Un
salto, due, tre.
La
corda struscia sul collo del piede, sgraziata e ruvida.
Nene
cade, soffocando un gemito; le pizzicano gli occhi, avverte le lacrime
formarsi
agli angoli.
L’istinto
le dice di trattenerle, ma la bambina sceglie d’ignorarlo:
non c’è nessuno che
possa vederla, lì. Sono andati via tutti ore prima, uno dopo
l’altro – anche lui.
Il
bambino dell’altra famiglia.
All’inizio
aveva trovato divertente insegnargli tutto ciò che sapeva.
Isshiki Satoshi si
era dimostrato un bravo allievo – fin
troppo, impiegando pochissimo a padroneggiare tecniche che
lei esercitava
da tutta la vita.
Ciò
che per Nene ha richiesto anni, lui l’ha ottenuto in giorni.
Calde
gocce d’acqua salata iniziano a rigarle le gote, ma non le
importa. Senza realizzarlo
con chiarezza, sente che sfogarsi così può farle
bene.
Quel
pomeriggio Satoshi era riuscito a saltare la corda cinquanta volte di
fila,
senza mai sbagliare. Poi si era stufato e aveva smesso.
Lei
era arrivata a stento a dieci.
Tira
su col naso, ripensandoci. La lesione lasciata dallo strusciare della
corda
brucia fastidiosamente. Odia sentirsi così impotente; cerca
di ricomporsi,
asciugando il volto con la manica del kimono cerimoniale. Osservando
l’alone
umido sulla stoffa, spera che sua madre non lo noti durante la cena.
La
cena… che ora si è fatta? Presa com’era
dal suo allenamento, non ha prestato
attenzione allo scorrere del tempo. Solo adesso che è a
terra si rende conto di
quanto sia oscuro il dojo, e del suono piuttosto insistente che ha fino
ad
allora ignorato.
Il
ticchettare della pioggia.
Butta
all’indietro la testa, socchiudendo gli occhi. Come
farà a tornare a casa?
Probabilmente dovrà aspettare che smetta di piovere, o che
qualcuno noti la sua
assenza e venga a prenderla. Fa una smorfia. Non ha idea di quanto
potrebbe
volerci. La lesione brucia ancora. Sente rispuntare le lacrime.
«Nene-chan!»
Improvvisamente
avverte il volto andarle a fuoco. Non osa immaginare quanto
dev’essere rossa.
Che le prende? Si tira su, decisa a non mostrarsi debole; un
po’ troppo
rapidamente, però. La fitta arriva traditrice, senza che lei
possa sopprimere
il gemito conseguente.
Il
fusuma viene spalancato.
«Nene-chan!»
esclama Satoshi, leggermente affannato. «Sei
ferita?» indaga, assottigliando lo
sguardo.
Nene
assentisce a occhi bassi. La prenderà in giro per questo?
Lui non si fa mai
male. Trema, mentre la rabbia inizia a salire.
È
pronta a reagire alle frecciate, ma Satoshi sospira. «Non ti
fermi mai, una
volta che hai deciso qualcosa», sussurra. Si avvicina a lei e
si passa il suo
braccio intorno alle spalle, così che non debba poggiare sul
piede dolente.
La
rabbia scema insieme al dolore; Nene è confusa.
«Perché sei tornato?», chiede.
Satoshi
non risponde, guidandola verso l’uscita. Una volta
lì, con qualche difficoltà
raccoglie un oggetto poggiato al fusuma. La bambina spalanca gli occhi;
non l’aveva
proprio visto.
È
un ombrello.
Lo
apre, poi le passa il braccio libero attorno alla vita.
«Resisti, tra poco
sarai medicata».
Domandandosi
incredula se sia venuto per portarle un ombrello – non
può essere, giusto? Ma
allora perché? –, Nene inizia la lenta camminata
verso casa al suo fianco.
La
lesione brucia ancora, ma lei non ci fa caso: stretta al rivale che un
giorno
batterà, l’unica cosa che avverte è il
battito a mille del suo piccolo cuore.
Lasciandosi
guidare lungo il sentiero meno scivoloso, Nene si domanda se anche
quello del
ragazzo corra così.
NdA
Allora. C'è poco da dire; questa non è certo tra le storie che più mi soddisfino tra le mie, anzi.
Ma per averla buttata giù dopo mesi di vuoto, non sono neanche così delusa. Mi dispiace un po' per il finale, non mi convince fino in fondo, ma non ho saputo far di meglio, a questo giro.
L'idea base per la storia l'ho avuta mesi fa, grazie alla parola "Aiaigasa" fornita da Soly Dea tra mille altre nella sua stupenda Challenge delle Parole Intraducibili (fateci un salto, se vi va). Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, e tra università e impegni vari l'illuminazione per metterla su carta è arrivata solo oggi, durante una lezione di Filologia non particolarmente coinvolgente.
Il giudizio finale lo lascio a voi, personalmente mi ha fatto piacere già solo tornare a scrivere, a prescindere dal risultato. Ed è stata anche una bella occasione per rileggere i file sul passato di questi due, che al momento sono una delle poche cose che salvo di SnS.
Se siete arrivati fin qui, grazie per aver letto e alla prossima!
Per scontato che sia, se voleste lasciarmi un commento (anche negativo, va da sé) lo leggerò con piacere. Sono super-indietro con le risposte alle recensioni, sempre perché sono stati mesi piuttosto impegnativi, ma cercherò di rispondere.
Buon proseguimento ^^
Mari
P.S.
Non era previsto, ma in fase di pubblicazione ho pensato che, tutto sommato, potrei farne una raccolta. Mi piace scrivere di questi due da bimbi. Non prometto niente, se davvero proseguirò difficilmente avverrà prima di settembre, ma intanto lascio aperta la storia.