Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Mac, Jack
Dalton, MacDalton
Tipologia:
One-shot
Genere:
Hurt/Comfort,
Sentimentale, Drammatico
Avvertimenti:
Slash
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note:
Dedicata a
Mairasophia. Seguito ideale di “Stupid Christimas
Present”
FAMILY
DOESN'T KNOCK
“MAC!”
“Jack,
attento!”
“Riley,
portalo
via! Anderson, aiutala!”
“J-J-J-“
“Non
parlare,
piccolo. Respira, io arrivo subito… Anderson! Premi su
quella ferita!”
“Copertura
aerea
in arrivo, stanno spazzando il cortile!”
“VIA
VIA VIA! A
BORDO!”
§§§
Attese.
Jack
Dalton odiava attendere, soprattutto se l’attesa riguardava
Angus MacGyver e le
notizie sul suo stato di salute dopo una missione disastrosa come
quella da cui
si erano appena salvati; con i pugni stretti fino a farsi sanguinare i
palmi
per le unghie infisse nella carne, sedeva con la schiena poggiata
contro il
muro in un angolo dell’affollata sala d’aspetto del
Nido, l’ospedale della
Fondazione, davanti alla porta chiusa della sala visite in cui avevano
portato
Mac in tutta fretta dopo l’atterraggio in elicottero sul
tetto.
Alle
sue spalle, Riley tremava appena nell’abbraccio di Bozer ed
entrambi avevano ancora
i vestiti sporchi – Dalton cercò di non pensarci
– del sangue del suo partner.
Accanto
a loro, Matty guardava la porta con gli occhi sbarrati mentre le altre
sedie
erano occupate dal resto della squadra tattica: Anderson era in mezzo
ai
compagni e, come la direttrice, guardava con ansia la porta chiusa e il
respiro
trattenuto; accanto a lui, alcune delle reclute più giovani
cercavano di
ripulire una ferita superficiale, dono di un proiettile vagante mentre
portava
Mac al sicuro.
Jack
sentiva il cuore rimbombargli nelle orecchie assieme al sangue mentre
nei suoi
occhi c’era solo l’immagine sfocata del viso di Mac
che via via diventava
sempre più pallido con il sangue che fuoriusciva dalla
ferita al basso ventre e
le labbra che tremavano nel tentativo di pronunciare il suo nome -
Dalton si
sarebbe strappato il cuore dal petto se avesse potuto, anche in quel
momento
così estremo il suo partner aveva come primo pensiero la sua
incolumità – che
tuttavia usciva quasi del tutto tranciato, fatto salvo per la J.
Mac,
che si era lanciato in mezzo al fuoco incrociato per gettarsi su
Milton, uno
dei suoi uomini rimasto a terra per salvarlo e portarlo al sicuro.
Mac,
che aveva preso una serie pressoché infinita di proiettili
nel corpo per fare
da scudo all’uomo a terra.
Stupido
Mac!
Con
un pugno sul ginocchio, Jack digrignò i denti e
ricacciò indietro le lacrime
che minacciavano di straripare: non poteva farsi vedere debole, doveva
essere
d’esempio, essere forte per Riles, Bozer, perfino per Matty.
Doveva
mostrarsi forte per Mac, che avrebbe avuto bisogno di ognuno di loro
una volta
uscito da quella stanza, ammaccato ma vivo; l’avrebbero messo
a riposo forzato
per qualche settimana ma poi sarebbero tornati sul campo, il terrore di
tutti i
criminali e assassini.
“Direttrice?
Agente Dalton?”
Come
un sol uomo, tutti i presenti si alzarono in piedi all’arrivo
del dottor
Lancelot e si avvicinarono, gli sguardi ugualmente colmi di terrore e
speranza,
varie gradazioni di sentimenti sui volti di tutti ma ad accomunarli era
il
desiderio di avere notizie di Mac.
“Lo
specialista Milton è stato portato in una stanza al piano di
sopra.” Iniziò lui
con cautela, spiando i visi dei presenti: “Abbiamo estratto
il proiettile dalla
coscia e l’abbiamo sedato, per qualche settimana non
potrà alzarsi da letto
senza aiuto, poi dovrà sottoporsi a un periodo di
riabilitazione prima di poter
tornare sul campo.” concluse; la squadra tattica emise un
respiro di sollievo
comune mentre si scambiavano bassi gesti di vittoria tra loro.
“Per
quanto riguarda invece l’agente
MacGyver…”
La
tensione generale diventò palpabile mentre, istintivamente,
Jack, Bozer e Riley
si portavano il più avanti possibile, come se la vicinanza
al medico potesse
essere di qualche aiuto; l’uomo sospirò e si
levò gli occhiali, le lenti erano
punteggiate di rosso ma Jack cercò di non vederle, e
guardò tutti loro con uno
sguardo stanco: “Abbiamo stabilizzato temporaneamente
l’agente MacGyver, ma ci
sono delle complicazioni. È inutile addolcirvi la pillola
quindi lo dirò
chiaramente: non abbiamo molto tempo.”
Un
gelo spaventoso cadde sulla stanza mentre un singhiozzo eruttava dal
petto di
Riley.
“Cosa
vuol dire?” chiese Matty lapidaria, aveva il pugno stretto al
fianco e il
labbro inferiore prigioniero dei propri denti: “In che senso
'non abbiamo molto
tempo' ?”; un brusio nervoso si diffuse tra i membri della
squadra tattica,
brusio che venne azzittito da Jack con un gesto della mano,
“Dottore, parli
chiaro.” mormorò l’uomo, a
metà tra una supplica e un ordine.
“Uno
dei proiettili che ha colpito l’agente MacGyver si
è incastrato nel suo fegato
e l’ha danneggiato in maniera irreparabile. Ha impedito che
questi trapassasse
il petto di Milton, con conseguenze probabilmente letali, ma ha
distrutto il
fegato.”
“E
non c’è una soluzione?”, la voce di
Matty suonava controllata ma tutti sapevano
che era spaventata quanto loro; sfregandosi le mani con fare
pensieroso, l’uomo
infine annuì, pur restando serio in viso: “Una
soluzione ci sarebbe, ma è una
decisione che non possiamo prendere noi.”, così
dicendo, si girò verso Jack e
lo guardò negli occhi, “Agente Dalton, lei ha
potere decisionale in ambito
medico per l’agente MacGyver, esatto?”
L’ex
Delta annuì: “S-Sì, qualunque cosa
serva per salvare Mac… Firmerò tutti i
documenti necessari, non c’è
problema…”
Ma
Lancelot scosse la testa: “Non basterebbe. L’agente
MacGyver non ha parenti in
vita, secondo la sua cartella clinica, quindi non possiamo chiedere a
uno di
loro ma lei, agente Dalton, è l’unico della
Fondazione che potrebbe sbloccare
la situazione. Ci serve un pezzo del suo fegato.”
Il
brusio riprese ma questa volta Jack non ebbe la forza di fermarli,
tanto si
sentiva confuso e con la testa che pulsava: “Jack,
è vero! Tu sei 0-, sei
donatore universale! Il tuo fegato ha meno possibilità di
rigetto!” sul volto
di Bozer si riaccese la speranza mentre il dottore annuiva,
“In casi del
genere, sarebbe preferibile un parente stretto ma in
mancanza…”
“Se
serve, potete prendervelo tutto il mio fegato!”
esclamò Dalton con gli occhi
lucidi; Lancelot gli posò la mano sull’avambraccio
e strinse con forza in
maniera rassicurante: “Basta un pezzo, in una settimana o
poco più l’agente
MacGyver avrà un fegato nuovo di zecca e lei
l’avrà di nuovo intero. Ma ci
serve la sua autorizzazione a procedere.”
“Dottore,
è sordo? Ho detto che firmerò tutto quello che
vuole!”
“Jack,
ci penso io a firmare per te, tu vai in sala operatoria con il dottore
e fai
quello che ti dice.” Matty posò la mano sul fianco
dell’agente più anziano e lo
spinse in avanti: “E non tornare prima di aver fatto
tutto.”
«Se
per lei va bene, possiamo iniziare subito. Venga con me."
Senza
guardarsi indietro, Jack sparì dietro la porta, che si
richiuse con un tonfo
sordo, mentre i presenti ricadevano sulle sedie esausti e rassegnati ad
un'altra lunga veglia, ma con una piccola speranza nel cuore; Matty
sospirò e
tirò fuori il cellulare per contattare Andie e farsi
dirottare tutte le
telefonate lì al Nido; nel frattempo, Riley aveva digitato
con mano tremante il
numero di Sam per avvertirla di quanto stava accadendo e
Bozer… beh, Bozer era
seduto con lo sguardo perso nel vuoto, il cuore in gola e
un'incredibile voglia
di piangere.
"Ehi,
ragazzo."
Anderson
era il secondo in comando di Jack nella squadra tattica ma era anche un
buon
amico e uno dei più anziani della Fondazione; non era dunque
strano che avesse
un debole per gli agenti più giovani e inesperti, era una
sorta di figura
paterna per la squadra tattica e anche gli agenti sul campo avevano
imparato ad
apprezzarne la burbera saggezza e la vicinanza.
Quindi,
quando si sedette accanto a lui, Bozer sentì le proprie
spalle rilassarsi
appena mentre questi – toltosi di dosso kevlar e armi, presto
sarebbe passato
uno dall'armeria e reclamarle – gli posava una mano
sull'avambraccio: "Ragazzo,"
ripeté a voce bassa, "Stai bene?" domandò.
Bozer
si rintanò maggiormente nella sedia e scosse la testa con le
mani tenute in
grembo: "Il mio migliore amico è in quella stanza, dovranno
operarlo, e io
non posso fare niente… Neppure dargli il mio fegato.".
Anderson
sospirò ma restò accanto a lui con il passare dei
minuti, che lentamente
diventarono ore: non disse nulla, non c'era niente che poteva dire che
l'avrebbe
potuto rassicurare e stargli vicino era l'unica cosa che poteva fare,
per lui e
per Mac.
***
Quando
Jack entrò nella stanza, da cui poi si apriva un corridoio
che portava
direttamente a una delle sale operatorie, la prima cosa che lo
colpì fu l'odore
di sangue: ferroso, penetrante, gli prendeva lo stomaco come mai aveva
fatto
nei lunghi anni come soldato prima e agente poi; poi, fu il pallore di
Mac
disteso sul letto, bianco come il marmo e fragile al punto che, se
l'avesse
toccato, Jack era sicuro si sarebbe sbriciolato sotto le sue dita.
"Si
sdrai qui, agente Dalton."
Lancelot
ne richiamò l'attenzione, indicandogli un lettino in un
angolo, perpendicolare
a quello che ospitava Mac: "L'agente MacGyver sta per essere trasferito
in
sala operatoria, lei resterà qui ancora qualche minuto per
l'anestesia, dovrà
essere completamente addormentato prima di procedere." Le parole
dell'uomo
erano chiare e senza fronzoli ma tutto quello a cui Jack riusciva a
pensare era
Mac davanti a lui, sul filo della morte.
"Agente?"
"M-Mi
scusi… Prima di andare, posso…?"
Sul
viso del dottore apparve un sorriso malinconico mentre questi annuiva:
"So
che il vostro rapporto è molto particolare, io esco un
attimo a parlare con la
direttrice, ha cinque minuti."; con un occhiolino molto giovanile, e
saputello, il medico uscì dalla porta e la richiuse alle
proprie spalle con
cura, erano soli.
Senza
perdere tempo, Jack si avvicinò a Mac con cautela e,
trattenendo le lacrime,
gli posò un bacio sulle labbra: "Stupido
ragazzo…" mormorò lui, "Se
dopo questa sei ancora convinto che io possa lasciarti, è la
volta che ti
lascio appeso come un salame davanti a Murdoc. Non lasciarci, Mac.
Questa volta
te lo chiedo io, non lasciarci."
Con
un ultimo bacio, questa volta sulla fronte, Jack si
allontanò di un passo e
sorrise: "Ci vediamo dall'altra parte, piccolo."
***
“M-Matty…
D-Dov’è Jack, perché non è
qui?”
Esausta
dalle lunghe ore di veglia, la direttrice si sfregò gli
occhi per allontanare
il velo che li ottenebrava e sorrise al suo Biondino preferito prima di
sistemargli i capelli spettinati dietro le orecchie: “Ehi,
ben svegliato. Ci
hai fatto stare in pensiero.”
Con
la bocca riarsa, Mac cercò di richiamare qualche goccia di
saliva, ma senza
successo; vedendolo in difficoltà, la donna prese dal
comodino un bicchiere di
frammenti di ghiaccio e, con pazienza, glieli infilò in
bocca, uno alla volta,
fino alla sparizione di quella fastidiosa sensazione di arsura;
intontito dai
farmaci e ancora confuso sull’accaduto, Mac guardò
di nuovo il suo capo e
ripeté la propria domanda: “M-Matty…
D-Dov’è J-J-Jack?” riuscì a
dire con un filo
di voce, il panico era palpabile nella sua voce nonostante la
stanchezza.
“Stai
tranquillo, va tutto bene.” cercò di
tranquillizzarlo lei ma l’ECG segnava una
frequenza cardiaca che saliva sempre più, diffondendo nella
stanza un
fastidioso e ritmico rumore via via più intenso con
l’aumento dei battiti del
più giovane.
“J-J-Jack…”
mormorò lui, afferrando un lembo del lenzuolo:
“D-Dov’è J-J-Jack?”
“Mac,
ora calmati! Jack sta bene, è nel letto accanto al tuo. Se
giri la testa, lo
vedi.”
Le
parole decise di Matty fecero breccia nel suo stato d’animo
ansioso e Angus
fece come gli era stato detto: debole e affaticato, ci mise un
po’ per
obbligare i propri muscoli a collaborare, ma finalmente il collo
optò per
girarsi secondo il volere del proprietario ed eccolo.
Nel
letto accanto al suo, effettivamente, era disteso Jack Dalton,
addormentato,
con solo una flebo attaccata al braccio e nessuna cannula nasale, come
invece
era toccato a Mac; più rassicurato, al punto che, se avesse
potuto, avrebbe
pianto, l’ex specialista si lasciò sprofondare nel
materasso: “C-Cosa gli è
successo?” sussurrò.
“Mac,
ascoltami. Jack non ha subito ferite in missione, è qui per
una motivazione
completamente diversa.” La voce di Matty tradiva la
commozione e l’orgoglio che
la donna provava in quel momento: “Quando ti sei gettato in
mezzo alla
sparatoria per proteggere Milton, una pallottola si è
infilata nel tuo fegato e
non sono riusciti a salvarlo. Jack era l’unico che poteva
fare qualcosa e l’ha
fatto.”
“C-Cosa
intendi?”
“Credo
che tu l’abbia capito già da solo,
geniaccio.”
“S-Sì,
ma non c-capisco…”
“Mac,
Jack ti ama. Lo sai che farebbe tutto quello che è in suo
potere per
proteggerti e aiutarti, Sei la sua priorità in ogni caso e
situazione e anche
stavolta, non ha esitato un attimo. Quindi sì, hai parte del
fegato di Jack
Dalton nel tuo corpo. E anche del suo sangue, in realtà,
perché non avevano
abbastanza sacche del tuo di scorta e hanno dovuto usare quelle messe
da parte
per lui. Io, se fossi in te, avrei paura ad avere così tanto
di lui nel mio
corpo, potrebbe attaccarmi la sua stupidità leale da San
Bernardo ma penso che
per te non sia un problema.”
"Almeno
i San Bernardo hanno la fiaschetta di alcool… Io a malapena
ho una mitragliatrice…"
La
voce di Jack, roca e bassa, fece alzare lo sguardo a Matty e voltare la
testa a
Mac, entrambi videro gli occhi di Dalton chiusi ma il sorriso sulle sue
labbra:
"E comunque, se io sono un San Bernardo, tu Matty sei un Bulldog."
Con
un sospiro esasperato, la donna si avvicinò al letto
dell'agente più anziano:
"È bello vedere che sei lo stesso stupido di sempre, Jack.
Temevo che
l'anestesia ti avesse fritto quell'unico neurone rimasto."
"Mac?
Sei ancora tra noi, piccolo?"
Il
tono gentile e affettuoso di Dalton strappò un singhiozzo
all'agente più
giovane che annuì, con gli occhi pieni di lacrime che
tuttavia si ostinavano a
restare puntati sul suo partner: "S-Sono qui. J-Jack, Matty mi ha detto
che-"
"Che
hai un pezzo di me dentro di te? Non potevo di certo lasciarti morire,
Mac." Fece notare Jack.
"Non
eri tenuto a farlo, e lo sai."
"Mac,
volevo dartelo tutto il mio fegato, se ti fosse servito a sopravvivere.
Ma mi
hanno fatto notare che non potevo vivere senza quindi hanno deciso di
togliermene solo un pezzetto."
"J-Jack…
Il fegato è fondamentale per l'essere umano, produce la bile
e disintossica
l-l'organismo."
"Grazie,
mi mancava una lezione di biologia appena sveglio."
Rimasero
in silenzio per parecchi minuti – Matty se n'era andata in un
momento
imprecisato durante il loro scambio di battute – ma quando
ripresero a parlare,
fu Jack a farlo; a fatica, l'uomo si posizionò sul fianco e
aprì gli occhi,
puntandoli sulla figura distesa di Mac mentre quest'ultimo cercava di
evitarne
lo sguardo: "Piccolo, ascoltami bene." Iniziò l'ex Delta,
"Ti
ricordi quello che ti dissi qualche settimana fa, quando ti trovai
fuori da
quel negozio?"
Mac
annuì ma tenne ostinatamente lo sguardo basso.
"Questa
è la risposta di cui hai bisogno. Credi davvero che possa
abbandonarti dopo averti
dato un pezzo del mio fegato ed essermi fatto un pisolino di sei ore?"
avesse potuto, Jack si sarebbe avvicinato al letto del suo partner e
l'avrebbe
stretto tra le braccia ma doveva accontentarsi: "E non soltanto io,
quando
ti hanno portato qui eravamo tutti fuori ad aspettare tue notizie,
anche i
ragazzi della squadra tattica. E se non fossi andato bene io, stai pur
certo
che chiunque altro di loro avrebbe fatto la mia stessa scelta."
"Jack,
n-non che non lo apprezzi ma-"
"Mac,
ascoltami. So che sei spaventato ma non devi. Siamo una famiglia, siamo
la TUA
famiglia. E non ce ne andremo, neppure se tu ce lo chiedessi. Fidati di
noi,
lascia che per una volta prendiamo noi il peso sulle spalle."
Angus
non rispose ma sentì le lacrime affollargli gli occhi e
un'emozione calorosa
travolgergli il cuore mentre sentimenti che pensava fossero ormai morti
dentro
di lui riprendevano vita con l'intensità di un raggio di
sole tra le nubi dopo
la tempesta: da quando sua madre era morta e suo padre era scomparso, e
malgrado l'impegno di suo nonno nel non fargli mancare niente, non
aveva più
provato quella sensazione di totalizzante fiducia e abbandono che
l'avere una
famiglia reca con sé, non aveva più sentito
quell'istinto protettivo che
ruggiva al pensiero che qualcosa accadesse ai propri cari.
Non
aveva più provato niente di tutto questo, fino all'incontro
con Jack e con il
resto della Phoenix.
Da
quando quel gruppo di personalità così variegate
e dai metodi d'azione così
diversi si era formato, lui aveva riscoperto un lato di sé
che quasi aveva
dimenticato, seppellito sotto anni di dolore imbottigliato e represso:
odiava
farsi vedere debole ma si era accorto che gli pesava meno se a vederlo
erano
loro, se a prendersi cura di lui era Jack.
Era
spaventato, questo sì, terrorizzato di venir di nuovo
ferito, di venir
abbandonato ancora, ma la presenza di tutti loro al suo fianco
cominciava a
farlo pensare: forse, poteva di nuovo fidarsi.
Poteva
davvero avere di nuovo una famiglia.
"E
quando finalmente ci faranno uscire di qui, Maratona Bruce Willis a
casa
tua."
La
voce di Jack dirottò i suoi pensieri su un altro binario:
casa sua? Anche se
erano sempre tutti lì, ogni sera dopo il lavoro? Anche se
Jack aveva parte dei
propri vestiti nel suo armadio? Anche se tutti loro avevano una copia
delle
chiavi e potevano entrare e uscire a piacimento?
La
famiglia non
bussa, entra.
"Mac?
Ti sei addormentato?"
La
voce divertita del suo partner, velata di tenerezza, gli
mandò il cuore in gola
e si affrettò a scuotere la testa: "N-No, sono
qui…. Stavo pensando."
"Beh,
dovresti farlo, invece. Devi guarire in fretta. E non chiedermi se ho
intenzione di restare, perché la risposta già la
sai."
Con
un sorriso e le palpebre che si facevano via via sempre più
pesanti, Mac
sprofondò nel sonno, un sonno che si preannunciava
ristoratore: sapeva che al
risveglio ci sarebbero stati ancora tutti, poteva dormire senza
preoccupazioni.
"Ti
voglio bene, Jack."
"Anche
io, piccolo."