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Autore: Irene_Violet    03/06/2019    2 recensioni
[Detective Conan/Umineko no Naku Koro ni]
Spoiler sulla VN Umineko Chiru Livello: ENDLESS NINE
La seguente Fan fiction è una reinterpretazione degli eventi presentati nella Visual Novel e nel file tratto dal VOL 30 di Conan "La villa del Crepuscolo" (EP 219 "La Leggenda di Furto KID"). Si è praticamente scritta da sola per quanto mi è piaciuto comporla, spero possa intrattenere anche a voi che andrete a leggerla. Buon Divertimento! -Irene_Violet.
Trama Breve:
Un gruppo di detective riceve un insolito invito a partecipare ad una particolare "gara di deduzioni" su di un isola che è stata teatro di un celebre massacro. Il loro compito è quello di risolvere un indovinello, così da incontrare l'organizzatore dell'evento. La situazione inizialmente pare tranquilla, ma per mano di qualcuno la storia sembra destinata a ripetersi, in un modo o nell'altro. Riusciranno gli abili investigatori a dissipare le tenebre dell'illusione che li vede protagonisti? Ma soprattutto potranno sopportare la verità che queste celano da 12 lunghi anni?
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ƹ̴Ӂ̴Ʒ #6 - Requiem of Truth and Illusions Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

Il suono degli spari riecheggiò forte e nitido all'interno delle mura della villa, tanto da fare rizzare i peli sul collo ai due presenti nel salotto al piano terra che si scambiarono un rapido sguardo, prima che Conan prendesse a correre verso la porta, afferrare la maniglia e spingere all'infuori in modo da poter uscire, ma pareva proprio che quella non volesse saperne di muoversi. Vedendo il ragazzino buttarsi contro il legno, spinse Tōya ad avvicinarsi a sua volta alla porta.

 

«Dannazione!!» - sbottò il ragazzino

 

«Che succede Conan-kun?» - gli chiese.

 

«La porta non si apre! Siamo chiusi dentro… se ci vado contro si muove ma solo di pochi centimetri poi torna indietro… deve aver usato qualcosa per bloccarla!»

 

Se Shin'ichi era frustrato dal non poter far granché nel suo corpo da bambino, Hachijō stava letteralmente implodendo di rabbia: si rimproverava di essersi buttato sotto quella macchina volendo porre fine alla sua vita e per giunta di non esserci neppure riuscito, rimanendo inchiodato su quella dannata sedia, non potendo fare un bel niente neppure per tirarli fuori da quella situazione, mentre chissà cos'era successo dall'altra parte!! Si dette un pugno sulle ginocchia dal nervoso ringhiando a denti stretti.

 

«Merda!!»

 

Il ragazzino con gli occhiali però era ben lontano dal arrendersi. Aveva superato di peggio, infatti si inginocchiò regolando la rotella delle sue scarpe potenzia-calcio al massimo, allontanandosi quanto bastava, per poi premere il bottone a lato della propria cintura spara-palloni, che cominciò a pompare aria nella gomma fin quando il pallone da calcio non fu gonfio al punto giusto, e non appena questo si staccò dal suo supporto, Conan sorrise. La sua scarpa destra era pervasa da scintille azzurre, giusto in tempo per calciare la palla con tutta la forza che aveva in corpo.

«Come se una semplice porta… POSSA FERMARMI!!»

 

Il pallone intriso di una forza inaudita colpì la superficie di legno, proprio al centro della stessa, quasi scardinandola, le maniglie dall'altra parte saltarono a causa dell'urto e vennero scaraventate in corridoio assieme al candelabro robusto usato per tenerle ben ferme. Quando le robuste porte furono libere da fermi, ormai danneggiate e curvate dalla pallonata, si spalancarono, mostrando i pezzi che erano stati sbalzati via, Hachijō, non credette ai suoi occhi e si domandò che razza di giocattoli inventassero per i bambini al giorno d'oggi . Per un attimo si sentì in dubbio sul fatto che magari stesse sognando, ma dovette ricredersi quando il ragazzetto scattò in corridoio e su per le scale del primo piano.

 

«Otchan!!! Rispondi!!!» - urlò immediatamente dopo essere uscito - «Soda-san!! Mogi-san!! Hakuba-nīchan!!»

 

L'uomo dai capelli bianchi si fermò al principio delle scale, tremando per la tensione, mentre le urla del bambino si fermarono di colpo una volta raggiunto il secondo piano, allora Hachijō strinse nuovamente i pugni sui braccioli.

 

«Merda… non dirmi che-...» - borbottò tra sé - «Uh...?»

 

All'improvviso la vista di Hachijō sembrò appannarsi: avrebbe potuto giurare di vedere una farfalla di colore dorato, volteggiare a qualche centimetro dal naso e sorvolargli il capo, spingendolo a seguirla con lo sguardo.

 

«Che succede? Non ci arrivi??»

 

Pronunciò una voce che aleggiò nell'aria, ma che non sembrava proprio provenire da nessuna persona fisica presente in quella hall, in cui l'unica "persona" presente oltre a sé stesso era il ritratto di Beatrice che come la Gioconda di Leonardo, saprà ammaliare con il suo sguardo.

 

«È ESATTAMENTE come credi! I crepuscoli dal primo all'ottavo sono completi... ed è arrivato il momento della mia rinascita! Avete sottovalutato i miei avvertimenti ed ora pagherete con la vita! È un vero peccato!! Al Nono Crepuscolo la Strega rinascerà a nuova vita e nessuno sopravviverà! Ammirate questa Beatrice, pregate inutilmente che vi risparmi la vita. Qualunque cosa facciate il vostro destino non cambierà, sciocchi esseri umani Gyahahahahah!!

 

La farfalla dorata andò a poggiarsi sulla figura della donna del ritratto, che Hachijō fissò con aria a dir poco alienata. Non voleva crederci… non poteva… Non era tutta colpa del ladro? Allora perché sentiva che quella voce e quelle parole gli facessero.tremare le.viscere, come se qualcosa stesse tentato "di uscire" dal suo corpo? Perché era totalmente terrorizzato da quella risata, che era riuscita a dargli una scossa lungo tutta la.spina dorsale? Non voleva ricordare… non erano suoi quei pensieri… Ma quale Beatrice!! Lui sarebbe di certo scomparso come uno spettro, se le cose avanti in quella direzione!! Era terrorizzato. Gli tornarono in mente i cadaveri che aveva visto nell'arco di quelle due serate: Ōgami, Ran… Shannon… Genji, Kumasawa, Gōda, Kanon, Rosa… distesi sul pavimento del salotto coperti di sangue. Tōya si tenne la testa che aveva cominciato a pulsare e a fargli davvero male, al punto da fargli venire le lacrime agli occhi, temeva che minacciasse di esplodergli da un momento all'altro.

 

«Avanti avanti, non piangere! Presto rivedrai i tuoi cari! Peccato che tu debba prima morire! Hahahahahaha» - rise di nuovo la voce.

 

Per allora Conan tornò al piano terra, ed attirati dalla farfalla che sembrò volare verso di lui, l'uomo alzò la testa domandando - «Dove sono… gli altri…?»

 

Il ragazzino scese gli ultimi gradini a sguardo basso prima di pronunciare - «Sono morti… tutti quanti…»

 

Hachijō a quel punto non ne poté davvero e guardò il ragazzino - «Se sono stati completati i nove crepuscoli allora la strega sarà rinata e a rigor di epigrafe tenterà di ucciderci… la scala dovrebbe essere ancora dove l'abbiamo lasciato stamattina, perché non andiamo a prenderla e la raggiungiamo, per darle il benvenuto, che ne dici?»

 

Conan alzò la testa sorridendo beffardamente - «Certo, non me lo faccio ripetere!»

 

I due allora si recarono fuori dalla villa girando sul lato sinistro della stessa, sotto una pioggia fredda e sottile. Tōya passò un brutto quarto d'ora nel prendere con sé sulla sedia a rotelle la scala, poggiandola sulle gambe insensibili e portandola verso la basilica. Una volta appoggiata a terra, sarebbe toccato a Conan il lavoro sporco di "uccidere" le lettere di Quadrillion che non erano utili e riordinare quelle che avrebbero portato alle Terra Dorata. Nel mentre che il piccolo era in cima alla scala, lo scrittore si preoccupava di tenerla ferma. Rivolse lo sguardo verso l'alto guardandolo compiere quelle operazioni con grande mano ferma, dunque l'uomo sorrise:

 

«Per essere solo un bambino sei davvero straordinario lasciatelo dire Conan-kun… Ti muovi con grande  freddezza anche dopo che i tuoi cari sono stati uccisi… ma non sembra lo faccia perché tu voglia vendicarsi. Sembra anzi tu voglia solo catturare questo farabutto. È davvero così importante… mettere le mani su quel ladro?» - domandò Tōya spinto dalla curiosità.

 

«Lo è Hachijō-san!» - rispose Conan, finendo di disporre la sequenza nella maniera corretta, incastrando la lettera "U" nel apposita fessura accanto alle altre, ma sempre in modo che tra una lettera e l'altra vi fosse a separarle uno spazio vuoto, come era specificato nelle "istruzioni". Con un colpo secco, per poi cominciare a scendere dai pioli - «Tanto quanto per lei è importante esporre la vera identità della nostra strega fantasma!»

 

L'autore di teorie allora si sentì punto sul vivo. Era chiaro che quel bambinetto fosse molto più intelligente del normale, quindi con tono scherzoso affermò - «Touche! Diventerai un ottimo detective crescendo.»

 

«Sì sbaglia… io non diventerò un detective. Io sono un detective! E non uno qualunque, ma il numero uno!»
 

I giochi di parole durante la loro permanenza qui, erano diventati preminenti e quello scrittore non era certo uno sprovveduto. Infatti colse al volo il significato di quel allusione - «Però… questo sì che è interessante» - commentò rivolgendo uno sguardo al bambino, che sorrise prima di voltarsi verso un sentiero che dalla basilica portava verso un gruppo di folti arbusti.

 

«Andiamo… tenendo presente il fatto che la statua del leone qui all'ingresso ha cambiato direzione, immagino dovremmo seguire quel sentiero...»

 

Ipotizzò il detective rimpicciolito, trovando una conferma immediata da parte di Hachijō; dunque si incamminarono verso quella direzione dove trovarono una sequela di statue a forma di leone, ognuna che segnava chiaramente il percorso che chi aveva risolto l'enigma, avrebbe dovuto seguire. Il percorso delle statue portò direttamente ad un'apertura nel terreno che discendeva tramite una serie di gradini nel sottosuolo. Il piccolo Conan ne scese alcuni e notò che si trattava di un vero e proprio corridoio le cui pereti in muratura si inoltravano in profondità. Certo Tōya non poteva proseguire oltre nelle sue condizioni.

 

«Sa che cosa c'è oltre queste scale?» - domandò rivolgendogli lo sguardo.

 

«Sì… si sarebbe dovuta ritrovare una base militare risalente al secondo conflitto mondiale. Tra le varie camere che puoi trovare, la prima la più facile da raggiungere dovrebbe contenere la fortuna in oro, in altre stanze invece all'epoca della tragedia erano presenti le 900 tonnellate di esplosivo che fecero saltare in aria l'isola, il cui meccanismo d'attivazione era collegato ad un'orologio regolato sulla mezzanotte. Ma visto che siamo qui a chiacchierare, questa parte della storia non è stata applicata. Per nostra fortuna procurarsi quella mole d'esplosivo non è una passeggiata, per cui non dovresti incontrare pericoli, anchrle andando per conto tuo. E poi a quanto ho visto, forse dovrei essere io a essere preoccupato per la mia incolumità. Hahaha.»

 

Il ragazzo sorrise e cominciò a scendere i gradini ma fu indotto a fermarsi da un rumore ritmico che rimbombava sulla pietra sottostante. Pian piano il rumore si fece sempre più vicino, fino a quando il ragazzino tornò indietro sui suoi passi lasciando emergere dalle tenebre una figura piuttosto famigliare, ma che non avrebbe pensato di vedersi trovarsi in carne ed ossa.

 

«Ahhh. Era ora!! Mi ero proprio stufata di aspettare… Ho pensato di aver invitato i detective migliori del Giappone… possibile ci abbiate messo tanto?!»

 

Si lamentò una voce femminile dalla parlata piuttosto peculiare, utilizzava un giapponese ormai desueto, tipico di qualcuno proveniente da una famiglia di alto rango. Inoltre per riferirsi a sé stessa aveva usato il pronome personale "warawa" (妾), espressione tipica usata dalle nobildonne in epoca arcaica, ed ora comune nei romanzi di narrativa.

 

«Huh? Non è un po' buio qui fuori?»  - osservò la voce, che producendo una serie di piccole scintille in lontananza rispetto al proprio volto, accese la brace di una lunga pipa che generò un odore acre che si espanse nell'aria.  

 


All'improvviso luci dorate si accesero tutte intorno a loro, sotto forma di farfalle dorate sospese in aria che con la loro luce, somigliavano a tanti piccole lanterne sospese. Sia Conan che l'uomo in carrozzina non riuscivano a credere ai loro occhi, perché grazie a loro, la donna fu finalmente visibile in tutto il suo splendore, avvolta nel vestito marrone tutto decorato da ghirigori ed i capelli chiari intrecciati e raccolti sulla nuca, ornati da una rosa rossa di tessuto. Gli occhi chiari fissarono i due giovani, mentre produsse una risata sommessa e divertita, per le espressioni che si erano dipinte sulle loro facce. Dopo qualche istante la donna alzò le braccia al cielo, annunciando con aria solenne:

«Il vostro cammino è giunto al termine. Rallegratevi! Siate i benvenuti, nella mia Terra Dorata!» - disse, per poi assumere un'espressione interdetta per ciò che aveva appena detto - «Ah, no… è sbagliato… prima di proclamarlo, dovreste raggiungere la stanza in cui è custodito l'oro. Però visto come si sono evolute le cose… non credo proprio che possiate arrivarci. È proprio per questo che mi sono presa il disturbo di raggiungervi qua fuori. Però come faccio? Senza la presenza dell'oro di Kinzō non è la stessa cosa… Mh… è un bel problema...»

 

La donna borbottò tutto ad alta voce, mentre Conan la fissava in silenzio. In tutto questo Tōya si trovò ad ingoiare della saliva che gli era rimasta bloccata in gola e trasalì quando "Beatrice", riprese parola poco dopo.

 

«AH! Ho trovato! Ve ne darò un souvenur!» - con ciò un lingotto d'oro cadde dall'alto direttamente sulle ginocchia di Tōya che sussultò alla vista di quel parallelepipedo dorato. Lo prese tra le mani e constatò che era davvero pesante… era reale! Era un vero lingotto che recava i simboli della famiglia Ushiromiya in rilievo sulla superficie dorata.

 


«È… è assurdo… non può essere vero!!»

 

«Cosa dovrebbe essere "assurdo"? Che io sia in grado di spostare un misero lingotto d'oro da un luogo all'altro è più che naturale, non sono la  "Strega Dorata" per nulla . Potrei fare di gran lunga di meglio! Potrei renderti la vita un inferno riducendo in oro tutto ciò che tocchi, fino a farti morire di stenti, obbligandoti a baciare la punta delle mie scarpe, facendoti supplicare per un po' di cibo, come un cane che piagnucola verso il suo padrone, se solo lo volessi, misero umano. Sei fortunato che non ti abbia aperto lo stomaco riempiendolo di dolcetti, per celebrare il vostro arrivo qui!»

 

La donna rise, per poi fare un tiro dalla sua pipa e buttare fuori dopo poco il fumo.

 

«Bene… ora che vi siete stupiti davanti alla mia magia, è ora di finirla. Dopotutto non avete portato a termine il Decimo Crepuscolo, ma il viaggio deve terminare ugualmente perciò... a questo punto… MUORI!»

 

Beatrice indicò il piccolo Conan con un movimento della sua pipa, si udì nell'aria il suono di uno sparo ed il piccolo all'istante assunse un'espressione di puro orrore. Il suo petto venne trafitto e produsse subito una larga chiazza scura sui suoi abiti, il tutto sotto gli occhi attoniti di Tōya, che lo vide gemere di dolore per poi cadere in ginocchio ed infine stramazzare al suolo emettendo solo un flebile sussurro d'incredulità:

 

«Come… è possibile...»

 

L'uomo in carrozzina era a dir poco congelato sia nell'espressione che nel cuore. Non era possibile, assolutamente da nessun punto di vista, che trucco aveva usato per aprire un ipotetico buco in petto ad un bambino che era perfettamente sano, fino a qualche minuto prima. Se per la comparsa delle farfalle la spiegazione del trucco poteva essere relativamente semplice, quello non lo riusciva proprio a capire. Aveva semplicemente puntato una lunga pipa contro di lui! Avrebbe anche potuto modificare quell'oggetto in qualche modo, per renderla un'arma, ciò poteva risultare plausibile almeno in teoria, ma tramite cosa aveva "premuto il grilletto" e da dove era uscito il proiettile che gli aveva trapassato il petto del povero Conan? Era una dannatissima pipa! Ed anche ammesso che non si trattasse di una "pistola", ma di qualcosa di simile ad una "cerbottana", il problema restava perché era ben distante dalle labbra della donna, quando questa l'aveva mossa, ed era impensabile che un minimo scossone potesse scoccare un dardo che dritto per dritto, giungesse a colpire correttamente il bersaglio, a meno che non ci fosse qualcun altro che "sparasse" nell’attimo propizio; ma in quel caso, chi era il complice, quanto lontano era nascosto e di quanta attrezzatura doveva essere dotato per riuscire a fare una cosa simile, nella penombra e con un tempismo praticamente perfetto? Non andava bene per niente! Non riusciva a pensare a nulla.

 

Mentre quelle domande continuavano a vorticargli in testa, lei gli si pose di fronte, puntando lo sguardo color cielo nella sua direzione.

 

«Non preoccuparti, avrai il tempo per cercare tutte le spiegazioni logiche che vuoi, dopo che sarai morto come tutti gli altri. Hai per caso un ultimo desiderio prima che ti liberi definitivamente dalle tue pene? Deve essere frustrante rimanere bloccati su di una sedia senza possibilità di muoversi, vero? Grazie a me risolverai questo problema per sempre! E sono magnanima, non c'è neppure bisogno che tu mi ringrazi.» - sorrise beffarda la donna in abiti ottocenteschi - «Allora? Le tue ultime parole?» - chiese infine, lasciando la parola al suo interlocutore.

 

«Come hai fatto…? » - furono le prime parole che pronunciò, alle quali la strega sghignazzò.
 

«IDIOTA! Non te lo spiego mica! Ti lascerò il piacere di scoprirlo, come ho detto prima avrai TUTTO il tempo che vuoi, dopo. Se è tutto allora, per me puoi anche morire subito, e potrai cominciare ad arrovellarti il cervello quanto ti pare e piace!»

 

«No… non era questo che intendevo...» - ribatté Hachijō, poggiando la mano sinistra sui braccioli della sedia e facendo forza sull'avambraccio mentre con l'altra si allungava verso di lei il più possibile come se volesse afferrargli il volto con la mano - «Come fai… ad essere in tutto e per tutto identico… a Lei?! Tu…!!»

 

Per sua sfortuna il terreno boscoso era instabile e non avendo tirato il freno a mano, la sedia a rotelle slittò all'indietro proprio mentre il giovane stava compiendo quello sforzo disperato. Hachijō dunque proteso in avanti, mancò dell'appoggio del proprio mezzo a si trovò a cadere. Lui non fu l'unico ad essere scosso dall'inaspettato quanto prevedibile accadimento, anche Beatrice quando se ne accorse, sussultò e si mosse balbettando un incerto - «O-Ohi!»

 

Purtroppo non poté impedire l'inevitabile incontro tra l'uomo ed il suolo boschivo, battendo la tempia a terra. L'ultima cosa che vide, fu dell'erba secca, ed marrone della terra.

 

Una fitta alla testa lo spinse ad aprire gli occhi. Sentì da subito un gran dolore che lo spinse a portarsi una mano alla tempia. Le immagini sulla retina dapprima furono confuse, successivamente si rese conto di star fissando un soffitto da cui pendeva un lampadario molto semplice. Lasciò vagare lo sguardo rendendosi conto di essere in una stanza che aveva già visto: pareti di un tenue giallo ocra, pavimento di legno lucido e scuro con mobili dall'aspetto minimale, un paio di divanetti e poltrone, disposti attorno ad un tavolo in legno, dei comodini bassi alla sinistra di ogni divano e le finestre aperte la cui brezza mattutina smuoveva le tende bianche. Era la stanza dei domestici. Ma come ci era arrivato fin lì… uno dei suoi ultimi ricordi era un veicolo che incombeva su di lui ed un profondo terrore… era tutto così confuso! Nel suo dirsi ciò, un flash gli attraversò la mente di colpo, anzi non solo uno, una serie di flash. Per qualche minuto gli sembrò quasi di assistere ad un film che veniva proiettato direttamente nella sua testa, facendolo soffrire terribilmente; tra tutte le scene una gli dette un particolare senso di disagio: l'immagine della donna del dipinto, immersa in un bagno di luce dato dalla presenza di un nutrito gruppo di farfalle dorate che svolazzavano, si trovavano all'interno del boschetto dell'isola, un bambino delle elementari cadeva a terra dopo essere stato colpito al petto. Il giovane si alzò di scatto, mettendosi a sedere come si fosse letteralmente appena svegliato da un brutto sogno. I vari tasselli si ordinarono pressoché da soli e quando il mosaico fu completo, ebbe infine la forza di urlare in tono rauco e minaccioso:

 

«DOVE SEI MALEDETTO!?»

 

«Sì è ripreso!» - una voce infantile proveniente dal suo lato sinistro lo spinse a voltarsi; Conan era lì di fianco a lui seduto sul comodino, con le gambe a penzoloni, gli rivolse un sorriso prima di portare lo sguardo di fronte a sé ripetendo - «Beato-no-nēchan, si è svegliato!»

 

«C… Conan-kun? B… Beato…?! Che cosa… succede?» - domandò confuso, si accorse solo in quel frangente di avere delle bende legate fermamente attorno al capo, per poi vedere la figura della giovane dai capelli biondi, che ora indossava abiti più moderni: una camicia bianca, con una cravatta rosa, una giacca nera, una gonna rossa con balze che le scopriva il tatuaggio dell'aquila mono-alata che portava sulla coscia destra, delle calze lunghe a righe nere e rosse che arrivavano fin sopra il ginocchio ed un paio di stivali neri con i lacci; portava con sé un vassoio con delle tazze di tè nero fumante e biscotti.

 

«Che diamine, ci hai fatto prendere un colpo!! Per un attimo ho creduto fossi morto davvero! Dimenticarsi di inserire il freno in un posto del genere! Vedi di andare subito da un buon medico a farti visitare quando sarai a Nijima, intesi? Non voglio certo averti sulla coscienza due volte!»

 

Asserì la giovane in tono seccato, la risposta automatica del suo interlocutore fu quella di annuire. Detto ciò, porse al piccolo una delle tazze di tè, facendo lo stesso con l'albino che ancora confuso, accettò prendendo la tazza ricolma di liquido tiepido tra le mani, poi quella si sedette sul divanetto di fronte a quello dove egli stava seduto ed accavallò le gambe in un movimento elegante, per poi tenere la tazzina appoggiata sulle ginocchia.

 

«Come mai quella faccia sconvolta? Sei ancora frastornato dalla botta che hai preso, eh?» - sorrise appena Beatrice, portando la tazzina alle labbra e bevendo un po' del liquido chiaro che conteneva - «Va tutto bene… abbiamo tutto il tempo. Quando ti sentirai pronto, potremmo cominciare con la ricostruzione degli eventi. Questo ragazzino dice di aver capito in linea generale cosa sia successo, ma non riesce a collegare certi dettagli. Più precisamente quelli che riguardano la tua presenza qui ed i vari particolari correlati. Io posso arrivare solo fino ad un certo punto, ma il tuo punto di vista sarai tu a doverlo esporre. Pensi di riuscire a farlo?» - gli occhi blu della ragazza fissarono quelli ugualmente cerulei del trentenne, che dopo qualche istante di silenzio, sorrise rivolgendo lo sguardo al bambino.

 

«Sì… sicuro che posso.»

 

Il tono di voce ed il modo di esprimersi era cambiato in maniera significativa. Rispetto al modo pacato con cui Hachijō Tōya si era espresso fino a poco prima della caduta, era evidente che qualcosa fosse cambiato: c'era decisamente più grinta in quel giovane, lo si poteva vedere benissimo anche nel come aveva inveito contro il nulla non appena sveglio. Vederlo così convinto spinse la ragazza a porgerli una domanda importante, che avrebbe decretato la realtà delle sue affermazioni.

 

«Perfetto. Se è così allora rispondi alla mia domanda, in modo chiaro...» - ella mosse appena la testa di lato e pronunciò - «Tu chi sei?»

 

L'albino sorrise - «Il mio nome è… Battler… Ushiromiya Battler».


«Nato il 15 Luglio 1968, sono figlio biologico di Rudolf e Kyrie Ushiromiya, ma sono stato cresciuto da Asumu Ushiromiya prima moglie di mio padre che io considero mia madre naturale. Dall'unione di Oyaji e Kyrie-san, è nata Ange mia sorella minore, ora nota al pubblico con il nome di Yukari Kotobuki. Sono uno dei nipoti di Kinzō Ushiromiya, ed ero presente alla riunione di famiglia tenutasi tra il 4 ed il 5 Ottobre 1986, quando è avvenuto il massacro di Rokkenjima.  Durante quegli avvenimenti, i miei hanno finto la loro morte con l'idea di appropriarsi dell'eredità del vecchio… Oyaji voleva parlarmi probabilmente di questo quando mi ha invitato davanti alla basilica. Io però sono stato salvato da Beato, messo al riparo dal massacro perpetrato dagli adulti e sopravvissuto all'esplosione dell'isola. Beatrice… ed io siamo fuggiti su di una moto d'acqua. Volevo farle lasciare l'isola per farle vivere una vita vera, ma lei… approfittando di un mio momento di distrazione si è gettata in mare. Ho cercato di raggiungerla, ma non sono riuscito a salvarla. In un modo o nell'altro sono arrivato a Nijima… completamente distrutto, ho vagato senza meta per un po', finendo su di un'autostrada. L'ultima cosa che ricordo e una macchina che non vedendomi, mi prende in pieno. Da qui in poi cominciano i tormenti di Hachijō Tōya, a cui devo aver dato parecchi problemi… se i miei ricordi lo hanno spinto a voler tentare il suicidio.»

 

Una lieve risata lasciò le labbra del ragazzo mentre si passò le mani sulle ginocchia, se Hachijō si sentiva tormentato dai ricordi di un'altra persona e dalla paura di scomparire se questa fosse tornata, ora era Battler a dover subire le conseguenze di un'azione che un altro aveva intrapreso. Non sentire più le gambe era una sensazione orrenda, ma in un certo senso era già abituato a non percepirle, per cui semplicemente prese atto del fatto che la sensazione impressa nel suo cervello, era quella che effettivamente provava.

 

«Credi sia una risposta valida?» - domandò guardando la ragazza seduta di fronte a sé, che annuì.

 

«È proprio ciò che speravo. Alla fine sei davvero tornato… Battler.» - sorrise la donna, per poi puntare lo sguardo verso Conan e sghignazzare sguaiatamente - «VISTO?! Non è come ti avevo detto? Per quanto avesse ripreso i sensi, sarebbe stato del tutto un'altra persona. E tu che dubitavi della mia Magia!!»

 

Conan assottigliò lo sguardo - «Come no, ma quale "magia". Perché tu non temevi avesse avuto una commozione cerebrale e che sarebbe potuto morire prima dell'arrivo della barca che attraccherà sull'isola tra meno di un ora?»

 

La bionda sobbalzò per l'imbarazzo, e spostò lo sguardo altrove - «Ero solo preoccupata! Non c'è un medico tra gli altri presenti ed è caduto a terra come una pera cotta, come avrei dovuto reagire?! Anche tu eri preoccupato e mi hai impedito di muoverlo per più di dieci minuti prima che decidessimo di portarlo qui o sbaglio Meitantei?!»

 

«Non potevamo sapere quanto fosse grave, no? Ora non prendertela con me, sei tu che hai messo in scena tutto quel pandemonio!»

 

La discussione dei due fu interrotta da una fragorosa risata da parte dello stesso Battler, che per un momento rivide quasi sé stesso e sua cugina Jessica, in quei due che aveva davanti, sia Conan che Beatrice si voltarono a guardarlo chiedendo all'unisono:

 

««Cosa c'è di divertente?!»»

 

«No… scusate… mi avete fatto ricordare un episodio di tanto tempo fa. Comunque, vi ringrazio. Se sono più presente a me stesso ora come ora, è tutto merito vostro.» - rispose Battler, sorridendo nei loro confronti - «Soprattutto quel trucco del "colpo di pistola fantasma", è stato molto interessante… il suono dello sparo mi ha fatto riaffiorare un mare di ricordo e credo anche di sapere come è stato messo in atto.»

 

«Oh! Vuoi dire che puoi spiegarlo? Interessante! Non vedo l'ora di sentire, prima però, meglio chiarire i dubbi di questo piccolo investigatore… rimandiamo il resto a dopo, ti va?»

 

Battler convenne con Beatrice, ed entrambi prestarono la loro attenzione a Conan, che aveva atteso pazientemente ed anche con parecchia curiosità di ricevere una risposta ai punti ancora, per lui oscuri in quella vicenda.

 

«Bene, cominciamo dall'inizio...» - iniziò a parlare Beato, poggiando la tazza di tè ormai vuota sul tavolino che separava i due divanetti - «È cominciato tutto quando sono stato contattata da una certa Ikuko Hachijō, trámite un peculiare annuncio nella sezione "cerco" del quotidiano nazionale diceva: "Smarrito completo bianco, munito di mantello e cappello di feltro, per festa in maschera… chiunque ritrovi i miei abiti, mi contatti a questo indirizzo e-mail".  Ho capito subito si riferisse a me ed ho preso appuntamento con Hachijō-sensei, nel suo studio presentandomi con quei vestiti con me e chiedendo spiegazioni. La sensei mi ha spiegato che non ero l'unica ad essere stata attirata dallo strano annuncio, ma di aver capito che io ero la persona giusta dal momento in cui ho risposto alla sua domanda una volta arrivata...» - rievocò dunque il ricordo di quell'intervista, spiegandolo ai due ragazzi, cercando di ricordarlo con maggiore precisione possibile.

 

Una volta giunta nello studio della scrittrice, che faceva largo uso di soprammobili preziosi, fu fatta accomodare su di una poltrona bianca, bordata d'oro e dai braccioli finemente decorati. Ikuko Hachijō una donna dai lunghi capelli dai riflessi violacei, gli pose di fronte una tazza di caffè, sorridendo alla liceale che teneva sulle ginocchia gli indumenti di colore bianco che erano descritti nell'annuncio con in più una camicia di colore blu ed una cravatta rossa:

«Tu che sei venuta in risposta al mio appello, lascia che ti domandi: a chi credi appartenga questo abito tanto vistoso?»

«Ad un audace e misterioso ladro fantasma, che può rendere possibile l'impossibile, signora… è piuttosto famoso… se non ricordo male è conosciuto con il nome di Kaitō Kid» - replicò la giovane.

 

«Esatto. È proprio il suo completo quello che stavo cercando. Ha attirato la mia attenzione con la sua abilità di compiere imprese straordinarie. Ma non sono alla ricerca di un abito qualunque, i negozi ormai ne sono pieni. Sto cercando l'originale.» - asserì la scrittrice, sondando il volto della ragazza che pareva sorpresa da tale affermazione

 

«Però Hachijō-sensei… mi scusi, ma crede che lui risponderà alla vostra convocazione? Se esistono infinite copie del suo costume, come potrà riconoscere quello che sta cercando tra gli altri?» - chiese la ragazza con aria interessata.

 

«Questa è un'eccellente domanda…  Lo capirò al primo sguardo. Il suo modo di porsi è piuttosto riconoscibile… è l'unica persona che si riferisce a sé, cercando di fingere distacco… non può impersonare sé stessa dunque verrà da me sotto mentite spoglie, cercando di apparire il più naturale possibile, pur indagando le ragioni della mia convocazione… "Perché una scrittrice nota per la sua produzione di storie fuorvianti, ha deciso di attirare a sé un ladro? Cosa vorrà mai rubare, che non ha ancora ottenuto tra le proprie mani?"  Di sicuro si domanderà qualcosa del genere, e da ciò che io potrò riconoscerlo con certezza. Non crede siano elementi sufficienti, per identificarlo?»

 

Beatrice cambiò gamba, portando la sinistra al di sopra della destra, ridacchiando - «Ci sono cascata con tutte le scarpe, neppure avevamo cominciato a parlare e già mi sentivo come sotto l'effetto di una qualche specie di sortilegio. Mi ha praticamente letto come un libro.aperto!»

 

«Tipico di Ikuko...» - sorrise Battler, per poi tornare a fare silenzio ed ad ascoltare il suo racconto.

 

«Una volta assicuratasi della mia identità. Mi ha posto sulla superficie del tavolo una foto e mi ha fatto una precisa richiesta, la stessa che io ho espresso nella seconda lettera che ho letto mentre tu (Battler) e la figlia di Mōri siete stati fatti allontanare per copiare il testo dell'Epigrafe: "Per favore, fa resuscitare Ushiromiya Battler". Mi ha spiegato tutta la storia: di averti trovato in mezzo alla strada, dopo un incidente stradale e che dopo averti soccorso si è accorta che avevi perso la memoria e tutto ciò che n'è conseguito. Mi ha proposto alla fine del racconto un metodo alternativo alle varie terapie mediche che hanno dimostrato non essere efficaci: una terapia d'urto. Mi ha mostrato allora una lettera di invito inviata a nome di Itouikukuro Zerogonanaroku, da parte di Ōgami Shukuzen -- indicato come mittente sulla busta, in questo caso -- che proponeva di incontrarlo per parlare proprio delle opere fuorvianti sul massacro di Rokkenjima, sull'isola stessa dove affermò di stare organizzando una riunione di appassionati del mistero. Ikuko-sensei ha pensato che sia la convocazione del detective -- che la firma sull'invito -- fosse piuttosto curiosa, se non assurda, dato che come sappiamo è saltata in aria a causa dell'esplosione;  dopo averne discusso con Tōya, valutando la loro partecipazione alla riunione, ha deciso anche di chiedere il mio parere a quattrocchi, per sapere se fossi a conoscenza della cosa. Io ho trovato sia la lettera che la richiesta piuttosto intrigante, quindi ho deciso di accettare e di documentarmi sulla vicenda di Rokkenjima, ricevendo anche elementi fondamentali dalla stessa sensei che è stata così gentile da narrarmi la vera natura di Beatrice.» - fece una pausa per poi riprendere - «Da qui in poi è stato un vero e proprio delirio! Nelle vesti di Shannon -- attingendo alla sua rappresentazione datami da Ikuko -- ho raggiunto la Fukuin House e sono riuscita a farmi assumere come cameriera da Ōgami che mi ha dato le prime istruzioni e la data dell'incontro, raccomandandomi di raggiungere per prima sull'isola in modo da potermi orientare, mi ha anche assicurato che avrebbe prodotto lui tutti gli inviti e che dovevo solo essere in grado di prestare servizio. Mi sono accordata con il Capitano del battello, dandogli disposizioni sul fatto che non sarebbe dovuto venire a prenderci la sera dell'incontro e la mattina dopo, una volta qui a Rokkenjima ho perlustrato l'isola in ogni angolo preparando i vari accorgimenti come il necessario per inscenare l'omicidio di Kanon, -- a proposito, hai risolto quel delitto Tantei-kun? --, i fucili in alcune stanze, nonché preparato i fogli aggiuntivi alle lettere che Ōgami mi aveva anticipato avrei trovato sull'isola, in modo da  "rievocare" le vicende dell'incidente. Naturalmente prima di arrivare qui avevo anche risolto l’epigrafe e preparato e portato con me il necessario per attuare la "resurrezione" di Beatrice". Non ho fatto altro che preparare tutto per bene, dopodiché ho atteso che i membri del cast si presentassero tutti qui. L'unica cosa che non avevo calcolato nel quadro d’insieme di questa rimpatriata è stato l'omicidio ai danni del suo organizzatore. Non immaginavo che la detective Senma, avrebbe approfittato di un mio attimo di distrazione per avvelenare le tazze da tè dei vari servizi…!!» - la strega sospirò - «Poi le cose sono andate come sapete, il mio intento era far credere che Beatrice fosse realmente la colpevole, in modo che lo shock dell'intera vicenda facesse riaffiorare la vera personalità di Battler. Impersonando sia Shannon ho potuto tenere d'occhio lo sviluppo da vicino ed una volta usciti di scena loro, ho potuto muovermi liberamente e far andare tutto liscio come l'olio. Mi dispiace solo di aver spaventato a morte la tua fidanzata, ma dovevo rendere credibile la leggenda della strega e farle fare il ruolo della morta per far tornare i conti. Le ho spiegato a grandi linee ciò che stava succedendo in un biglietto che le ho lasciato accanto al letto nella VIP Room, dove l'ho portata… immagino che ora ci starà ascoltando, assieme a tutti gli altri, attraverso una radio di fortuna che ho trovato nel magazzino giorni fa, che ho opportunamente modificato e collocato su di una mensola, come soprammobile.»

 

«Insomma siamo stati tutti attori nella tua grande impresa, come Hakuba-nīchan aveva già intuito...» - commentò Conan con espressione beffarda, a cui il ladro in abiti femminili rispose a tono.

 

«Una "farsa" ben riuscita, dal momento che è andato tutto come previsto! Ora è il tuo turno Battler… come mai hai deciso di tentare di raggiungere Rokkenjima, nonostante la particolarità del richiamo?»

 

Prima di rispondere il ragazzo, emise un fischio stridulo - «Ora me lo dici, ci credo sia stata una messa in scena ben riuscita per altro attuata alla perfezione. È stato davvero un ottimo lavoro, se posso permettermi di anticipare cosa ne penso»

 

«Cosa? Credo di essermi distratta un secondo? Puoi ripetere, voglio registrarlo!» - sapeva bene di essersi comportato alla perfezione, ma sentirsi lodare dalla persona che sapeva conoscere Beatrice a 360°, rendeva il ladro davvero fiero di sé.

 

«Non se ne parla. Ho detto abbastanza. Fattelo andare bene...» - ribatté Battler, con evidente aria di scherno in viso, facendo imbronciare di conseguenza l’altro che sbuffò.

«Che c’è di male?! Dillo di nuovo!! Mi sono presa cura di te per tutto il tempo, almeno dammi un po’ di soddisfazione!!» - si lagnò la ragazza per poi incrociare le braccia al petto e borbottare - «E questa la chiama “gratitudine”, ho rinunciato ad andare in vacanza per accettare questo incarico. Tsk…!»

 

Quella situazione cominciava davvero a divertirlo, ed anche a dargli un forte senso di nostalgia. Il ladro sembrava aver davvero riportato in vita la ragazza che conosceva. Perfino nel suo lamentarsi era spiccicato a lei… Quella diciannovenne che a causa della sua vita difficile aveva sviluppato un'identità frammentata. Nata maschio ma cresciuta come una ragazza, Shannon e Kanon rappresentavano le sue due visioni di sé, mentre Beatrice la Strega era il suo modo di evadere dalla realtà… il suo modo per sfogare la rabbia che covava nei suoi confronti, perché l'aveva abbandonata non presentandosi per sei lunghi anni alle riunioni di famiglia, finendo anche per obliare le loro lunghe discussioni sui romanzi di genere mystery che avevano avuto il merito di avvicinarli. Tutto questo era colei che si faceva chiamare con il titolo di "Strega Dorata", questo e molto di più e Kaitō Kid, il ladro-prestigiatore, pur non avendola conosciuta di persona, l'aveva riportata indietro dalle tenebre dei ricordi, consentendogli di riemergere a sua volta. Non c'erano critiche che potesse avanzargli in merito: era proprio stato in grado di generare miracoli.

 

«Già… perché ho deciso di tornare su quest’isola?» - si chiese, con un flebile sorriso sulle labbra - «Quando Ikuko me lo ha proposto, non sapevamo proprio se accettare, anzi per essere onesti “io” ero contrario, credevo fosse lo scherzo di qualche fanatico… Ange non è l’unica che è stata in grado di risalire alla mia vera identità in questi anni, per cui eravamo parecchio scettici. Però, quella lettera in qualche modo mi intrigava, nonostante fosse posta in modo strano. Ad un certo punto ho ceduto… mi sono detto “forse tornando su Rokkenjima potrei chiarirmi le idee una volta per tutte. Potrei riuscire a liberarmi dei ricordi che non sento miei”, così Ikuko mi ha portato a Nijima e mi sono imbarcato, scoprendo che oltre a me ci sarebbero state davvero altre persone, come l’invito prescriveva, ho scoperto solo la sera della riunione che le altre buste erano prive dell’indicazione del mittente, quando ho visto quella che Hakuba-kun ha aperto sul tavolo mentre c’eravamo tutti. Deve aver pensato che sarebbe stato il caso indicare chi fosse almeno per noi. Io e Ikuko rifiutiamo la posta che ci pare sospetta o poco seria e ci facciamo vedere di rado in pubblico, quindi la cosa deve averlo spinto ad esporsi. Un detective con una fama di tutto rispetto è di gran lunga più considerabile del “Fantasma della Strega Dorata”»

 

Non si può dire che avesse poi tutti i torti, pensò tra sé il piccolo Edogawa, inizialmente anche Kogorō voleva stracciarla addirittura senza neppure aprirla, per mancanza di un mittente indicato sulla busta… fu l’insistenza di Ran che attirata dalla busta ipotizzò si potesse trattare di qualche invito ad una cena di lusso a spingerlo ad aprirla. Per convincerlo ad accettare la sfida, bastò infine l’assegno contenuto nella busta e la promessa di un nuovo pagamento alla fine del lavoro; il detective dormiente per queste cose era tutt’altro che prevenuto, ma certo lui non era sopravvissuto ad una tragedia entrata a far parte della storia della cronaca “recente”, per cui non aveva neppure bisogno di preoccuparsi più di tanto di ritorsioni o gogne mediatiche… essendo un famoso detective, i cui casi li risolveva correttamente un liceale tramutato in un bambino di 7 anni

Battler proseguì, dopo aver dato uno sguardo rapido al bambino occhialuto - «Una volta arrivato sull’isola, il Capitano è stato così gentile da darmi una mano a scendere e poi la qui presente “Beatrice”, nelle vesti di Shannon mi è venuta incontro...» - virgolettò il nome a cui il ladro rispondendo in quel momento, incontrando giustappunto una sua espressione perplessa, che si fece subito dopo accigliata.

«In questo momento io sono Beatrice in tutto e per tutto! Sono resuscitata al nono crepuscolo no? Quale “Beatrice”... Pronuncia il mio nome come si deve!» - ripeté il gesto a sua volta, ma con un tono più indignato che scherzoso - «Ti ricordo che ho oltre mille anni alle spalle, quindi sono decisamente più grande di te, portami rispetto! Piuttosto va avanti con la tua versione della storia, anziché perdere tempo, guarda che il sole è sorto da un pezzo!»

Questa volta fu Conan a ridersela sotto i baffi, si chiese se il ladro non ci avesse davvero preso gusto a recitare quella parte, anche se dovette ammettere che vedere il ritrovato Ushiromiya Battler,  scherzare a quel modo, era piuttosto divertente. Aveva un’aura del tutto diversa dall’uomo malinconico che gli aveva raccontato la sua storia di fronte alla scritta Quadrillion, non immaginava come dovesse sentirsi nell’avere recuperato la sua identità e nel trovarsi davanti qualcuno in grado di impersonare alla perfezione una persona che conosceva e che non gli è possibile incontrare in nessun altra forma, perché deceduta ben dodici anni prima. Chissà quali sensazioni gli dava conversare con Kid, magari nel modo in cui aveva fatto con la vera Beatrice e nel sentirsi rispondere in modo verosimile… Doveva ammettere che anche lui aveva provato sensazioni tra le più diverse nel rendersi conto della bravura del ladro, nei suoi vari travestimenti, riusciva sempre a stupire ed ingannare per quanto fosse bravo. In questo caso però doveva star superando davvero sé stesso a giudicare dal modo di porsi di Battler. Probabilmente se così non fosse, gli avrebbe chiesto immediatamente di porre fine a quella pagliacciata… invece gli dava corda anche in maniera piuttosto naturale. La cosa divertì e colpì affondo il detective, che in qualità di “KID-Killer”, si sentì in diritto di decidere di “non ucciderlo”, almeno per questa volta.

«Scusami… va bene vado avanti!» - acconsentì l’uomo, proseguendo nel proprio discorrere - «Immediatamente i miei effettivi ricordi di Rokkenjima hanno cominciato a riaffiorare, gettando Tōya nel panico, risultò subito chiaro alla mia mente che c’era qualcosa che non andava, vedevo immagini che sapevo essere passate di Shannon nei miei ricordi, e sentivo che non avrebbe dovuto essere qui, però allo stesso tempo mi sentii sollevato. Anche entrare nella villa mi dette un forte impatto emotivo…  conosco le stanze di questa casa come le mie tasche, giocavo con i miei cugini Jessica e George tra queste mura quando ero piccolo dopotutto. Quindi nella mia mente si alternavano i ricordi di Ushiromiya Battler con le paure di Hachijō Tōya, restare calmo in una situazione del genere è praticamente impossibile, è come se un uragano ti stravolgesse il cervello. In un certo senso mi dispiace per Tōya… siamo la stessa persona, eppure era come se stesse combattendo contro un demone… che per altro è riuscito a sconfiggerlo...»

Conan preso dalla curiosità, allora fece una domanda al riguardo, anche se non era sicuro della possibile che avrebbe potuto ricevere in merito - «Ed ora… lui dov’è?»

Battler si portò una mano alla fasciatura, sospirando  - «Naturalmente proprio qui» - ritornò il tono pacato e lo sguardo vacuo ed acquoso che aveva avuto - «Posseggo tutti i ricordi e le sue esperienze. Sento che saprei recitarti i testi dei romanzi che ho scritto con Ikuko, a memoria… però allo stesso tempo… io non voglio arrendermi. E non approvo la scelta che ha fatto!» - alzò il tono di voce, quasi a volersi rimproverare da solo, cosa che in un certo senso stava facendo, poiché usava la terza persona come modo di dissociarsi dalla sua azione - «Però posso capirlo, ed in un certo senso vorrei scusarmi con lui. D’altra parte, il corpo in cui sono ora è il suo. E come se fossimo gemelli in un certo senso, abbiamo pressoché lo stesso aspetto, ma siamo profondamente diversi...» - quel ragionamento fu espletato da un tono estremamente serio, però poi le sue labbra si curvarono in un sorriso, voltandosi verso Conan - «Potrà sorprenderti sapere che prima non avevo i capelli bianchi!» - sorrise come a spezzare l’atmosfera tesa da lui stesso creata

 

Anche la ragazza rise tra sé, cercando qualcosa all’interno della sua giacchetta, tirando fuori una foto, che porse al piccolo rivale alzandosi dalla sedia - «Posso confermare che non sta mentendo...»

 

Conan esaminò la foto che raffigurava partendo da destra: una donna dai capelli corti, un uomo che ammiccava, una bimba graziosa con le codine e poi un ragazzetto dal sorriso smagliante. In effetti era riconoscibile l’aspetto dell’uomo a cui era seduto accanto, in quel ragazzetto, ma il taglio dei capelli ed il colore era differente, cosa che in un certo senso, lo rendevano effettivamente quasi un’altra persona

«Uh? Quella te l’ha data Ikuko? L’aveva con sé Ange quando è venuta a incontrarmi la prima volta...»  - ricordò il ragazzo, osservando di sfuggita la foto.

 


«È una copia di quella foto difatti. Mi è stata data per usarla in un certo modo a vicenda conclusa, perciò mi spiace ma non posso lasciartela.» - asserì Beatrice, facendosi restituire la foto e mettendola nuovamente al sicuro tra i suoi vestiti.

 

«Comunque, ho cercato in tutti i modi di rimanere “presente a me stesso”, evitando di esplodere in più scenate isteriche di quante non fossero necessarie... e se ci sono riuscito è merito vostro e della gentilezza di Ran-chan… anche se l’omicidio alla Guest House mi ha messo duramente alla prova.» - ammise Battler - «La svolta però è arrivata con l’entrata in scena di Beato… la mia mente ha ceduto alla comparsa della strega, non capivo neppure come fosse possibile, mi vergogno di me stesso per non aver pensato a qualcosa di così semplice...»

«Dovresti vergognarti di aver preso quella brutta caduta piuttosto razza di incosciente!» - ribatté Beato accavallando nuovamente le gambe sulla sedia - «Bè, finchè la mia resurrezione ha sortito l’effetto che doveva, non me ne lamento… Se questo è tutto, darei campo libero alla spiegazione dei trucchi.» - sorrise poggiando un gomito sul bracciolo del divano e la testa sulla mano aperta - «A giudicare dalla vostre facce, non vedete l’ora di cominciare, giusto? Sembrate due bambini in un negozio di caramelle...» - commentò prettamente per punzecchiare Shin’ichi. Quest’ultimo infatti assunse un’espressione ebete, come a dirgli: “Questa tu me la chiami una battuta?” - «Allora prego. Sfatate pure la mia magia, se ci riuscite!»



 

[Sospensione]

 

Durante la spiegazione dei trucchi, vedrai delle affermazioni evidenziate dal colore Rosso (Akaki Shinjitsu) tali affermazioni sono basate su prove oggettive o su dichiarazioni della stessa Beatrice, pertanto sono considerate certamente vere (Il rosso dice solo la verità!!) e non possono venire negate in alcun modo se non da una verità rossa più forte. Solo le streghe possono promulgare parlare in rosso.

 

L'interlocutore è autorizzato solo a fare ipotesi, che devono essere convalidate dalla Strega per essere considerate vere. Le ipotesi, che saranno evidenziate dal colore Blu (Aoki Shinjitsu). Le supposizioni possono essere confutare da una verità rossa dalla strega in qualunque momento.

 

[Fine sospensione]



 

Conan e Battler si dettero uno sguardo, come per capire se l’affermazione della strega fosse veritiera, e la cosa fece sorridere entrambi, d’altra parte il trentenne era lì per “Indagare” su sé stesso, ma era rimasto naturalmente coinvolto anche dai  trucchi inscenati, quindi non aveva tutti i torti a dire che avessero la stessa espressione in volto. Desideravano tutt’e due esporre ognuno le proprie conclusioni, da bravi “colleghi per caso”.

«Avanti Conan-kun, parti pure per primo.» - gli dette il via Battler.

«Huh? Davvero?» - chiese il liceale sussultando, ricevendo un cenno affermativo in risposta, ed allora sì che il ragazzino parve illuminarsi come a natale - «Grazie mille Battler-nīchan!!»

«Pff- Haahahahahahaha...» - il ladro esplose in una risata isterica, battendo la mano sul bracciolo, il che era esagerato non solo per il volume della risata in sé, ma perché non immaginava KID cadesse tanto in basso dal accasciarsi su un divano dalle risate - «Muoio… sto morendo… Comincia a dedurre… ti prego… altrimenti… potrei morire dal ridere...»

 

Il detective si sentì un tantino offeso dalla reazione nei suoi confronti, infatti tirò un occhiataccia in quella direzione, per poi schiarirsi la gola - «Come vuoi! D’accordo!» - sbuffò il ragazzino attendendo che le risa si placassero, così da cominciare a parlare - «Dunque… partiamo con il definire il lasso di tempo in cui sarebbe potuto avvenire il delitto compiutosi all'interno dello studio al terzo piano della villa: come ha detto Mogi-san anche mentre stavamo ragionandoci tutti insieme, ci troviamo davanti ad un lasso di tempo che va dalle 23 della scorsa sera alle 10:30 del mattino seguente, periodo in cui non lo abbiamo più visto. Il colpevole avrebbe dovuto attirare Kanon che era nella Guest House con una scusa, portarlo fino alla villa, fare avere accesso alla vittima allo studio del terzo piano, ucciderlo, simulare un suicidio e lasciare la stanza indisturbato. Questa è la dinamica delle mosse che avrebbe dovuto effettuare, vista in modo semplice, fin qui siamo tutti d’accordo?» - chiese il ragazzino, vagando con lo sguardo da Battler a Beatrice che nel frattempo si era realmente distesa sul divanetto, voltata sul lato per poter guardarlo
 

«Va bene… accetto questa ricostruzione: Kanon è stato ucciso tra le 23 di sera e le 10:30 del mattino. Ed è stato portato dalla Guest House fino allo studio del terzo piano dove è stato ucciso, sfregiato, impiccato ed infine ritrovato da voi detective. La vittima, Kanon è entrata dalla porta dello studio assieme al colpevole per non uscirne vivo, mentre l'assassino ha lasciato la stanza anch'egli dalla porta d'ingresso.  Ma il problema è… come diavolo avrà fatto se non con la magia?!» - rispose la strega, che sembrava più una trasposizione moderna di Paolina Borghese di Canova, che la nobile strega dorata, che accoglieva gli ospiti che avevano modo di accedere alla villa degli Ushiromiya.


«Bene, ora passiamo ai problemi che rendono questo delitto il tipico “omicidio a porta chiusa”: La porta-»

Il ragazzino venne interrotto di colpo dalla voce stridula della donna che scherzò - «Aspetta… non dirmelo! Per caso è chiusa a chiave? Cavoli che deduzione inarrivabile, Sherlock Holmes sarebbe fiero di te! Hahahaha» - sghignazzò nuovamente la biondina, che ricevette per la sua maleducazione un konpeitō  colorato che andò a colpirla direttamente in fronte, pescato da una ciotola sul tavolo.

 

«Sei rumorosa! Se vuoi fare la Strega dimostrati superiore. Oppure dall’alto della tua senilità vuoi fare la vecchia acida che se la prende con i marmocchi? Prendi quella e lascia in pace Conan-kun, volevi che risolvesse il trucco? Allora zitta e lascialo esporre!» - la rimproverò Battler, preparandosi un’altra caramella alla mano.
 

«Che individuo noioso… non c’era bisogno di bersagliarmi...» - borbottò quindi lei, recuperando dalla superficie del divano il dolcetto e spingendolo contro la parte interna della guancia, con aria da bambina a cui era stato impedito di giocare con i suoi giocattoli, mentre rivolse lo sguardo a Conan, che riprese quindi a parlare, sperando di non essere venire sbeffeggiato un’altra volta.  


«Dicevo: la porta può essere aperta manualmente solo dall’interno ed ha una serratura automatica che scatta con la chiusura della stessa. Per aprirla dall’esterno è necessaria l’apposita chiave, la quale però era stata sistemata assieme a molte altre sulla scrivania presente nella stanza. Sulla serratura non erano presenti segni di scasso, non è neppure possibile che il colpevole abbia avuto accesso dalla finestra, perché anch’essa non presentava segni di forzatura, ed in più era “sigillata” da del nastro adesivo.» - presentò Conan - «Così sembrerebbe in tutto è per tutto una stanza chiusa inaccessibile… noi per risolverla abbiamo ipotizzato allora l’esistenza di una seconda chiave, con cui la porta è stata agevolmente aperta, per permettere la messa in scena dell’omicidio.» - espose il bambino, per poi fermarsi ad un cenno da parte di Beatrice.

«Bè, l’hai trovata, questa misteriosa seconda copia della chiave?» - chiese con un sorriso ampio sulle labbra.

 

«No… l’ho cercata in tutte le stanze, ma non l’ho trovata.» - ammise il detective rimpicciolito - «Però non è detto che questa chiave non esista»

 

«Ma non puoi dimostrare che esista, quindi non puoi provare che sia stata usata per aprire la porta. Per cui come vorresti smontare la mia stanza chiusa, senza prove alla mano?» - domandò la ragazza - «Si chiama “prova del diavolo” grande detective… la tua teoria ti sta crollando tra le mani Hiyahahah.»

 

Conan non sembrò affatto preoccupato da quella palese contraddizione, anzi sogghignò compiaciuto - «Oh no, al contrario. Te ne sei accorto vero, Battler-nīchan?» - chiese voltandosi verso lo stesso.

«Sì… l’ho notato eccome.» - sorrise quest’ultimo - «E da quando hai cominciato a parlare della copia della chiave, che Beato continua a guardare di sfuggita il vaso di fiori finti che è presente sulla mensola alle tue spalle… ed è un comportamento più che normale tenere d’occhio il nascondiglio di qualcosa d’importante, temendo che questa cosa possa  venire scoperta se si cominciasse a perlustrare la stanza...»

 

«Per altro ho controllato questa stanza già una volta, ma non alla perfezione quindi può essermi sfuggito, anche perché Ran-nēchan ad un certo punto mi ha fermato; e tu ne hai approfittato per riporla nel vaso, che avevo già controllato, convinto che non lo avrei fatto ancora… per cui è stato un ottimo nascondiglio, fino a qualche minuto fa…» - il bimbo dunque andò a frugare all’interno di un vaso, ripescando la fantomatica chiave, che finalmente aveva una consistenza - «Eccola! Ed ora che abbiamo la prova alla mano ecco come sono andate le cose: semplicemente una volta assicuratosi che tutti fossero chiusi nelle proprie stanze a dormire, hai avuto accesso alla stanza portando con te un manichino che avevi precedentemente nascosto, magari sul fondo del magazzino, del sangue finto, una corda, del nastro adesivo ed il necessario per i tuoi travestimenti. Hai vestito il manichino con gli abiti che hai utilizzato per impersonare il domestico nella sua breve apparizione di quella sera, gli hai messo una maschera di quelle che è possibile trovare nei negozi di costumi in occasione della festa di Halloween, hai  appeso il manichino alla trave del soffitto con la corda ed hai cosparso la maschera ed in parte la mano del manichino rivolta verso la finestra, di sangue finto. Infine hai bloccato il telaio e le imposte con il nastro adesivo, per impedire che la finestra venisse aperta, infondendo il timore di inquinare la scena se avessero fatto altrimenti. La combinazione di maschera, sangue finto unito al berretto rosso ed alla parrucca, ha indotto me ed il detective Mogi ad identificare subito il presunto cadavere con quello del ragazzo che non era stato più visto da nessuna parte né all’interno della villa e neppure nella Guest House… quando in realtà egli non era nient’altro che uno dei personaggi che ti era stato chiesto di interpretare e che serviva uscisse di scena in maniera plateale, per far credere fosse tutta opera della strega. In più sei stato agevolato dall’intuizione di Mogi, di chiudere tutte le chiavi in un’unica stanza, anche se sono sicuro che avresti trovato un modo per farci venire a conoscenza del fatto che fosse impossibile aprirla con i Master Key, anche se non fosse capitata un’occasione del genere... »

 

«Un’altra fortuna consiste nel fatto che si trattasse di una stanza al terzo piano e che io sia rimasto paralizzato...» - intervenne Battler, con aria di sfida nei confronti della strega - «Perchè ti assicuro che io non sarei stato così corretto, avrei sfondato il vetro e sarei entrato ugualmente sventando tutto questo bel lavoro di organizzazione.» - ammise.
 

Era il tipo irruento che pur di salvare qualcuno, era capacissimo di buttarsi da una finestra, figurarsi se non sarebbe stato in grado di romperne una per entrare in una stanza, per lo stesso motivo, ma così ridotto, aveva reso la vita facile al ladro ed ai detective incaricati di reggergli il gioco.

 

«Mmh-huhuh. Spiacente Battleeer! Tu eri il jolly quindi era logico non entrassi a far parte del mazzo!» - ridacchiò sguaiatamente Beatrice.

 

«Ohi Beato…. non stai dimenticando qualcosa?» - sopraggiunse l’uomo.

 

«C-Che cosa avrei dimenticato?» - domandò cercando di non mostrare la sua indecisione.

«La teoria… accetti o la rifiuti?»

 

La giovane sussultò guardando altrove, non sapendo come sviare il discorso - «Ri-Rifiuto...» - disse con uno sbuffo - «Mah,  vi ci siete avvicinati parecchio sin dall’inizio, anche mettendovi tutti insieme… che seccatura! Possiamo dichiarare risolto il mistero della stanza chiusa. Ora tocca alla mia meravigliosa rinascita, sentiamo le tue geniali intuizioni.»

 

L’albino si sistemò in maniera più consona sul divanetto, orientando le gambe verso l’esterno, così da poter assumere una corretta posizione seduta e sorrise - «Bene, non aspettavo altro: cominciamo dalla cosa più semplice, le frasi riprodotte nella hall. Sono pronto a scommettere che fossero delle casse preamplificate, posizionate magari sul retro della stele riportante il testo dell’indovinello. Se avevi posizionato anche dei microfoni all’interno della casa, sarebbe stato uno scherzo far partire la registrazione che ho sentito al momento giusto. Sapevi che Hachijō era un uomo provato, quindi bastavano un paio di frasi abbastanza inquietanti, per sortire l’effetto desiderato di panico nella mia persona. La farfalla dorata che ho visto sarebbe potuta essere una semplice allucinazione dovuta alla suggestione, oppure, un qualche aggeggio telecomandato che hai consegnato a Conan-kun in modo che lo usasse al momento giusto per dare corpo alla tua sceneggiata» - Battler fu indotto a proseguire, dal silenzio che si scontrò con le sue parole - «Nel frattempo che noi eravamo intenti a risolvere la sequenza della cappella, tu ti trovavi nei tunnel sottostanti alla Kuwadorian, con cui sei sbucata tranquillamente fuori dal passaggio segreto, con tempisto perfetto. A proposito di farfalle dorate: si sono accese gradualmente, potrei ipotizzare che si trattasse di farfalle ritagliate e contornate da luminarie, fissate ai rami degli alberi. il movimento era dato dal vento presente in quel momento, per cui davano la sensazione di svolazzare in giro, benché fossero statiche. La carta d’alluminio d’altra parte è riflettente, quindi per certi versi dava modo al trucco di “nascondersi” da solo, mentre il lingotto d’oro era una replica della descrizione dei romanzi a cui ho collaborato, riempito di piombo per farlo sembrare vero.»

 

«Di questa cosa della farfalla nella hall, non so nulla davvero; in effetti mentre voi stavate risolvendo l’enigma, io dalla Kuwadorian ero intenta a raggiugervi, quindi la mia voce era incorporea… per le farfalle dorate di cui parli puoi dimostrarlo questo trucco?» - chiese con un’espressione rilassata.

 

«Le ho io Beato-no-nēchan! Guarda!!»  - disse cacciando fuori dalla tasca un pezzo di stagnola, ed un paio di lucine rotte.

 

«Q-Quando sei riuscito a-» - sgranò gli occhi la strega nel trovarsi davanti ciò che aveva richiesto.

 

«Mentre stavamo valutando se spostare o meno Battler-nīchan, ne ho trovata una che si è staccata a causa del vento, quindi l’ho raccolta ed ho staccato un paio delle lucine che sganciandosi dai rami si sono rotte.» - il ragazzetto sorrise compiaciuto, soprattutto davanti all’espressione sconvolta del proprio rivale.

 

«Accidenti a te Meitantei!» - sbuffò, visto anche il sorriso disegnarsi sulle labbra di Battler - «E per "l'omicidio" del qui presente Conan Edogawa? Le tue conclusioni?» - domandò quindi la bionda.

 

«È un trucco davvero semplice in realtà. La situazione induce a pensare che sia partito un colpo di pistola da chissà dove, che abbia colpito al petto la vittima a cui compare istantaneamente una chiazza rossa all'altezza del cuore.  Eppure non era presente nessuna arma effettiva con la quale "sparare", avevi le mani libere… e l'unica cosa che possiamo considerare come "pistola fumante", questa è la pipa che reggevi in mano giusto?» - ricapitolò Battler rivolgendo lo sguardo alla sua interlocutrice.

 

Questa confermò con un cenno del capo - «Proprio così… non nascondevo alcuna pistola. Se ci fosse stata l'avresti vista! Inoltre non c'era alcun "complice nascosto". Il colpevole sono io, questa Beatrice, senza possibilità d'appello.» - affermò con convinzione la donna.

 

«E se non ci fosse davvero nessuna pistola?» - osservò l'uomo con un guizzo divertito che attraverso i suoi occhi azzurri.

 

«Ciò vuol dire?» - rilanciò la donna.

 

«Per cominciare lo sparo era registrato. Hai semplicemente fatto partire il suono al momento giusto, anche in questo caso non era difficile potevi avere un interruttore nascosto all'interno della manica del vestito o potresti aver calcolato la lunghezza della registrazione, in modo che il rumore fosse udito in un dato momento…  quanto alla macchia di sangue… lo abbiamo menzionato prima, il sangue finto venduti in qualunque negozio per gli amanti dell'orrore. Di solito può essere contenuto in involucri di plastica sottili in modo da poter romperlo in tutta tranquillità. Bastava che Conan-kun lo tenesse tra i vestiti e lo rompesse in concomitanza con lo sparo.»

 

La strega tamburellò con le dita sulla superficie del divano -  «Non si è verificato nessun reale sparo; ma i suoi vestiti non sono macchiati. Non ci sono prove che il sangue finto di cui parli sia stato effettivamente usato. Il sangue finto macchia determinati tessuti sai?»  

 

«Andiamo… è questa me la chiami una difesa? Non lo hai neppure negato. È possibile rimuoverlo con acqua ossigenata che solleva il composto dal tessuto passandolo poi sotto acqua molto fredda. Sono stato svenuto abbastanza perché potreste aver il tempo per usare questo procedimento. E poi guarda bene la sua giacca… una prova c'è... ha ancora un leggero alone dimostra che prima era presente una macchia che è stata rimossa, senza fare particolare attenzione. Che dici? Ho indovinato?»

 

La ragazza si sistemò nuovamente sul divano poiché era sprofondata nella seduta. Con aria imbronciata borbottò - «C'hai preso… Sono costretta ad ammetterlo: La giacca di Conan è stata macchiata da del sangue finto, che è stato rimosso» - sbuffò - «Tsk… ed io che speravo in qualche stravaganza, di ipotesi da poter smontare...» - dopodiché aggiunse - «Quindi è inutile che vi chieda dell'incendio al magazzino...»

 

Conan prese la parola al riguardo - «Non lo abbiamo mai visto al suo interno, quindi non possiamo saperlo con certezza, ma potrebbe essere stato presente un meccanismo esplosivo già preparato da Ōgami, con cui aveva intenzione di uccidere Senma-san, l'ha detto lei stessa che se non l'avesse ucciso per prima, avrebbe incontrato lei la morte. Scoprendo il trucco ha elaborato tale deduzione e commesso l'omicidio, poi però visto che l'occorrente era ancora lì e dovendo prendere parte al tuo spettacolino, ha pensato di usarlo a suo vantaggio per inscenare la sua dipartita… Doveva essere qualcosa di rudimentale, ma efficace magari una bombola di gas, che lasciata semiaperta avrebbe saturato l'ambiente con i propri fumi, ed all'accensione della minima fiamma, avrebbe fatto verificare l'esplosione

 

«Essendo a conoscenza del trucco in questione le è bastato andare in tua compagnia perché provvista del Master Key ad aprire la bombola al mattino presto, uscire dal magazzino, chiudere la serranda  lasciando incastrato uno zampirone al di sotto della stessa, e tornare alla sera per dargli fuoco. Per allora l'ambiente sarebbe stato saturo generando l'incendio e l'esplosione della bombola come da programma.»

 

«…Giusto anche questo...»

 

Beatrice estrasse dalla tasca ed attivò un disturbatore di frequenze che poggiò sul tavolino da caffè, non c'era bisogno che gli altri presenti nel salotto, sentissero il resto della loro chiacchierata. Tutto ciò che era stato detto, era più che sufficiente.

 

«Uffaaa, voi detective siete così odiosi!! Riducete giorni o settimane di preparazione di numeri in pochi minuti di spiegazione. Avete idea delle ore che ho occupato per preparare il trucco delle farfalle dorate EHH?!? E voi siete pronti a smontarlo con quel sorrisetto scemo dicendo: "Sono solo pezzi di stagnola con luci intorno attaccate ai rami degli alberi… un trucco facilissimo" bla bla bla… Rudi calcolatori, miseri umani senza sogni né romanticismo! Ecco cosa siete! Hmph...» - tornò a lamentarsi Beato guardando i due che effettivamente si mostravano compiaciuti dalle loro deduzioni.

 

«Veramente io avrei anche dei sogni, non saranno proprio romantici, ma spero di realizzarli un giorno...» - Conan naturalmente si riferiva al suo proposito di dichiararsi a Ran un giorno, prima però doveva tornare ad essere Shin'ichi Kudō.

 

«Parlando per me ero piuttosto romantico fino a dodici anni fa. Dopotutto per portare "la Strega" via da quest'isola, ho dovuto letteralmente prenderla di peso, dicendole qualcosa del tipo: "Io ti rapisco Beatrice"... a ripensarci ora è terribilmente imbarazzante!»

 

Sia KID che Conan, risero a quella rivelazione, suscitando invece l'indignazione del diretto interessato.

 

«In effetti… è imbarazzante anche solo pensarlo!» - rise il ladro, in proposito.

 

«Bè, stai certo che non lo dirò una seconda volta!» - sbottò l'albino nei confronti del travestimento del criminale.

 

«EHH?!? Sei cattivo, cosa ho io in meno della me di dodici anni fa?! Anche io voglio essere rapita! Battleeeer!!» - si sporse in avanti la ragazza con espressione supplichevole in viso.

 

«Ma non ci penso nemmeno! Fatti portare via da qualcun altro! Dalla polizia magari. Loro ti accoglierebbero a braccia aperte, senza dubbio»

 

«No no!! Non è giusto! Non ha senso se lo fa qualcun altro...» - ignorò volutamente la menzione della polizia, non aveva intenzione di farsi catturare, soprattutto non dopo aver fatto una "buona azione", come farlo "tornare in vita".

 

Dopo una serie di altre lamentele di Beato nei confronti del suo "amante" che la stava respingendo, i tre decisero che era tempo di raggiungere gli altri, quindi venne avvicinato al divano su cui l'uomo diversamente abile sedeva, di modo che potesse sedervisi sopra, assistito dalla fedele infermiera che si era così diligentemente occupato di lui in quei due giorni, in varie forme. Kid spense il disturbatore di frequenze annunciando che avrebbero raggiunto gli altri e che questi si spingessero al molo per primi. Il sole era ormai alto ed a giudicare dall'ora mostrata dll orologio da parete, posto nella stanza, la barca che avrebbe dovuto venire a prelevarli, sarebbe arrivata tra una decina di minuti.

 

La ragazza spinse la sedia fuori dalla stanza dei domestici ed attraverso la hall, non avrebbero dovuto fermarsi di fronte al ritratto, ma l’illusione di Beato, Conan ed il ritrovato Battler, lo fecero ugualmente per far un ultimo saluto alla Beatrice della leggenda, prima di abbandonare la villa e dirigersi verso la spiaggia.

 

«Stai attento adesso!» - fu una delle prime cose che disse Conan, non appena arrivarono sulla discesa.

«Lo so! Lo so, non  c’è bisogno che me lo dica» - ribatté Beatrice.

 

Battler guardò i due battibeccare sul come fosse stato il caso di portar giù la carrozzina, il suo passeggero era già caduto una volta, facendosi male per una svista personale, non volevano certo essere loro a replicare il fattaccio. Il diretto interessato tuttavia sembrava tranquillo: il ladro era stato estremamente attento nei suoi confronti, fin da subito arrivando a rimproverarlo perfino; per essere uno sconosciuto insomma aveva usato accortezze che non ci si aspetterebbe da chiunque, pertanto sentiva di potersi fidare, senza dover dire nulla.

«No, sono serio Kid, occhio a cosa- A..Ah...» - nel suo fare la paternale al primo, fu il ragazzino a rischiare una bella caduta sul sentiero, cosa che fece sorridere il ragazzo in maniera beffarda.

«Piantala di blaterare e pensa per te. Anzi fa una bella corsetta ad avvisare tutti che stiamo arrivando, ma occhio a non ruzzolare!»

 

Conan ruotò gli occhi al cielo e sbuffò - «Tsk… va bene, come ti pare!»

Non gli piaceva prendere ordini da lui, ma immaginava che volesse tirare le somme di quegli eventi con Battler Ushiromiya prima che questi arrivassero alla barca, era convinto che ci fossero ancora cose che l’uomo volesse sentirsi rivelare dal ladro o magari avrebbe voluto solo ringraziarlo o magari maledire ciò che aveva fatto, qualunque cosa si sarebbero detti, Conan l’avrebbe saputa ugualmente, perché nel suo inciampare aveva attaccato una ricetrasmittente alla sedia a rotelle, era anche per questa ragione, che aveva acconsentito molto in fretta all’andare avanti senza di loro. Kaitō però se n’era accorto, infatti tirò con delicatezza il freno ed una volta assicuratosi la stabilità della carrozzina, passò sul davanti, staccando il microfono adesivo. Vedendo quella specie di strano bottoncino, Battler inarcò un sopracciglio.

«Cos’è quello?»

Beato pose l’indice sulle labbra e sussurrò all’orecchio di Battler - «Un microfono. Il marmocchio voleva spiare la mia confessione d’amore...» - scherzò per poi allontanarsi dalla carrozzina ed avvicinare il bottoncino alla bocca - «La curiosità uccide il gatto Meitantei, fino a quando non mettiamo piede fuori da quest’isola, questo è ancora il mio Showtime, per cui... NON TE LO LASCERÒ FARE!! HAHAHAHAHA!!!» - con una risata stridula tipica della strega dorata che stava impersonando gettò via il piccolo oggetto, che finì sulla spiaggia, mescolandosi al bagnasciuga.

 

«Conan-kun? Cos’hai?» - domandò Ran inginocchiandosi accanto al bambino.

«N-Non è niente… Ran-nēchan...» - rispose lui tenendosi una mano sull’orecchio sinistro, per poi pensare tra sé - “Bastardo di un KID”

 

Dopo circa cinque minuti, la strana coppia finalmente raggiunse finalmente i detective riuniti sulla spiaggia, anche quella vista di persone riunite di fronte alla barca, come la villa e la vista di Beatrice, suscitò in Battler una ventata di nostalgia, anche perché data la varietà di individui presenti, molti di loro potevano essere assimilati ad alcuni membri della famiglia Ushiromiya, ad esempio il detective Harufumi Mogi, gli ricordava suo padre Rudolf, Furuyo Senma, la vecchia Kumasawa, la detective Ikumi Soda somigliava un po’ a sua zia Natsuhi per certi versi. Il pensiero lo fece sorridere, mentre proprio Mogi, lo avvicinò con un espressione sorridente.

 

«I nostri ospiti d’onore si sono degnati di presentarsi, c’è ne avete messo di tempo!»

 

«Vi devo le mie scuse. Dovevo celebrare la mia riunione con Battler come si deve. Avrà pure perso i suoi capelli color fuoco, ma rimane un uomo affascinante» - ridacchiò avanzando nei confronti dell’investigatore.

 

L’uomo in carrozzina replicò a quell’affermazione con una certa dose di nonchalance - «Anche se chi è veramente popolare in questo momento, sei tu caro il mio ladro fantasma! Alla stazione di polizia saranno felicissimi di riceverti facendoti dono di due bei braccialetti al polso»

 

«N-Ngh… Dopo tutto quello che ho fatto per te, vuoi consegnarmi alle autorità!» - sbottò Beato, portandosi di fronte al mezzo appoggiandosi ai braccioli, quasi arrivando a sporgersi nei suoi confronti - «Sei proprio privo di qualunque delicatezza! Avresti potuto anche usare un’immagine più romantica!»
 

«Non c’è bisogno di prendersela e poi ci sono persone che le considerano simbolo d’unione» - sorrise lo scrittore - «Tu che ne pensi Hakuba-kun?»

 

Battler si rivolse al liceale che interpellato a riguardo dichiarò di avere un paio di quei gradevoli braccialetti scintillanti, con sé per puro caso, cosa che fece letteralmente sbiancare il ladro ad di sotto della propria maschera.

“S-Stiamo scherzando, vero?!” - domandò nei propri pensieri il mago sudando freddo, per poi cominciare a fare i capricci nei confronti del superstite della famiglia Ushiromiya, che neanche a dirlo, se la stava già ridendo sotto i baffi - «BATLEEEER!! Non accetto una cosa del genere! Guarda che ti meledico a vita! Abbi pietà di me!! Ti ho trattato bene, no? Non merito un po’ di compassione?!?»

 

“Sì… si sta divertendo un sacco” - osservò Conan, che guardandosi alle spalle notò Ran sorridere.

«Hachijō-san… pare davvero molto più felice, non credi?»

 

«Hai ragione, lo sembra davvero» - annuì il bambino.

 

Nonostante  quell’esperienza fosse stata a dir poco assurda, i membri del gruppo si imbarcarono finalmente, alla volta di Nijima, riunendosi sul ponte, scambiando finalmente della chiacchiere informali, disturbate però dai lamenti della stridula voce femminile, generata dal ladro, che era finito ammanettato alla ringhiera di protezione.

 

«Era davvero necessario?» - chiese agitando il polso, producendo un tintinnio metallico - «Ehi, Tantei-kun almeno tu mostra un po’ di compassione! Fatti dare la chiave! Liberami da questi cosi!» - piagnucolò il criminale, poggiando la guancia sulla ringhiera e guardando il ragazzino con occhioni supplichevoli.

 

«Sei patetico lasciatelo dire… inoltre ora sei “Beatrice in tutto e per tutto”, no? Non devi mica chiederlo a me!» - ribatté Conan che per tutta risposta,  rivolse lo sguardo al “vero” rivale del ladro in quella situazione particolare, a cui era seduto di fianco - «Che ne dici Battler-nīchan? Lo liberiamo?» - chiese con aria innocente il liceale rimpicciolito.

 

«No. Fin quando si ostina ad atteggiarsi a Beato sarà mio prigioniero, non autorizzerò la rimozione delle manette fino all'arrivo. E poi una vera strega non ha certo bisogno di una chiave per aprirle… » - osservò l’uomo, annuendo.

 

«Ovvio che non ne ho bisogno. Se dici così, dunque hai accettato l'idea per cui sono una vera Strega?» - domandò l’altra

 

All’interno dei suoi romanzi, lo scopo di Beatrice era infatti quello di farsi accettare dal suo avversario in qualità di Strega e fin quando ciò non fosse accaduto, i due si sarebbero continuati ad affrontare, in un interminabile sfida a colpi di ricostruzioni fuorvianti sulla tragedia dell’Ottobre del 1986. Quella era una domanda che solo chi aveva letto almeno uno dei romanzi targati Itouikukuro Zerogonanaroku, avrebbe potuto porre una simile domanda; quasi Battler non riuscì a credere che il mago fosse arrivato a tanto, per cui non ci pensò due volte a contraddirlo, con un sorrisetto divertito sulle labbra.

 

«Come dovrei riconoscerti quando hai confermato le nostre deduzioni. Ti abbiamo dimostrato che tutte le tue “magie” sono attuabili senza problemi con i trucchi degli umani, in cosa dovresti essere una strega?»

«ALLORA!!! Almeno fammi cambiare travestimento! Ti prometto che non vado da nessuna parte!!»

 

Mentre la fastidiosa tiritera di Beato proseguiva, Ran si avvicinò all’uomo in carrozzella, cercando di aggirare il più possibile KID, che in quegli abiti le faceva impressione, anche perché l’aveva spaventata a morte nella Guest House, per inscenare la sua dipartita e quella di Shannon. La castana si sedette tenendo una mano  a lato del capo, per tenere fermi i capelli lunghi che svolazzavano a causa della forza dell’aria

 

«Ran-chan tutto bene?» - fu la prima cosa che domandò Battler alla ragazza, non appena la vide sedersi accanto a sé.

 

«Sto bene la ringrazio, lei come si sente piuttosto?» - rilanciò la liceale sorridendo.

 

«È una domanda obiettivamente difficile a cui rispondere. Sto bene. Non mi sentivo così vivo da tanto tempo… il vecchio (Kinzō) ha desiderato che Beatrice, una volta raggiunta la Terra Dorata, potesse dormire per sempre… ma sono certo che se potesse venire a conoscenza dell’illusione a cui abbiamo preso parte in questi giorni, farebbe il diavolo a quattro rimproverandomi di non averla svegliata...» - sorrise nel portare il suo sguardo verso KID che ancora cercava di corrompere il piccolo Conan per farsi aprire le manette, senza però ottenere alcun risultato - «Quasi la sento vantrsi dicendo cose del tipo: “Visto? Non importa quanto tempo passi, sei condannato a tornare da me, per l’eternità, te l’ho sempre detto che sono una strega terribile!” oppure “Vuoi negarmi ancora dopo aver avuto a che fare con una magia tanto perfetta? Rassegnati ed anzi gioisci per la mia resurrezione!” Tutte cose che ”lui” saprebbe sicuramente dire meglio di me.» - disse indicando con un cenno la ragazza che inghinocchiata aveva cominciato letteralmente a supplicare il ragazzino con gli occhiali.

 

«Beatrice, era davvero un tipo così particolare quindi?»

 

«Già… Lei era una persona irripetibile, che merita di essere ricordata» - affermò Battler, per poi aggiungere - «Credo che ora possiamo anche affermarlo, non credi Ran-chan? In questi due giorni di  permanenza sull’isola di Rokkenjima, sono esistite 17 persone: undici esseri umani, due demoni, una strega ed un fantasma

 

La liceale cominciò a contare con le dita i conti non le tornavano! Dopo aver ripetuto il procedimento un paio di volte contando i presenti, il cadavere del detective Gourmet, “Ushiromiya Battler”, ed includendo anche KID con i suoi tre personaggi (Shannon/Kannon/Beatrice), il tutto però continuava a non sembrarle giusto.

 

«Aspetti un’attimo! Anche considerando i vari travestimenti di Kid, io conto 14 persone! C’è ne sono tre in più!» - obiettò Ran, nei suoi confronti.

 

Battler rise alla sua precisazione, aveva contato Senma ed Ōgami due volte definendolo “demoni”, in quanto da esseri umani si erano trasformati in assassini, mentre l’ultima persona era la vera identità del piccolo Conan, che capiva perfettamente di non poter rivelare, anche se non gli era dato conoscerne le ragioni.

 

«No, ti assicuro che sono 17 Ran-chan. Prova a fare il conto un'altra volta»

 

La ragazza eseguì mentre l'uomo la osservava consapevole che non avrebbe mai raggiunto davvero il presunto numero di persone effettivo. 17… era il numero di persone realmente presente su Rokkenjima anche durante la riunione di famiglia ed all'interno delle sue teorie veniva continuamente manipolato, pur lasciando invariato il numero di pedine sulla scacchiera. Il fatto che si fosse ripresentato anche in quell'occasione, non era di certo un caso. Era una costante della scatola del Gatto che Beato aveva creato. Nel rimuginare a riguardo, lo sguardo dell'individuo albino, si posò sull'altra parte del ponte dove potette assistere ad una scena che gli fece impressione:

 

«EHI che diavolo ti salta in mente?!»

 

Mogi sbottò negli istanti in cui Furuyo Senma con una calma sconcertante, scavalcò la ringhiera di ferro che impediva la caduta in mare di chi si trovava in mare. L'anziana si era allontanata appositamente ponendosi in una zona distante da ognuno dei suoi colleghi per impedire che questi potessero accorrere tempestivamente a salvarla; attese qualche secondo appena alla ringhiera, prima di lasciarsi cadere nel vuoto. Harufumi si precipitò per sperare di poter fare qualcosa ma fu inutile. La videro tutti mollare la presa dalla struttura, mentre nessuno si accorse che in quei momenti, fiutando il pericolo KID aveva forzato la manetta che lo bloccava con una forcina e si era gettato a sua volta oltre il parapetto con un salto degno di un campione olimpico. Finalmente poté liberarsi del costume da Strega ed indossare il suo completo abituale, spiegando le ali bianche e garantendo un salvataggio in extremis della detective. Con invidiabile tempismo difatti la prese al volo planando a pelo sulla superficie del mare color zaffiro, e mentre circumnavigava l'imbarcazione prendendo una leggera quota sulle ali del vento, ebbe modo di chiedere alla donna:

 

«Ehi nonna,come mai tanta fretta di morire?» - chiese con un sorrisetto ironico, l'affascinante prestigiatore in abito bianco e cilindro di tela.

 

«Non dire scemenze» - rispose quella - «L'ho fatto per aiutare te. Per farmi perdonare di aver usato il tuo nome come esca.» - confessò.

 

«Eh?»

 

«Se non lo avessi fatto non avresti avuto via di scampo! Da qui giovanotti...» - Senma rivolse lo sguardo alla barca, si rivolgeva in particolare a Conan ed Hakuba, tenevano d'occhio il deltaplano con particolare attenzione - «Quel piccoletto in particolare, deve aver capito subito che impersonavi i due fratelli. Prima che mi rinchiudessero nella mia stanza la prima notte, mi ha chiesto se li avessi visti insieme almeno una volta dal mio arrivo sull'isola, perché il fatto che vi alternaste per ogni mansione gli pareva sospetto! Chi sono quei ragazzi?» - domandò la signora, al che il ladro sorrise.

 

«Eh… Diciamo pure dei Fan… di cui farei volentieri a meno!» - con questa frase mollò la prese su Senma che si ritrovò a mezz'aria a penzolare appesa as una corda che non capiva quando e come gli fosse stata annodata attorno alla vita ed al parapetto della nave, mentre il deltaplano si allontanava dall'imbarcazione - «Non c'era bisogno di fare una cosa cosa così incosciente per salvarmi, glielo assicuro. Mi sono divertito molto omicidio reale a parte e poi non mi sarei lasciato catturare in ogni caso! Ho ancora un sacco di cose di cui occuparmi, prima di dare una chance ai miei rivali di porre fine alla mia carriera!»

 

Il ladro fece un cenno verso la nave aggiungendo - «See you miei cari rivali detective! I braccialetti me li regalerete un'altra volta!»

 

Gli investigatori tirarono nuovamente la nonna sulla barca, guardando il deltaplano farsi sempre più piccolo all'orizzonte.

 

«C'è sfuggito di nuovo, eh piccolo KID-Killer?» - sorrise Hakuba dall'alto del suo portamento elegante.

 

Conan sorrise in merito - «Per questa volta possiamo anche dargliela vinta… a quanto ha detto… ha ancora del lavoro da fare, prima di dichiarare concluso questo caso.»

 

Anche l'ex Hachijō Tōya, osservò il mezzo allontanarsi, per poi rivolgere lo sguardo all'isola dei misteri e delle illusioni che era diventata una macchia di verde nel mare limpido.

 

"Cosa ne pensi Beato? Questo finale… è come l'avevi immaginato? Ti va bene che questo gioco, si concluda con il mio ritorno a casa?"  - pensò tra sé lo scrittore di romanzi, prestando orecchio al pianto dei gabbiani, quasi quasi poté quasi sentire tra i loro striduli lamenti, una risposta alla sua domanda.

 

"Lo accetto. È stato interessante e si avvicina molto al mio finale ideale. Con questo tu potrai tornare al mondo reale, ed io nella mia illusione, dove merito di restare. Mi hai fatto aspettare il doppio del tempo questa volta stupido…!! Ci hai messo davvero troppo per tornare!! Però… ne sono felice e sono sicura lo sarà anche lei. Bentornato… Battler… e Addio."

 

"Arrivederci se mai… te l'ho detto… Io non ti lascerò mai andare. Tu mi appartieni… e noi staremo insieme per l'eternità".




 

Il deltaplano di Kaitō raggiunse Nijima senza difficoltà di sorta, ed atterrò indisturbato su di una nave ormeggiata al molo, dove un vecchio dai capelli grigi e gli occhialini tondo, subito gli venne incontro sul ponte, non appena lo vide mettere piede a terra.

 

«Bentornato Padroncino Kaitō, come è andata l'operazione» - domandò l'uomo, mentre il liceale dai capelli spettinati, slacciava la cravatta dal collo, toglieva il monocolo dall'occhio destro e poneva il cilindro sotto braccio.

 

«Tutto alla perfezione Jii-chan. Anche se è stata una sfaticata!» - sospirò una volta libero dalla costrizione data della striscia di tessuto rosso che gli stringeva al collo; il ragazzo accompagnò le parole con l'estrazione dalla tasca della giacca della foto della famiglia di Battler Ushiromiya che porse al suo fido assistente - «Ecco! Inseriscila nella busta rossa e spediscila pure. Mi cambio e se non ti dispiace, andiamo a mangiare qualcosa? Sto letteralmente morendo di fame!»

 

Il vecchio Jii sorrise scuotendo il capo in maniera affermativa - «Come desidera padroncino.» - prima di congedarsi andando appunto a spedire la lettera.

 

Ikuko Hachijō gliene aveva presentate due sul tavolino da caffè dopo che il ladro ebbe accettato l'incarico. Una color Rosso rubino e l'altra Blu zaffiro.

 

«A seconda di come andrà il tuo lavoro, dovrai far pervenire a Kotobuki-sensei una di questa due buste. La Rossa in caso di riuscita ed Ushiromiya Battler dovesse effettivamente tornare. La Blu se Hachijō Tōya dovesse rimanere sé stesso. Entrambe contengono una citazione dai nostri romanzi, che farà capire alla sensei la situazione. Soprattutto se allegherai questa foto. Inoltre… mi farebbe piacere conoscere anch'io il risultato dell'esperimento, telefoni a questo numero fisso, quando sarà tutto finito

 

Aggiunse porgendogli anche un pezzettino di carta con su scritto un numero di telefono. Una volta mettendosi comodo e tornato con Jii in città, dopo aver mangiato qualcosa, Kaitō raggiunse una cabina telefonica e chiamò il numero in questione, dopo un paio di squilli la voce della donna gli rispose dall'altro lato:

 

«"Pronto?"»

 

«Sensei, missione compiuta. La busta rossa è stata inviata.» - espresse il liceale con la stessa voce con cui si era presentato al suo studio.

 

«"Ne ero sicura, che avresti causato un miracolo pur avendo solo l'1% di possibilità di riuscita; grazie mille Kaitō Kid-san"» - replicò la scrittrice - «"D'ora in avanti, sarà fregato del titolo di "Lord", nel mio universo narrativo. Il prossimo romanzo sarà incentrato sulle vicende del vostro scontro. Non vedo l'ora di sentire da lui delle sue imprese. In particolare i trucchi, non vedo l'ora di conoscerli nei dettagli"»

 

«Spero vivamente che non la deludano.»

 

«"Se non hanno deluso Battler, allora non lo faranno neppure con me. Non abbia timore. Sono una strega magnanima, non crudele e spietata come Beatrice."» - ridacchiò la donna - «"Scriverò una splendida storia, senza dubbio"»

 

Il giovane sorrise - «Non vedo l'ora di leggerlo, se è così»

 

I due interlocutori si ringraziarono vicendevolmente ed una volta messo giù, Kaitō lasciò la cabina con le mani in tasca, ed un sorriso pieno sulle labbra. Si sentiva soddisfatto del proprio operato.

 

"Ttaku! Pensare che senza il suo aiuto non sarei andato da nessuna parte" - pensò ridendo tra sé il ragazzo

 

Lo aveva detto anche a Ran nelle vesti di Shannon: Kaitō era stato aiutato a risolvere l'enigma dell'epigrafe poiché non capiva dove cercare il "villaggio", "le bocche" e gli altri elementi per arrivare alla chiave ovvero Qilian. Era arrivato a pensarci persino durante le lezioni a scuola o durante i pasti a casa Nakamori. In una di quelle sere, mentre rimuginava aspettando il suo piatto di cibo, sentì il bisogno di andare in bagno, quindi lasciò il foglietto su cui aveva scarabocchiato il testo dell'indovinello ed il cellulare aperto sulla mappa di Taiwan, sul tavolo, per poi allontanarsi. Quando fu di ritorno trovò il suo piatto di Noodle fumanti in tavola ed Aoko seduta con di fronte al foglietto ed al suo smartphone, con in mano una penna.

 

«Che fai Kaitō ora ti metti a risolvere indovinelli per bambini?»

 

«Non è tanto per bambini quando ti ritrovi ad avere una cartina geografica davanti… non riesco a capire come si risolva...» - grugnì passandosi una mano tra i capelli infastidito.

 

«Come no? È facilissimo! Vedi?» - disse la ragazza mostrando a Kaitō una mappa che incrociava stazioni dei treni e corsi d'acqua, ingrandendo nello specifico la stazione Qilian - «Questa stazione ha tutti i caratteri elencati! È proprio un giochetto da bambini!» - aveva detto la ragazza, traendo spunto per cominciare una battibeccata delle loro.

 

Anche se non poteva dirle nulla, era grato alla sua amica d'infanzia per quell'importante rivelazione.

 

Aveva fatto rivivere l'illusione di una strega perduta tra i flutti del mare, perché riconosceva la loro esistenza e voleva rendere possibile l'impossibile ancora una volta e c'era riuscito in modo magistrale, a detta di colui che l'aveva conosciuta meglio, questa era la soddisfazione più grande a cui potesse aspirare. Nella busta che aveva inviato alla scrittrice conteneva un buon augurio suggestivo:

 

「Gentile KOTOBUKI Yukari,

<CONGRATULATIONS!>

Le nostre FELICITAZIONI per il vostro recente SUCCESSO. Per celebrare un così lieto EVENTO in questo scritto NOI attestiamo quanto segue: Ange-BEATRICE,

Strega della Resurrezione la vostra magia è EFFICACE.」

 

La firma riportava in calce un timbro elaborato che recava la scritta: Eiserne Jungfrau, 7° distretto dell'Agenzia per l'applicazione del Pentimento della Grande Corte del Paradiso, che recava la firma del Gran Inquisitore Dlanor A. Knox, seguita da una seconda appartenente alle Strega della Verità, Erika Furudo. Ange l'avrebbe riconosciuta immediatamente e la foto sarebbe stata un'ulteriore conferma. Aveva compiuto senza ombra di dubbio, la scelta giusta.

 

Un paio di giorni più tardi giunse all'Agenzia Investigativa Mōri l'assegno pattuito come compenso alla conclusione della riunione dei detective dell'importo di 2,5 milioni di Yen (circa 20.700 euro), accompagnati da un bellissimo mazzo di rose selvatiche, ed un buono per il salone del libro. Kogorō non appena ebbe l'assegno tra le mani fece letteralmente salti di gioia. Erano fior fior di quattrini per l'aver solo partecipato ad una "recita" del mistero, ma né il defunto organizzatore, né tanto meno la coppia di autori dietro la celebre collana ispirata alle vicende che avevano sperimentato, soffrivano di lacune pecuniarie, per cui potevano permettersi di dare a cinque abili investigatori, una somma così elevata come cachet per la loro partecipazione. Potevano in qualche modo considerarlo come un regalo da parte della Strega Dorata, che finalmente, poteva riposare in pace e come segno di gratitudine, aveva voluto lasciar loro, un pezzetto della fortuna donata agli Ushiromiya… come se fosse un invisibile lingotto d'oro per ognuno dei suoi liberatori.



 

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ La strega loderà il saggio, e gli conferirà quattro tesori Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà tutto l'oro della Terra Dorata Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà, la resurrezione delle anime dei defunti Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà, nientemeno che la resurrezione dell’amore perduto Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Uno sarà, il mettere a dormire la strega per l’eternità Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Dormi pacificamente, mia amata strega, Beatrice Ƹ̴Ӂ̴Ʒ
.」

 

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ Fine Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

 

Scenario a cura di: Featherine Augustus Aurora

Fronti: Lady Bernkastel (Mystery); Lady Lambdadelta (Fantasy)
   
 
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