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Autore: la luna nera    10/05/2019    4 recensioni
Firenze, si sa, è una delle capitali mondiali dell'arte e della cultura. Non è quindi raro che ospiti mostre ed eventi nei suoi innumerevoli edifici storici. A Palazzo Pitti ha da poco preso il via un'esposizione dedicata a Van Gogh che sembra indirizzata verso un grande successo di pubblico e critica. Ma qualcosa non va. Una misteriosa aggressione durante la notte ai danni di una guardia giurata rischia di mandare tutto all'aria e Laura non permetterà tanto facilmente al commissario Fiorini di bloccare l'omaggio al suo grande idolo Vincent Van Gogh.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che ore erano?

Mezzanotte?

L’una?

Quel dannato orologio alla parete si era forse fermato?
Da quanto quella porta maledetta restava chiusa?
Che stava succedendo oltre quella soglia?
Il commissario Fiorini, lì semplicemente Leonardo, aveva paura. Sì, aveva una tremenda paura di rivivere l’incubo del lontano giorno d’estate di tanti anni fa, quando lui aveva appena 18 anni ed era stato trasportato lì assieme a Cecilia.

Lui se l’era cavata con graffi e contusioni, lei non ne era uscita viva.


Quel bastardo non si era rassegnato al fatto che lei non volesse più uscire con lui. Cecilia aveva scelto Leonardo e lui non lo aveva digerito. Quel giorno li aveva inseguiti a bordo della sua moto, assieme agli altri della sua banda, li aveva speronati mentre loro stavano tranquillamente facendo un giro in motorino sulle colline di Firenze. Leonardo era caduto, riuscendo ad aggrapparsi ad un arbusto mentre il suo motociclo rotolava giù per la scarpata…rotolava giù assieme a Cecilia.
Le condizioni della ragazza erano apparse subito disperate e a nulla erano serviti i soccorsi, seppur tempestivi. Avevano provato a rianimarla in tutti i modi lì sul posto, dopo un recupero piuttosto difficoltoso, ma le sue condizioni erano apparse immediatamente critiche. La trasportarono d’urgenza in ospedale e la sottoposero ad un disperato intervento, ma le emorragie interne erano troppe e inarrestabili. Nonostante tutti gli sforzi, quando quella porta si aprì, lui comprese di averla persa per sempre.


Affondò il viso nelle mani esattamente come allora, percependo il vuoto sotto i piedi, come se il pavimento fosse scomparso all’improvviso e quel baratro lo stesse trascinando dentro un pozzo senza fine per la seconda volta. Chiuse gli occhi e quando tirò su la testa riconobbe il dottore di allora, con il volto serio e tirato, pronto a dargli una nuova terribile notizia. Era come un incubo quell’uomo, con lo stesso camice, gli stessi pantaloni verdi, la stessa faccia di allora. Gli si avvicinò in silenzio, poi aprì bocca per comunicargli la situazione, ma stranamente la voce pareva femminile, non maschile. Leonardo continuava a fissare la persona davanti a lui, sembrava ipnotizzato e solo dopo molti secondi quella mano che ripetutamente passava davanti ai suoi occhi riuscì a destarlo dal torpore in cui era caduto. Fu allora che si rese conto di non avere quel medico di fronte, bensì un’infermiera non proprio giovanissima.
“Ehi! Si sente bene?”
“Io…Sì, sì, sto bene grazie.” Iniziava a riprendere contatto con la realtà.
“Può entrare adesso, sua moglie si è svegliata e sta benino.”
“Mia…cosa?” Si sentiva ancora stordito e non era certo di aver capito bene.
“Su, coraggio, vada da lei!”
“Veramente lei non….” Ma l’infermiera si era già allontanata.
Ad ogni modo si avvicinò con passo felpato alla porta della camera in cui si trovava Laura, aprì in silenzio e scivolò dentro senza fare rumore. Lei era distesa sul letto, teneva una flebo al braccio e pareva assopita. Prese una sedia per starle vicino, notò ancora un forte pallore nel suo volto. Lei si accorse della presenza di qualcuno, girò il capo ed aprì leggermente gli occhi.
“Ciao….” Vederla sveglia fu un enorme sollievo. “Come stai?”
Lei sorrise. “Sei l’ultima persona che avrei immaginato di trovare qui al mio risveglio.” La sua voce era debolissima.
Nascose una risata di sollievo e ricacciò in dentro le lacrime che stavano tentando di inumidirgli gli occhi, tanti erano stati la tensione e lo spavento. “Come stai?” Ripeté la domanda a cui lei non aveva ancora risposto.
“Mi sento stanchissima, come se avessi scalato l’Everest ed il K2 assieme.” Era distrutta, ma felice di vedere Leonardo al suo fianco. “Mi hai portato tu qui?”
“Non ricordi cosa ti è accaduto?” Il silenzio che ne seguì fu un chiaro segnale. “Ti hanno trovata priva di sensi in una stanza della mostra, sei stata trasportata qui da un’ambulanza.”
“Davvero?” Non ricordava nulla. “E tu perché sei qua?”
“Le guardie hanno ritenuto opportuno comunicare l’accaduto alla Polizia, viste le indagini in corso.”
“Capisco.” C’era delusione, per un attimo aveva sperato di sentire una spiegazione diversa. “Dunque sei venuto per lavoro.”
“Diciamo di sì.” Era più forte di lui, non riusciva assolutamente a far emergere il suo stato emotivo, le avrebbe voluto dire la verità e cioè che era salito con lei sull’ambulanza, le aveva tenuto stretta la mano, divorato dalla preoccupazione e dalla tremenda paura di perderla. Ma non ci riusciva, era più forte di lui: quella corazza puntualmente spuntava ogni qual volta l’uomo tentava di sostituirsi al commissario. “Cerca di ricordare cosa stavi facendo: parlavi con qualcuno? Eri sola?”
“Io…” Aveva mal di testa e sforzarsi di ripercorrere quei minuti era fastidiosissimo. “Pensavo a lui…. Parlavo con lui… E lui mi ha risposto. Ha detto di essere qui per me. Me lo ha detto lui in un orecchio.”
Drizzò la testa. “Lui chi?”
“Vincent.” Le sue labbra si piegarono in un sorriso sognante.
“Vincent… Van Gogh?” Possibile?
“Certo, chi altri può essere così meraviglioso con me?”
Si sentì quasi offeso, ma d’altronde lui e il romanticismo vivevano da un’eternità su galassie distanti anni luce. “Ho capito. Ora è meglio che vada, tu hai bisogno di riposare. Ci vediamo quando starai meglio.” La salutò con un sorriso prima di alzarsi e scomparire dietro la porta. Prese il telefono e chiamò Esposito perché venisse a prenderlo, poi si avviò verso l’uscita, frugandosi in tasca alla ricerca di accendino e pacchetto.
“Che fa? Se ne va?”
Si voltò e riconobbe l’infermiera di prima.
“Lascia sua moglie da sola?”
Non le rispose.
“Ma tu guarda che tipo!”
Alzò gli occhi al cielo, visibilmente seccato. “Senta.” La bloccò prima che si allontanasse. “Se me ne vado, sono affari miei. Qui nessuno mi ha ancora detto cos’ha Laura!”
“Ah, ho capito.” Incrociò le braccia. “Lei è il classico uomo che scarica tutta la famiglia sulle spalle della donna e infatti sua moglie ha avuto un calo di energie impressionante, come mai avevo visto prima d’ora. Mi faccia indovinare: avete quattro, forse cinque figli, lei se ne sta sempre fuori fra il lavoro e le partite di calcetto, disinteressandosi di chi sta a casa a sgobbare dalla mattina alla sera! Ora che sua moglie è qui, tocca a lei rimboccarsi le maniche e la cosa non le va giù. Ho indovinato?”
“Ma lei non ha altro da fare che sparare stronzate con uno che neanche conosce?! Innanzitutto Laura non è mia moglie, non ho figli né con lei, né con altre donne e… Non sono affatto tenuto a dirle i cazzi miei.”
In quel momento arrivò Esposito sull’auto di servizio. “Tempismo perfetto.” Bisbigliò al suo fido collaboratore salendo sul veicolo.
“Tutto bene, commissa’?” Vide il suo capo stanchissimo. “Come sta la signorina Laura?”
“Ha avuto un calo di energie fortissimo, almeno così mi è stato riferito da quell’impicciona antipatica pettegola.” Sbuffò ripensando all’accaduto. “Ad ogni modo Laura mi ha detto cose strane, come se avesse parlato con Van Gogh in persona.”
“Azz, qui la cosa si sta facendo seria.”
“Dove lavora quel prete? Come si chiama, non mi ricordo….”
“Don Gastone? Sta nella canonica di Santa Maria del Carmine, appress a noi.”
“Mi porti lì.”
“We commissà, stiamo in piena notte.”
“Ah già…” Non se ne era reso conto.
“Vi porto a casa e ne riparliamo dimane, vabbuono?”
Annuì in silenzio. “Domani pensi lei ad avvertire i familiari della ragazza, io arriverò più tardi.”
 
 
 
Infilò la chiave nella serratura, aprì, accese la luce e trovò il suo appartamento quasi completamente vuoto: evidentemente Arianna aveva fatto portar via più cose del dovuto. Quel bel divano su cui si rilassava nei rari momenti di relax guardando la TV era scomparso, così come la stessa TV. Restavano a mala pena i mobili della cucina, fortunatamente ancora pieni, il tavolo e le quattro sedie. Andò in camera da letto per liberarsi del soprabito, dato che anche l’attaccapanni non c’era più, lo gettò sul letto che non era stato saccheggiato così come la sua parte del guardaroba, si tolse le scarpe e stanco com’era, accettò l’invito del materasso sprofondando in un sonno profondo e rimandando la doccia al mattino.
 
 
 
Ehi Leo!
Spero questa volta tu riesca a sentirmi, sei sempre così ottuso che non ti sei mai accorto della mia presenza.
Sei cambiato, Leo, non sei più quel casinista meraviglioso di tanti anni fa, adesso sei così duro e freddo.
Hai visto quanti anni mi ci sono voluti per rientrare in contatto con te?
Torna quello che eri, Leo, togli il gelo dal tuo cuore! Lascia spazio a quella poverina, fa’ che ti renda felice come fossi io!
A presto, amore mio.
 

Si svegliò di soprassalto, agitato e sudato. Si mise seduto sul letto massaggiandosi la fronte e guardandosi attorno. Il sole filtrava fra le tapparelle, gettò un’occhiata al telefono e vide che erano quasi le nove del mattino.
“Quella voce…..” Bisbigliò fra sé. “Cecilia…” Aveva sognato sicuramente, non c’era altra spiegazione. “Impossibile. Cecilia non c’è più da anni.”
Si mise in piedi e si avviò verso il bagno: una buona doccia gli sarebbe servita a svegliarlo per bene e a togliersi dalla testa voci e suggestioni.
 
 
 



 




 
Buon venerdì a tutti!
Chi è Cecilia: questa è la domanda che in molti hanno posto. Bene, immagino che adesso abbiate le idee più chiare: Cecilia era la fidanzatina di Leonardo ai tempi della scuola superiore, deceduta purtroppo in un incidente causato da un ex che non si era rassegnato. Ed ecco perché Fiorini è diventato freddo e apparentemente insensibile, perché ancora non ha superato il colpo subìto e non vuole altra sofferenza addosso. Ha in sintesi costruito una corazza per difendersi e proteggersi, ma qui sembra stia iniziando a sgretolarsi. Sarà davvero così?

Non voglio rubarvi altro tempo, desidero ringraziare tutti VOI che seguite e commentate la storia e vi auguro un buon fine settimana.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
  
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