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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    30/05/2019    2 recensioni
[MacDalton][Found family]
Quando per una persona sacrificheresti tutto quello che hai, anche una parte del tuo corpo, questa persona è famiglia.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: MacGyver (2016)

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Mac, Jack Dalton, MacDalton

Tipologia: One-shot

Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale, Drammatico

Avvertimenti: Slash

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a Mairasophia. Seguito ideale di “Stupid Christimas Present”

 

 

 

FAMILY DOESN'T KNOCK

 

 

“MAC!”

 

“Jack, attento!”

 

“Riley, portalo via! Anderson, aiutala!”

 

“J-J-J-“

 

“Non parlare, piccolo. Respira, io arrivo subito… Anderson! Premi su quella ferita!”

 

“Copertura aerea in arrivo, stanno spazzando il cortile!”

 

“VIA VIA VIA! A BORDO!”

 

 

§§§

 

Attese.

 

Jack Dalton odiava attendere, soprattutto se l’attesa riguardava Angus MacGyver e le notizie sul suo stato di salute dopo una missione disastrosa come quella da cui si erano appena salvati; con i pugni stretti fino a farsi sanguinare i palmi per le unghie infisse nella carne, sedeva con la schiena poggiata contro il muro in un angolo dell’affollata sala d’aspetto del Nido, l’ospedale della Fondazione, davanti alla porta chiusa della sala visite in cui avevano portato Mac in tutta fretta dopo l’atterraggio in elicottero sul tetto.

 

Alle sue spalle, Riley tremava appena nell’abbraccio di Bozer ed entrambi avevano ancora i vestiti sporchi – Dalton cercò di non pensarci – del sangue del suo partner.

 

Accanto a loro, Matty guardava la porta con gli occhi sbarrati mentre le altre sedie erano occupate dal resto della squadra tattica: Anderson era in mezzo ai compagni e, come la direttrice, guardava con ansia la porta chiusa e il respiro trattenuto; accanto a lui, alcune delle reclute più giovani cercavano di ripulire una ferita superficiale, dono di un proiettile vagante mentre portava Mac al sicuro.

 

Jack sentiva il cuore rimbombargli nelle orecchie assieme al sangue mentre nei suoi occhi c’era solo l’immagine sfocata del viso di Mac che via via diventava sempre più pallido con il sangue che fuoriusciva dalla ferita al basso ventre e le labbra che tremavano nel tentativo di pronunciare il suo nome - Dalton si sarebbe strappato il cuore dal petto se avesse potuto, anche in quel momento così estremo il suo partner aveva come primo pensiero la sua incolumità – che tuttavia usciva quasi del tutto tranciato, fatto salvo per la J.

 

Mac, che si era lanciato in mezzo al fuoco incrociato per gettarsi su Milton, uno dei suoi uomini rimasto a terra per salvarlo e portarlo al sicuro.

 

Mac, che aveva preso una serie pressoché infinita di proiettili nel corpo per fare da scudo all’uomo a terra.

 

Stupido Mac!

 

Con un pugno sul ginocchio, Jack digrignò i denti e ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di straripare: non poteva farsi vedere debole, doveva essere d’esempio, essere forte per Riles, Bozer, perfino per Matty.

 

Doveva mostrarsi forte per Mac, che avrebbe avuto bisogno di ognuno di loro una volta uscito da quella stanza, ammaccato ma vivo; l’avrebbero messo a riposo forzato per qualche settimana ma poi sarebbero tornati sul campo, il terrore di tutti i criminali e assassini.

 

“Direttrice? Agente Dalton?”

 

Come un sol uomo, tutti i presenti si alzarono in piedi all’arrivo del dottor Lancelot e si avvicinarono, gli sguardi ugualmente colmi di terrore e speranza, varie gradazioni di sentimenti sui volti di tutti ma ad accomunarli era il desiderio di avere notizie di Mac.

 

“Lo specialista Milton è stato portato in una stanza al piano di sopra.” Iniziò lui con cautela, spiando i visi dei presenti: “Abbiamo estratto il proiettile dalla coscia e l’abbiamo sedato, per qualche settimana non potrà alzarsi da letto senza aiuto, poi dovrà sottoporsi a un periodo di riabilitazione prima di poter tornare sul campo.” concluse; la squadra tattica emise un respiro di sollievo comune mentre si scambiavano bassi gesti di vittoria tra loro.

 

“Per quanto riguarda invece l’agente MacGyver…”

 

La tensione generale diventò palpabile mentre, istintivamente, Jack, Bozer e Riley si portavano il più avanti possibile, come se la vicinanza al medico potesse essere di qualche aiuto; l’uomo sospirò e si levò gli occhiali, le lenti erano punteggiate di rosso ma Jack cercò di non vederle, e guardò tutti loro con uno sguardo stanco: “Abbiamo stabilizzato temporaneamente l’agente MacGyver, ma ci sono delle complicazioni. È inutile addolcirvi la pillola quindi lo dirò chiaramente: non abbiamo molto tempo.”

 

Un gelo spaventoso cadde sulla stanza mentre un singhiozzo eruttava dal petto di Riley.

 

“Cosa vuol dire?” chiese Matty lapidaria, aveva il pugno stretto al fianco e il labbro inferiore prigioniero dei propri denti: “In che senso 'non abbiamo molto tempo' ?”; un brusio nervoso si diffuse tra i membri della squadra tattica, brusio che venne azzittito da Jack con un gesto della mano, “Dottore, parli chiaro.” mormorò l’uomo, a metà tra una supplica e un ordine.

 

“Uno dei proiettili che ha colpito l’agente MacGyver si è incastrato nel suo fegato e l’ha danneggiato in maniera irreparabile. Ha impedito che questi trapassasse il petto di Milton, con conseguenze probabilmente letali, ma ha distrutto il fegato.”

 

“E non c’è una soluzione?”, la voce di Matty suonava controllata ma tutti sapevano che era spaventata quanto loro; sfregandosi le mani con fare pensieroso, l’uomo infine annuì, pur restando serio in viso: “Una soluzione ci sarebbe, ma è una decisione che non possiamo prendere noi.”, così dicendo, si girò verso Jack e lo guardò negli occhi, “Agente Dalton, lei ha potere decisionale in ambito medico per l’agente MacGyver, esatto?”

 

L’ex Delta annuì: “S-Sì, qualunque cosa serva per salvare Mac… Firmerò tutti i documenti necessari, non c’è problema…”

 

Ma Lancelot scosse la testa: “Non basterebbe. L’agente MacGyver non ha parenti in vita, secondo la sua cartella clinica, quindi non possiamo chiedere a uno di loro ma lei, agente Dalton, è l’unico della Fondazione che potrebbe sbloccare la situazione. Ci serve un pezzo del suo fegato.”

 

Il brusio riprese ma questa volta Jack non ebbe la forza di fermarli, tanto si sentiva confuso e con la testa che pulsava: “Jack, è vero! Tu sei 0-, sei donatore universale! Il tuo fegato ha meno possibilità di rigetto!” sul volto di Bozer si riaccese la speranza mentre il dottore annuiva, “In casi del genere, sarebbe preferibile un parente stretto ma in mancanza…”

 

“Se serve, potete prendervelo tutto il mio fegato!” esclamò Dalton con gli occhi lucidi; Lancelot gli posò la mano sull’avambraccio e strinse con forza in maniera rassicurante: “Basta un pezzo, in una settimana o poco più l’agente MacGyver avrà un fegato nuovo di zecca e lei l’avrà di nuovo intero. Ma ci serve la sua autorizzazione a procedere.”

 

“Dottore, è sordo? Ho detto che firmerò tutto quello che vuole!”

 

“Jack, ci penso io a firmare per te, tu vai in sala operatoria con il dottore e fai quello che ti dice.” Matty posò la mano sul fianco dell’agente più anziano e lo spinse in avanti: “E non tornare prima di aver fatto tutto.”

 

«Se per lei va bene, possiamo iniziare subito. Venga con me."

 

Senza guardarsi indietro, Jack sparì dietro la porta, che si richiuse con un tonfo sordo, mentre i presenti ricadevano sulle sedie esausti e rassegnati ad un'altra lunga veglia, ma con una piccola speranza nel cuore; Matty sospirò e tirò fuori il cellulare per contattare Andie e farsi dirottare tutte le telefonate lì al Nido; nel frattempo, Riley aveva digitato con mano tremante il numero di Sam per avvertirla di quanto stava accadendo e Bozer… beh, Bozer era seduto con lo sguardo perso nel vuoto, il cuore in gola e un'incredibile voglia di piangere.

 

"Ehi, ragazzo."

 

Anderson era il secondo in comando di Jack nella squadra tattica ma era anche un buon amico e uno dei più anziani della Fondazione; non era dunque strano che avesse un debole per gli agenti più giovani e inesperti, era una sorta di figura paterna per la squadra tattica e anche gli agenti sul campo avevano imparato ad apprezzarne la burbera saggezza e la vicinanza.

 

Quindi, quando si sedette accanto a lui, Bozer sentì le proprie spalle rilassarsi appena mentre questi – toltosi di dosso kevlar e armi, presto sarebbe passato uno dall'armeria e reclamarle – gli posava una mano sull'avambraccio: "Ragazzo," ripeté a voce bassa, "Stai bene?" domandò.

 

Bozer si rintanò maggiormente nella sedia e scosse la testa con le mani tenute in grembo: "Il mio migliore amico è in quella stanza, dovranno operarlo, e io non posso fare niente… Neppure dargli il mio fegato.".

 

Anderson sospirò ma restò accanto a lui con il passare dei minuti, che lentamente diventarono ore: non disse nulla, non c'era niente che poteva dire che l'avrebbe potuto rassicurare e stargli vicino era l'unica cosa che poteva fare, per lui e per Mac.

 

***

 

Quando Jack entrò nella stanza, da cui poi si apriva un corridoio che portava direttamente a una delle sale operatorie, la prima cosa che lo colpì fu l'odore di sangue: ferroso, penetrante, gli prendeva lo stomaco come mai aveva fatto nei lunghi anni come soldato prima e agente poi; poi, fu il pallore di Mac disteso sul letto, bianco come il marmo e fragile al punto che, se l'avesse toccato, Jack era sicuro si sarebbe sbriciolato sotto le sue dita.

 

"Si sdrai qui, agente Dalton."

 

Lancelot ne richiamò l'attenzione, indicandogli un lettino in un angolo, perpendicolare a quello che ospitava Mac: "L'agente MacGyver sta per essere trasferito in sala operatoria, lei resterà qui ancora qualche minuto per l'anestesia, dovrà essere completamente addormentato prima di procedere." Le parole dell'uomo erano chiare e senza fronzoli ma tutto quello a cui Jack riusciva a pensare era Mac davanti a lui, sul filo della morte.

 

"Agente?"

 

"M-Mi scusi… Prima di andare, posso…?"

 

Sul viso del dottore apparve un sorriso malinconico mentre questi annuiva: "So che il vostro rapporto è molto particolare, io esco un attimo a parlare con la direttrice, ha cinque minuti."; con un occhiolino molto giovanile, e saputello, il medico uscì dalla porta e la richiuse alle proprie spalle con cura, erano soli.

 

Senza perdere tempo, Jack si avvicinò a Mac con cautela e, trattenendo le lacrime, gli posò un bacio sulle labbra: "Stupido ragazzo…" mormorò lui, "Se dopo questa sei ancora convinto che io possa lasciarti, è la volta che ti lascio appeso come un salame davanti a Murdoc. Non lasciarci, Mac. Questa volta te lo chiedo io, non lasciarci."

 

Con un ultimo bacio, questa volta sulla fronte, Jack si allontanò di un passo e sorrise: "Ci vediamo dall'altra parte, piccolo."

 

***

 

“M-Matty… D-Dov’è Jack, perché non è qui?”

 

Esausta dalle lunghe ore di veglia, la direttrice si sfregò gli occhi per allontanare il velo che li ottenebrava e sorrise al suo Biondino preferito prima di sistemargli i capelli spettinati dietro le orecchie: “Ehi, ben svegliato. Ci hai fatto stare in pensiero.”

 

Con la bocca riarsa, Mac cercò di richiamare qualche goccia di saliva, ma senza successo; vedendolo in difficoltà, la donna prese dal comodino un bicchiere di frammenti di ghiaccio e, con pazienza, glieli infilò in bocca, uno alla volta, fino alla sparizione di quella fastidiosa sensazione di arsura; intontito dai farmaci e ancora confuso sull’accaduto, Mac guardò di nuovo il suo capo e ripeté la propria domanda: “M-Matty… D-Dov’è J-J-Jack?” riuscì a dire con un filo di voce, il panico era palpabile nella sua voce nonostante la stanchezza.

 

“Stai tranquillo, va tutto bene.” cercò di tranquillizzarlo lei ma l’ECG segnava una frequenza cardiaca che saliva sempre più, diffondendo nella stanza un fastidioso e ritmico rumore via via più intenso con l’aumento dei battiti del più giovane.

 

“J-J-Jack…” mormorò lui, afferrando un lembo del lenzuolo: “D-Dov’è J-J-Jack?”

 

“Mac, ora calmati! Jack sta bene, è nel letto accanto al tuo. Se giri la testa, lo vedi.”

 

Le parole decise di Matty fecero breccia nel suo stato d’animo ansioso e Angus fece come gli era stato detto: debole e affaticato, ci mise un po’ per obbligare i propri muscoli a collaborare, ma finalmente il collo optò per girarsi secondo il volere del proprietario ed eccolo.

 

Nel letto accanto al suo, effettivamente, era disteso Jack Dalton, addormentato, con solo una flebo attaccata al braccio e nessuna cannula nasale, come invece era toccato a Mac; più rassicurato, al punto che, se avesse potuto, avrebbe pianto, l’ex specialista si lasciò sprofondare nel materasso: “C-Cosa gli è successo?” sussurrò.

 

“Mac, ascoltami. Jack non ha subito ferite in missione, è qui per una motivazione completamente diversa.” La voce di Matty tradiva la commozione e l’orgoglio che la donna provava in quel momento: “Quando ti sei gettato in mezzo alla sparatoria per proteggere Milton, una pallottola si è infilata nel tuo fegato e non sono riusciti a salvarlo. Jack era l’unico che poteva fare qualcosa e l’ha fatto.”

 

“C-Cosa intendi?”

 

“Credo che tu l’abbia capito già da solo, geniaccio.”

 

“S-Sì, ma non c-capisco…”

 

“Mac, Jack ti ama. Lo sai che farebbe tutto quello che è in suo potere per proteggerti e aiutarti, Sei la sua priorità in ogni caso e situazione e anche stavolta, non ha esitato un attimo. Quindi sì, hai parte del fegato di Jack Dalton nel tuo corpo. E anche del suo sangue, in realtà, perché non avevano abbastanza sacche del tuo di scorta e hanno dovuto usare quelle messe da parte per lui. Io, se fossi in te, avrei paura ad avere così tanto di lui nel mio corpo, potrebbe attaccarmi la sua stupidità leale da San Bernardo ma penso che per te non sia un problema.”

 

"Almeno i San Bernardo hanno la fiaschetta di alcool… Io a malapena ho una mitragliatrice…"

 

La voce di Jack, roca e bassa, fece alzare lo sguardo a Matty e voltare la testa a Mac, entrambi videro gli occhi di Dalton chiusi ma il sorriso sulle sue labbra: "E comunque, se io sono un San Bernardo, tu Matty sei un Bulldog."

 

Con un sospiro esasperato, la donna si avvicinò al letto dell'agente più anziano: "È bello vedere che sei lo stesso stupido di sempre, Jack. Temevo che l'anestesia ti avesse fritto quell'unico neurone rimasto."

 

"Mac? Sei ancora tra noi, piccolo?"

 

Il tono gentile e affettuoso di Dalton strappò un singhiozzo all'agente più giovane che annuì, con gli occhi pieni di lacrime che tuttavia si ostinavano a restare puntati sul suo partner: "S-Sono qui. J-Jack, Matty mi ha detto che-"

 

"Che hai un pezzo di me dentro di te? Non potevo di certo lasciarti morire, Mac." Fece notare Jack.

 

"Non eri tenuto a farlo, e lo sai."

 

"Mac, volevo dartelo tutto il mio fegato, se ti fosse servito a sopravvivere. Ma mi hanno fatto notare che non potevo vivere senza quindi hanno deciso di togliermene solo un pezzetto."

 

"J-Jack… Il fegato è fondamentale per l'essere umano, produce la bile e disintossica l-l'organismo."

 

"Grazie, mi mancava una lezione di biologia appena sveglio."

 

Rimasero in silenzio per parecchi minuti – Matty se n'era andata in un momento imprecisato durante il loro scambio di battute – ma quando ripresero a parlare, fu Jack a farlo; a fatica, l'uomo si posizionò sul fianco e aprì gli occhi, puntandoli sulla figura distesa di Mac mentre quest'ultimo cercava di evitarne lo sguardo: "Piccolo, ascoltami bene." Iniziò l'ex Delta, "Ti ricordi quello che ti dissi qualche settimana fa, quando ti trovai fuori da quel negozio?"

 

Mac annuì ma tenne ostinatamente lo sguardo basso.

 

"Questa è la risposta di cui hai bisogno. Credi davvero che possa abbandonarti dopo averti dato un pezzo del mio fegato ed essermi fatto un pisolino di sei ore?" avesse potuto, Jack si sarebbe avvicinato al letto del suo partner e l'avrebbe stretto tra le braccia ma doveva accontentarsi: "E non soltanto io, quando ti hanno portato qui eravamo tutti fuori ad aspettare tue notizie, anche i ragazzi della squadra tattica. E se non fossi andato bene io, stai pur certo che chiunque altro di loro avrebbe fatto la mia stessa scelta."

 

"Jack, n-non che non lo apprezzi ma-"

 

"Mac, ascoltami. So che sei spaventato ma non devi. Siamo una famiglia, siamo la TUA famiglia. E non ce ne andremo, neppure se tu ce lo chiedessi. Fidati di noi, lascia che per una volta prendiamo noi il peso sulle spalle."

 

Angus non rispose ma sentì le lacrime affollargli gli occhi e un'emozione calorosa travolgergli il cuore mentre sentimenti che pensava fossero ormai morti dentro di lui riprendevano vita con l'intensità di un raggio di sole tra le nubi dopo la tempesta: da quando sua madre era morta e suo padre era scomparso, e malgrado l'impegno di suo nonno nel non fargli mancare niente, non aveva più provato quella sensazione di totalizzante fiducia e abbandono che l'avere una famiglia reca con sé, non aveva più sentito quell'istinto protettivo che ruggiva al pensiero che qualcosa accadesse ai propri cari.

 

Non aveva più provato niente di tutto questo, fino all'incontro con Jack e con il resto della Phoenix.

 

Da quando quel gruppo di personalità così variegate e dai metodi d'azione così diversi si era formato, lui aveva riscoperto un lato di sé che quasi aveva dimenticato, seppellito sotto anni di dolore imbottigliato e represso: odiava farsi vedere debole ma si era accorto che gli pesava meno se a vederlo erano loro, se a prendersi cura di lui era Jack.

 

Era spaventato, questo sì, terrorizzato di venir di nuovo ferito, di venir abbandonato ancora, ma la presenza di tutti loro al suo fianco cominciava a farlo pensare: forse, poteva di nuovo fidarsi.

Poteva davvero avere di nuovo una famiglia.

 

"E quando finalmente ci faranno uscire di qui, Maratona Bruce Willis a casa tua."

 

La voce di Jack dirottò i suoi pensieri su un altro binario: casa sua? Anche se erano sempre tutti lì, ogni sera dopo il lavoro? Anche se Jack aveva parte dei propri vestiti nel suo armadio? Anche se tutti loro avevano una copia delle chiavi e potevano entrare e uscire a piacimento?

 

La famiglia non bussa, entra.

 

"Mac? Ti sei addormentato?"

 

La voce divertita del suo partner, velata di tenerezza, gli mandò il cuore in gola e si affrettò a scuotere la testa: "N-No, sono qui…. Stavo pensando."

 

"Beh, dovresti farlo, invece. Devi guarire in fretta. E non chiedermi se ho intenzione di restare, perché la risposta già la sai."

 

Con un sorriso e le palpebre che si facevano via via sempre più pesanti, Mac sprofondò nel sonno, un sonno che si preannunciava ristoratore: sapeva che al risveglio ci sarebbero stati ancora tutti, poteva dormire senza preoccupazioni.

 

"Ti voglio bene, Jack."

 

"Anche io, piccolo."

   
 
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