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Autore: Anonima Italiana    17/05/2019    6 recensioni
Cosa sarebbe accaduto se, oltre a Giorgio, anche Riccardo avesse sfidato il divieto di Edoardo IV ai fratelli di sposare le sorelle Neville?
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anne Neville, Elizabeth Woodville, George Plantagenet, Isabel Neville, Richard Plantagenet / Richard III
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduta accanto al piccolo fuoco che aveva acceso per riscaldare e illuminare un poco il sotterraneo in cui erano rifugiate, Elisabetta osservava il figlio Richard che insegnava alle sorelline Elizabeth e Mary un gioco con una palla di stoffa, mentre la piccola Cecily dormiva sopra il giaciglio usato come letto. Lo faceva senza , in realtà, vederli davvero: in quel momento infatti la ex regina era in preda allo sconforto per la terribile situazione in cui era piombata. Non aveva notizie di suo marito né di sua madre da settimane ormai: sapeva solo che Jacquetta era rinchiusa nella Torre in attesa di essere processata per stregoneria. L’angoscia le strinse il cuore in una morsa di ghiaccio: non poteva perdere anche lei, aveva già perduto suo padre e suo fratello John…il Signore non poteva essere così crudele! Lei, la figlia primogenita da sempre amata e coccolata da entrambi i genitori, ora era completamente sola al mondo, costretta a nascondersi e a non poter offrire un riparo adeguato ai suoi figli.
Il figlio maggiore Thomas era stato nominato attendente del patrigno Edoardo e lo aveva seguito, facendo inizialmente da messaggero tra lui e la moglie; ma anche del primogenito  da settimane non aveva notizie. Richard Grey invece era stato delegato dal sovrano ad assistere la madre e le sorelle.

Pensando ai suoi cari in pericolo, a quelli che aveva perduto e ai suoi figli (compreso quello che doveva nascere a breve e che non sapeva nemmeno se avrebbe conosciuto il padre) non potè evitare a una grossa lacrima di scendere lungo la guancia; ma fu subito pronta ad asciugarla. Doveva farsi forza, non poteva farsi vedere così dai suoi ragazzi, dove va essere per loro il sostegno e la guida che per lei  era sempre stata (e lo era ancora) sua madre Jacquetta. I tempi felici sarebbero tornati, doveva solo avere fede.
 
Improvvisamente, i suoi tetri pensieri furono interrotti da colpi concitati contro la porta del nascondiglio. Facendo segno ai figli di zittirsi, Elisabetta si alzò dalla sedia ma rimase immobile per qualche attimo, indecisa se aprire o meno; poteva essere chiunque, anche gli uomini di Warwick venuti a trascinare via lei e i suoi figli.

- Madre! Aprite! Sono io, Thomas!-

Sentendo la voce del figlio maggiore, la donna si riscosse e corse ad aprire, facendolo entrare e stringendolo in un abbraccio che sembrava non dovesse finire più. Suo figlio era vivo! Che gioia poterlo vedere, parlargli, assicurarsi che (per quanto poteva vedere) stava bene…dopo tanti dolori almeno un sollievo!

Il quattordicenne Thomas Grey si lasciò abbracciare e baciare per un po’, in fondo volentieri, dato che era la prima volta che si staccava per così tanto tempo dalla propria famiglia; poi però riprese presto il piglio da attendente e messaggero del sovrano, dicendo alla madre che era venuto ad portarle le ultime, importanti informazioni da parte di Sua Maestà.

- Dov’è mio marito?- chiese ansiosa Elisabetta, porgendo dell’acqua al ragazzo.

- E’ al sicuro madre- rispose il figlio, bevendo una lunga sorsata – ma Warrick non è tornato al Nord come pensava il Re, e così ci ha colti di sorpresa nei dintorni di Londra; per fortuna il mio signor patrigno è riuscito a fuggire nelle fiandre assieme al duca di Gloucester e zio Anthony. Non c’è stata battaglia perché non erano ancora pronti, e forse nelle fiandre riusciranno a trovare rinforzi-

Elisabetta ascoltava ansiosa, riflettendo rapidamente sulla propria situazione. Le speranze di poter uscire di lì e chiedere aiuto a qualche amico erano ridotte al lumicino: non solo i soldati di Neville erano ovunque, ma era estremamente improbabile che avrebbero trovato qualcuno risposto a rischiare la propria vita e quella della propria famiglia per dare aiuto a lei e ai suoi figli.
Non rimaneva altro da fare che aspettare, per quanto duro fosse vivere all’addiaccio nei sotterranei di un’abbazia, soprattutto per una donna nelle sue condizioni.
Per non cadere preda dello sconforto, Elisabetta si fece forza pensando che in quel momento a stare veramente peggio era sua madre…
 
 


 
 
Nella tetra aula di tribunale di Londra, i nobili del Regno, seduti sui loro scranni, attendevano l’inizio del processo a Jacquetta Woodville, Lady Rivers, accusata di stregoneria. L’imputata se ne stava al banco apposito dritta e fiera, anche se qualcosa nel suo sguardo poteva tradire l’inquietudine che dentro si non poteva non provare.
 
- Signori, benvenuti! Ho convocato questa corte perché intendo provare che il matrimonio tra re Edoardo e la regina Elisabetta non è legittimo. Vi dimostrerò che non si trattò nemmeno di un vero matrimonio ma di stregoneria, frutto degli incantesimi messi in atto da quella donna!- disse a voce alta puntando il dito contro Lady Rivers.
La quale si torceva le mani, ripensando a quando, in gioventù, aveva assistito al processo contro una guaritrice che anche lei aveva conosciuto quando era ancora sposata con il suo primo marito, il duca di Bedford,  uomo amante degli studi naturalistici e della cabala.
La donna era stata accusata di stregoneria e non c’era stato nulla da fare: fu condannata al rogo.
Ora Jacquetta riviveva quel terribile momento con sé stessa come protagonista, e davvero non sapeva come uscirne.
Per una buona mezz’ora sfilarono nella sala vari testimoni, che proclamavano di essere amici dei suoi figli e di aver frequentato la sua casa di Grafton per lungo tempo, trovando così varie prove di quanto avveniva in quella casa: ad esempio due statuette di cera raffiguranti un uomo e una donna, carte dipinte a mano raffiguranti i tarocchi, ampolle, imbuti e recipienti di vario tipo, piene di misterioso liquidi che sicuramente erano pozioni magiche.
Tutta gente che lei non aveva mai visto in vita sua: erano ovviamente testimoni falsi prezzolati da Warwick per l’occasione.

Alla fine Richard Neville si rivolse direttamente all’imputata:

- Osate negare quanto affermato dai testimoni?-

- Sì, nego tutto- rispose con forza Jacquetta. Le due statuette? Comuni oggetti di cera spesso realizzati per divertire figli e nipoti e dare loro un’infarinatura dell’arte della scultura. Le carte dei tarocchi? Un regalo di sua zia quando, ancora giovanissima, aveva lasciato la sua terra natale nel Lussemburgo per venire in Inghilterra al seguito del suo primo marito.  Le aveva mostrate spesso per la loro bellezza, ma mai usate. Ampolle, imbuti ecc? Ma sono oggetti di uso comune in qualunque magione avesse anche una distilleria, come Grafton appunto.E in effetti, nessuno fra i giudici si sentì di negarlo.

A questo punto Jacquetta, osservando l’indecisione dei giurati, decise di giocare il proprio asso nella manica.

- Vorrei anche convocare un testimone che attesti la mia reputazione-

- Diteci il suo nome! – intimò Warwick, a dire la verità piuttosto stupito da questo colpo di scena. Dopo un breve attimo di pausa, Jacquett riprese con sicurezza:
 
- Margherita D’Angiò, Vostra Regina consacrata-

Al solo pronunciare il nome di quella che conoscevano tutti come “Regina Cattiva”, nella sala scese un silenzio quasi tombale.

- Che avete detto?!-

- Avete udito benissimo. Ho conosciuto Margherita D’angiò quando aveva 15 anni, fui tra le dame scelte per riceverla al suo arrivo in Inghilterra per sposare re Enrico. Ressi il suo strascico all’incoronazione e fui sempre al suo fianco per molti anni come amica e consigliera. Le tenni la mano per aiutarla nell’alleviarle i dolori del parto quando nacque suo figlio Edoardo. Posso ben dire che sono stata la sua più cara amica, e se mi sarà fatto del male posso assicurarvi che prima o poi la vostra testa sarà esposta su una picca presso le mura della città-

Un mormorìo di orrore e stupore misti assieme percorse l’aula, mentre Warwick taceva: non aveva certo bisogno dell’affermazione di Lady Rivers riguardo una possibile vendetta della D'angiò,  dato che ricordava fin troppo che era la stessa cosa successa alcuni anni prima al suo caro amico Riccardo, duca di York e  suo  zio Ralph Neville: le teste dei due uomini, uccisi durante una battaglia, per ordine della ex regina erano state infilzate su delle picche ed esposte all'entrata della città, assieme a quella di Edmund, il secondogenito figlio del duca di York fatto assassinare per vendetta dalla D'Angiò. 

 - Se una strega è capace di compiere le azioni più turpi e malvagie, incurante del male causato ad altri, per raggiungere i propri scopi…senza dubbio in questa sala c’è una persona simile. Ma non sono io, Lord Warwick – concluse con fermezza Lady Rivers fissando il suo nemico e rincarando la dose .“Ma come si permette?!” protestò qualcuno in sala, ma per il resto la maggior parte dei convenuti rimase in silenzio: era bastato solo il nome della terribile Margherita D’angiò per sgonfiare improvvisamente qualunque accusa contro l’imputata.

Mentre Warwick ingoiava il rospo, ormai consapevole di aver perso, Giorgio – che per tutto il tempo era rimasto seduto poco lontanoad assistere al dibattimento- sbuffò lievemente: evidentemente anche stavolta la Dea Bendata non aveva guardato dalla parte di suo suocero.
Ed infatti, poco dopo, i Pari del Regno emisero una sentenza di assoluzione nei confronti di Jacquetta Woodville, Lady Rivers. La quale da subito fu libera di andarsene dove voleva.
 
E ovviamente, la donna decise di correre subito a fianco della propria figlia e dei nipoti, rifugiandosi anche lei nei sotterranei dell’abbazia. Per madre e figlia riunirsi fu un momento di vera gioia, dato che ora sapevano di poter contare l’una sull’altra e sostenersi a vicenda; tra l’altro la cosa fu provvidenziale in quanto, meno di un mese dopo, Elisabetta diede alla luce il tanto agognato- dopo tre femmine- erede al trono, che fu chiamato Edoardo come il padre.
 
Nota dell’autrice: inizialmente questo capitolo non era previsto. Dato che però il personaggio di Jacquetta mi piace molto, ho deciso di inserirlo anche per spiegare la storia del suo processo, per i dialoghi del quale mi sono attenuta all’episodio n. 4 della serie “The white queen. Ho cercato poi di rendere una dimensione umana Elisabetta Woodville, nella serie personaggio odioso, che però comincia a diventare realmente tale dopo la morte di Warwick. Unica cosa, mi spiace per il fatto che così la storia si allunga…spero non troppo perché inizialmente la mia intenzione era di fare la massimo dieci capitoli. Si vede che non ho il dono della sintesi, eh?

 
   
 
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