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Autore: Parmandil    10/06/2019    1 recensioni
Sembrava una giornata come tante, finché Jaylah non si è scambiata di corpo con Zafreen, la più svampita e insopportabile delle sue colleghe. Cose che capitano, quando si lavora sulla USS Keter. Mettiti a riposo, le dicono, e il problema si risolverà da sé. Sperando che intanto Zafreen non combini altri pasticci.
Ma i pasticci arrivano sotto forma del Sindacato di Orione, la peggior organizzazione criminale dell’Unione. Come erede del suo Clan, Zafreen deve partecipare agli “affari di famiglia”; e pazienza se sotto la pelle verde batte il cuore di una poliziotta. Mentre i suoi colleghi cercano di rintracciarla, Jaylah deve sopravvivere, celando la sua vera identità: l’unica garanzia che i rapitori la risparmino.
Nel frattempo anche Norrin, l’Ufficiale Tattico, deve affrontare un problema familiare: i suoi parenti Hirogeni gli chiedono di partecipare alle loro cacce, sperando di convincerlo a restare con loro. Ma ciò che è lecito per i Cacciatori Hirogeni non sempre lo è per un ufficiale della Flotta.
Con la partecipazione straordinaria dello Spettro, e un finale pieno d’inseguimenti e colpi di scena, ecco a voi l’unico racconto comico nella saga dell’Enterprise-J e della Keter.
Genere: Azione, Comico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benjamin Sisko, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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-Capitolo 7: Osiris

 

   Il pianeta gigante spiccava contro il disco giallo del sole di Orione. Era così vicino che il vento solare lo rendeva incandescente, gonfiandolo di volume ma diminuendo la sua densità. Grandi tempeste agitavano la sua atmosfera scura, piena di composti in ebollizione. Una chioma gassosa lo circondava e una lunga coda si estendeva in direzione opposta alla stella, facendolo somigliare a un’immane cometa. La navicella Gryphon vi sfrecciò contro, sempre tallonata dalla Gemma di Orione.

   «Vi presento Osiris, un gioviano caldo» disse Vrel. «Orbita ad appena 7 milioni di km dalla stella, circa 0,047 UA. Il suo anno dura 3,5 giorni terrestri e la sua temperatura superficiale è di oltre 1.000 K».

   «Sembra un buon posto per nasconderci» disse Radek. «Può farci arrivare?».

   «Ci provo» promise il timoniere. «Ma gli Orioniani ci stanno addosso». Sotto la sua guida, la navetta eseguì una serie di manovre spericolate, evitando la maggior parte dei colpi nemici. Ma il fuoco era così fitto che alcuni giunsero comunque a segno.

   «Stiamo perdendo gli scudi posteriori» avvertì Jaylah.

   «Cerco di compensare» disse Radek, trasferendo tutta l’energia possibile.

   «Non basta». La navetta si scosse mentre un altro raggio disgregante la colpiva. Una consolle sprizzò scintille, per poi disattivarsi. «Abbiamo perso gli scudi, un altro colpo ed è finita» avvertì Jaylah.

   «Ci siamo, ci siamo...» fece Vrel, spremendo ogni goccia d’energia dai motori a impulso. Evitò altri colpi con una manovra a vite e finalmente s’immerse nella coda gassosa del pianeta. La visibilità si offuscò, ma lui impostò lo schermo perché rendesse un’immagine composita dei sensori. Attorno a loro, i colpi della Gemma si diradarono.

   «Come speravo, il gas ionizzato e le radiazioni offuscano i loro sensori» esalò Vrel, sollevato.

   «Situazione?» volle sapere il Comandante.

   «Siamo in un flusso d’idrogeno altamente ionizzato» riferì Zafreen, che aveva occupato la postazione sensori. «Ci sono anche discrete quantità di carbonio e ossigeno, ma non consiglio di aprire il finestrino» scherzò.

   «Più dentro andiamo, più gli Orioniani faticheranno a trovarci» disse Radek. «Rotta verso l’esosfera. Se necessario ci caleremo nelle profondità del pianeta».

   «E poi?» chiese Zafreen. «Se non saranno il calore e le radiazioni, ci penserà la pressione a farci fuori. Questo pianeta può ridurci così» disse, accostando pollice e indice finché quasi si toccarono.

   «Ha un’idea migliore?» chiese Radek.

   Zafreen tacque e Vrel diresse la navetta verso il pianeta, risalendo la lunga scia gassosa. Gli indicatori di pressione e temperatura erano in costante aumento.

 

   Migliaia di km più indietro, la Gemma di Orione indugiò sul confine della coda gassosa. Continuò a far fuoco finché fu evidente che era inutile.

   «Sono troppo lontani e tutte queste interferenze c’impediscono l’aggancio» disse l’artigliere. «Che facciamo?».

   «Li seguiamo» rispose Goutric. «Questo vascello è una fortezza ben più resistente della loro ridicola navetta. O li colpiremo noi direttamente, o li vedremo stritolati dalla pressione. Avanti tutta!» ordinò.

   La nave orioniana s’immerse nel flusso di gas ionizzati, iniziando la risalita verso il pianeta. L’equipaggio si scambiò qualche occhiata nervosa, tornando poi a controllare i sensori e gli indicatori. Ma Goutric aveva occhi solo per la navetta in fuga.

 

   «Stiamo lasciando l’esosfera» disse Vrel di lì a poco. «Scendiamo nell’atmosfera del pianeta. Temperatura a 2.000 K, venti a 5.000 km/h. Ho difficoltà a mantenere l’assetto». A conferma delle sue parole, la Gryphon si scosse con violenza.

   «La Gemma ci sta sempre dietro... mio padre è troppo cocciuto» disse Zafreen.

   «Tra poco i loro sensori saranno del tutto confusi dalle interferenze» disse Vrel. «Potremo risalire in un’altra zona del pianeta e allontanarci». Per il momento, però, continuò a spingersi in profondità.

   «Com’è l’atmosfera?» volle sapere Radek.

   «Ricca di elementi» rispose Zafreen. «Sodio, ossidi di vanadio e titanio, diossido di carbonio e metano, vapore acqueo».

   «Bene... più roba c’è, meglio ci confondiamo» disse il Comandante.

   Di lì a poco le tenebre sullo schermo furono rischiarate da un bagliore azzurrino. Ne seguirono altri.

   «La Gemma ci ha trovati?» si preoccupò Jaylah.

   «Non direi» disse Vrel, lottando contro i venti impetuosi. «Quelli sono fulmini. Con tutti questi elementi in sospensione, e il calore che viene dalla stella, l’energia deve scaricarsi in qualche modo».

   A quelle parole, il Comandante sobbalzò sulla sedia. «Dobbiamo riattivare subito gli scudi» disse. «Siamo l’unico parafulmine del pianeta».

   «No, ce n’è un altro. Più grosso» disse Zafreen, osservando la Gemma di Orione tramite i sensori.

 

   In quello stesso momento, anche la nave orioniana lottava contro le avverse condizioni del pianeta. I suoi scudi e lo scafo massiccio la difendevano bene da calore, pressione e radiazioni. Ma il vento la faceva sbandare a tratti.

   «Com’è possibile?» si chiese Goutric. «Se noi sbandiamo, loro dovrebbero essere ridotti a brandelli!».

   «La Gemma ha uno scafo molto più grande» spiegò il Primo Ufficiale. «Inoltre non siamo granché aerodinamici, per via delle grandi stive». In quella ci fu un lampo blu e la nave vibrò.

   «Ci ha colpiti un fulmine» riferì l’addetto ai sensori. La nave si scosse ancora. «È successo di nuovo. Facciamo da parafulmine per l’energia statica dell’atmosfera».

   «Questa è una nave da guerra... può reggere altro che fulmini» sostenne Goutric.

   «Signore, questi fulmini hanno la potenza di siluri fotonici» avvertì l’addetto. «E ci colpiscono ogni pochi secondi». I frequenti scossoni gli davano ragione.

   «C’è un altro motivo per cui dovremmo riemergere» disse il Primo Ufficiale. «I fuggitivi potrebbero strisciare sull’altro lato del pianeta e uscire da lì, come hanno cercato di fare su Orione».

   «E va bene, risaliamo» cedette Goutric. «Sensori al massimo. Se i federali osano mettere il naso fuori da qui, li inceneriremo all’istante. E se restano... sarà il pianeta ad annientarli» gongolò soddisfatto.

   La Gemma di Orione rivolse la prua all’insù e sfrecciò in mezzo alla tempesta di fulmini. I suoi scudi furono martellati dalle potentissime scariche, ma resistettero. Infine l’astronave emerse dall’atmosfera scura e turbinosa. Allontanatasi di poco dal pianeta, assunse un’orbita di pattugliamento.

 

   «È come temevo, ci attendono al varco» disse Radek, chino sulla postazione sensori.

   «Che facciamo, signore?» chiese Zafreen.

   «Resistiamo il più a lungo possibile» rispose il Comandante. «Se la navetta dà segni di cedimento, non ci resta che uscire. Vrel, ci porti sul lato opposto del pianeta».

   «Sì, signore» fece il timoniere, preoccupato. Dirigere la navetta era sempre difficile a causa delle violente tempeste. E con gli scudi al minimo dell’energia, un fulmine poteva distruggerli. Ma di lì a poco accadde qualcosa di nuovo e sorprendente. Una pioggia scura rigò lo schermo e il soffitto della navetta tamburellò come per una grandinata.

   «Non può essere grandine, con questa temperatura» mormorò Jaylah.

   «Infatti sono composti silicati» disse Zafreen, consultando i sensori. «Evaporano alle alte temperature, sono trasportati in alto dal vento e qui condensano per ricadere come pioggia».

   «Quindi siamo in mezzo a una pioggia di vetro fuso?» chiese la mezza Andoriana, impressionata. Sapeva che era possibile, ma vederlo dal vivo era tutt’altra cosa.

   «Esatto» confermò l’Orioniana. Sopra di loro, le gocce continuavano a tamburellare lo scafo, come un acquazzone estivo.

   «Ho chiuso i collettori, per evitare che quella roba li intasi» informò Vrel. «Ci mancherebbe solo che i motori si guastassero. Ma con questa pressione lo scafo inizia a deformarsi. Non ci resta molto tempo».

   «Completi il tragitto per allontanarci dalla Gemma, poi usciremo» promise Radek.

   «Sì, signore. Col suo permesso... io e Zafreen potremmo avere un po’ di privacy in cabina? Vorrei scambiare qualche parola, nel caso... sì, insomma, che finisse male» chiese il timoniere.

   «Accordato» disse Radek con gravità. Lui e gli agenti della Sicurezza lasciarono la cabina, andando nel comparto posteriore della navicella.

   «Anch’io vorrei dirvi un paio di cose, prima di lasciarvi soli» disse Jaylah. Quando rimasero soli, si avvicinò. «Dunque... innanzi tutto voglio sperare che voi due siate riusciti a controllarvi, mentre tu» indicò Zafreen «avevi il mio corpo e io ero lontana».

   «Te lo giuro... non l’ho neanche toccata» disse Vrel. «Voglio dire, non ti ho neanche toccata».

   «Voglio credere che sia vero» sospirò Jaylah. «Detto questo... grazie per essere venuti a salvarmi. Grazie a te, Vrel... sei sempre il mio angelo custode. E grazie anche a te, Zafreen».

   «Ti ho messa io in questa situazione» mormorò l’Orioniana.

   «Non l’hai fatto apposta» sospirò Jaylah. «La colpa è del Clan di Goutric. E di tutto il Sindacato di Orione. Sapete, stamattina... prima di costringermi a quel duello... hanno ucciso Jack» rivelò. Non sapeva bene il perché, ma aveva bisogno di dirlo a qualcuno.

   «Chi...? Aspetta, intendi lo Spettro?!» chiese Vrel.

   Jaylah annuì, affranta. «So che per voi era solo un pirata... non l’avete conosciuto com’è capitato a me. Io... so per certo che era molto di più. E credo... io... lo amavo, ecco» confessò, gli occhi lucidi di pianto. «Non ho potuto nemmeno dirgli addio».

   Vrel e Zafreen si scambiarono un’occhiata sconvolta. Il timoniere dovette restare ai comandi, ma l’Orioniana andò da Jaylah e l’abbracciò, lasciandola piangere contro la sua spalla. Non disse nulla, perché non c’erano parole che potessero lenire quel dolore. Quando Jaylah si fu sfogata, lasciò l’abbraccio e le rivolse un’ultima occhiata struggente, prima di lasciare la cabina.

   «Wow» commentò Vrel. «Lo avevo sempre sospettato, ma... una parte di me non ci credeva realmente. Una poliziotta e un ladro... non riesco a immaginare cos’abbia passato in questi due anni. E cosa provi adesso».

   «L’amore nasce tra chi meno se lo aspetta» disse Zafreen, venendogli accanto. «Io credevo di sapere tutto sull’amore, ma... forse non sapevo niente. Prima d’incontrarti» disse, posandogli la mano sulla spalla.

   Vrel non poteva distogliersi dai comandi, ma le coprì la mano con una delle sue e gliela strinse forte. Se la portò alla bocca, dandole un bacio, e poi la lasciò andare, concentrandosi di nuovo sulla rotta.

 

   Tra le perenni tempeste che infuriavano nell’atmosfera di Osiris, una navetta lottava per emergere. Frustata dalla pioggia di vetro fuso, sbattuta qua e là dal vento, colpita da un fulmine che abbatté gli scudi indeboliti, la Gryphon si dibatteva come una creatura viva. Il suo scafo si deformava, iniziando ad accartocciarsi. Era questione di tempo prima che cedesse, uccidendo gli occupanti.

   «Stiamo per uscire dall’atmosfera» avvertì Vrel.

   «La Gemma si avvicina. Ci hanno rilevati» disse Zafreen, lugubre. Gli altri ufficiali, rientrati in cabina, chinarono il capo afflitti. «No, un momento... si sono fermati» avvertì l’addetta ai sensori. «Rilevo un’altra nave».

   In quella la Gryphon emerse dalle nubi roventi di Osiris. Zafreen inquadrò subito la nave del Clan. Stava scambiando colpi terribili con un altro vascello, di forma compatta, che compiva rapidi passaggi. «La Keter!» riconobbe Vrel, riprendendo colore.

   «Allontaniamoci» ordinò Radek. «Ora vedremo quanto vale la Gemma di Orione, messa a confronto con la gemma dell’Unione» aggiunse soddisfatto.

 

   La Gryphon sfrecciò verso lo spazio aperto, allontanandosi da Osiris e dalla stella. Nel frattempo le due navi da guerra continuavano a colpirsi con tutto il loro arsenale. I raggi anti-polaronici e gli impulsi bifasici s’incrociavano con i disgregatori. I siluri si passavano accanto, per poi impattare contro gli scudi.

   «Concentrare il fuoco sui loro motori!» ordinò il Capitano Hod, reggendosi alla poltroncina mentre la plancia vibrava. «Quei tagliagole non devono scapparci».

   «I loro scudi resistono» avvertì l’Ufficiale Tattico che sostituiva Norrin. «Più che una nave pirata, sembra un incrociatore da guerra».

   «La Keter è costruita per schiantare gli incrociatori» ribatté il Capitano. «Fuoco coi siluri cronotonici, quelli dovrebbero penetrare».

   I siluri cronotonici si trovavano in uno stato di costante fluttuazione temporale, che impediva agli scudi regolari di bloccarli. Per quanto sofisticata, la Gemma non aveva scudi cronofasici capaci di proteggerla. I missili andarono a bersaglio, impattando contro le spesse corazze dello scafo. La Gemma sussultò, mentre si aprivano alcune falle. I sistemi di sicurezza si attivarono per impedire un sovraccarico del nucleo e l’energia primaria diminuì. Gli scudi vennero meno, rendendo la nave vulnerabile alle altre armi.

   Sulla Keter, gli ufficiali osservarono la nave danneggiata. «I loro scudi sono disattivati, come anche i motori» riferì l’addetto ai sensori. In quella la Keter si scosse con violenza, colpita da alcuni siluri. Dalla sala macchine giunsero notizie di lievi danni.

   «Mettiamogli fuori uso anche gli armamenti» ordinò il Capitano, impressionata suo malgrado dalla potenza del Sindacato di Orione. Servirono ancora diversi passaggi ravvicinati, ma infine la Gemma fu domata. L’infermeria riferì che c’erano alcuni feriti, ma fortunatamente nessuna vittima.

   «La nave nemica invece è probabile che abbia diversi caduti» disse l’addetto ai sensori.

   «Agganciatela col raggio traente» ordinò Hod.

   «Dove la trainiamo?» chiese l’Ufficiale Tattico.

   «Da nessuna parte» rispose il Capitano. «Invertite la polarità del raggio».

   «Un raggio respingente?» si stupì l’addetto.

   «Esatto. Spingiamo quella nave dritta negli abissi del pianeta» ordinò Hod, fissandola con sguardo tagliente.

   Gli ufficiali erano perplessi, ma obbedirono. Intanto il Capitano andò a confabulare con l’addetto al teletrasporto di plancia. Di lì a poco il raggio azzurro agganciò la Gemma di Orione. Invece di attirarla, la respinse contro il pianeta gassoso. Il vascello cominciò una lenta discesa.

   «Basta così» ordinò il Capitano, tornando alla poltrona. «Tra quanto la Gemma sarà schiacciata?».

   «Sto calcolando» disse un addetto. «Quella nave è molto resistente, ma il suo scafo ha riportato danni. Il gas s’introdurrà nelle falle. Direi che fra un’ora al massimo sarà irrecuperabile».

   «Aprire un canale» disse Hod, concedendosi un sorriso soddisfatto. Finalmente gli ufficiali intuirono il suo piano.

   Goutric apparve sullo schermo e la fissò con odio. Alle sue spalle c’era una perdita di gas che l’equipaggio stava ancora cercando di domare.

   «Sono il Capitano Hod dell’USS Keter e le ordino di arrendersi» esordì l’Elaysiana.

   «E io sono Goutric, un onesto e rispettato imprenditore. Perché ci ha assaliti? Non stavamo facendo nulla di male» rispose l’Orioniano, con la massima faccia tosta.

   «Mi risparmi la recita, Goutric» disse Hod. «Conosco il suo ruolo nel Sindacato di Orione. Lei ha rapito un membro del mio equipaggio e ora cercava di assassinare l’intera squadra di salvataggio. A parte questo, lei è in arresto per... uhm... 947 capi d’accusa» disse, consultando l’oloschermo della sua poltroncina. «Vediamo un po’. Omicidi... rapine... traffico d’armi, droga e persone... tangenti... riciclaggio... ricettazione... perbacco, anche evasione fiscale. E cos’è questo? Atti osceni in luogo pubblico... questa me la deve proprio raccontare».

   «Non sia troppo sicura di sé» l’ammonì Goutric. «Non è il primo Capitano che si mette sulla mia strada».

   «Ma scommetto che sono il primo ad averla scaraventata in un gioviano caldo» ribatté Hod. «Secondo il mio ufficiale le rimaneva un’ora di tempo. Adesso è di meno. Quindi mettiamola così: si arrenda senza condizioni, o starò a guardare mentre viene lessato e spappolato con tutta la nave. Se qualche navetta o capsula tenterà di fuggire, sarà neutralizzata e fatta cadere anch’essa».

   «Non credo al suo bluff, Capitano» rispose Goutric. «Voi federali non avete le palle per fare queste cose». La sua immagine ondeggiò, a causa dei danni alla nave.

   «La vedo male, Goutric» disse Hod. «Perché non si avvicina?» chiese, facendo il segnale concordato al tecnico del teletrasporto. Goutric fu prelevato dalla sua nave e apparve sulla pedana di plancia. Si portò immediatamente la mano in fondina, ma il suo temuto disgregatore Varon-T era rimasto sulla Gemma. Si scagliò in avanti, ma sbatté contro un campo di forza cilindrico e cadde all’indietro. Si rialzò premendosi il naso sanguinante, con una luce assassina negli occhi.

   «Benvenuto sulla Keter» gli disse Hod, avvicinandosi. «Ora le va di trattare?».

   «Spero che casa sua sia assicurata contro gli incendi» ringhiò Goutric. «Perché quando il mio Clan saprà cos’ha fatto...».

   «Il suo Clan in questo momento sta subendo una retata da parte della Flotta Stellare» lo informò il Capitano. «Aspettavamo solo che non avesse più ostaggi. Sono certa che dall’esame della sua villa emergeranno nuovi capi d’accusa, anche se la sua nave dovesse... come dire... finire sotto pressione» infierì. «E con le testimonianze dell’Agente Chase, sommate a quelle del Guardiamarina Zafreen, estirperemo un bel po’ della sua organizzazione».

   «Chi lo sa» disse Goutric, sorridendo beffardo. «Forse sarò a piede libero prima di quanto pensa».

   «Non ci conti» disse Hod, scrutandolo gelida. «Ora levatemelo di torno» ordinò, dandogli le spalle. Goutric svanì, teletrasportato in una cella di massima sicurezza.

   Il Capitano respirò a fondo e tornò davanti allo schermo. «Mi rivolgo al Primo Ufficiale, ora. Il mio ultimatum è ancora valido. Se lei è un po’ più ragionevole di Goutric, mi risponderà subito».

   «Io... sono disposto a consegnare la nave» mormorò l’Orioniano, con un occhio agli indicatori di pressione e temperatura.

   «In tal caso, preparatevi all’abbordaggio» disse Hod, risedendo in poltrona.

 

   Ci vollero alcune ore per assicurarsi il pieno controllo della Gemma. Parte dell’equipaggio fu imprigionato sulla Keter, parte su navi-pattuglia giunte di rinforzo. La Keter trasse la nave orioniana dall’atmosfera di Osiris prima che i danni si aggravassero. Le squadre tecniche salirono a bordo per rimettere in funzione i motori. L’idea era salvare la nave, per riconvertirla a scopi legali, come si faceva con i beni immobili sottratti alla criminalità.

   Nel frattempo la Gryphon rientrò a bordo. Il Capitano andò ad accogliere i suoi ufficiali nell’hangar principale. «Ben fatto, Comandante» disse, venendo incontro a Radek. «Sono ansiosa di leggere il suo rapporto».

   «Una cosa posso dirgliela subito» disse il Rigeliano. «Aveva ragione su Vrel e Zafreen. È stato un bene averli con noi».

   «Congratulazioni a entrambi, allora» disse il Capitano, rivolgendosi a Vrel e Jaylah.

   «Ehm... io sono qui» salutò Zafreen, scendendo solo in quel momento dalla navetta.

   «Ma come, è tornata nel suo corpo?!» si stupì Hod.

   «Sì!» fece l’Orioniana, saltando di gioia. «Il che significa che finalmente la smetteremo di andare in bianco» bisbigliò all’orecchio di Vrel.

   «È tutto merito di questo» spiegò Jaylah, porgendo la teca col Cristallo. «Stia attenta, Capitano... è un vero Cristallo di Bajor. Quello dell’Anima, rubato due settimane fa».

   «Le autorità bajoriane saranno grate per la sua restituzione» disse Hod, prendendo cautamente la teca. «E io aggiungerò furto d’arte e sacrilegio alla lista dei crimini di Goutric».

   «Lui è qui a bordo?» chiese Zafreen, cupa.

   «Sì, ma stia tranquilla. Non lo vedrà più» assicurò il Capitano.

   «Ma io voglio vederlo» obiettò l’Orioniana. «Un’ultima volta».

 

   Goutric era sdraiato sullo scomodo lettino della sua cella. All’avvicinarsi dei federali si tirò su. Aveva già pronto il suo sorriso ingemmato, ma si rabbuiò quando vide la figlia. Zafreen si discostò dai colleghi e venne avanti, finché fu davanti al padre. Solo la parete di trasparacciaio li separava. Per interminabili secondi si fissarono senza dirsi nulla.

   «Sembra che mi terrò il mio sangue, dopotutto» disse infine Zafreen.

   «Quello sei sempre in tempo a versarlo... fai una vita pericolosa» ribatté Goutric. «Ma guardati, Zafira. Io ti ho generata, ti ho allevata con mille cure, senza mai farti mancare nulla. Quando sei scappata ti casa, ti ho cercata per anni, affinché potessi essere ancora mia erede. E tu mi ripaghi col tradimento. Sei un fallimento... il mio fallimento» disse, scuotendo la testa.

   «Signor Goutric, perché mi chiama Zafira?» chiese gelidamente l’Orioniana. «Qui non c’è nessuno con quel nome. Io mi chiamo Zafreen». Ciò detto, gli volse le spalle e lasciò la sala di guardia.

 

   Di lì a poco, Jaylah e Zafreen si presentarono in infermeria, dove la dottoressa Mol le sottopose a una lunga serie di controlli.

   «Mai visto nulla di simile!» disse la Vidiiana, esaminando le scansioni cerebrali. «Siete tornate esattamente come prima. Se non sapessi che le vostre coscienze si sono scambiate per diciotto giorni, non potrei mai immaginarlo da questi dati».

   «Addio, Periodo Verde» sospirò Jaylah, sfiorandosi le antenne. «Però non era così male...» aggiunse con un’ombra di rimpianto. «Potresti consigliarmi i tuoi profumi?».

   «Certo, e tu mi suggeriresti qualche esercizio ginnico?» rispose Zafreen. «Sto cercando di levarmi un paio di chiletti qui...» spiegò, sfiorandosi i fianchi generosi.

   «Ah-ehm» si schiarì Ladya, per riavere la loro attenzione. «Stavo dicendo che siete tornate alla normalità. L’attività corticale, i livelli ormonali... tutto è in perfetto stato» disse, scorrendo le analisi. «Direi che è un miracolo, se i miracoli esistessero. Ditemi, com’è avvenuto il ripristino?».

   «Questa è la cosa buffa, dottoressa» rispose Jaylah. «È stato proprio un miracolo».

 

   «Affascinante!» disse Juri. Dopo avergli portato il Cristallo, Jaylah lo aveva messo al corrente dell’accaduto. Lo storico percorse a grandi passi il suo laboratorio, dando ogni tanto un’occhiata alla teca chiusa. Dalla finestrella smerigliata al centro filtrava un tenue bagliore. «Molti interpellano i Cristalli di Bajor, ma esperienze come la tua sono rare. Mi ricorda i rapporti di Sisko sulle sue esperienze nel Tunnel. E lui era lì, hai detto! Com’era?».

   «Ti ho già detto tutto» rispose Jaylah. «Non era invecchiato, ma aveva qualcosa di... beh, ultraterreno. Sembrava sapere tutto di tutti, anche se in realtà mi ha detto ben poco di nuovo. Mi chiedo persino se non sia stato tutto uno scherzo della mia mente».

   «Però il Cristallo ti ha riportata nel tuo corpo» sottolineò Juri. «Dunque qualcosa è successo. Per caso Sisko ti ha dato qualche consiglio, un ammonimento...?».

   «Abbiamo parlato» disse Jaylah. «Scusa, Juri... ti considero un amico, ma certe cose vorrei tenerle per me».

   «Certo, è giusto così» convenne lo storico. «Non sai quanto t’invidio... se il Cristallo mi desse una visione, so esattamente cosa vorrei rivedere» sospirò. Il suo sguardo indugiò sull’unica olografia della sua scrivania, quella di una bambina ridente che correva in un prato. Jaylah una volta era riuscita a farsi dire che raffigurava sua sorella Svetlana. Ma dalle ricerche risultava che Juri non avesse alcuna sorella in vita.

 

   «Il Capitano Sisko ti ha detto esplicitamente che ci sarà una Guerra Civile?» chiese Hod. Lei e Jaylah stavano parlando a porte chiuse nell’ufficio del Capitano.

   «Mi ha detto che la Guerra Civile incombe» precisò la mezza Andoriana. «Che comincerà in modo inaspettato e minaccerà tutto ciò che i nostri popoli hanno costruito».

   «Ne parlava come di uno tra i futuri possibili, o...».

   «Sembrava piuttosto categorico» ammise Jaylah. «Se supponiamo che conosca realmente il futuro, allora non credo che il conflitto sia evitabile».

   «Capisco» disse l’Elaysiana, sconfortata. Si abbandonò sulla sedia, schiacciata da qualcosa di più che la gravità standard. «Per adesso teniamo quest’informazione per noi. E per l’Ammiraglio Chase» stabilì.

   «C’è anche un’altra cosa» disse Jaylah, in tono che non faceva presagire nulla di buono. «Nell’ultima visione, ero sul ponte della Keter. C’era una battaglia in corso, anche se non ho capito contro quale nemico. Io... ho visto la distruzione dell’Enterprise» rivelò. «Un raggio d’energia l’ha tagliata in due. Non so se fosse solo un’immagine simbolica, o se quello sia davvero il destino dell’ammiraglia».

   «L’hai detto a qualcuno?».

   «A nessuno. Neanche a Juri».

   «Anche questo deve restare fra me, te e tuo padre» ordinò il Capitano. «Sisko ti ha detto altro?».

   «Mi ha esortata a conservare i valori federali... e a scegliere attentamente la mia rotta» rispose la giovane. Delle critiche ricevute da Sisko, però, non fece parola neanche col Capitano. Aveva risparmiato la vita a Mua’vid, anche se poi l’Orioniano era morto ugualmente. Per quanto la riguardava, aveva compiuto la sua buona azione. In futuro si sarebbe sforzata di continuare su quella rotta... ma se la guerra incombeva davvero, non poteva sperare di rimanere immacolata.

   «Un consiglio sempre valido» sospirò il Capitano. «Cercheremo di seguirlo tutti. Puoi andare, Agente».

 

   «Il grosso della squadra tecnica è rientrato» riferì Radek quando il Capitano tornò in plancia. «La Gemma di Orione può andare in curvatura».

   «Bene, vada a bordo con il personale necessario a governarla» disse Hod. «Il Comando di Flotta vuole che sia portata a Rigel V».

   «Sappiamo già a cosa sarà destinata?» chiese il Comandante.

   «Non ne ho idea!» ammise il Capitano. «Con le sue caratteristiche potrebbe diventare una nave pattuglia. O anche una nave trasporto, viste le sue grandi stive... ma la vedo sprecata in quel ruolo».

   «Capitano, il resto della squadra tecnica sta rientrando» disse l’addetto ai sensori.

   «Perché? Non avevo dato quest’ordine» si stupì Hod. «Anzi, il Comandante deve salire con...».

   «Ci segnalano che sono stati trasferiti senza preavviso» avvertì l’ufficiale. «E i livelli energetici della Gemma aumentano. Sta attivando i motori».

   «Ma che diavolo...» fece Radek, osservando la nave verdastra sullo schermo.

   «Oh, no» mormorò il Capitano. «Bloccatela col raggio traente, presto! E mettetele di nuovo fuori uso i motori. C’erano ancora Orioniani a bordo, nascosti da qualche parte» disse, scambiando uno sguardo sconfortato con il Comandante.

   «Impossibile, hanno alzato gli scudi» riferì l’Ufficiale Tattico.

   «Ci stanno anche trasmettendo un messaggio» avvisò l’addetto alle comunicazioni. Pochi attimi dopo, la Gemma partì a curvatura.

   «Inseguiamola!» ordinò il Capitano, scioccata dalla nuova piega degli eventi.

   «Impossibile, si sono occultati e hanno mascherato la traccia di curvatura» disse il timoniere. «Li abbiamo persi».

   «Hanno calcolato i tempi al secondo» commentò Radek, rassegnato. «Adesso che diremo al Comando?».

   «Uhm... per prima cosa, voglio vedere quel messaggio che ci hanno inviato» disse Hod.

 

   «Voleva vedermi di nuovo, Capitano?» chiese Jaylah, sorpresa d’essere stata richiamata in ufficio dopo mezz’ora dall’ultimo incontro.

   «Sì, venga avanti, Agente Chase» disse Hod. C’era una strana severità nella sua voce. Jaylah sedette davanti alla scrivania, senza sapere cosa aspettarsi.

   «Poco fa, la Gemma di Orione ha riportato indietro le nostre squadre» disse il Capitano. «Poi ha riattivato gli scudi, i motori e se l’è svignata. La stiamo cercando, ma finora non abbiamo avuto fortuna. É molto probabile che non la ritroveremo».

   «Che disdetta» commentò Jaylah. «Evidentemente c’erano ancora degli Orioniani nascosti a bordo. Un trucco di Goutric, scommetto». Le dispiaceva sapere che quella nave pericolosa era ancora in circolazione, ma non vedeva come il Capitano potesse incolparla di ciò.

   «È quello che pensavamo tutti, all’inizio» disse Hod, sempre severa. «Poi abbiamo visionato il messaggio che la Gemma ci ha inviato, prima di sparire. È... beh, lo giudichi lei stessa». Ingrandì l’oloschermo della sua scrivania, portandolo alla massima ampiezza, e avviò il messaggio. Jaylah sgranò gli occhi e si curvò in avanti, esterrefatta.

   «Salve, Capitano Hod. E salve a tutti voi, ufficiali della Keter» disse lo Spettro, inconfondibile nella sua tuta corazzata nera, col visore rosso. «Ci tenevo a informarvi che le notizie sulla mia dipartita sono premature. Quando la Gemma di Orione ha distrutto il mio vecchio incursore, io e la mia ciurma ci siamo teletrasportati di nascosto a bordo. A quel punto abbiamo dovuto nasconderci, perché gli Orioniani ci superavano in proporzione di cinquanta a uno. Abbiamo compiuto alcuni sabotaggi mirati, per indebolire le difese della Gemma. Ma quando la nave ha inseguito i federali in quel gioviano caldo, stavo per prendere d’assalto la plancia. Beh, mi rallegro che l’intervento della Keter mi abbia dispensato da quell’azione, che sarebbe costata la vita a molti dei miei uomini.

   Come avrà notato, Capitano Hod, le ho restituito i suoi ufficiali incolumi. Non ho trattenuto nessuno di loro, anche se mi avrebbero fatto comodo. La nave, però, ho dovuto requisirla. La considero un risarcimento per la perdita della mia vecchia Ghost e degli incursori. Non si preoccupi... non farò più il gioco del Sindacato di Orione. Ma intendo continuare le mie azioni contro i Breen, in favore dei coloni federali abbandonati lungo il confine. Se sarete saggi, non cercherete d’ostacolarmi. Alla prossima, Capitano. Mi saluti Jaylah e le ricordi che il mio invito è sempre valido».

   Con queste parole, lo Spettro svanì. Il messaggio era finito. Jaylah sbatté gli occhi, incredula. Il suo Jack era vivo! Ne provò una gioia e un conforto straordinari. Non aveva la sua morte sulla coscienza... anzi, aveva l’opportunità di rivederlo. Se avesse scelto in tal senso. Respirò a fondo, come se un gran peso le fosse stato levato dal petto. Poi però alzò lo sguardo. Il Capitano Hod incombeva su di lei.

   «Cosa intendeva con “il mio invito”?» chiese l’Elaysiana, trafiggendola con lo sguardo.

   «Oh, beh... quando l’ho rincontrato su Orione, e mi sono fatta riconoscere, lui mi ha offerto d’entrare nella sua banda» mentì Jaylah. «Ovviamente ho rifiutato. Sono fiera della mia carriera nella Flotta e non la baratterei con nient’altro. Di certo non con un posto su una nave di pirati».

   «Una nave molto lussuosa» corresse il Capitano. «A proposito, come hanno fatto a teletrasportarsi sulla Gemma? Suppongo che gli scudi fossero alzati, durante l’attacco».

   «Ehm, è colpa mia» ammise Jaylah. «Salendo sulla nave, avevo sbirciato la frequenza degli scudi. L’ho rivelata allo Spettro, sperando che mi avrebbe salvata».

   «Lei e lo Spettro andate molto d’accordo» notò Hod. «È la seconda volta che collaborate, fidandovi l’uno dell’altra. In entrambe le occasioni, lo Spettro ne è uscito vittorioso».

   «Anche noi» ribatté Jaylah. «Sono stati i Breen, e ora gli Orioniani, a rimetterci».

   «E che succederà, quanto non avremo più nemici in comune?».

   «Beh, forse per allora sarà iniziata la Guerra Civile e avremo altre gatte da pelare!» si lasciò sfuggire Jaylah. Ma si pentì subito. Stavolta l’aveva detta grossa.

   «È possibile... purtroppo» disse il Capitano, preoccupata da quella risposta. «Agente Chase, ogni volta che penso di averla capita, lei mi dimostra che sbaglio. A volte penso che da lei avremo i successi più grandi... e anche le peggiori sciagure».

   «Se ritiene se abbia errato in qualcosa, Capitano, può punirmi secondo il regolamento» le ricordò Jaylah.

   «Non credo che servirebbe» sospirò Hod. «Può andare, Agente».

   «Capitano...» si congedò Jaylah, avviandosi verso l’uscita. Era stata sincera sugli scudi, ma aveva mentito sull’invito dello Spettro. Per forza di cose. Se ne avesse parlato, la Flotta avrebbe potuto tendergli un agguato per catturarlo. Cosa che lei non voleva. Si chiese però quante altre volte avrebbe dovuto mentire per amore. E dove l’avrebbe portata quella rotta.

 

   Il giorno dopo Norrin tornò sulla Keter, venendo aggiornato sugli ultimi eventi. Quando uscì dal briefing in sala tattica era sera tardi. Prima di ritirarsi nel suo alloggio, però, passò dalla palestra. Vedendola in uso, malgrado l’ora, non dubitò su chi ci avrebbe trovato. E infatti... Jaylah era lì, a colpire il punching-ball. L’Hirogeno le si avvicinò da dietro, osservandola in silenzio.

   «Ciao, Norrin» gli disse lei a un certo punto, avendo percepito la sua presenza. «Com’è stata la rimpatriata?».

   «Sai come sono queste cose... tante chiacchiere, qualche cena... una noia mortale» rispose l’Hirogeno.

   «Niente cacce?».

   «Nulla che valga la pena di raccontare».

   «Il solito modesto». Finalmente Jaylah si voltò e gli venne incontro, abbracciandolo con affetto.

«Sono felice di rivederti» disse.

   «Anch’io» disse Norrin. «La dottoressa Mol mi ha detto tutto. Non sei più la Perfida Strega dell’Ovest» commentò.

   «Sì, il Periodo Verde è definitivamente archiviato» confermò la mezza Andoriana, sciogliendosi dall’abbraccio.

   «Mi ha detto anche degli Orioniani» aggiunse Norrin. «Te la sei cavata bene, laggiù. Hai giocato le poche carte che avevi... è anche merito tuo se Goutric è stato assicurato alla giustizia. Tra la sua cattura e la retata alla villa, il Clan sta crollando come un castello di carte».

   «Un altro prenderà subito il suo posto. Funziona così» disse Jaylah, tornando a colpire il punching-ball.

   «Quello che avete fatto tu e gli altri è comunque importante» insisté Norrin. «Perciò mi sento in colpa. Avrei dovuto esserci per fare la mia parte. Invece sono andato a fare safari, mentre tu rischiavi la vita» sospirò, sedendo su una panca.

   «Sei partito prima del mio rapimento...».

   «... ma dopo lo scambio di corpo. Pessimo momento per andarmene».

   «La tua famiglia ti chiamava. Era una cosa importante» disse Jaylah, interrompendo l’allenamento. «Se non vuoi dirmi niente, va bene. Spero solo che i tuoi parenti non siano come quelli di Zafreen» aggiunse, sedendogli accanto sulla panca.

   «Non sono così terribili» affermò l’Hirogeno. «Ma hanno le loro fissazioni. E quindi dovranno evolvere, se non vogliono restare indietro».

   «Pensi che ne siano capaci?» chiese la mezza Andoriana, detergendosi il sudore dalla fronte con il suo asciugamano.

   «Forse sì» disse Norrin, pensando a Garid e Vitani. «Ma quest’esperienza mi ha insegnato che non potrei vivere come loro. Il mio posto è qui nella Flotta, dove ci battiamo per qualcosa di più che dei trofei».

   «Qualcosa di più...» rimuginò Jaylah. «Speriamo solo di non smarrire i nostri valori, tentando di proteggerli».

   «Cosa te lo fa temere?».

   «Niente, era solo un pensiero» disse la giovane, rialzandosi. «Hai saputo che ho recuperato il Cristallo dell’Anima? Una nave bajoriana è passata a prenderlo stamattina. Kai Nashir in persona mi ha detto che sono benedetta dai Profeti».

   «Allora sono state due settimane proficue» commentò Norrin. Intuiva che c’era dietro ben altro, ma non volle forzarla a parlare.

   «Ma sì» convenne Jaylah. «Quantomeno abbiamo imparato che le famiglie sono difficili da gestire... ma con un po’ di buona volontà ci si riesce».

   «Ha ha, è vero!» rise Norrin. «Beh, nottambula, ti consiglio di andare a dormire. Domattina si ricomincia con la solita routine».

   «Povera me» scherzò Jaylah, buttandosi l’asciugamano sulla spalla. Seguì il superiore fuori dalla palestra e dopo un ultimo saluto tornò nel suo alloggio, per una meritata notte di sonno.

 

   «Avanti».

   Entrando per la seconda volta nell’alloggio di Zafreen, Jaylah riconobbe le somiglianze stilistiche con la villa di Goutric, anche se l’alloggio era molto meno opulento. Evidentemente, quale che fosse il destino di una persona, le sue memorie più intime non l’abbandonavano mai del tutto. La mezza Andoriana si fece avanti, inspirando l’aria profumata.

   «Tutto bene?» le chiese Zafreen, venendole incontro. L’Orioniana vestiva casual, ma invece dei soliti abitini striminziti e sgargianti era abbigliata con buon gusto.

   «Sì, volevo congratularmi per l’esito del processo» disse Jaylah. «Ho sentito che sei stata assolta... e hai ottenuto la cittadinanza federale. Significa che resterai a bordo, vero?».

   «Sì, resterò» confermò Zafreen. «È la cosa più sicura. Anche se il Clan di Goutric è in ginocchio, ci sono ancora parecchi affiliati che potrebbero cercare di uccidermi per vendetta. E c’è il resto del Sindacato di Orione, che vorrà farmela pagare. Il procuratore mi aveva offerto la possibilità di trasferirmi, adottando un altro nome. Potevo avere persino una scorta, essendo testimone di giustizia. Ma anche così, penso che partecipare alle missioni impossibili della Keter sia meno pericoloso» disse con amaro sarcasmo.

   «Siamo tutti contenti di sapere che resti» disse Jaylah. «La nave non sarebbe la stessa, senza di te».

   «Grazie» sorrise Zafreen. «Sai, quando s’è scoperto che il mio permesso di soggiorno era falsificato, ero certa che la Flotta Stellare mi avrebbe sbattuta fuori. Ma con le nuove leggi di Rangda ho potuto finalmente mettermi in regola, mantenendo l’impiego».

   «Allora non tutto il male viene per nuocere» commentò Jaylah.

   «Posso offrirti qualcosa, finché sei qui?» chiese Zafreen, accennando al replicatore.

   «Grazie, prendo un mai-tai».

   «Il mio cocktail preferito! Che c’è, ti ho contagiata con le mie pessime abitudini?» chiese Zafreen, andando a sintetizzarlo.

   «Temo di sì. E tu, hai preso qualcosa da me?».

   «Un po’ di responsabilità, spero. Infatti mi chiedevo se potresti darmi lezioni di autodifesa» disse l’Orioniana, porgendole il bicchiere alto e sottile. «Così la smetterò d’essere la donzella in pericolo».

   «Un corso come si deve richiederà del tempo» l’avvertì Jaylah. «Ma sì, penso di poterti dare i rudimenti. E visto che siamo in argomento... anch’io vorrei chiederti un favore» disse, sorseggiando il cocktail.

   «Certo, tutto quello che vuoi».

   «Ho preso una licenza per i primi giorni del mese prossimo. Vorrei qualche consiglio di moda» rivelò Jaylah, colorandosi leggermente. «Abbigliamento, capelli... queste cose qui».

   «Volentieri!» trillò Zafreen. «Dove vai, di bello?».

   «Ventax II. C’è già una camera d’albergo, nella capitale, prenotata a mio nome...» disse Jaylah con voce sognante.

 

 

FINE

 

 

   
 
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