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Autore: Il cactus infelice    22/06/2019    3 recensioni
La guerra è finita, Harry Potter ha sconfitto il Signore Oscuro e ora tutti si apprestano a tornare alla normalità. Kingsley Shacklebolt è diventato il nuovo Ministro della magia, Hogwarts ha riaperto i battenti apprestandosi ad accogliere nuovamente gli studenti, linfa vitale del futuro della società magica. I morti per la giusta causa vengono ricordati con onore, i Mangiamorte che sono fuggiti vengono arrestati e chi ce l'ha fatta cerca di riprendersi la vita leccandosi le ferite e ricordando i cari persi.
Ci vuole tempo per guarire, per superare i traumi, c'è chi ci mette di più e chi un po' meno. Ma, in mezzo al dolore, tutto il Mondo Magico è felice per la sconfitta di Lord Voldemort. Tutti, eccetto Harry.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, I Malandrini, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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SIRIUS E KAREN

 

Karen sentì suonare al campanello due volte mentre si precipitava ad aprire la porta. Non poteva nemmeno lavarsi i denti in pace. Probabilmente era sua zia che si era dimenticata le chiavi e la casa non si apriva certamente con un semplice Alohomora. 

Forse era proprio il caso che si trovasse un lavoro e se ne andasse a vivere per conto proprio. 

Quando apri la porta però, pronta a rimproverare la zia, rimase a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua. Quello che le si parava davanti non era affatto sua zia. Era suo padre. 

“Che cosa vuoi?” gli chiese indossando subito un’espressione fredda; non si aspettava di trovarselo davanti ma non voleva fargli capire di essere impreparata. 

“Possiamo parlare?” le chiese lui, qualcosa nel tono che suggeriva una certa incertezza. 

“Pensavo ci fossimo detti tutto”.

Marcus esitò alla ricerca delle parole giuste. “Ho sbagliato quella volta, non avrei dovuto trattarti in quel modo. Mi hai colto alla sprovvista”.

Karen sospirò. Non si aspettava quella sincerità. “Sono tua figlia. Come fai a non aspettarmi?”

“Lo so. Vorrei... vorrei solo parlare. Poi prometto che non ti disturberò più, se non mi vuoi”.

La ragazza si decise finalmente ad alzare lo sguardo su di lui notando del dispiacere nei suoi occhi. Sapeva che non era una buona idea, che probabilmente se ne sarebbe pentita, tutto nel suo corpo e nella sua coscienza glielo stava dicendo, eppure lo fece lo stesso... si spostò e lo fece entrare in casa. 

 

Quella sera i ragazzi decisero di andare a giocare a Bowling in un posto che conosceva Hermione a Londra. La ragazza rimaneva sempre più sconvolta dalla poca conoscenza di Ron delle attività e dei passatempi Babbani e si era imposta di istruirlo il più possibile; Ginny naturalmente era curiosa e quindi decise di unirsi più che volentieri e convinsero anche Karen che non aveva tutta questa voglia di divertirsi a causa della visita del padre - della quale però non aveva detto niente a nessuno - e, dato che Sirius era capitato nel mezzo dell’organizzazione del progetto e che non aveva nulla da fare quella sera, volle approfittare per tentare di recuperare la sua gioventù perduta andando a divertirsi. Ma non poteva negare che a suo favore aveva giocato anche il fatto che ci fosse Karen. 

E così erano arrivati sulla pista pronti a sfidarsi a coppie perché a detta di Ginny ci si diverte di più quando si compete. Karen, Harry e Hermione conoscevano il gioco e quindi le coppie erano ben equilibrate; le due coppie di fidanzati naturalmente giocarono assieme e questo quindi lasciò fuori Karen e Sirius che dovettero giocare assieme, per l’imbarazzo - ma anche leggera contentezza - di entrambi. Entrambi avevano realizzato che, anche se non si erano visti per qualche giorno, quello strano subbuglio di stomaco che sentivano quando stavano vicini o si parlavano non stava passando. 

La sfida ci mise poco a entrare nel vivo: Ginny ci mise poco a capire come si gioca - non che ci volesse chissà che talento a detta sua - e ben presto lei e Harry finirono in testa. Ma dopotutto alla ragazza non piaceva perdere e avrebbe fatto di tutto per vincere in qualsiasi sport. 

“Attenta, sorellina, che tutta questa competitività potrebbe danneggiarti il cervello”, la prese in giro Ron guardandola male.

“Geloso, Ronald?” Lo punzecchiò la sorella dopo aver fatto cadere tutti i suoi birilli ed essere tornata accanto a Harry che le diede un bacio come premio.

Sirius prese il suo posto sulla pista; anche lui e Karen se la stavano cavando piuttosto bene, erano solo di qualche punto sotto a Harry e Ginny. 

“Evvai!” gridò Karen contenta quando Sirius riuscì a buttare giù tutti i birilli nel suo torno. Lui ammiccò nella sua direzione mentre tornava al proprio posto. 

 

A casa, James e Lily facevano zapping in televisione - quella che Lily aveva deciso di prendere per tenersi aggiornata sul mondo Babbano - mentre divoravano un pacco di biscotti. O meglio, Lily aveva preso il monopolio dei biscotti. Era appena al secondo mese di gravidanza, non aveva nemmeno un accenno di pancia e il bambino doveva ancora formarsi, eppure iniziava già a soffrire di nausee mattutine e le sembrava di avere delle voglie. Aveva come l’impressione che quella sarebbe stata una gravidanza lunga e difficile. Ma con Harry era stato facile dopotutto, non poteva avere tutta questa fortuna anche la seconda volta. 

“Jamie?” chiamò.

“Hmm?” mugugnò il marito seduto accanto a lei senza togliere gli occhi dalla tv. 

“Secondo te quando dovremmo dirlo a Harry? Del bambino, intendo?” 

James con calma girò la testa verso la moglie e alzò un sopracciglio, pensieroso.

“Non... Non saprei. Dici che dovremmo aspettare il momento giusto?” 

“Be’, non credo sia una buona idea buttargli la notizia come niente fosse mentre facciamo colazione. Non è come annunciare che andiamo a fare la spesa. Stiamo parlando di un bambino che si aggiungerà alla casa, stiamo parlando di allargare la famiglia”.

James sospirò. 

“Non saprei, Lils. Prima o poi glielo dovremo dire. Lo dovremo dire a tutti”. 

“Sì ma lui dovrà essere il primo a saperlo”.

“Certo che sarà il primo a saperlo”.

Rimasero in silenzio per qualche altro istante, poi James, tenendo gli occhi fissi sulla televisione ma senza seguire davvero le immagini, chiese piano. “Secondo te Harry non sarà contento del bambino?”

Lily spostò i biscotti sul tavolino di fronte al divano e si girò con tutto il busto verso il marito. 

“A dire la verità, non lo so. Potrebbe anche essere contento e penso che lo sarà è solo che... mi sembra sia troppo presto”. La ragazza si morse il labbro. “Abbiamo appena cominciato a costruire una famiglia con lui, dobbiamo ancora conoscerci bene. Non so nemmeno quanto Harry stia bene, dopo tutto quello che ha passato... Non voglio che questo bambino risucchi tutta la nostra attenzione e rischiamo di perdere di vista Harry. Non dico che trascureremo Harry, ma sai bene quanto un bambino abbia bisogno di attenzioni”. Solo quando smise di parlare realizzò di essere stata forse troppo dura; non voleva aver dato l’impressione di pensare che questo bambino fosse un peso per lei, ma non poteva nemmeno tenersi tutto dentro. C’erano troppe cose in ballo. 

James non apri bocca se non dopo qualche istante. Le prese le mani tra le proprie e cercò di mostrare l’espressione più sicura e confortevole che aveva nel proprio repertorio.

“Lo so, però ormai è andata così. Non ho intenzione di trascurare Harry, naturalmente, e non lo farò. E mi prenderò anche cura del bambino. Ce la faremo, ne sono sicuro”. 

L’ottimismo di James era qualcosa che le scioglieva sempre il cuore e che la sorprendeva in positivo; anche se a volte poteva apparire come qualcosa di infantile e illusorio, era quello di cui lei aveva bisogno in momenti come quello, era la sua ancora, il suo appiglio. Lo era sempre stato e non ci avrebbe mai rinunciato. Era una delle qualità che l’avevano fatta innamorare di James dopo anni e anni passati a respingerlo. 

Se James diceva che ce l’avrebbero fatta allora sarebbe stato così. Dopotutto, le aveva promesso che avrebbero protetto Harry quando c’era Voldemort a minacciarlo e così era stato. Anche se non tutto era andato secondo i piani, però Harry era sopravvissuto e Voldemort non c’era più. 

 

Dopo la partita, vinta con un ultimo grosso scarto da Harry e Ginny, seguiti da Sirius e Karen e subito dopo da Hermione e Ron, i ragazzi si sedettero attorno a un tavolino del bar del bowling per bere qualcosa. 

Erano tutti intenti in una accesa conversazione sul Bowling - con Ron che si prodigava a spiegare quanto il quidditch fosse uno sport più interessante di qualsiasi altro sport bannano - quando Karen si alzò dal tavolo dicendo che doveva andare al bagno. 

Ma non andò in bagno. Si diresse verso l’uscita e si fermò vicino all’ingresso accendendosi una sigaretta. 

Era contenta di essere uscita, si stava divertendo ed era riuscita a distrarsi, ma il pensiero del padre ogni tanto la colpiva e si voleva mangiare le mani. Le dava fastidio che quell’uomo riuscisse a rovinarle anche i momenti belli come quello.

Non che la conversazione di quella mattina fosse andata male, anzi, avevano parlato parecchio e si erano chiariti alcune cose ma Marcus le aveva messo addosso una confusione pazzesca. Le aveva detto di aver parlato alla sua nuova famiglia di lei, di suo fratello e le aveva detto che se avesse voluto glieli avrebbe fatti conoscere. Avrebbe potuto conoscere i suoi fratellastri. E Karen non aveva idea di cosa fare. Conoscerli avrebbe significato perdonarlo e avvicinarsi a lui e non era sicura se era quello che voleva o se era quello che doveva fare. 

Non sapeva esattamente quanto tempo era rimasta lì fuori, aveva quasi perso la percezione dello spazio attorno a lei fino a che non sentì la voce di Sirius dietro di lei. 

“Ehi”.

“Ciao!” lo salutò cercando di apparire più tranquilla possibile. 

“Stai bene?” le chiese lui in tono gentile.

“Sì, avevo solo bisogno di fumare”.

Sirius la affiancò e per qualche tempo rimasero in silenzio a fissare la strada di fronte a loro. Karen apprezzò che non stesse cercando di fare conversazione ma la sua presenza la rallegrava. 

“Stamattina ho rivisto mio padre”, disse a un certo punto lei senza guardarlo, il tono quasi disinteressato. Solo allora si rese conto di avere la necessità di parlarne con qualcuno. 

“Oh”, disse solo lui. 

“In realtà non è stato terribile. Abbiamo parlato civilmente, mi ha detto che se voglio può presentarmi la sua famiglia. Mi ha chiesto scusa”.

Karen pestò con forza la sigaretta che fece cadere a terra.

“E che ne pensi?” 

La ragazza sospirò voltandosi a guardarlo. “Non lo so. Riesco a gestire gli stronzi, posso rispondere quando sono arrabbiata ma quando qualcuno chiede scusa e fa il pentito... Non lo so, mi manda in confusione e non so che fare”.

Sirius scrollò le spalle. “Forse non sono la persona che conosci meglio con cui vorresti parlarne ma... le famiglia non sono mai semplici. Però il fatto che sia venuto a chiederti scusa è già qualcosa”.

“Sembrava sincero, dico davvero”. Continuò Karen che ormai si era lasciata trasportare. “Però non posso passare così facilmente sopra al fatto che ci ha abbandonati”. 

“Tutti commettiamo degli errori”, le rispose il mago, una morsa al cuore nel ripensare ai propri errori che aveva commesso - come rifiutare il fratello e convincere James a scegliere Peter come Custode Segreto -. “A volte non ne siamo consapevoli e a volte sì però li facciamo lo stesso perché è più semplice cosi. Non dico tu lo debba perdonare però puoi sempre riavvicinarti. Potete cominciare a costruire qualcosa da dove avete lasciato, ricominciando da capo. Dagli la possibilità di diventare una persona migliore imparando dagli errori che ha fatto”. 

Karen annuì impercettibilmente e tornò a rivolgere gli occhi alla strada.

“Torno dentro. Dico agli altri che ci raggiungi tra poco?” 

“Sì”.

Prima che Sirius avesse il tempo di rientrare, la ragazza lo richiamò.

“Sirius!”

“Sì?” 

Karen raccolse tutte le riserve del proprio coraggio Grifondoro e si decise ad agire di istinto - perché se ci avesse pensato troppo non lo avrebbe mai fatto - e percorse quei pochi passi che li separavano con urgenza. Prese il viso di Sirius tra le mani, lo guardò un attimo negli occhi e infine lo baciò. Esitò solo un pochino, per dare il tempo all’altro di respingerla se avesse voluto. Ma Sirius non la respinse, anzi, le appoggiò le mani sui fianchi e intensificò il bacio, schiudendo le labbra per permettere alle loro lingue di incontrarsi. 

Non fu certo un bacio casto ma nemmeno troppo violento. Quella pressione allo stomaco così come il cuore impazzito nel petto aumentò in entrambi. 

“Questa volta non è un bacio da ubriaca”, sussurrò la ragazza a pochi centimetri dalla faccia del mago quando smisero di baciarsi, ma senza separarsi. 

Sirius sorrise divertito e contento. “Meno male altrimenti avrei cominciato a pensare di avere qualcosa che non va”.

Karen alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi neri con serietà.

“Credo che tu davvero mi piaccia, Sirius”.

“La cosa è reciproca”, rispose lui dopo un attimo di esitazione. “Però dovremmo parlarne”.

“Sono d’accordo”.

Si baciarono ancora, tra una battuta e l’altra, prima di rientrare leggermente arrossati e ritornare in silenzio dagli altri cercando di fare finta di nulla. 

 

Alla fine la verità venne fuori. Quella di Sirius e Karen. Ovviamente i due non riuscivano più a stare in silenzio. Sirius si era confidato con James e la notizia si era presto diffusa dopo che Karen si era confidata con Harry - che aveva preso la notizia come una vera sorpresa a ciel sereno; le confessò che non se lo aspettava però dopo averci ponderato un po’ dovette ammettere anche con se stesso che effettivamente aveva senso, che i due - visti i caratteri - avrebbero anche potuto fare una bella coppia. E poi, li conosceva entrambi per cui non se la sentiva di essere del tutto contro. C’era solo la questione della differenza di età che era quello su cui anche tutti gli altri avevano un po’ di remore. 

Eppure, sia James, che Lily e poi anche Remus e Tonks consigliarono a Sirius di invitare Karen a un appuntamento, quantomeno per parlarne. 

Perciò Harry si era trovato costretto in camera dell’amica per aiutarla a scegliere qualcosa da mettersi per l’appuntamento.

“Sei sicura che non vuoi che chiami Ginny o Hermione?” le chiese il ragazzo mentre Karen tirava fuori altri vestiti dall’armadio. Ne aveva già buttati diversi sul letto, tutti piuttosto corti e sul nero, il che non dava troppi dubbi su quali fossero i gusti della ragazza. 

“È il tuo padrino, tu conosci bene i suoi gusti”.

Harry avrebbe voluto dire che no, lui i gusti di Sirius in fatto di ragazze o di come le preferisse non li conosceva affatto, ma Karen gli sembrava abbastanza disperata e quindi si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a mettersi comodo nella sua poltrona. Tuttavia, tra sé e sé si ritrovò a sorridere al pensiero che, se l’amica perdeva tutto quel tempo a decidere cosa indossare, significava che ci teneva quantomeno a fare bella figura. 

“Quell’abito lì è carino”, le disse, decidendo che sarebbe andato su quelli che erano i suoi gusti. 

“Quale?” 

“Quello che hai lanciato sulla scrivania”.

Karen tirò su l’abito che Harry le aveva indicato e se lo provò.

Trascorsero così altre due ore prima che Harry riuscì a tornarsene a casa, lasciando che Karen finisse di prepararsi. Stava salendo verso la propria stanza quando, passando accanto a quella di Sirius che aveva la porta aperta, questi lo fermò. 

“Ehi Harry!” 

Harry si girò verso di lui con espressione stanca, guardò dentro, notò il padre seduto sul letto e l’armadio aperto davanti a cui stava Sirius.

“Mi daresti una mano? Non so cosa mettere”.

Harry impallidì di colpo e iniziò a sudare.

“No, anche tu no, ti prego”.

 

Erano fuori da appena un’ora e Karen si stava già divertendo; superato il primo momento di imbarazzo - in cui non sapevano esattamente che dirsi - Sirius aveva cominciato ad ammaliarla con delle battute e con i racconti degli scherzi che lui e i Malandrini facevano a Hogwarts e la ragazza si era trovata più volte a doversi asciugare gli occhi per le risate. 

Non pensava che Sirius fosse così divertente. 

“Avrei proprio voluto vedere la faccia della McGranitt”, disse la ragazza finendo l’ultimo pezzo del tacos che avevano comprato. 

Per l’appuntamento avevano scelto la Londra Babbana e quindi ora si erano avvicinati nei pressi di St. James Park.

“Ti va di entrare? Magari troviamo qualche scoiattolo”, le chiese l’uomo quando si ritrovarono davanti ai cancelli aperti del parco.

“Certo!” rispose lei entusiasta. 

Passeggiarono alcuni minuti in silenzio, godendosi l’aria calda e la natura del parco. Sirius ogni tanto lanciava occhiate a Karen che era decisamente attraente con quel vestito nero che le arrivava poco sopra le ginocchia. Guardando il suo corpo giovane, le sue lunghe gambe perfette, il suo viso ancora pieno di entusiasmo e innocenza... non si era mai sentito così vecchio e inadatto a frequentare una ragazza.

A un certo punto decise di sedersi sulla panchina che trovarono lungo il sentiero. 

“Parliamo un attimo?” le chiese in tono serio.

“Okay”, rispose lei sedendoglisi accanto, il cuore che batteva all’impazzata. 

Si guardarono attorno per qualche istante prima che Sirius azzardasse di nuovo: “Che cosa... che cosa vogliamo fare?” 

“Riguardo a cosa?” chiese Karen ma sapeva benissimo a cosa l’altro si stesse riferendo. In fondo, erano usciti per quell’appuntamento anche per parlare di loro due.

“Di noi”.

Karen sospirò. “Tu cosa vorresti fare?”

“Non lo so”.

Karen spostò lo sguardo e lo fissò sull’albero che aveva di fronte. Aveva paura che quella chiacchierata non finisse come lei sperava. Poteva capire come si sentisse Sirius, lei era solo una ragazzina e anche se era matura forse non lo era abbastanza per un uomo di trentotto anni. Non lo avrebbe biasimato se non l’avesse voluta. 

“Tu mi piaci”, disse allora lui dopo un po’. “Però... Insomma, io sono troppo vecchio per te. Tu avrai sicuramente dei desideri, dei sogni... Non voglio tarparti le ali”.

Karen inarcò le sopracciglia girandosi verso di lui. “Questo lascialo decidere a me”. Disse lei prendendogli una mano. “Mi piace stare con te. Sei divertente, sei gentile e... Sei anche bello. Mi piace come mi fai sentire quando mi stai accanto e non voglio rinunciarci”.

“Però come la mettiamo con le differenze tra di noi?” chiese lui. Il cuore aveva cominciato a battergli più forte dopo quei complimenti.

“Quali differenze? Dobbiamo ancora conoscerci bene”.

“Abbiamo vent’anni di differenza. Non possiamo essere uguali”.

“Certo che non lo siamo. Ma questo non riguarda solo la differenza di età. Anche avessimo meno anni di differenza non saremmo uguali”. 

Karen si zittì per qualche secondo, come pensando a cosa aggiungere.

“Senti, tu vuoi dei figli?” gli chiese a un certo punto lei. 

Sirius spalancò gli occhi ed ebbe un sussulto.

“Perché e questo che potrebbe essere un grosso problema nel breve termine”, aggiunse Karen a mo’ di spiegazione. “Se tu vuoi dei figli domani potrebbe essere un problema”.

“Io... Io non lo so. Non ci ho pensato, non credo nemmeno di volerne. Sono vecchio per queste cose e... Insomma, i bambini sono una grossa responsabilità”.

“Esatto”, rispose la ragazza. “A me nemmeno piacciono. Sicuramente ora non ne voglio”. 

Sirius sospirò e si ritrovò a ridacchiare. Strinse più forte la mano della ragazza e con l’altro braccio le circondò le spalle. Karen gli appoggiò il capo sulla spalla e si sentì più sicura. 

“Perché non ci godiamo il momento? Ci frequentiamo, vediamo come va... A me non importa che tu abbia vent’anni più di me, non mi sono mai piaciuti i ragazzini. Spero che a te non importi che io sia appena maggiorenne”.

“Grazie a Merlino sei maggiorenne altrimenti già mi vedevo con le manette”.

Karen alzò il capo su di lui guardandolo con dolcezza.

“E penso tu sia stufo delle manette”.

“Decisamente”.

Sirius si abbassò leggermente per raggiungere le labbra della ragazza e i due si baciarono per un po’ prima di continuare con la loro passeggiata, questa volta mano nella mano. 

 

***

 

Giusto per la cronaca, sto in una relazione da due anni con uno che ha 20 anni più di me quindi so di cosa sto parlando XD (e questo capitolo ha un che di personale anche perciò spero tanto lo abbiate apprezzato).

Fatemi sapere cosa ne pensate e a sabato prossimo col penultimo capitolo.

 

Bacioni,

C.


   
 
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