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Autore: Duncneyforever    18/06/2019    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Non riesco a muovermi.

Il dolore mi paralizza e sono ancora troppo vicina alla fossa per poter distogliere lo sguardo da ciò che sta accadendo al suo interno. La gola mi brucia terribilmente, l'odore terrificante e dolciastro di carne bruciata mi inghiottisce. Le urla si spengono man mano, disperdendosi nel vento come un eco lontano.

Stanno morendo, uno dopo l'altro, uno sopra all'altro e questo rende il mio fallimento imperdonabile.

Quell'uomo mi aveva creduto, io continuavo a ripetergli che lo avrei salvato e invece, proprio all'ultimo, il suo braccio è sfuggito alla mia presa e lui è caduto già morente tra le fauci della morte.

Ariel mi aveva ribattezzata " mal'akh " ossia " angelo " ma la verità è che un angelo dovrebbe assistere i più deboli, proteggerli per impedire loro di soffrire.

Io, pur non avendo abbandonato le mie creature, non sono stata in grado di alleviare le loro sofferenze e questo mi ha fatta sentire spaventosamente mortale, un dolore così atroce che a nulla sono valse le parole di Reiner.

Anche io volevo elevarmi, volevo essere di più che una banale spettatrice, invece la superbia ha corrotto anche me: il mio animo, che prima era puro, si è riempito di spocchia, danneggiando me e chiunque abbia incrociato il mio cammino.

Roni aveva ragione... Sono maledetta, condannata a veder svanire i miei protetti senza avere la possibilità di raggiungerli.

Resto impietrita nel vedere fiocchi di cenere fresca svolazzare nell'aria e posarsi sul terreno.

Neve grigia quella che cade dall'alto e si appiccica sulla pelle e sui vestiti.

Reiner mi copre il viso con la mano, mi circonda la vita con il braccio e mi tira su, cercando di trascinarmi via.

Mi aggrappo alla sua divisa, soffocandoci su mille lacrime e mille ancora.

Il mio non è un abbraccio; quasi lo stritolo tentando di acquietarmi, ma lui non reagisce, si lascia soffocare in questa stretta convulsa e disperata, perdendoci il respiro.

Conficco le unghie nei suoi fianchi, con il volto segnato dall'orrore: neanche un lamento da parte sua!

I muscoli, ormai deboli, allentano la presa fino a cedere del tutto, in modo tale che gli sia permesso di parlare senza venir frenato da me.

- Ihr scheiß Idioten! Sie glitt unter aus und niemand tat etwas um ihr zu helfen! Jemand erklärt mir, wie hätte so etwas passieren können! Jetzt! / Razza di idioti! Stava scivolando di sotto e nessuno ha osato muovere un dito per aiutarla! Qualcuno mi spieghi com'è potuta accadere una cosa simile! Ora! - Esamina la ferita all'interno del mio braccio, riservando ai soldati uno sguardo di lucida follia che, finora, avevo intravisto solamente negli occhi di Schneider.

Quella sulla quale mi sono affacciata non è l'unica fossa ad ardere: ce ne sono altre, affiancate da altrettanti uomini del Sonderkommando e altrettante SS. Sul perimetro di questa ce n'erano quattro e si sono tenute ben lontane quelle carogne, probabilmente perché non volevano che le loro belle divise, della migliore fattura, assorbissero l'odore dei cadaveri. Colui che non aveva disgusto ad avvicinarsi, rise del mio vano tentativo di salvare quell'uomo e tutto il tempo sentii i suoi occhi puntati addosso, come se sperasse o addirittura si aspettasse che ci cadessi dentro.

Non è lui a rispondere, bensì l'unico che almeno propose di fare qualche cosa, l'unico che sembrava conoscere il comandante di persona e non solo per fama.

- Herr Kommandant, ich berichtete Ihnen, dass das Mädchen nicht berührt werden sollte. Meine Begleiter haben nur durchgeführt. / Comandante, io ho riferito loro che la ragazza non doveva essere toccata. I miei compagni hanno solo eseguito. -

- Soll ich glauben, dass keiner von Ihnen bemerkt hat, dass sie in Schwierigkeiten war? Dann muss ich vermuten, dass ihr auch blind, außer inkompetent seid. / Vuoi farmi credere che nessuno di voi abbia notato che si trovava in difficoltà? Allora devo sospettare che siate anche ciechi oltre che incompetenti. -

- Die Umgebung schien sicher, mein Herr. / Il perimetro sembrava sicuro, signore. - Ribatte, forzandosi di non mostrarsi nervoso.

- Du, da hinten! Sieh nach, ob dieser Ort sicher ist. / Tu, là dietro! Va' a vedere se quel punto è sicuro. - Ordina, indicando senza sapere il principale responsabile. - Ich will dich genau dort sehen, wo sie war. / Voglio vederti nell'esatto punto in cui si trovava lei. - Ribadisce, seguendo con lo sguardo il soldato, in chiara difficoltà. Egli non può che ubbidire, procedendo verso il margine della fossa. Approssimatosi sufficientemente, il suo volto diviene bianco e sudaticcio, il suo corpo trema nascosto nella pesante uniforme. - Sag mir, findest du es sicher? / Dimmi, lo trovi sicuro? - Il tacco del suo stivale, a contatto con il terreno sdrucciolevole, affonda improvvisamente nel vuoto ed egli deve compiere un balzo in avanti per non cadervi del tutto.

- Nein, Herr Kommandant. - Balbetta infine, arrendendosi all'evidenza.

- Kommandant, ich kann Sie erklären... Wir düften die Gefangenen überwachen, wir konnten uns nicht ablenken; wenn jemand entkommen wäre, hätte die Existenz der Gaskammern und der Massengräber aufdecken können... / Comandante, vi posso spiegare... Dovevamo sorvegliare i prigionieri, non potevamo distrarci; se qualcuno fosse scappato, avrebbe potuto rivelare l'esistenza delle camere a gas e delle fosse comuni... -

- Dann vier Männer der SS, stark und gut ausgebildet, könnten eine Handvoll unbewaffneter Gefangene nicht im Auge behalten? Wie viele Leute würde es brauchen um sie mitzunehmen?! Sie ist ein sechzehnjähriges Mädchen, Herrgott! / Quindi quattro uomini delle SS, forti e ben addestrati, non sarebbero in grado di tenere d'occhio un pugno di prigionieri disarmati? Quante persone ci sarebbero volute per portarla via?! È una ragazzina di sedici anni, Cristo! -

- Ich bin der Leiter dieser Einheit; als Unteroffizier, übernehme ich die volle Verantwortung dafür. / Sono a capo di questo gruppo; in quanto sottufficiale me ne assumo tutta la responsabilità. -

- Ti prego, Reiner. Mi sento male. - Sono sul punto di cadere, ciondolo per restare cosciente. Il dolore alla testa mi dà le vertigini, non è più nemmeno il male a portarmi alle lacrime, bensì la perdita di coscienza, che si approssima man mano che le immagini si fanno meno vivide. Strani lampi di luce mi abbagliano lo sguardo; come ubriaca mi affloscio tra le braccia di Reiner, accorso per sostenermi. Non perdo di vista i suoi occhi, poichè sono la sola cosa che ancora mi tiene sveglia. " Guarda il blu, guarda il blu. Cerca il mare " mi dico. Il bruciore mi fa versare una lacrima; anche Reiner, vedendomi in queste condizioni, cede alla pietà, ciò che egli definisce con sprezzo " debolezza ".

- Torniamo a casa adesso. - Sussurra, massaggiandomi la guancia. - Ich bin noch nicht mit euch vier fertig. Ihr wisst, angesichts dessen, was ich heute gesehen habe, über eure unerfreuliche Unfähigkeit, werde ich Maßnahmen ergreifen. / Non ho ancora finito con voi quattro. Sappiate che alla luce di quanto ho visto oggi, riguardo la vostra incresciosa inettitudine, prenderò provvedimenti. - È una minaccia ciò che poteva sembrare un ammonimento, tant'è che il comandante si perde a lungo, più del necessario, nell'analizzare le guardie una ad una, come se cercasse di imprimere nella sua mente i loro connotati. Raggelante il suo tono: nessuno più ha osato guardarlo negli occhi, nemmeno il sottufficiale coraggioso.

Astri nascenti, silenziosi e disonorati, su cui è calata un'ombra imperitura, avvelenatrice di sogni.

- Andiamo. L'auto è poco distante. - Artiglio la sua divisa con le poche forze rimaste, chiedendogli che ne sarà degli altri, come faranno a far ritorno a casa senza di noi. - Tu sei la mia priorità. Comanderò ad un uomo fidato di riportarceli. Tu non pensare a loro. - Mi prende tra le braccia ed io combatto per rimanere cosciente, affinché lui non debba affaticarsi nel portare con sè un peso morto.

Ironicamente, non è più un rumore sgradevole a destarmi, bensì un suono quasi familiare, lo scoppiettare del fuoco, il guizzo che emettono i cadaveri quando precipitano dal catasto e si immergono tra le fiamme, come se vi fosse stato aggiunto un comune pezzo di carbone.

Eppure, proprio questo acquietamento che ha sostituito lo stridente divincolarsi di corpi vivi e le urla, mi ostruisce la gola con un grido, inespresso, che si riversa all'esterno sotto forma di conato.

Avendo percepito lo stimolo, ho provato in ogni modo a gettarmi per terra, ma Reiner me lo ha impedito e, di rimando, gli ho sporcato la punta degli stivali, con mia somma vergogna.

- M-mi dispiace - biascico, gemendo tra le lacrime. - Mi dispiace tanto. -

- Non ti preoccupare, non è successo niente. - Mi asciugo grezzamente la bocca con il dorso della mano, mentre lui mi riporta il viso contro la sua spalla, camminando spedito verso la strada poco distante.

Riservo ancora un'occhiata ai prigionieri del Sonderkommando: qualcuno di loro alza il volto impregnato di sudore e di fuliggine e mi guarda scomparire tra gli alberi di betulla, strofinandosi gli occhi, prima di venir orribilmente richiamati dalla voce gracchiante di una guardia.

Tendo una mano verso Isaac, Sam e Federico, accucciati a ridosso della parete del Bunker 2.

- Cos'ha quello? - Reiner si ferma proprio davanti a loro, indicando Federico, che ha gli occhi spalancati, il fiatone esattamente come gli altri e i vestiti sporchi di terriccio.

- Un attacco di panico, Herr Kommandant. Ha cercato di correre via, ma noi lo abbiamo fermato. - Risponde prontamente Samuele, non senza mostrare una certa paura.

- Che non succeda più. Potevano fucilarvi, maledizione! Volete darle anche questo dolore? -

- No, signore. - Non vedo l'espressione di Reiner, ma sono certa che le sue labbra siano storpiate da una smorfia sregolata: lo ha sempre odiato quel ragazzino; sembra quasi che gli basti vederlo respirare per animare la bestia recondita che tiene nascosta ai miei occhi e alle mie orecchie.

- Un uomo verrà a cercarvi. Seguitelo. - Conclude in breve per non dover vedere più quel viso dai tratti superbi, lasciandoli soli, immersi tra i meandri di quel luogo surreale.

- E se qualcuno prima di quell'uomo li trovasse? - Domando, dopo esser stata adagiata con cura sul sedile.

- Non temere. Il tempo di avvisare il tenente e provvedere al trasporto e te li riporterò entro l’ora di pranzo. Non li toccherà nessuno. - Un movimento di troppo mi fa contrarre il volto per il dolore e la mia testa ricade all'indietro, sbattendo senza grazia sul poggiatesta. - I legamenti sono infiammati. - Mi esamina il ginocchio e questo, pur non producendo alcun suono, pare scricchiolare ad ogni contrazione, causandomi una fitta, come di uno spillo che si conficca nella cartilagine. - Un'altra pomata grumosa che detesterai. - Mi dice, passando poi il pollice sui graffi. - Questi li disinfettiamo subito, invece. -

- Voglio lavarmi. - Assevero, notando la patina grigia anche su di noi, sui nostri vestiti, sotto le mie unghie. - Mio Dio... - Vorrei portarmi le mani al viso, ma ho orrore nel toccarmi. Adagio le braccia sul grembo, tentando di muovermi il meno possibile. - La tua auto... -

- Avrò cura di ripulire i sedili e gli interni. Non è importante; lo farò non appena avrò provveduto a te. - Mi siede accanto e accende il motore: il viaggio durerà poco, già lo so, tuttavia non voglio restare a guardare un secondo di più la profezia avverata, il cielo di Birkenau coperto da denso fumo nero, alchè chiudo gli occhi, rivedendo nuovamente quell'uomo, il terrore, la caduta, la vanificazione dei miei sforzi.

Dovevo ascoltare Reiner.

Non avrei mai dovuto lasciare che quelle immagini si insinuassero dentro la mia mente.

Non sono insensibile come Rüdiger, come Reiner... I miei sogni saranno infestati di fantasmi, di ombre che mi porteranno alla rovina.

Non ho la forza per poterlo sopportare.

Ho fallito clamorosamente; le parole di Rüdiger riaffiorano come il ricordo di un'estate uguale alle altre: " Sternschnuppe ", se avessi usato questo termine per definire una persona, i miei amici avrebbero riso.

Ma Rüdiger è quel bambino, quello che guarda la stellina cadere dal firmamento con un sorriso estasiato, aspirando al compimento del suo desiderio, per il quale aveva atteso trepidante un'estate intera.

Il comandante si ferma nei pressi dei famigerati cancelli, che tra due anni daranno direttamente sul prolungamento dei binari.

Lo vedo scambiare qualche parola con una delle sentinelle; dopo una decina di minuti sopraggiunge un uomo, che mi è irriconoscibile, adombrato dal Totenkopf da ufficiale calato sul capo.

Potrebbe essere il sergente che mi aveva accompagnata da Maxim, ma non ne sono sicura.

Un breve scambio di battute tra i due, prima che si dirigano l'uno da me, l'altro dalla parte opposta del lager, magari proprio verso il Bunker 2.

Tornati a casa, sono ormai stremata e ancora molto dolorante; Reiner mi tiene tra le braccia e non sa come e dove farmi sdraiare per non farmi avvertire le fitte che durante il tragitto mi avevano contratto lo stomaco e che, quindi, ci avevano obbligati a fermarci più volte, perché io potessi espellere tutto ciò che non riuscivo a trattenere all'interno.

Il risultato è stato quello di rimettere persino la bile e di ritrovarmi in bocca con quel sapore amarissimo e sgradevole.

- Prendile qualcosa da mangiare, forza! - Ariel, impreparato, resta fermo, non sapendo bene cosa scegliere.

- Signore, perdonatemi, non me ne intendo di queste cose. Ditemi voi cosa è meglio portarle. - Reiner, stranamente, non gli urla contro e ci pensa un attimo su, arrivando infine ad una soluzione: banane.

- B-banane? - Balbetta il ragazzo, sapendo che Schneider le paga un capitale e che non permette praticamente a nessuno di attingere alle sue scorte. A tutti gli effetti, sono considerate un " bene di lusso " e lui ci aveva già concesso di mangiare qualcuno dei suoi preziosi frutti. - Herr Kommandant, il colonnello... -

- Me ne fotto del colonnello! Adesso sbrigati, portagliene una! Non vedi che sta poco bene?! - Ariel corre in dispensa, mentre Reiner, dopo avermi adagiata sul divano in pelle, si reca in bagno, alla ricerca del disinfettante. - Sentirai dolore, ma solo per un secondo. - Mi rassicura, dopo aver imbevuto un fazzoletto di acqua ossigenata. Sobbalzo, lanciando un urlo acuto.

Ariel fa ritorno con una ciotolina d'acqua calda, una saponetta e una spazzola; successivamente, dopo esser tornato in cucina a riprenderlo, mi porge anche il frutto, di un giallo brillante, privo di quelle macchioline scure che caratterizzano i frutti più maturi.

- Sicuro che mi faccia bene? - Chioso, con una vena di scetticismo, rivolgendomi a Reiner. - Non è che poi starò peggio? -

- È il rimedio di mia madre e poi rimettere a stomaco pieno è meglio che rimettere a stomaco vuoto. - Seguo le sue indicazioni, finendola e appoggiando la buccia sul tavolino. Ariel, intanto, mi sciacqua le mani con l'acqua, strofinando il sapone sotto alle unghie. Non ho un buon odore: oltre al sudore, il puzzo dei cadaveri ha impregnato i miei vestiti, così come la divisa di Reiner. In un primo momento, Ariel si ritrae, chiedendosi dove sia stata a testa bassa, cosicché non possa vedere, ma solo immaginare la sua espressione impaurita; dopodiché si abitua, prendendo a spazzolarmi la cute sottostante, non mancando di intingere anche lo spazzolino di acqua ossigenata.

- Non dovevi. Potevo farlo da sola. - Mormoro, contrariata, abbandonando il braccio a lato del divano una volta finito.

- Siete molto debole, quasi non riuscite a chiudere le dita. Inoltre, è sempre un piacere occuparmi di voi, signorina. - Sorride in un modo straziante, andando a prendermi qualcos'altro dalla cucina.

Torna con un secchio e un bicchiere alto, pieno di... Acqua, sì, acqua sembrerebbe.

- Acqua e sale, per i risciacqui. - Anche Reiner mi consiglia di farlo, quindi decido di seguire le loro indicazioni, senza contestare. - Vi preparerò una tisana appena avrete finito. - Asserisce, andando a svuotare il secchio all'esterno.

Poveretto, non intendevo creare tanto disturbo...

Reiner mi accompagna in una delle stanze da bagno al piano superiore, salendo addirittura le scale con il mio peso a gravargli sulle spalle. Ho temuto che si sbilanciasse, ma ciò fortunosamente non è avvenuto.

- Come si toglie? - Allora tiro su lo sguardo, m'insinuo tra le sue sicurezze e piango per quel segreto inconfessabile che ho dovuto ricacciare, pregando di venir consolata.

- Ti aiuterò io. Prima bisogna sciacquarsi i capelli e il viso, in seguito il corpo, con acqua tiepida, senza sapone. Il bagno viene dopo che non vi sarà rimasta alcuna traccia di cenere. È una procedura lunga e minuziosa, tuttavia ti prometto che quando avremo finito non ti sentirai più repellente. - Mi rimette in piedi, reggendomi cauto per i fianchi. Appoggio la punta del piede sul pavimento, la caviglia si piega e, a questo punto, sarei già caduta rovinosamente, se non fosse stato pronto a riacciuffarmi. - Riprova. - Al secondo tentativo mi reggo in piedi, abbastanza a lungo da arrivare alla vasca da bagno con le mie gambe. Mi sfilo la maglietta e mi piego sulle ginocchia, appoggiandomi al bordo non prima di aver gettato i capelli in avanti.

- Aiutami. - Lui si sbarazza velocemente della giacca, lasciandola cadere per terra, come un vecchio straccio; ripone la camicia con più cura, sulla sedia, inginocchiandosi anch'egli al mio fianco. Afferra il doccino, lascia scorrere l'acqua; il vapore mi riscalda il viso, gocce d'acqua sporca colano lungo le mie tempie. Passo i polpastrelli sulla pelle macchiata, scrutandomi le dita con raccapriccio.

È grigia, grigia come quella patina che ricopriva il terreno.

- Ti scongiuro, lavala via. - Piango silenziosamente, graffiando il marmo della vasca. Reiner mi accarezza la schiena, percependo i sussulti sotto la pelle. Passa le dita tra i miei capelli, con delicatezza, facendomi sentire protetta, facendo crollare il senso di colpa che mi pugnala ferocemente il petto.

Mi sento una bambola, ma non credo di aver mai attribuito un'accezione positiva a questo termine. Non mi vanto di essere una di quelle bambole da collezione, magari la preferita, bensì mi vanto di venir custodita con amore, di venir coccolata, di contribuire alla crescita del mio " custode ". Sono orgogliosa di essere una bambola mortale, che cresce, che prova sentimenti. Appassirò anche io, come lui, ma egli conserverà gelosamente il ricordo della mia stagione più bella; non lo guarderò sfiorire come le altre bambole, presuntuose nel loro volto immutevole, nè sarò condannata all'immortalità privata in eterno del mio diletto.

Sublime frutto, per due anime maledette, è la caducità della vita, che sola può ricongiungere due nemici, uniti e, allo stesso tempo, separati dal destino beffardo.

Allora io sarò la sua bambola e quando le guance di morbida porcellana piangeranno le mie molte morti, lui potrà asciugarmi il viso e liberarmi dal dolore, consolarmi e consolarsi con uno di quei pochi piaceri che la morte non potrà portarci via.

Il fondo della vasca si tinge di una sfumatura di nero, di minuscole particelle che vanno mescolandosi con l'acqua e che rimangono incollate alle pareti.

Reiner mi cosparge il capo di crema, rimuovendo lo sporco dai filamenti bruni. Mi ripulisce il viso, il collo, le braccia e, solo dopo essersi occupato di me, immerge la nuca sotto il getto, strofinandosi i capelli con lo shampoo, bagnandosi il corpo.

- Hai ancora la nausea? -

- Va un po' meglio, grazie. Sarà stata la tua strana trovata... -

- No - assevera, prendendomi il mento tra le dita. - Il problema era qui... - Picchietta l'indice sulla tempia, sfiorandomi il ventre con l'altra mano. - ... Non qui. -

- Ancora li vedo io gli occhi di quell'uomo... erano così... così spaventati! Non l'avevo mai vista una paura simile; stavano quasi per schizzare fuori dalle orbite! Chissà cos'hanno provato, nei loro ultimi istanti di vita, le persone che ci hanno cosparso, inconsapevolmente, dell'ultimo frammento che ancora restava di loro. -

- Sicuramente impotenza, angoscia, poi però non hanno sentito più niente. - Lui ripulisce la vasca dagli ultimi rimasugli e mi guida verso la doccia, ampia a sufficienza per contenerci entrambi, in comodità.

Una volta sfilati, calcio via i pantaloni, abbandonandoli in un cantuccio, insieme a quelli di Reiner.

Non emette un fiato quando vede il reggiseno slacciato cadere per terra, seguito dagli slip e, in ultimo, dai calzini.

Ogni indumento che avevo indosso appariva ai miei occhi come un ostacolo verso la " purificazione " ed io devo assicurarmi che non rimanga traccia di eventuali residui.

Lui, per la prima volta, mi vede nuda, vulnerabile, e quel fremito che gli ha percorso la pelle, che avrebbe voluto nascondere, è più puro di certi sguardi che mi erano stati rivolti dai passanti in strada.

Anche lui si spoglia, entrando nel box per primo e aiutandomi a non inciampare.

- Speravi accadesse in un'altra occasione di vedermi così... Magari al tramonto, in quel campo di papaveri. -

- Tu hai bisogno di me ora. Non provo desiderio nel vedere il tuo viso consumato dalle lacrime. Avvicinati a me... Giuro che non rovinerò un abbraccio così innocente. - Poggio la guancia dove è solita poggiarsi, sul suo petto e, non riuscendo a circondarlo con le braccia, mi schiaccio contro di lui, singhiozzando rumorosamente.

Anche lui è una bambola in fondo, poichè mi guarda in ogni momento con la stessa immutabile venerazione, per quanto miserevole possa essere la mia condizione e per quanto orribile possa considerarsi il mio aspetto in determinati frangenti.

Nessuno aiuterà due bambole a sopravvivere quando entrambi cadremo e ci frantumeremo in pezzi.

Godiamoci questi attimi di felicità, perché io non sono ancora pronta a lasciarti andare. Non ti abbandonerò fin quando non esalerai il tuo ultimo respiro e, solo allora, con la morte nel cuore, ti dirò: " Addio ".

 

 

 

 

 

 

  
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