Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Napee    30/06/2019    5 recensioni
Gli amori finiscono, gli amanti si lasciano, ed i due "ex", a volte, vorrebbero non vedersi mai più.
Ma cosa accadrebbe se ,per un sadico gioco del destino, ci si ritrovasse il proprio ex come capo?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


8. Tutto secondo i piani 



Il demone giunse a casa di suo fratello in pochi minuti. Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, la mente annebbiata da mille dubbi e domande che convergevano tutti sull’incolumità di Rin.
Le mani gli tremavano e a stento riusciva a contenere la sua aura in tumulto.
Non fece in tempo neppure a suonare il campanello della casa di InuYasha che la porta si aprì all’improvviso.
Suo fratello e Kagome lo accolsero preoccupati con uno sguardo scuro ad adombrargli i volti.
“Abbiamo sentito la tua aura piena di rabbia, che succede?” Chiese Kagome stringendosi nella vestaglia. Il tremore del suo corpo non passò inosservato all’occhio demoniaco di Sesshomaru.
“Rin. C’è una barriera intorno al suo palazzo che mi impedisce di entrare.”
“Se fosse stata lei, forse non vuole averti intono, no?!” Chiese InuYasha confuso.
“No, Rin non ne sa niente di magia, non poteva erigere una barriera, tantomeno una tanto alta da ricoprire l’intero palazzo…” rispose Kagome ragionando fra sé e sé.
“Forse Jakotsu però…” suggerì piano, guardando Sesshomaru spaventata.
Un brivido freddo le scosse la schiena appena pronunciò quel nome. Qualcosa stava succedendo alla sua amica e quel Jakotsu ne era l’artefice.
Adesso si spiegava quel senso di inquietudine e paura che l’aveva torturata per tutto il giorno.
“Portami con te, Sesshomaru.” Decretò infine Kagome, acciuffando il giaccone dall’attaccapanni ed infilandoselo al volo.
“Vengo con voi.” Si Aggiunse InuYasha facendo per imitarla, ma lei poggiò una mano sulla sua facendolo desistere.
“Resta qui con Hoshi, non sa gestire il suo lato demoniaco ed è molto agitato adesso. Avrà bisogno dell’aiuto del suo papà.”
“Non esiste, Kagome!” Ribatté arrabbiato InuYasha.
“Lo porterò da Sango e Miroku, loro sapranno gestirlo e poi con le bambine intorno si calmerà di certo.”
“Siamo umani, non possiamo capire la potenza del sangue demoniaco quando si risveglia… non quanto un mezzo demone come te. Resta con nostro figlio, ti prego.”
Si guardarono a lungo, scambiandosi silenziosamente tutto l’amore che provavano l’uno per l’altra. I loro occhi parevano parlare, le loro anime erano connesse indissolubilmente da un sentimento che non si sarebbe mai estinto.
Un sentimento tanto forte da cui era nato un bambino.
Sesshomaru si sentì a disagio per la prima volta in tutta la sua esistenza.
A contrario di quanto appariva, molte emozioni avevano scosso l’animo austero e imperturbabile del grande Sesshomaru. Molte volte era stato mosso dalla rabbia, dal bisogno di vendetta, dall’orgoglio e dalla lealtà verso il suo branco. In quei secoli di gioventù che gli umani chiamavano medioevo, aveva compiuto stermini di intere popolazioni e atti di indicibile crudeltà.
Poi era venuta Rin.
Aveva cambiato tutto, era riuscita a trasformare un assassino in un uomo innamorato soltanto avvalendosi del suo carattere solare e di quel sorriso in grado di oscurare persino il sole.
Poi aveva rovinato tutto. Certo, l’aveva fatto per proteggerla e l’aveva allontanata solo per la sua incolumità… ma a quale prezzo?
Spiò ancora suo fratello e sua cognata. Si scambiarono un bacio frettoloso e lui la stringeva come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
Anche Rin era preziosa… lo era sempre stata. La perla più preziosa del suo mondo, il sole intorno al quale lui girava. Tutto verteva intorno a lei perché lei era il suo tutto.
Inspirò a fondo l’aria fresca della notte e scacciò via quel piccolo momento di sconforto e invidia prima ancora che suo fratello potesse percepire l’odore della sua tristezza.
Attese che Kagome lo raggiungesse, la prese in braccio assicurandosi che anche lei si stesse tenendo saldamente al suo collo e volò via.
In pochi secondi furono al l’appartamento di Rin.
Raggiunsero il portone con foga crescente soltanto per trovarlo aperto.
Si guardarono intorno confusi, la linea di polvere d’ossidiana era rotta. La barriera era stata tolta.
Un brivido freddo corse lungo la schiena di Kagome. Brutti pensieri si concretizzarono nella sua mente e un’angoscia incontenibile la lasciò senza fiato.
“È successo qualcosa… la barriera è stata rotta da chi l’aveva creata, ma perché?”
“Perché non era più necessaria. Quello che doveva fare era tenermi lontano finché fosse stato necessario, ed è quello che è successo.” Rispose il demone a denti stretti. La rabbia più nera lo sconvolgeva e la voglia di radere al suolo ogni cosa sul suo cammino iniziò ad essere un’allettante via di sfogo.
Era stato preso in giro per tutto il tempo, era caduto in un inganno tanto banale… si domandava che fine avesse fatto quell’abile stratega e condottiero che era stato un tempo.
Strinse le mani a pugno per impedirgli di tremare e salì le scale velocemente.
Non si stupì di trovare la porta aperta e l’appartamento deserto. Quel bastardo aveva rapito la sua Rin proprio sotto al suo naso e lui era stato così cretino da lasciarglielo fare.
Annusò in giro nella ricerca di una scia olfattiva da poter seguire. Non era un segugio, non era abile a seguire gli odori, ma poteva provarci per lei. In quella situazione disperata avrebbe fatto di tutto pur di ritrovarla.
Ovviamente percepì Rin. Il delizioso profumo di lei aleggiava per tutto l’apparta come se fosse stata sola e senza ospiti.
Dopotutto, se Jakotsu sapeva erigere una barriera, cosa gli impediva di usare un medaglione mascherante? O una barriera attorno a sé stesso? O un incantesimo? Le vie percorribili erano innumerevoli. Il suo avversario lo conosceva meglio di quanto pensasse. Aveva preso tutte le precauzioni del caso per fargliela sotto al naso.
Si avvicinò al bancone della cucina. Sopra vi erano due calici di vino, ma uno di questi aveva un odore strano.
Lo prese in mano e ne annusò il contenuto. C’era vino, ma anche uno strano odore di erba medica.
Nell’altro invece, solo vino. Non ci volle molto per capire che l’aveva drogata prima di portarla via chissà dove.
Sbatté un pugno sul bancone e questo si frantumò in mille pezzi, cadendo a terra come fosse un castello di carte.
L’aveva allontanata solo per proteggerla, ma forse la cosa più giusta che poteva fare era starle vicino.



La testa le faceva un male cane e intorno le appariva tutto confuso e sfocato.
Era scomoda, aveva freddo. Quando si era addormentata?
Ricordava di star preparando la cena, ricordava di aver bevuto il vino, ma i crampi che sentiva allo stomaco le suggerivano che non doveva aver consumato il pasto.
E da quando il divano era così scomodo?
Allungò la mano per cercare una coperta, ma le sue dita toccarono solo il freddo pavimento.
Fantastico.
Adesso si sbronzava e si addormentava pure per terra. Sempre meglio, la sua vita non poteva che migliorare.
Mugolò qualcosa come un lamentio a mezza bocca e poi aprì gli occhi.
La fitta alla tempia che ne conseguì la fece gemere di dolore. Quando cavolo aveva bevuto?!
Portò una mano a schermarsi dalla luce ronzante dei neon e cercò di mettere a fuoco il soffitto.
Quello non era decisamente il soffitto di casa sua.
Scattò seduta all’istante, allarmata e impaurita, scontrandosi con un senso di nausea e vertigine che la costrinsero a piantonare ben bene le mani a terra per impedire al pavimento di ruotare con così tanta enfasi.
Si guardò intorno appena la testa smise di girarle. Una stanza bianca, asettica, con un solo neon malandato che andava ad intermittenza l’accolse. Non v’era alcun segno d’arredamento o che ve ne fosse stato alcuno in precedenza.
Le piastrelle bianche circondavano quell’abitacolo claustrofobico su tutte le pareti compreso il soffitto. Le sembrò strana come cosa.
Chi mai avrebbe messo delle piastrelle sul soffitto? E perché poi?
Un pensiero d’allarme le si insinuò nella testa alla velocità della luce e vi si soffermò abbastanza affinché acquisisse credibilità e plausibilità.
Le piastrelle sono facili e veloci da pulire. Quella stanza veniva sporcata spesso con qualcosa che arrivava fino al soffitto e che ipoteticamente poteva arrivare ovunque.
L’unico pensiero che le venne in mente furono gli schizzi di sangue durante una tortura.
“Cazzo…” sibilò a denti stretti issandosi in piedi e poggiandosi al muro per non cadere.
Come diavolo era finita in un posto del genere?
Perché soprattutto?
Il primo viso che le si affacciò alla mente fu quello dell’ultima persona vista, l’ultima di cui aveva memoria: Jakotsu.
“Figlio di…” l’aveva fregata.
Si era approfittato di lei, del suo carattere socievole e sbadato, del suo buon cuore e delle sue fragilità.
E adesso si ritrovava invischiata in un qualcosa decisamente più grande di lei.
E davanti a lei solo una porta come unica via di fuga.
Ovviamente chiusa. Provò una volta a spingere la maniglia, ma questa non scattò per aprirsi.
Smanettare all’impazzata non avrebbe aiutato, anzi poteva allarmare qualcuno dall’alto lato e fargli balenare in testa la fantastica idea di andarla a trovare dato che si era svegliata.
No, no… meglio che credessero che stesse ancora dormendo.
Iniziò a pensare a qualche via di fuga, un modo per scappare, magari qualche indizio che aveva colto mentre la trasportavano lì anche se incosciente… ma chi voleva prendere in giro?
Non ricordava assolutamente nulla e non aveva idea di come uscire da lì.
“Pensavi che fosse quello vero?”
“Immaginavo fosse un falso, ma valeva la pena tentare.”
Due voci maschili provenivano dall’altro lato della porta.
Una non l’aveva mai sentita, sicuramente si trattava di uno sconosciuto. L’altra voce era di Jakotsu, ne era certa.
Quindi la sua idea era vera: Jakotsu l’aveva fregata alla grande. Strinse i pugni con rabbia trattenendosi dal prendere a sberle la porta e tentare di buttarla giù solo per poter dare un pugno a quel bastardo.
Acquietò la sua voglia di prenderlo a calci in favore di una strategia più funzionale: ascoltare il più possibile e carpire informazioni.
Dopotutto, loro non sapevano che lei era sveglia. Questo era una qualche specie di vantaggio… no?!
“E credevi che avrebbero venduto la porta per l’inferno ad una gioielleria? Ce l’hanno da generazioni…”
“Ho fatto un errore, il capo mi ha già cazziato a dovere non ti ci mettere pure tu.”
“Oh sia mai! Dico solo che potevi rubare qualcos’altro già che c’eri!”
“Stavo lavorando, non ero in gita di piacere. Cos’hai nel borsone?”
“Sono i vestiti della ragazzina, dove li devo mettere?”
“Nel furgone. Prima però prendila e dalle un’altra dose. Meglio non rischiare che si svegli.”
Poi la serratura scattò all’improvviso e Rin si scostò dal muro per appiccicarsi alla parete opposta.
Che diamine volevano da lei?
Cosa volevano farle?
Dalla porta spuntò Jakotsu, vestito di nero, scuro e molto aderente, armato con coltelli e pistole fino ai denti, un borsone a tracolla e con una strana fiala fra le mani.
Rin gli rivolse lo sguardo più cattivo e astioso del suo repertorio.
“Oh! Buongiorno principessa, non mi aspettavo di trovarti già sveglia.” Trillò amichevole il ragazzo, trotterellando all’interno di quell’angusto abitacolo con i suoi anfibi ricoperti di borchie acuminate.
“Che cosa mi hai fatto, bastardo?”
“Ti ho drogata per farti dormire almeno sei ore, ma ti sei svegliata un po’ prima… hai un metabolismo veloce, vero? Suppongo di sì, altrimenti non avremmo questa conversazione adesso.” Rispose il ragazzo tranquillamente, rigirandosi la fialetta fra le dita come se stesse giocherellando con una matita.
Rin non riusciva a staccare gli occhi da essa. Era terrorizzata, impietrita e schiacciata contro il muro.
Si sentiva esattamente come un topo braccato da un gatto.
“Perché… almeno dimmi perché mi fai questo!” Chiese con un filo di voce, quasi sull’orlo di un pianto imminente.
Jakotsu parve fermarsi per un secondo con un’espressione confusa sul viso. La guardò lungamente prima di sorriderle comprensivo.
“Per soldi, scricciolo. Lo faccio solo per i soldi.” Confessò infine stappando la fiala e avvicinandosi a lei finché solo pochi centimetri non li dividevano.
Lei provò a scacciarlo via, ad allontanarlo, a difendersi, ma Jakotsu la costrinse velocemente con la faccia contro il muro ed il corpo imprigionato fra quello di lui e la parete, mentre con la mano libera le faceva aprire la bocca.
“Niente di personale, mi stavi pure simpatica, ma gli affari sono affari!” Furono le ultime parole che udì prima che il sapore aspro della polverina non frizzò sulla sua lingua, prima che la mente iniziasse ad annebbiarsi piano piano, prima che i suoni e i colori diventassero confusi e caotici, prima che si addormentasse ancora.
E stavolta per chissà quanto tempo e per svegliarsi chissà dove.

“Davvero ti stava simpatica?” La voce melodiosa di Byakuya lo sorprese alle spalle. Jakotsu si voltò con un sorrisetto derisorio come risposta, mentre con le braccia forti e muscolose sorreggeva il corpo incosciente di Rin.
Byakuya lo squadrò in attesa di una risposta con le braccia incrociate, con quell’unico occhio nero non celato dalla benda che pareva scavare dentro di lui tanto era penetrante quello sguardo.
“Non era male… è bizzarra come ragazza. Capisco come possa aver attirato l’interesse di un demone vecchio quanto il mondo.” Confessò infine alzando le spalle con aria innocente.
“Se lo dici tu…” tagliò corto il demone delle illusioni, concludendo l’argomento con un gesto annoiato della mano.
“Aspetta a portarla nel furgone, il capo vuole sincerarsi che vada tutto secondo i piani.” Disse infine, poi si scostò la benda rivelando l’iride scarlatta dell’occhio sempre celato.
Jakotsu rabbrividì e distolse lo sguardo a disagio. Odiava che il suo collega e il capo comunicassero segretamente cavandosi un’occhio per impiantarlo nel cranio dell’altro.
Lo trovava raccapricciante e schifoso… una di quelle cose da demoni che lo avrebbero sempre nauseato.

La luce all’interno della cella era fioca e a stento riusciva a vedere a qualche metro di distanza. Chiuse gli occhi, Naraku. Per vedere ciò che il suo fidato sicario aveva da mostrargli, non aveva certo bisogno di una grande luminosità.
La ragazzina giaceva dormiente fra le braccia del mercenario umano. Tutto filava secondo i piani.
Presto il suo esercito sarebbe risorto dalle viscere della terra e avrebbe spazzato via quel disgustoso mondo plasmato dagli umani.
Un sorriso maligno gli distese le labbra.
Finalmente, dopo secoli, i demoni sarebbero tornati a dominare su tutte le altre specie.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Napee