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Autore: MaryFangirl    11/07/2019    2 recensioni
Bastò davvero poco, e all'improvviso tutto ciò che Hanamichi riuscì a vedere e pensare, fu Kaede Rukawa. [...] Kaede si sarebbe reso presto conto che non sarebbe più riuscito a togliersi Hanamichi dalla testa.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Lunedì 14 settembre.
 
Cara Haruko,
 
non ti ho scritto prima semplicemente perché non ci sono riuscito. Ero troppo arrabbiato e deluso per mettermi davanti a un pezzo di carta e farti sapere come me la stessi cavando, con la stessa leggerezza di sempre. Perché la settimana scorsa non me la sono affatto cavata, volevo solo distruggere tutto, e lo sto dicendo a te pur sapendo quanto odi la violenza. Sono stato arrabbiato con me e con il destino. Settimana prossima tornerò a scuola, ma non mi rimetterò sotto canestro come speravo di fare.
Gli ultimi giorni sembravano fantastici. Stavo alla grande, la mia schiena è rimasta zitta, non dando il minimo segno di cedimento, tutti i noiosi esercizi hanno dato i loro frutti. Ero tornato nuovo.
Domenica scorsa c'è stata una partitella di basket nel cortile del centro, pazienti guariti contro infermieri: una cosa molto, molto tranquilla, quasi noiosa. Niente mosse spettacolari né da antologia. I pazienti hanno vinto, e indovina chi è il genio che ha segnato di più? Esatto, io. Anche se l'infermiere Tanaka si è dimostrato un osso duro, avendo giocato come pivot al liceo e anche all'università. Ero felice e non riuscivo a smettere di sorridere. Dopo, però, mentre scendevo le scale, l'ultimo gradino è stato bastardo con me. Non so come il mio piede abbia assunto una postura simile, l'unica cosa che so è che un secondo dopo stavo urlando.
Ho rimediato una distorsione alla caviglia. Non mentre correvo, non per il basket, ma per uno scalino.
Quando Reiko-san mi ha detto che per traumi del genere possono volerci mesi prima di rimettersi in sesto, penso di essere diventato pallido come un fantasma. L'ho supplicata di stendere un programma per farmi recuperare in breve tempo. Reiko-san è una persona speciale e ha sempre capito il mio amore per il basket, per quanto lo pratichi da poco tempo.
Ha detto che esistono programmi di recupero più rapidi, anche se di norma sono riservati agli atleti professionisti. È stata gentilissima e ha contattato un fisioterapista che ho scoperto essere suo cugino e che grazie a lei si occuperà di me a una cifra miracolosa.
Mia madre è volata qui nonostante il locale stia andando a gonfie vele, ed è un bene ma proprio per questo è anche sempre pieno; non potrei comunque rimanere qui troppo a lungo. Avere tante assenze a scuola sarebbe dannoso per il basket tanto quanto questa stupida caviglia. Per una settimana non ho potuto proprio muovermi, la prima cosa che hanno fatto è stata farmi passare il dolore, e per evitare che peggiorasse, non ho nemmeno appoggiato il piede a terra.
Mia madre non mi ha lasciato solo un istante, altro motivo per cui non sono riuscito a scrivere in pace. Ci è mancato poco che buttasse fuori tutti dalla cucina della clinica per preparare ogni cosa che mi piace...se te lo stai chiedendo, esiste qualcuno che è più casinista di me, ed è mia madre. Sono passati anche i ragazzi della Gundan, ovviamente per sfottermi, ma solo perché sanno che li avrei presi a testate se avessero iniziato a compatirmi.
Sono ancora incazzato, ma Reiko-san mi ha fatto sapere che la distorsione non è tanto grave e che il recupero dovrebbe impiegare quattro settimane. Per inizio novembre dovrei essere al 100%. Non so se ce la farò per il torneo invernale. Stare una settimana a letto mi ha quasi ucciso dalla noia. Dovrò usare le stampelle. Ho pensato che a tutti sia capitato di avere un amico o un compagno che le ha dovute usare, e io sono stato uno degli scemi che le ha provate come se fossero giocattoli, ma quando servono per davvero non sono più così divertenti.
Mi dispiace mettere la squadra in difficoltà, senza il Gori sarà dura, senza il tensai un incubo! Certo c'è il nano come nuovo capitano, il teppista, e sicuramente qualche altro nuovo elemento valido. Anche la volpe è tornata. Ma l'arma segreta mancherà indubbiamente al nonnetto.
Preparatevi perché tornerò più cazzuto di prima. Le tue lettere mi danno sempre molto sollievo perché non mi fanno sentire troppo lontano.
Ci vediamo settimana prossima.
Vedrai che figo il tensai, anche con le stampelle.
Con affetto,
Hanamichi Sakuragi.
 
 
Martedì 15 settembre.
 
Cara volpe,
 
come hai potuto constatare di persona, non sono affatto male in letteratura. Ecco perché probabilmente non ti stupiresti proprio di ricevere questa lettera. Potresti persino ridere. Non lo saprò, comunque. Perché non ho intenzione di fartela leggere.
Solo un do'aho può scrivere una lettera senza volerla fare leggere al suo destinatario, diresti tu. Ti darei ragione, e bada bene perché non è una cosa che potrà accadere spesso. Tramite Haruko saprai già cos'è successo. Anzi, dai miei ragazzi, che tutto sono meno che silenziosi. Da una parte vorrei scusarmi per non averti chiamato, dall'altra penso di non avere poi chissà quale ragione per farlo. Settimana scorsa non ci sarei riuscito neanche volendo. Ero fermo a letto e come ben sai non ho un telefono personale: inoltre, mia madre non si è voluta scollare da me, a momenti veniva in bagno per aiutarmi a pulirmi. Si è sentita in colpa per essere passata a visitarmi poco durante l'estate, ma a me mai è passato per la testa di avercela con lei, sapendo quanto sia importante il lavoro al ristorante.
Un altro motivo per cui non ti ho chiamato è che non so propria di cosa potremmo parlare. Io sono qui con questa caviglia difettata, e solo ieri ho cominciato a camminare – fare il giro dei corridoi non significa passeggiare, per me. Tu, d'altronde, anche se sei migliorato non sei certo un chiacchierone. Non voglio nemmeno rischiare di incazzarmi con te per cose di cui non hai colpa. Non è colpa tua se salvando quella dannata palla mi sono quasi rotto la schiena, non è colpa tua se la mia caviglia ha ceduto come creta, non è colpa tua se sei perfetto.
Stavo pensando che se non dovessi avere un futuro col basket, potrei fare lo scrittore. Niente sarcasmo, come sai ho scritto parecchio in questi mesi, inizialmente volevo solo tenere una specie di giornale di bordo, poi mi sono reso conto di quanto scrivere mi fosse d'aiuto. Un po' come il basket, scrivere è stato terapeutico, quando mi incazzo cerco di non prendere più a craniate tutto quello che mi capita, ma scrivo. A volte con foga e scarabocchiando i caratteri invece di tracciarli come ci è stato insegnato, quando invece sono più calmo ti sorprenderebbe scoprire quanto anche io sappia fare ricorso alla bella grafia.
Penso che si debba tenere in conto un piano di riserva. In quanti, al liceo, fanno uno sport sperando di sfondare? In quanti ci riescono? Solo all'inizio del primo anno, l'idea di scrivere non era nemmeno nel mio più remoto inconscio. Ma non c'era neanche il basket. Linguaggio piuttosto forbito per un do'aho, eh?
Ma oltre a pensare in maniera incessante e imbarazzante a te, ho anche consultato la biblioteca del centro e ho letto, sai, volpe.
Un'altra idea per il mio futuro è di darmi all'insegnamento. Oh sì, so che qui rideresti fino alle lacrime. Ma nei miei pomeriggi senza di te non mi sono limitato a fissare il mare sospirando: quando la spiaggia si riempiva di bambini, indovina chi formava le squadre per una partita, chi arbitrava, chi gestiva quella banda di mostriciattoli? Quasi sempre erano partite di calcio, perché giocare a basket sulla sabbia non è esattamente l'idea migliore, anche se sicuramente tu ci riusciresti.
Ho letto anche un manga fighissimo, GTO, e l'idea di essere un professore così è fantastica!
Penso che tu non abbia piani B o C. Tu hai un solo piano e lo realizzerai.
Sai, ho anche letto qualche libro in inglese: storie semplici e per bambini di non più di 10 anni, ma non posso mica cominciare dai mattoni di Stephen King: tutti parlavano di questo IT e io mi ero incuriosito; finché non ho scoperto che è un malloppo di 1300 pagine che mi ha seriamente spaventato.
Devo confessarlo, volpe: mi vergogno un po' a rientrare a scuola con le stampelle, temo di incazzarmi troppo nel sapere di essere a due passi dalla palestra senza potermi allenare, mentre tu continui a migliorare con la testa rivolta al desiderio di sfidare campioni tra i quali io non sono annoverato.
Questa clinica per me ha l'effetto di un guscio protettivo, e una volta fuori, senza il basket come valvola di sfogo, ho paura che il mio istinto da teppista prenderà il sopravvento. Non succederà, lo so, ora sono un atleta. Un giocatore di basket.
Ho paura anche di te. Di non sentirti più parlare come hai fatto qui, quando c'eravamo solo noi due. Di dovermi accontentare, conservando la nostra estate senza poter desiderare nulla di più. E anche se non ti chiamo, perché non credo troveremmo chissà cosa da dirci, mi do dell'idiota – che novità – perché vorrei sentire la tua voce e capire che nulla è cambiato. Cioè, che tutto è cambiato, e che la routine scolastica non lo intaccherà.
Volpe, non posso mandarti questa lettera, perché sto ammettendo che mi manchi e che ho superato anche la fase di 'è una semplice cottarella, passerà'. No, perché le cottarelle le conosco, quelle passano dopo tre giorni, a voler essere generosi. I giorni scorrono, io non ti vedo, ma tu non sbiadisci dalla mia mente. No, volpe, ti ci sei aggrapato con le unghie. Sei lì, sempre, e quando provo a non pensarci, con quelle unghie tu mi graffi, tiranno come sei, riportandomi a te, e la cosa ridicola è che io non oppongo nemmeno più resistenza.
Ma poi, volpe, noi cosa siamo? Lo so, sembra un cliché, ma sul serio, Kaede, da quando il tuo nome mi sembra la parola col suono più bello che esista, non posso fare a meno di domandarmelo. E la risposta mi fa paura.
Capiresti il perché non possa farti leggere questa lettera, volpe. Ti dirò di più, nella mia noia di dover rimanere fermo, ho pensato anche a cosa regalarti a Natale. E il tuo compleanno è poco dopo, per cui ho pensato anche a quello. Ma in un certo senso non vorrei neanche pensare così tanto in là. Tre mesi sono un sacco di tempo, e ammetto che prima di tutto mi chiedo come sarò messo col basket. Non conto di farcela per i tornei invernali: pur essendo un tensai, a quanto pare ho un corpo da patetico essere umano. E come tutti i patetici esseri umani, mi sono anche innamorato.
Kami, amerei vedere la tua faccia dopo l'ultima riga. Ma non succederà. Perché non te la farò leggere. Come scrittore in erba devo riconoscere di essere ripetitivo, e questo è un modo ridicolo per terminare una lettera. Ma tanto non la leggerà nessuno. Soprattutto, non tu.
A presto, volpe.
Il do'aho.
 
 
Domenica 20 settembre.
 
Caro do'aho,
 
non arrabbiarti. Per me ormai non è più un insulto e non lo rivolgo a nessuno. Do'aho sei solo tu: il mio do'aho, per inciso.
Non è una cosa che ho 'scoperto' con te, cioè che sono geloso e possessivo, perché anche quando gioco considero la palla una mia proprietà e odio chiunque altro la tocchi, ma sono migliorato in quello, almeno con i miei compagni accetto di condividerla. Non sono altrettanto generoso con te. Non ti azzardare a fare lo scemo con qualche gallina, domani, altrimenti ti accorgerai di quanto una volpe possa essere pericolosa anche se non è grossa come un puma.
Ieri sera ci siamo sentiti al telefono dopo un'eternità. Io sono stato molto impegnato da quando sono rientrato. Ho anche cominciato a prendere lezioni private di inglese perché quello che ci insegnano a scuola non è sufficiente per il livello a cui voglio arrivare. Ti sei scusato per non aver chiamato prima, ma non ce n'era alcun bisogno. Prima di tutto, non credo saremo mai persone che hanno bisogno di ciarlare ogni minuto di qualsiasi cosa. Secondo, al tuo posto, io mi sarei ammutolito ancora di più.
Non avevi voglia di parlare e capisco tranquillamente perché non volessi farlo soprattutto con me. Quando ieri mi hai chiamato non me l'aspettavo, e ho fissato il cellulare per cinque secondi pieni come un cretino prima di rispondere.
Non so come siamo rimasti al telefono un'ora, mi sembra di non aver parlato affatto. Non ti ho chiesto 'come stai', e in ogni caso non mi sono sentito a disagio come avrei potuto pensare. Ero semplicemente contento. Anche troppo, e mi sono chiesto se sia giusto provare tanta gioia solo per aver ricevuto la telefonata di qualcuno. Voglio essere razionale e dirmi che la mia felicità non può dipendere da un idiota che mi chiama a distanza di due settimane, ma hai presente quella stronzata del dover ascoltare il proprio cuore? Sì, è una cosa demente. Ma cazzo se è vero che, quando il cuore vuole qualcosa, fa di tutto per fartelo capire. Cazzo se è vero che è impossibile metterlo a tacere. Non ho nemmeno riflettuto, e quando ho rispsoto al cellulare sapevo di averlo fatto con troppo entusiasmo, ma me ne sono infischiato.
Bisognerà fare qualcosa perché anche tu abbia un cellulare, comunque.
Non so perché mi trovi davanti al computer a scrivere queste cose invece che essermi buttato sul letto come faccio sempre dopo il mio solito allenamento e la doccia. Mi sono piazzato qui, di fronte a una pagina bianca, senza motivo, immaginando di scriverti cose che non potrei dirti. In primis, perché non potrebbe mai succedere in nessun caso, e poi perché sai a che livello è la mia abilità oratoria.
Tutto questo non ha senso. Nasconderà questa roba da qualche parte, con più attenzione di quanta ne riserverei ai porno. Ho usato il condizionale perché, per la cronaca, non scarico i porno dato che non ci tengo ad avere il pc invaso dai virus e non è il caso che qualcuno scopra che i video che mi interessano contengono solo uomini. Ma è poca roba, do'aho, questi video mi servono a fantasticare di fare le stesse cose con te e...beh, forse il resto te lo spiegherò se e quando arriveremo a quello stadio.
Morirei dalla voglia di vedere la tua faccia rossa e accaldata tanto da poterci cuocere un uovo di fronte a queste ultime parole.
Ma non succederà, perché questa lettera non la leggerà nessuno. Nemmeno, anzi, specialmente non tu, do'aho. Che hai portato me a scrivere stupide lettere che non verranno mai spedite. Cosa mi hai fatto, do'aho. Che magia può avere una scimmia pazza e rumorosa. E che problema ho io, se il pensiero di rivederti domani mi fa affondare il cuore nello stomaco. Io credo che farò fatica ad addormentarmi stanotte, ti rendi conto di come mi riduci?
A domani, mio do'aho. Mio, ricordatelo.
Kaede, la volpe.
 
P.S. Ho sempre pensato che il mio nome fosse insignificante, come un'insipida ciotola di riso bianco senza alcuna pietanza saporita a cui legarlo. Poi tu hai cominciato a chiamarmi per nome, e adesso mi piace. Questo riso sa di qualcosa, ma è inutile dire che è il condimento a dare questo profumo e questo sapore così buono.
  
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