- Beh, ci sto riuscendo? - Dean ridacchiò. - Allora, vuoi venire o no? -

- Va bene, perché no. - Disse Dean facendo spallucce. Non gli dispiaceva passare una serata diversa, una in cui non sarebbe rimasto a letto a pensare a Castiel. Molte volte era finito in quella situazione, ma non piangeva mai. Non sapeva bene se non ci riuscisse o se semplicemente era consapevole che, diversamente da quelle terribili settimane in cui aveva creduto che fosse sparito dalla sua testa, sapeva che sarebbe tornato a casa sano e salvo, e soprattutto per stare con lui, proprio come gli aveva appena detto Gabe.

- Perfetto, alle nove io e Meg passeremo a casa vostra. - Era strano per Dean vedere Gabriel in compagnia di una donna e che la cosa fra loro due fosse seria. Era abituato a vederlo flirtare con qualunque cosa avesse la capacità di respirare, forse Gabe gli somigliava più di quanto pensasse. Anche lui aveva trovato forse qualcuno per cui ne valeva la pena. Meg sembrava fatta apposta per lui, sapeva tenergli testa e sapevano come punzecchiarsi. Ultimamente li aveva adocchiati insieme alla tavola calda, sembravano una coppia di vecchi amici, non una coppia di amanti. Di certo le smancerie non erano tra le loro cose preferite, almeno non quelle in pubblico. Gli sarebbe piaciuto sapere i retroscena di quella storia, ma d’altronde non voleva impicciarsi in qualcosa che non gli riguardava.

Gabe mise in moto il furgoncino e fece per andarsene, ma Dean lo raggiunse di nuovo al finestrino e gli rivolse uno sguardo indagatore.

- Tu lo sai, vero? - Gabe parve non capire. - Del lago, dei sogni, tu lo sai. - Non glielo aveva mai chiesto veramente, né ne aveva fatto parola con Castiel, ma era sicuro al cento per cento che Gabriel sapesse ogni cosa. Quest’ultimo accennò un minuscolo sorriso e sollevò le sopracciglia. Non disse nulla, ma quel silenzio era pieno di parole. Dean aveva capito tutto, quindi si allontanò con un mezzo sorriso dal veicolo, poi Gabriel fece marcia indietro e se ne andò.

Ne aveva avuto la conferma.

Dean mise le mani in tasca e si diresse di nuovo in officina. Bobby ed Ellen stavano ancora parlando, ma dalla risata della donna sembrava proprio che la loro discussione non riguardasse affatto il guasto all’auto. Sembrava proprio che Bobby ci stesse quasi… provando. Dean non riuscì a trattenere quel cipiglio sorpreso mentre attraversava la stanza e raggiungeva Jack che lo stava aspettando in silenzio, appoggiato alla parete e con le braccia incrociate.

- Come vanno le lezioni? - Chiese Dean mentre si rimboccava le maniche della camicia e si dirigeva verso uno dei cassetti per cercarvi all’interno. Jack lo guardò incuriosito.

- Vanno bene. - Disse semplicemente, e allo stesso momento Dean tirò fuori un mazzo di chiavi dal cassetto e fece cenno al ragazzo di seguirlo. Jack divenne ancora più confuso, ma tacque e lo seguì senza esitare, curioso come un bambino. Dean lo guidò fino al parcheggio, fra tutte le auto da rottamare e quelle ancora da riparare.

- Oggi voglio vederti guidare, è da tanto che non facciamo una lezione solo io e te. - Jack si guardò per un momento alle spalle. L’Impala era parcheggiata vicino all’ingresso, mentre loro stavano andando dalla parte opposta.

- Va bene ma… la tua macchina… -

- La mia macchina? Non sarà la mia macchina quella con cui andrai a prendere la tua futura ragazza. - Jack si portò una mano sulla nuca per grattarsela, poi piegò leggermente la testa da un lato. Fece per aggiungere qualcosa, ma poi vide Dean fermarsi e guardarlo come se si aspettasse una qualche reazione da lui. Alla fine la vide. Davanti a loro c’era l’auto di suo padre, rimessa completamente a nuovo, riverniciata come se fosse appena uscita da una concessionaria, pulita e splendente e completamente diversa dall’ultima volta che l’aveva vista. - Dì qualcosa, avanti! - Jack parve risvegliarsi da un lungo sonno profondo e guardò Dean con occhi lucidi e un sorriso incredulo.

- Hai… hai finito di ripararla! - Esclamò mentre si avvicinava all’auto a passo lento. - Quando? - Dean cercò di nascondere il sorriso soddisfatto dietro al suo solito orgoglio, ma davanti a quell’espressione grata di Jack non riuscì a trattenersi.

- Beh, visto che non ci sei stato ho deciso di farti questa piccola sorpresa. Ho lavorato giorno e notte, Bobby mi ha dato una mano qualche volta, ma in realtà ci ho sudato da solo. Lavorare mi aiutava a non pensare e sono riuscito a finirla. Beh, che ne pensi? - Lo aveva davvero fatto, spendere tutto il suo tempo per fare in modo che quella macchina sembrasse nuova di zecca. Lavorare non lo faceva pensare troppo, era stato un bene forse. Si chiedeva cosa avrebbe fatto per distrarsi nei giorni successivi.

Jack si avvicinò alla macchina e toccò con delicatezza il tettuccio, come se avesse paura di romperla al solo sfiorarla.

- Mi ricorda tanto quando papà l’ha comprata e l’ha portata a casa la prima volta, era così felice… - Si morse l’interno della guancia, ma sul viso aveva un minuscolo sorriso malinconico.

- Beh, adesso è tua! Quando avrai quella dannata patente potrai fare di tutto. - Dean lanciò letteralmente le chiavi verso Jack e lui le prese al volo. - Perciò? Vogliamo andare? - Jack si lasciò sfuggire una risata felice e annuì, poi entrambi salirono in macchina. Il ragazzo strinse le mani al volante come se lo vedesse per la prima volta, poi però mise in moto e partì.

Dall’ultima volta era migliorato tantissimo, la macchina non si spegneva più per colpa della frizione e Jack proseguiva spedito per la strada, facendo attenzione ai segnali, ai semafori e agli incroci. Dean lo controllava in silenzio, con una punta di orgoglio.

- Sei diventato un prodigio! -

- Beh, questo è anche merito tuo. - Jack si girò solo un attimo per sorridergli, poi continuò a guidare in silenzio.

La giornata poi trascorse tranquilla. Pranzò alla tavola calda, scambiando quattro chiacchiere con Gabriel al bancone subito dopo, poi in officina si occupò dell’auto di Ellen. Un problemino da nulla che poteva essere sistemato in poco tempo, infine decise di rincasare prima. Aveva avvertito Sam e Jessica dell’uscita e loro avevano accettato senza problemi, doveva prepararsi prima che Gabe e Meg si facessero vivi alla loro porta, così Bobby gli aveva detto che poteva andare, che ci avrebbe pensato lui a quell’auto. Quando però Dean nominò Ellen, Bobby distolse lo sguardo e cercò di cambiare argomento. Dean cercò in tutti i modi di non scoppiare a ridere per quell’improvviso imbarazzo.

Quando entrò in casa, trovò Sam con delle buste fra le mani. Le stava controllando una per una, sbuffando rumorosamente. Dean lasciò andare le chiavi sul tavolino all’ingresso.

- Bollette? - Chiese con una smorfia.

- Sì, per la maggior parte. - Disse in risposta con un sospiro, poi tirò fuori una busta dal mucchietto e la porse a Dean senza dire nulla. Il maggiore lo guardò confuso, e nel vedere il mezzo sorriso sul viso di suo fratello non poté fare a meno di alzare lo sopracciglia. Cos’era, un modo carino per chiedergli di pagarle? No no, quella non era una faccia di uno che voleva fregarlo. Si avvicinò titubante e la prese. Lesse l’indirizzo del mittente, ma non lo riconobbe. Poi però sollevò lo sguardo e lesse il nome a caratteri cubitali.

“Castiel Novak”

Per un attimo fu sicuro di non sentire più il terreno sotto i piedi. Sam non disse niente, si limitava a sorridere, perfino mentre Dean sollevava lo sguardo stupito sul viso del minore. Cercò di darsi un contegno e si schiarì la voce con una finta tosse prima di allentarsi il colletto della camicia come se all’improvviso gli stesse dando fastidio, quella scena gli ricordò tanto il nervosismo di Sam quando ricevette il risultato del test d’ammissione a Stamford.

- Se arriva Gabe digli di aspettare. - Disse Dean, poi corse fino in camera e si chiuse la porta alle spalle, facendo fare due giri alla chiave. Non voleva essere disturbato per nessuna ragione al mondo. Non seppe spiegarsi cosa stava provando mentre apriva con le mani tremanti quella busta, strappandola quasi per fare in modo che il foglio di carta all’interno ne uscisse illeso. Era forse sollievo, ma anche paura, perché non poteva mai sapere cosa ci fosse scritto, e l’ultima cosa che voleva leggere in quella lettera era che Castiel fosse ferito, o che gli fosse successo qualcosa di brutto.

Poi però riconobbe la sua scrittura non appena stirò il foglio sul letto e si sdraiò a pancia in giù per leggerlo. Soltanto leggere quel “caro Dean” lo fece sorridere come un imbecille.

 

Caro Dean,

Quando ti ho salutato in aeroporto mi hai detto di scriverti, anche per raccontarti una semplice cazzata. Bene, lo sto facendo, perché in qualche modo è come sentirti vicino a me, come se ti stessi davvero parlando, solo che stavolta non mi interromperai con le tue solite battute.

Non è successo molto in questi giorni. La vita di un soldato oltreoceano non è entusiasmante come molti pensano. Abbiamo semplicemente fatto il nostro lavoro di routine, molti dei nostri compiti comprendono l’ispezione di edifici segnalati come non sicuri, verificare che non lo siano davvero e in tal caso far evacuare tutti nel caso ci sia una bomba. È capitato. Qui è normale, ma noi interveniamo come è giusto che sia, poi teniamo al sicuro la zona mentre gli artificieri sono al lavoro. Sai… dobbiamo tenere d’occhio anche loro, perché mentre disinnescano una bomba il dinamitardo potrebbe essere lì fuori, pronto a innescarla sotto il loro naso.

Per fortuna nessuno ci ha mai provato.

Non voglio raccontarti questo per spaventarti, ma voglio essere sincero e farti sapere come vanno le cose qui, farti sapere che sto bene, che non ho paura, e che soprattutto non faccio che pensare a te.

Mi manchi come l’aria, Dean. La tua assenza è l’unica cosa che mi rende costantemente ansioso nell’attendere che il maggiore mi conceda di fare qualche telefonata. Saresti il primo che chiamerei. Gabriel ne sarebbe contrariato ma visto che le nostre comunicazioni oniriche non sono più possibili, tu saresti la prima voce che vorrei sentire.

Ho ascoltato la tua cassetta e avevi ragione. I Led Zeppelin sono forti, mi piacciono. Ma suona stupido se ti dico che nell’ascoltarla mi sono un po’ commosso? Lo so che le loro canzoni non fanno proprio commuovere, ma il fatto di avere una cosa tua con me è già abbastanza per farmi sentire in quel modo.

Mi dispiace, probabilmente questa lettera ci metterà un po’ ad arrivare, però spero di ricevere una tua risposta. La aspetterò come sto aspettando che questi nove mesi passino in fretta.

Dì a Sam che non vedo l’ora di riprendere le nostre uscite a quattro, e che mi manca anche lui.

Adesso devo andare, il dovere mi chiama. Oggi il maggiore vuole parlarci, probabilmente vorrà darci dei compiti da eseguire, e vista l’impazienza devono essere delle cose veramente urgenti. Ma lui è sempre impaziente dopotutto...

Sto contando i giorni, Dean. Non vedo l’ora di riabbracciarti.

Ti amo tantissimo. E ti prego aspettami.

Tuo Castiel.
 

Dean si asciugò un occhio con il dorso della mano, poi si distese sulla schiena e strinse quella lettera al petto come se fosse quella il suo Castiel. Non era così che si immaginava nel leggere la sua prima lettera, credeva di mantenere un certo contegno, di limitarsi a sorridere alle sue parole e di preparare un foglio e una penna per potergli rispondere. Invece così non fu. Dean si sentiva svuotato, era felice che stesse bene, ma ancora una volta quello non faceva che sottolineare quanto Castiel gli mancasse e quanto gli sarebbe ancora mancato.

Ma era così determinato ad aspettarlo che non credeva possibile che nella sua vita avrebbe sopportato di soffrire pur di stare con qualcuno. Mesi prima avrebbe già rinunciato per non stare male, ma Castiel non era uno qualunque. Era l’uomo dei suoi sogni, non ne avrebbe mai fatto a meno.

Tirò su con il naso, poi si girò verso il suo comodino e controllò l’orologio. Doveva sbrigarsi se non voleva fare aspettare Gabe in macchina.

Prese un respiro profondo e si mise seduto. Lasciò la lettera ben aperta sul letto, e si preparò. Al momento di uscire di casa, però, la ripiegò e la conservò nel suo cassetto. Sapeva che quella sera non avrebbe avuto altri pensieri se non la risposta che avrebbe dovuto scrivere.

Quando uscì di casa e guardò Gabe dal finestrino della sua macchina, lui non esitò ad abbassarlo e a lanciargli uno sguardo d’intesa. Aveva capito. Probabilmente Castiel aveva mandato una lettera anche a lui, e dal viso sconvolto di Dean, di sicuro quella cosa non passava inosservata

- Stasera dobbiamo proprio festeggiare. A quanto pare anche Dean-o ha ricevuto la sua lettera per Hogwarts! - Dean scosse la testa ridacchiando a quelle parole, poi salì sulla sua Impala.

Alla fine quella giornata non era stata poi così tremenda.


Note autrice:
MIEI PRODI.
Oggi siamo qui riuniti per questo capitolo che vi annuncio... è il penultimo. OPS.
Il prossimo sarà l'ultimo, poi ci sarà un epilogo che posterò successivamente.
Sì, ci stiamo avvicinando alla fine di questa storia e i miei feels stanno avendo il sopravvento.
Ci rivedremo comunque per lo spin-off su Gabe, quindi molti retroscena Gabestiel e molte lacrime... yep.
UNA COSA ADESSO, non vi lascio sicuramente a stomaco vuoto (?) quando questa storia si concluderà, in contemporanea allo spin-off pubblicherò, ebbene sì, una nuova Destiel. COMPLETAMENTE DIVERSA da questa. Sarà a tema fantascientifico, distopico e post apocalittico (non lo stesso della serie, una cosa completamente inventata da me) anche questa piena di misteri e cose da scoprire. Quindi... se volete essere avvertiti sul quando posterò questa nuova storia vi basterà dirmelo nelle recensioni e io vi avvertirò non appena posterò il primo capitolo, stessa cosa vale per lo spin-off. Pubblico tardi proprio perché ho già buttato giù i primi capitoli di queste due cose.
Che ne pensate di questo capitolo? Cosa vi aspettate accadrà nel prossimo/ultimo?
Spero vi sia piaciuto!
Baci e a presto! (Sabato avrete l'ultimo capitolo, e lunedì probabilmente l'epilogo)

  
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