Con
la testa affondata nel cuscino iniziai a sentire
qualcosa vibrare sotto di me. Inizialmente non ci feci molto caso, poi
mi
accorsi che la vibrazione era seguita da una canzone e il tutto
aumentava di
intensità col passare dei secondi. Sbarrai gli occhi e mi
resi conto che si
trattava della sveglia che avevo impostato il giorno prima sul
cellulare. Alzai
il cuscino per prendere il telefono e guardare che ore fossero. Le
sette in
punto. In mezz’ora dovevo essere al Vivienne Bar per far
colazione con Ben.
Quando mi alzai e mi guardai allo specchio pensai che in fondo quella
poteva
essere la replica di una grandissima figura di merda come quella fatta
il
giorno precedente, il che prevedeva di rimanere seduta ad un bar senza
far
nulla aspettando una persona che non sarebbe mai arrivata, con intanto
gli
sguardi curiosi dei clienti e il proprietario che potevano
tranquillamente
pensare che fossi matta visto che oltretutto non avrei ordinato nulla
per il
nervoso. Quando mi innervosisco non riesco a mandar giù
niente, nemmeno la cosa
che amo di più al mondo.
Una volta finito il lavaggio del cervello decisi che forse era meglio
andarci.
Mentre mi vestivo ed ascoltavo un po’ di musica ebbi come un
flashback della
serata precedente, specialmente l’ultima parte era
più nitida del normale.
Possibile che avevo davvero baciato quel ragazzo che nemmeno conoscevo?
A parte
qualche avventura giovanile, in cui il primo bacio rigorosamente veniva
dato al
primo appuntamento, nemmeno fosse un rito, quando iniziai a crescere
non mi
capitò più di concedere le mie preziosissime
labbra a qualcuno almeno prima del
secondo o del terzo appuntamento. Volevo prenderla a ridere, ma la
situazione
era più seria di quanto immaginassi. E se per caso Matt
fosse passato per lo
stesso bar dove mi trovavo con Ben? E se invece Ben mi avesse visto la
sera
prima? E se, e se… Più mi ponevo quelle domane e
più mi veniva voglia di
murarmi viva nell’hotel.
Cosa avrei dovuto fare proprio non lo sapevo. Ok, ci eravamo baciati,
ma questo
cosa significava? Che dovevo frequentarlo? Che era stato il bacio di
una notte?
Che sarebbe successo qualche casino?
In particolare l’ultima ipotesi non mi rassicurò,
ma mi sembrò la più possibile.
Terminato di preparami uscii dall’albergo e andai alla
macchina voltandomi
spesso come per paura di essere seguita dall’uomo invisibile.
Arrivai al bar e come promesso il giorno prima, lo trovai
già seduto ad un
tavolo con un sorriso sul viso e una tazza davanti a sé.
<< Buongiorno principessa >>
<< Ciao… Bravo, sei stato di parola
>> dissi io ricambiando il
sorriso.
<< Non potevo deluderti un’altra volta.
Scusami, non mi sono permesso di
ordinare anche per te, volevo evitare di sbagliare ordinazione
>>
<< Oh, non c’è problema,
posso… >>
<< Scherzavo l’ho già fatto.
Spremuta d’arancia e una brioche alla crema
>>
<< Hey, come facevi a saperlo? >>
<< Ti ho vista l’altro giorno ordinarlo al bar
dell’albergo >>
<< Come siamo efficienti oggi >>
<< Ora che abbiamo smesso di incontrarci per caso,
è giusto che faccia in
modo che tutto sia perfetto. D'altronde è nel mio stile
>>
<< Siamo anche molto modesti devo dire >>
dissi posando il mio
cellulare sul tavolo.
<< Allora com’è andata ieri?
>>.
Appena me lo chiese, lo guardai impietrita per qualche secondo. Che
cavolo mi
prendeva?
<< Beh… Ecco… >>
<< Non eri a cena con tua madre? >>
<< Ah sì, certo, certo. Diciamo che non
è andata molto bene… Stranamente
abbiamo litigato >>
<< Mi dispiace >>
<< Sì e per giunta eravamo davanti a degli
ospiti. Mi aveva proposto di
posare come fotomodella per la sua nuova collezione di abiti, ma non ha
capito
che non ho niente a che fare con quell’ambito…
Così ha iniziato a darmi della
fallita eccetera, eccetera >>
<< Scusami se mi permetto, ma tua madre ha ragione
>>
<< Mi stai dando della fallita?! >>
<< Assolutamente >> disse lui ridendo
<< Dico che è normale
che vogliano te per fare la modella dei suoi abiti. Perché
non accetti?
>>.
Arrossì lievemente e mi sistemai una ciocca di capelli.
<< Non lo so… Ci devo pensare >>
dissi con gli occhi rivolti verso
il mio bicchiere << Tu piuttosto, raccontami
com’è andata ieri. Se ti va
naturalmente >>
<< Ieri in mattinata mi è arrivata la
telefonata di mia sorella che mi
informava dell’arresto di mio padre. In quel momento non
sapevo se essere
contento o distrutto. Da una parte pensavo che avesse finalmente avuto
la sua
punizione, dall’altra mi sono reso conto di quanto ormai la
mia famiglia abbia
perso anche le ultime briciole di dignità che ci erano
rimaste >>
<< Non devi dire così, tu e i tuoi fratelli
siete brave persone… E forse
tua madre ha solo bisogno di aiuto >>
<< Jen, non sai quante volte ci abbiamo provato.
Cliniche, sedute da
psicologi… Tutti soldi buttati al vento. Mi sono visto nel
pomeriggio con mia
sorella e mio fratello per decidere come comportarci con nostro padre.
Se
pagargli la cauzione, se parlare con lui. Ogni volta che si faceva il
suo nome
mi veniva un blocco allo stomaco. Non è mai stato un padre
presente, non ho mai
sopportato il modo in cui ci ha trattati… Così
un’ora dopo aver parlato con
loro gli ho fatto sapere che non avrei dato un soldo e me ne sono
andato. Lo
so, posso sembrare uno stronzo, ma è difficile sopportare
ancora quello che ci
ha fatto passare >>.
Ascoltavo e ad ogni frase mi sembrava di leggere un romanzo basato
sulla sua
vita. Quelle sue parole mi fecero capire quanto dietro l’aria
di super ragazzo,
si nascondesse un bambino che ancora soffriva per mano del suo stesso
sangue.
<< Ben, provo a capire i tuoi sentimenti, ma forse non
dovresti negare a tuo
padre almeno di vederti >>
<< Tanto sicuramente i miei fratelli gli avranno
già pagato la cauzione,
non farei in tempo ad arrivare al carcere che non lo troverei
più >>
<< Quindi in realtà vorresti
vederlo… Chiarirti con lui >>
<< Non c’è nulla da chiarire
>>
<< Fargli capire quanto stai male, quanto ancora soffri
>>
<< Non capirebbe… Non ha mai capito,
è troppo stupido per poter capire.
Scusa, ti sto annoiando >>
<< Non è assolutamente vero. Ascolta, quando
ti sentirai pronto vorrei
che me lo facessi sapere. Mi piacerebbe venire con te >>
<< V-venire con me? Saresti disposta ad accompagnarmi
>>
<< Se non hai nulla in contrario >> dissi
sorridendo e bevendo un
sorso di spremuta.
<< Dovresti farlo anche tu >>
<< Cosa? >>
<< Parlare con tua madre. Lo si legge dai tuoi occhi.
Quando ne parli
sembri triste >>
<< Ogni mio tentativo sfocia in un litigio. Qualche volta
mi viene voglia
di legarla da qualche parte, imbavagliarla così da lasciarmi
parlare. Se mai
succederà, ti farò sapere come andrà a
finire >>.
Decidemmo di cambiare discorso, per evitare di demoralizzarci di prima
mattina
con discorsi sulle nostre famiglie disastrose.
<< Beh ma almeno gli ospiti ieri sera erano simpatici o
da mortorio?
>>.
Fu lì che mi impietrì di nuovo. Più
ripensavo alla sera prima, più il cervello
andava in blackout.
<< Mah, nulla di che… Abbastanza gentili, ma
niente di speciale >>
<< Sembra ti sia annoiata o sbaglio? >>
<< Sì, sì in effetti mi sono
annoiata da morire, ma che ci vuoi fare,
queste serata vanno sempre a finire così >>
dissi ridendo nervosamente.
Ben mi guardò in modo curioso quando in una frazione di
secondo il tavolo
iniziò a vibrare. La stessa vibrazione di quella mattina.
Il cellulare appoggiato sul tavolo iniziò a muoversi e ad
illuminarsi. Su
display comparve una scritta grossa quanto una casa.
“MATT”.
<< Oh cavolo… >> dissi
prendendolo il più in fretta possibile,
sperando che Ben non avesse visto il nome scritto sullo schermo.
<< Qualcosa non va? >>
<< No, niente >> dissi rifiutando la
chiamata.
<< Guarda che se ti senti con qualcuno non
devi… >>.
Non feci in tempo a finire di ascoltare la frase che il telefono
ricominciò a
vibrarmi tra le dita.
<< Scusami devo rispondere >> dissi
alzandomi.
Guardai il display un’altra volta per assicurarmi che fosse
lui. Perché diavolo
stava chiamando? Perché a quell’ora?
Perché in quel momento? Forse avevo
dimenticato qualcosa in macchina.
<< Pronto? >>
<< Buongiorno splendore. Perché hai messo
giù prima? >>
<< Ah ciao Matt, no scusami ho premuto per errore il
tasto sbagliato >>
<< Senti che ne dici di vederci? >> chiese
quasi evitando la mia
banale spiegazione.
<< A-adesso? >>
<< Anche, perché no >>
<< No, perché adesso non posso
>> dissi facendo di nuovo una delle
mie risate nervose.
<< Ah giusto, devi lavorare. Beh questa sera magari, non
accetterò un no
come risposta >>
<< Quindi presumo debba dire di sì
>>
<< Passo a prenderti alle nove >>
<< No >> dissi alzando la voce di qualche
tono.
<< Preferisci più tardi? >>
<< Preferisco se ci incontriamo a metà strada
>>
<< Ma così poi non posso accompagnarti
>>
<< Ok, passa tu… Dove andiamo? >>
<< È una sorpresa. A stasera Jen
>>.
Sentii cadere la comunicazione. Guardai il telefono e iniziai a
imprecare
contro me stessa. Perché gli avevo detto di sì?
Per un attimo sperai in una
richiesta dei Depp di trattenermi per la notte.
Oddio i Depp. Guardai l’orologio. Se non mi fossi mossa
subito sarei arrivata
ad un orario mostruoso.
Rientrai nel bar per salutare Ben che era rimasto lì ad
aspettarmi. Non c’era
tempo per le sue domande. Chiesi di pagare il conto, ma volle farlo
lui, così
lo salutai in tutta fretta e corsi alla macchina per non arrivare in
ritardo al
lavoro.
Quando arrivai avevo ancora il fiatone per aver corso durante il lungo
vialetto. Mi aprii quel diavoletto di Jack accompagnato da sua sorella.
Probabilmente sapevano del mio imminente arrivo.
<< Zia Jen >> urlarono
all’unisono travolgendomi con un abbraccio.
<< Ieri ha detto papà che sei sparita
>> disse Lily portandomi
dentro.
<< Ha ragione… Sei sparita >>.
Sentii la voce di Johnny avvicinarsi sempre di più.
L’ultima volta che l’avevo
visto e sentito era stato in un mio sogno. Alquanto imbarazzante.
<< Ciao… Scusatemi per ieri, non volevo
disturbarti ed ero tremendamente
in ritardo >>
<< Sì, abbiamo visto il biglietto. Non
preoccuparti, anzi sei stata molto
gentile perché effettivamente mi sono addormentato con
queste due pesti
>> disse prendendo in braccio il più piccolo.
<< Ormai mi manca solo la sfera di cristallo
>>
<< Buongiorno Jennifer >>.
Vanessa era appena entrata nell’atrio. Questa volta, lo capii
dall’abbigliamento, non l’aspettava nessuna
intervista o altro. Sarebbe
sicuramente rimasta con i bambini.
<< So che ti abbiamo chiesto di occuparti dei nostri
figli, ma oggi è una
giornata un po’ particolare. Visto che sono due giorni che
non sto con Lily e
Jack volevo passare un po’ di tempo con loro. Non ti dispiace
spero? >>
chiese in modo gentile.
<< Assolutamente no, cioè adoro stare con
loro, ma non potrei mai
contrastare il desiderio di una mamma >>
<< Perfetto allora noi andiamo al mare >>
disse prendendo per mano
i due piccoli e uscendo dalla porta.
<< Certo, io darò una pulita alla casa,
preparerò qualcosa da mangiare
>> dissi cercando di farmi sentire da Vanessa. Poi mi
voltai verso Johnny
e mi accorsi che era rimasto lì dov’era da quando
ero entrata.
<< Tu non li raggiungi? >>
<< Non oggi, e soprattutto non farai nulla di quello che
hai detto, la
casa è uno specchio >>
<< Ma io… >>
<< Ho un piccolo problema con il depuratore della piscina
qui dietro, ti
va di darmi una mano? >>.
Oddio. Fu l’unica cosa che riuscii a pensare. Ero rimasta da
sola in casa loro,
no anzi ero rimasta sola con lui.
Il depuratore? Perché non chiamava un tecnico e lo faceva
riparare, dannazione.
Sin da quando ero finita a lavorare lì mi era capitato di
stare sola con lui
solo per pochi minuti e ripensandoci non erano stati attimi molto
rilassati.
Come potevo resistere un’intera giornata accanto a lui? Di
certo non potevo
prendere e uscire di casa… Forse se l’avessi
contraddetto…
<< Ok… Dimmi tutto >> dissi
seguendolo.
Non ce la feci proprio a dire di no.
Mi promisi però che avrei fatto di tutto per non pensare a
quel sogno
imbarazzante che avevo fatto il giorno precedente. Forse con un
po’ di sforzo
ce l’avrei fatta.
Persi le speranze quando, per il caldo, si tolse la maglietta.