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Autore: lisi_beth99    13/05/2019    0 recensioni
Alex Morel si vede strappare la sua tranquilla vita quando un incendio causa la morte di sua madre. Si vedrà coinvolta nel caso, seguito dalla squadra dell'Intelligence di Chicago. Qui incontrerà il detective Jay Halsted col quale instaurerà un legame.
AVVERTIMENTO! Questa storia farà parte di una sorta di collana che seguirà un po' il corso dei classici episodi della serie tv.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay Halstead, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6


Hailey bussò insistentemente alla porta di casa Slutton. – Arrivo! – si sentì urlare da dentro. In pochi attimi apparve sulla soglia l’avvocato Slutton in giacca e cravatta e gli occhietti piccoli incorniciati da una spessa montatura nera. – Che volete? – domandò l’uomo senza dare cenno di voler fare entrare i due detective. Jay mise una mano sullo stipite verniciato di bordeaux – Vorremmo parlare con Lei del Suo cliente, Jim Mendez. Quello ucciso ieri, fuori dal 21° distretto. – la voce piatta che nascondeva il sentimento di ribrezzo per quell’uomo. – Ah certo… È stata una tragedia e… - ma Upton non lo lasciò finire – Sì, sì ci risparmi i convenevoli. Siamo qui per farLe un paio di domande. Lei, i due agenti di custodia, il suo assistito e il procuratore eravate gli unici a sapere del trasferimento del sospettato. Il procuratore non aveva nessun motivo per fare una soffiata e, guarda caso, Lei è l’unico altro ad essere ancora vivo. Di certo non potrà non trovare la cosa alquanto strana...- l’uomo contrasse i muscoli visibilmente – Non mi starete certo accusando! Vero? – Jay inclinò la testa – Siamo qui solo per fare alcune domande. – ripeté fintamente cordiale. L’avvocato si scaldò ulteriormente – Non vi permetto di venire in casa mia ad accusarmi senza prove! Ora uscite! – quasi urlò facendo segno ai detective di prendere la porta ed andare.

-*-

-Okay ragazzi. Voglio tutto quello che riuscite a trovare sull’avvocato Slutton! Da come ha reagito alla nostra visita è chiaro che nasconda qualcosa, quindi mettetevi al lavoro. – Voight era appena stato aggiornato sulla visita a casa dell’avvocato e quello che aveva sentito gli aveva solo dato molto fastidio.

Dopo aver impartito gli ordini si chiuse nel suo ufficio: c’era una cosa che gli premeva dal pomeriggio precedente e doveva assolutamente trovare una risposta.

Entrò nel sistema sul suo computer e digitò un nome: Alexandra Morel. Il file che risultò dalla ricerca lasciò l’uomo ancora più infastidito di prima. L’unico riscontro apparso sul monitor, oltre alle informazioni basilari quali nome, indirizzo e poco più, era secretato. Il che lasciava pensare a qualcosa che non si sarebbe mai dovuto sapere. Avrebbe anche potuto lasciar stare se non fosse stato però che, uno dei suoi migliori detective fosse palesemente interessato alla ragazza. Sbuffò chiudendo la pagina, proprio nel momento in cui il diretto interessato entrava nel suo ufficio senza bussare. -Capo, abbiamo trovato qualcosa! – esclamò con un barlume di speranza.

-*-

-Andate a prenderlo immediatamente! – impartì Hank alla sua squadra. L’informazione appena trovata si era rivelata proprio ciò che stavano cercando: delle misteriose transazioni sul conto di Slutton.

Quando arrivarono alla sua porta, l’uomo stava per entrare in casa. – Avvocato Slutton? Deve seguirci in centrale. – disse Adam mentre lo afferrava per un braccio e cominciava a trascinarlo verso la sua auto. – Non potete! Lasciatemi stare. Voglio sapere di cosa mi accusate! – sbraitava Slutton ma nessuno lo degnò di una risposta.

-*-

Alex beveva un caffè espresso al bar vicino al Chicago Med. Di lì a poco l’avrebbe raggiunta il dottor Charles. Jay aveva mantenuto l’impegno ed aveva chiamato suo fratello Will per avere informazioni. Alla fine aveva dato il numero di cellulare di Alex allo psichiatra così che potessero concordare un incontro.

L’uomo entrò nel locale con gli occhiali che penzolavano al suo collo ed ancora il camice addosso. Quando vide la giovane le fece un segno di saluto e si avvicinò solo dopo aver preso un thè nero. –Ciao Alex. – sorrise mentre si sedeva difronte alla castana – Buongiorno Dottor Charles, grazie per avermi incontrata. – rispose lei prima di bere un altro sorso di bevanda calda. – Come stai? Ho saputo di tuo fratello, mi dispiace molto… - Alex fece spallucce, un modo che aveva sempre usato per farsi da scudo alle domande a cui non sapeva come rispondere – Non lo so, davvero. Questa mattina mi sono svegliata con la consapevolezza di non avere più nessuno al mondo. Ma ciò che più mi ha fatta stare male è che, nemmeno per un momento, ho sperato di essere con loro, di essere morta anch’io… - abbassò lo sguardo sul bicchiere di simil cartone. Daniel la guardò per alcuni attimi, senza proferire verbo, poi sospirò rumorosamente richiamando l’attenzione della sua interlocutrice – Sai Alex, non molti hanno il tuo stesso spirito. Non desiderare la morte perché si ha perso tutto è un grande segno, significa che sei una combattiva. Ed il fatto che abbia chiesto di me, significa che vuoi riuscire a superare questa situazione. Cosa provi in questo momento? -. Le parole del dottore riecheggiarono nella sua mente mentre cercava di capire come si sentisse – Io… Io voglio ricordarmi di loro, di mia madre e di Max; sono davvero furiosa per come sono andate le cose e vorrei non aver lasciato la mano di mio fratello su quella maledetta porta! Però non riesco a immaginarmi una vita di rimpianti… una vita che non è vita perché continuo a vivere nel passato. E poi… devo riuscire a chiudere col passato. – Lo psichiatra si domandò cosa volesse dire con quell’ultima frase ma il suo cercapersone vibrò costringendolo a tornare in reparto. – Io ora devo andare. Ma ti chiamo entro sera per fissarti un appuntamento nel mio studio in ospedale. – la salutò con una stretta di mano e si allontanò.

-*-

-Andiamo avvocato, abbiamo visto i tuoi conti e ci sono degli strani movimenti inspiegabili. Ti hanno pagato i “Los matadores” non è così? Ti sei messo d’accordo con loro per dirgli quando sarebbe avvenuto il trasferimento? – Hank aveva la pazienza al limite, ancora cinque minuti e non avrebbe più risposto delle sue azioni!

Slutton tremava quasi come una foglia seduto sulla sedia di metallo della sala interrogatori. Il viso del sergente a pochi centimetri dal suo. Poi Kim estrasse delle foto da una cartelletta di cartoncino – Guardale. – ordinò mentre gli scatti dei corpi martoriati dei due poliziotti e di Max Morel venivano messi sul tavolo, proprio sotto al suo naso – La tua soffiata ha ucciso due agenti e un bambino che non c’entrava nulla. Ti conviene confessare. La pena sarà diminuita se collabori, altrimenti lo sai anche tu, passerai il resto della tua vita dietro le sbarre. Non potrai più rivedere Sebastian… si chiama così tuo figlio no? Quanti anni ha? 15? – Burgess stava dando il meglio di sé in quell’interrogatorio.

Fu quando nominarono suo figlio che Slutton scattò – Non mi hanno pagato! Quei soldi me li ha dati un amico per tirarlo fuori da un guaio… - ammise abbassando il capo sconfitto – Voi non capite. Io dovevo farlo! Avevano rapito mio figlio… se non gli avessi dato quell’ informazione lo avrebbero ucciso. Non avevo altra scelta… - era scoppiato a piangere come un bambino.

-*-

Voight richiuse la porta alle sue spalle solo dopo aver fatto firmare una confessione all’avvocato in cui ammetteva il suo coinvolgimento e dava i nomi degli affiliati ai “Los matadores” che lo avevano contattato e avevano rapito suo figlio.

Con poca eleganza sbattè la confessione sulla sua scrivania così che il vice procuratore potesse esaminarla e procedere con i mandati di arresto. – Ah Hank! – si bloccò prima di uscire dall’ufficio del sergente – Ho brutte notizie… Theo Johns è stato rilasciato qualche ora fa. – Poco ci mancò che Voight si strangolasse con la propria saliva – Scusa, cosa? – l’altro uomo giocherellò con i fogli che aveva in mano – La difesa ha convinto il giudice che il riconoscimento di un bambino di 10 anni non fosse abbastanza e che la foto non provava nulla. Nemmeno la dichiarazione della ragazza è stata ammessa: il giudice ha concordato che, aver visto Johns fuori dall’edificio qualche giorno prima, non significa nulla. – fece un respiro – Mi dispiace Hank. – ed uscì senza aspettare una replica.

-Halstead vieni un attimo! – quasi ringhiò sporgendosi leggermente dalla porta. Jay si alzò dalla sua scrivania e si appoggiò ad una delle due sedie per gli ospiti che c’erano nell’ufficio del capo. – Che succede? – domandò leggermente allarmato. Voight si massaggiava la mascella nervosamente – Hanno rilasciato Theo Johns. – Halstead quasi fece cadere la sedia su cui era appoggiato – Cosa?! Perché? – l’altro si sedette sulla sua poltrona in pelle logora – La difesa è riuscita a rendere inutile la dichiarazione dei fratelli e la foto scattata dal bambino. È stato rilasciato qualche ora fa… Jay, forse è meglio se lo dici tu alla ragazza. E, con l’occasione, dille di passare in centrale appena può, avrei un paio di cose da chiarire con lei. – detto ciò gli fece segno di andare.

Chiamare Alex per dirle che l’assassino di sua madre era stato rilasciato era da escludersi, così pensò fosse meglio invitarla a bere qualcosa. Almeno avrebbe potuto parlarle a quattr’occhi.

-*-

Alex stava fissando il cellulare da minuti. Avrebbe voluto chiamare Halstead per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto in quei giorni; magari invitarlo a bere qualcosa poteva essere la cosa più facile e meno impegnativa, d'altronde non sarebbe stata la prima volta…

Rischiò di farlo cadere a terra quando sullo schermo comparve il nome del detective ed il cellulare cominciò a vibrare. Attese alcuni secondi prima di rispondere – Ciao. – disse neutrale, dall’altra parte ci fu il silenzio per una frazione di secondo – Hai voglia di andare al Molly? – domandò Jay – C’è una cosa di cui dovrei parlarti… - quella frase non faceva presagire nulla di buono ma Alex non riusciva a sopportare di stare in quell’appartamento. – Okay, facciamo fra un’ora? Ci vediamo lì davanti? – stava per chiudere la conversazione quando sentì bussare alla porta – Scusa un attimo… - e, senza togliere il cellulare dall’orecchio, andò ad aprire.
Si ritrovò il detective davanti, anche lui col cellulare ancora in mano – Ciao… - disse sorpresa, Jay sorrise – Ho pensato avresti gradito un passaggio. – le fossette si marcarono ulteriormente. Alex prese al volo la felpa e la borsa ed uscirono.

-*-

-Non ci credo… - c’era rassegnazione nella sua voce – Com’è possibile?! – domandò Alex ad Halstead portandosi poi il bicchiere di rum e cola alle labbra. – Non è stato considerato affidabile… mi dispiace Alex. – la giovane scosse il capo – Non è certo colpa tua! Come pensate di procedere ora? Avrete ben un piano, sarà già successa una cosa del genere, no? – Jay sorseggiò il suo Bourbon – Voight vorrebbe parlarti, non so di cosa, però appena puoi dovresti passare in centrale. – la castana alzò le braccia frustrata – Domani torno a lavoro, ho il turno di pomeriggio. Quindi passerò di mattina… - sospirò sconsolata – Sembra proprio che non ne vada una giusta quando ci sono di mezzo io… -

Il resto della serata cercarono di non pensare a quella notizia e si persero a parlare del più e del meno. Alex raccontò alcuni aneddoti su suo fratello e sua madre sentendo un grosso peso sul cuore. Nonostante ciò, ed un paio di lacrime versate, fu felice di riuscire a ricordare momenti felici della sua vita.

-*-

Hank parcheggiò l’auto subito prima del nastro giallo che delimitava il perimetro della scena del crimine. – Hey capo! – lo chiamò Ruzek accanto al cadavere coperto con un telo. Si trovavano in una zona quasi deserta, vicino ad un magazzino dismesso che, negli anni ’50 veniva usato come cotonificio. – Cos’abbiamo Adam? – domandò il capo, l’altro sollevò il telo – Non sarai contento… -. Il corpo apparteneva a Theo Johns; un foro di proiettile gli trapassava il cranio. – No, decisamente non sono contento. – disse prima di girare sui tacchi e tornare verso la sua auto.


Angolo dell'autrice

Ciao a tutti,

ecco la conclusione di questa storia. Per chi è arrivato fino a questo punto dico un grazie e mi piacerebbe molto sentire il vostro parere. 
Come già detto nella descrizione della storia, sarà una sorta di collana di racconti, una specie di storia a puntate. "Nothing will drag you down" è il titolo generale, che poi si suddividerà in varie sottostorie (simile a come viene strutturata una serie tv). Ora avete appena letto "Come tutto ebbe inizio" e, a breve, inizierò a pubblicare "Una ragazza complicata". Spero di essermi spiegata...

Grazie ancora a tutti coloro che sono arrivati fino a questo punto e spero di trovarvi ancora nella prossima storia!

Un saluto
Lisi

 
   
 
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