Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Luke White    17/05/2019    1 recensioni
Situata in una zona isolata del Reame delle Ombre, la Città Vuota non è altro che una sadica prigione cosciente, che rapisce vittime casuali da vari universi per spingerle in una lotta eterna. A essi viene promesso che se mai riuscissero a completare il proprio Marchio, assorbendo le Essenze dagli altri Viaggiatori o dai numerosi mostri che vagano per le strade, gli sarebbe concesso di tornare a casa. Finora, non si ha la minima prova che qualcuno sia mai riuscito a rivedere la luce del sole.
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La stanza era opprimente. Illuminando con la torcia le scaffalature colme di tomi polverosi e i tavoli coperti di strani oggetti che non sapeva identificare, sentiva l'ansia crescere man mano che si avventurava nella cantina, molto più grande di quanto avesse pensato inizialmente. Il rumore della pioggia che batteva sulla strada risuonava chiaramente in quel sotterraneo dal soffitto coperto di muffa. Più volte dovette trattenere l'impulso di tossire per l'enorme quantità di polvere nell'aria, cercando di non emettere il minimo rumore; in quella situazione, la polvere gli era sia nemica che alleata, perché lo spesso strato sul pavimento attutiva i suoi passi.
Con la mano sinistra copriva naso e bocca con il bavero del cappotto scuro, mentre con la destra puntava il revolver oltre gli svariati angoli di quell'intricato labirinto di scaffali di legno. La torcia da tasca che aveva recuperato qualche giorno prima gli era molto utile per tenere le mani libere.
Continuò a procedere a casaccio, di tanto in tanto ritrovandosi al punto di partenza, dove la scala a pioli scendeva dalla botola sul soffitto. Gli stretti passaggi sembravano tutti uguali. Capì di aver trovato il corridoio giusto quando notò la scia di sangue a terra che, mentre proseguiva, si andava sempre più addensando. Tenne l'arma puntata di fronte a sé e avanzò con passo cauto. Di tanto in tanto, la torcia gli mostrava profondi segni di artigli sul legno degli scaffali o del pavimento, insieme a schizzi di sangue nero mischiato al normale cremisi umano. Non se ne curò e proseguì. Era sicuro che tutto fosse già finito da un pezzo, nonostante il lieve tremore alla mano sembrasse indicare il contrario.
Giunse, infine, a una porta chiusa, di legno massiccio e rinforzata in ferro, e, lì accanto, in mezzo a una catasta di libri rovinati e pezzi di legno, vide una Creatura in decomposizione nel mezzo di una pozza di sangue, nero e secco. Si avvicinò piano, cercando di capire cosa fosse: gli sembrava una sorta di chimera, ma il corpo era fin troppo rovinato e un'identificazione certa era praticamente impossibile. Tuttavia, dallo squarcio sul fianco era facilmente intuibile come fosse morta.
Distolse lo sguardo dalla carcassa e si diresse verso la porta, aprendola con cautela. Le strisce di sangue avanzavano per un altro paio di metri, fino al cadavere di un uomo: seduto su una sedia, aveva delle profonde ferite da taglio sulla spalla e sul braccio sinistro, che rimaneva attaccato al corpo per miracolo. Nella mano destra teneva un'ascia di ferro dall'aria molto pesante. Probabilmente, i due si erano uccisi a vicenda e l'uomo era spirato qualche minuto dopo, giusto il tempo di entrare nel suo ufficio e mettersi comodo. La testa, con gli occhi chiusi, pendeva sul petto.
Osservò l'ascia per un istante. Da quanto aveva capito, quel tizio era stato un alchimista, eppure, per usare un'arma del genere, doveva essere stato ben diverso da quegli altri pseudo-scienziati, in genere intenti a trafficare con provette e computer, lasciando gli scontri fisici ai loro costrutti. Provò a esaminare il braccio, ma era troppo malridotto per riuscire a capire quanto il Marchio fosse esteso. Si limitò, quindi, a posare la rivoltella nella tasca interna del cappotto e a togliere il guanto dalla mano sinistra, poggiandola, poi, sul petto del cadavere. Immediatamente, quello divenne cenere e un'aura oscura si addensò intorno al braccio dell'uomo. Si rimboccò la manica e osservò l'intricato tatuaggio comparire per qualche secondo, mentre percepiva che nuovi disegni si aggiungevano all'estremità, scavalcando il gomito. Sorrise. Poteva dichiararsi pienamente soddisfatto.

*

Farsi strada verso la porta d'ingresso fu più difficile del previsto a causa delle numerose svolte del sotterraneo, e uscire sotto la pioggia perenne non era mai stato così piacevole. Rimase immobile per qualche secondo, mentre l'acqua lavava via polvere, ragnatele e residui di muffa, pensando a come la situazione stesse, pian piano, migliorando: si trovava in città da poco meno di un mese ed era arrivato molto più avanti di gran parte dei veterani. Se avesse proseguito con quel ritmo, entro un anno sarebbe riuscito a diventare completo e a uscire da lì.
Con quei pensieri confortanti, camminò, solitario, sotto la pioggia, posando lo sguardo sui pochi lampioni che emanavano la loro luce fioca e sulla città in sé, formata da un miscuglio di vari stili architettonici in un elegante caos di costruzioni. Fece vagare lo sguardo sul profilo appuntito delle case dalle porte sbarrate con lastre di ferro e dai muri chiazzati di rosso, osservando, in lontananza, le torri della Cattedrale, visibili da ogni parte della città, come a voler ricordare l'obiettivo finale di chiunque fosse rinchiuso in quel luogo.
Continuò a camminare, proseguendo per quella strada in discesa, facendo compagnia all'acqua, a tratti rosata, che scorreva accanto al marciapiede e nel mezzo della strada di ciottoli in rivoli scomposti. Dopo qualche minuto, si bloccò. Sebbene non ne potesse essere sicuro, dato il suono incessante della pioggia, gli sembrava di aver sentito qualcosa muoversi a poca distanza, dietro di lui. Si girò di scatto, estraendo la pistola e puntando. Non riuscì neanche a premere il grilletto: in un solo istante, l'arma venne tagliata a metà, rendendola inutilizzabile. Un altro battito di ciglia e una lama del colore della notte gli fu puntata al collo.
Osservò a occhi sgranati l'assalitore, incapace di reagire. Indossava un candido soprabito bianco e i tratti del volto, coperto dal cappuccio, erano difficili da scorgere, ma gli sembrò di notare un ciuffo di capelli castani e un paio di occhi grigi.
«Ti prego, non farmi del male» implorò, spaventato, alzando le mani. «Non ho nulla!».
«Taci» sibilò l'uomo in bianco, spingendo ancora di più la lama verso il suo collo. «Attiri le Creature».
«Va bene! Va bene! Sto zitto! Ma ti prego, non uccidermi!» disse, gli occhi che si facevano lucidi e l'espressione che veniva deformata dalla paura.
L'altro digrignò i denti. «Disgustoso... Proprio come ogni Sciacallo degno di questo nome».
Deglutì, impaurito. Poi assottigliò lo sguardo, esaminando il capotto bianco dai bottoni d'argento e la strana spada che gli veniva puntata contro, dalla lama scura e l'elsa apparentemente d'acciaio che terminava in un bizzarro insieme di cavi e ingranaggi. Il disprezzo che mostrava verso il suo gruppo, infine, non lasciava spazio a molti dubbi.
«Non siamo peggiori di voi dell'Ordine! Andate in giro con le vostre super-armi, vi credete migliori di noi e pensate di essere quelli "buoni", ma non mi sembra vi facciate tanti problemi per uccidere, come tutti!» esclamò, ora improvvisamente aggressivo.
«"Tutti"?» chiese quello, minaccioso, avvicinandosi leggermente. «Voi, feccia, approfittate degli sforzi e dei sacrifici degli altri Viaggiatori per il vostro tornaconto. Non avete il diritto di far parte di tutti».
«Perlomeno non assassiniamo nessuno!».
«Perché siete troppo codardi o troppo deboli per farlo!» ringhiò il membro dell'Ordine. «Non avete il fegato di affrontare le Creature per conto vostro e quindi prendete Essenze senza muovere un dito, mentre gli altri vi muoiono davanti... anzi, magari siete proprio voi a dargli il colpo di grazia quando vi danno le spalle. Siete la peggior specie di...».
Non riuscì a finire la frase perché, in un movimento fulmineo, l'altro riuscì ad afferrare un sacchetto dalla tasca del cappotto e lanciarlo a terra, sprigionando una cortina fumogena. L'aveva arraffato dall'ufficio dell'alchimista proprio per quelle evenienze, un composto chimico che reagiva a contatto con la particolare acqua che cadeva in quella città.
Corse dalla parte opposta, cercando di scappare dall'assalitore dell'Ordine, ma non riuscì a percorrere neanche una decina di metri che quello gli ricomparve di fronte. Si fermò di colpo, ma non fu abbastanza rapido: l'uomo fece scattare un meccanismo della spada e sotto la lama nera e sottile comparve una lunga canna di metallo, mentre l'impugnatura si inclinava leggermente e un grilletto scattava fuori dall'elsa, andando a completare un complesso archibugio.
«Sparisci da questa terra maledetta e dona la tua Essenza all'Ordine» recitò l'uomo. E fece fuoco.

*

Nello stesso momento in cui il cadavere dello Sciacallo diventava cenere e il tatuaggio di Garrett si espandeva fino a toccare il collo, la campana della Cattedrale risuonò nella muta città per dodici volte. Abbassò il cappuccio del soprabito per osservare l'edificio in lontananza, con la pioggia che gli batteva sul volto. Ululati e ringhi, sibili e grida cominciarono a echeggiare per le vie della Città Vuota, mentre le Creature iniziavano la loro caccia per il nuovo arrivato.
Era sicuro che anche l'Ordine si sarebbe mobilitato: se avessero voluto uscire da lì salvi, avrebbero avuto bisogno di più persone possibili per la raccolta di Essenze... peccato che molti Viaggiatori, per paura o per sfiducia, si rifiutassero di unirsi al loro gruppo. In genere venivano eliminati dopo qualche settimana, una volta divenuti Sciacalli o Macellai. L'Ordine Bianco non poteva permettersi di lasciare in vita persone del genere, che approfittavano degli altri, rubando ignobilmente le loro Essenze e compromettendo il loro piano finale, non capendo che era stato ideato per la salvezza di tutti i Viaggiatori.
Garrett fece tornare Vendicatrice in forma di spada, prima di farla sparire nel nulla con un rapido movimento del polso. Osservando la sua Arma tramutarsi in particelle di etere magico, tornando a far parte della Città Vuota, si chiese chi potesse essere il nuovo arrivato. Era da un po' che non se ne vedevano e sperava che questo, finalmente, decidesse di unirsi a loro; ne avevano davvero bisogno.
Cominciò a correre a una velocità che sarebbe stata impensabile nel suo mondo di origine, cercando di raggiungere il prima possibile quello che veniva chiamato Distretto Zero mentre, in lontananza, sentiva i versi delle Creature avvicinarsi al suo stesso obiettivo. Sperò di arrivare prima di loro.




Piccola spiegazione finale: questa storia avrebbe dovuto essere, nel 2015-16, il primo capitolo di un romanzo originale dal titolo di "L'Ordine Bianco" che, però, non ho mai scritto per mancanza di idee. Ho deciso comunque di mantenere questo "prologo", unica parte che ritenevo soddisfacente, come una mini-storia a sé stante che spero abbiate apprezzato.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Luke White