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Autore: Gaiaww    18/07/2019    1 recensioni
"Chi sono io? Ciò che vedo allo specchio, ciò che penso o ciò che dicono?"
La storia di un ragazzo sospeso tra due costrutti opposti e la propria realtà, diversa da entrambi. A cosa lo porterà la volontà di chi, forse inconsciamente, ha determinato dal principio cosa avrebbe dovuto essere?
Matthew Lloyd, futura stella del pattinaggio su ghiaccio, è un ragazzo di sedici anni da sempre addestrato all'amore per la sua disciplina... ma cosa prova davvero? Nessuno si è mai posto questa domanda. Nessuno, tranne forse una persona...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«Guardatelo, arriva Matthew, quello dell’undicesimo di pattinaggio su ghiaccio. Ho sentito dire che anche quest’anno avrà una parte femminile, in coppia con Mackenson, per voi è vero? Dai, a sedici anni non si può avere quel corpo, non è umanamente possibile! Voi che dite?» Alcune risatine giunsero subito dopo il commento di uno dei ragazzi del dodicesimo anno, uno dei partecipanti al gruppo di teatro e canto.

«Lo vediamo, lo vediamo. Uno così effemminato non lo puoi non notare. Ti giri perché ti sembra di vedere una ragazza carina… e invece è solo lui. Bah, che fregatura. Anche se devo ammettere che se fosse una femmina non sarebbe affatto male, anzi.»

«Già. Ha delle gambe davvero… apprezzabili» commentò un terzo, facendo un tiro dalla sigaretta di uno dei compagni.

«Per me si fa di estrogeni. Forse è per questo che non ha nemmeno un filo di barba.»

«Oppure è semplicemente un ragazzo con un ritardo nella crescita. E poi cosa vi importa, cosa vi cambierebbe se stesse intraprendendo una cura ormonale? Fatevi i fatti vostri» sbottò un altro dei ragazzi, l’unico non intento a fumare, ma a guardare fisso il display spento e rigato del suo cellulare.

«Andiamo, Ariel, che c’è di male nel chiedersi cos’abbia che non vada un bambinetto effemminato del penultimo anno? Non prendertela tanto» si lamentò uno del gruppo, spegnendo la sigaretta al muro e gettandola nel cestino lì accanto.

«C’è di male che prima di prendere di mira un ragazzino che neanche conoscete dovreste chiedervi cos’abbia che non vada il vostro cervello mezzo marcio, idioti» concluse, tirandosi sul capo il cappuccio della felpa e allontanandosi dal gruppo.

«Non farai sul serio, vero? Didier, aspetta! Dai, stavamo scherzando, torna qua. Ma perché devi essere sempre così permaloso?», lo richiamò il suo migliore amico inseguendolo, per poi rinunciare e tornare dagli altri, consapevole che Ariel l’avrebbe avuta vinta ancora una volta.

~

«Cinque, sei, sette e otto! Uno, due, tre e quattro…» contava l’istruttrice di danza, mentre i suoi allievi eseguivano gli esercizi alla sbarra. Per i ragazzi che studiavano pattinaggio era sempre consigliabile avere delle buone basi di ballo, per questo l’intera classe della Wickelman si aggiungeva, ogni lunedì e giovedì, al corso di classica del loro anno.

«Plié, jeté, plié e salto!» continuava, battendo le mani a tempo. Le scarpette da mezza punta nere di Matthew sfioravano con delicatezza il parquet luminoso. Matthew le fissava attraverso lo specchio; sperò di non essere visto, non doveva tenere lo sguardo basso: un ballerino doveva essere sempre sicuro di sé, fiero di quello che faceva, ma quella maschera impavida non si adattava al volto del giovane.

«Okay ragazzi, ora al centro! Cambio il cd e vi spiego l’esercizio» disse la signorina Dahil mentre sceglieva un disco dal suo repertorio di musica classica.

Il ragazzo si trascinò al centro della stanza con passo lento, sgranchendo nel mentre le caviglie.

L’insegnante spiegò la combinazione di passi e la eseguì da sola una volta, poi tornò allo stereo e accese la musica.

Le braccia in seconda e un salto, plié e un altro salto, atterraggio in seconda. Poi un altro salto, in quinta con il destro avanti e l’ultimo, con atterraggio in quinta e il sinistro avanti. Dalla quinta si passò alla quarta, poi due piroette consecutive. La classe concluse l’esercizio in prima, come aveva iniziato, le braccia in posizione di riposo.

Matthew rivolse a Logan uno sguardo esausto, ma rilassato; amava molto la danza, perché, almeno mentre danzava, la sua insegnante lasciava che si sentisse quello che voleva; legava i capelli come gli altri ragazzi che li avevano lunghi, utilizzava le scarpette da mezza punta nere, come gli altri ragazzi, (al contrario dei pattini, che li aveva bianchi come le ragazze del suo corso per risparmiare sul noleggio ad ogni spettacolo), indossava lo stesso completo nero degli altri ragazzi e veniva considerato come tale, specie quando la classe veniva suddivisa per gli esercizi. Una volta gli era stato permesso addirittura di provare un temp de poisson, un salto tipicamente maschile nel quale poteva trasparire, se ben eseguito, tutta l’eleganza e la leggiadria di un ballerino nel suo singolo splendore.

Al termine della lezione, negli spogliatoi, Matthew guardava gli altri ragazzi, che silenziosamente si cambiavano la maglietta e, radunate le proprie cose, uscivano da quell’ambiente piccolo e freddo per lasciare spazio ai ragazzi del corso seguente che avevano lezione l’ora adiacente alla loro. Ridevano tra di loro, coinvolgendo perfino i compagni della sua classe di pattinaggio, invitandoli ad unirsi ai discorsi del loro gruppo.

Vorrei poter essere anch’io come loro. Dev’essere bello avere aspirazioni comuni, desideri comuni, sentimenti comuni. Perché non posso mai farmi andare bene ciò che mi ha dato la natura?”

 

«Ci sei ancora?» una voce risvegliò Matthew dai suoi pensieri. Apparteneva ad un ragazzo del corso di danza classica, uno di quelli che, sia alla sbarra che durante gli esercizi al centro, si disponeva sempre nell’angolo opposto al suo, come fosse una calamita del suo stesso polo. Era bello, forse troppo, perché non destasse l’attenzione del pattinatore.

Matthew scosse la testa e sorrise al volto gioioso del giovane, come a ricambiare la sua cordialità.

«Scusa, ero solo preso dai miei pensieri. Piacere, mi chiamo Matthew, ma se preferisci puoi chiamarmi come vuoi». La pelle chiara, delicata, violata da sue piccoli nei sopra un angolo della bocca, gli occhi scuri, ma vivi, la chioma bruna, ora sciolta e leggermente mossa, lo incuriosivano più del dovuto, ma Matthew non sembrava curarsene: si lasciava trasportare dal vortice delle emozioni, senza neanche immaginare o provare a chiedersi dove l’avrebbero catapultato. Viveva la sua vita come un’eterna prima volta, sempre con estrema leggerezza.

«Marco, piacere». Tese la mano, ma la ritirò immediatamente e si scusò imbarazzato.

«Scusa, in Italia -e in casa- abbiamo un approccio di socializzazione totalmente diverso.» Detto ciò allargò le braccia e strinse la mano a Matthew, che ricambiò senza convinzione battendo due colpetti sulla sua spalla.

«Non ti preoccupare, mi piacciono i modi di fare italiani. Hanno un certo fascino» lo tranquillizzò, sentendo le guance andare progressivamente a fuoco. «Piuttosto, da quanto sei qui?» chiese ancora, stupito dalle sue capacità di socializzazione.

«Da quando avevo otto anni. Mezza vita, in pratica» ridacchiò educatamente. In quel momento Logan, tornato dal bagno, si avvicinò ai due e li salutò calorosamente.

«Marco! E così vi conoscete?»

«Non proprio, ci stavamo giusto presentando prima. Tu e Matthew siete molto amici invece, vero?»

«È il mio migliore amico, ci conosciamo da quando abbiamo messo piede in questa scuola la prima volta» confermò il maggiore, mentre il più piccolo annuiva imbarazzato.

«Proprio così… ma ora credo sia tardi. Possiamo chiacchierare mentre ci avviamo verso gli armadietti, che ne dite? In fondo abbiamo ancora un'ora di laboratori prima di andare, poi potremo continuare a conversare» suggerì il bruno, mentre invitava l'italiano e il suo migliore amico ad uscire dagli spogliatoi.
«Non lo so, io ho la mia classe nell'ala est dell'istituto, non credo di avere altro tempo. Beh, è stato bello conoscerti. Se vuoi possiamo vederci dopo scuola, o magari domani pranziamo insieme, ti va? Vieni anche tu, Logan, ci saranno anche Valentina e Juliette, dai!»

«Va bene amico, ci saremo. A domani» lo salutò Logan, seguito da Matthew. Poi presero un altro corridoio e sparirono nella folla di studenti.

 

Matthew sospirò e strinse il braccio a Logan, strizzando le palpebre e fermandosi in mezzo al corridoio. Logan si voltò e lo guardò; non fece caso all'orario, perché era sicuro che se avesse controllato l'orologio si sarebbe messo a correre, lasciando Matthew da solo per il ritardo.

«Logan, hai visto Marco?»

«Sì, siamo amici... perché?»

«Credo sia uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto. È anche dolce, gentile, educato... Insomma, sembra perfetto!»

«Ti piace?» Matthew fissò gli occhi di smeraldo del maggiore, si morse il labbro e annuì, imbarazzato come mai.

«Forse avrei dovuto dirtelo prima, ma mi sono sempre piaciuti i maschi. Ho sempre visto la mia vita con un uomo, sin da quando ero piccolo e… beh, spero che questo non rappresenti un problema, non è come dicono, gli omosessuali non ci provano con tutti...»

«Va bene Matt, ho capito.»

«Tutto continuerà come prima, vero?»

«Sostieni che sia cambiato qualcosa tra di noi?»

«No...»

«E allora non vedo come questo possa cambiare il nostro rapporto». Logan fece l'occhiolino a Matthew e gli strinse forte la mano, per poi avviarsi verso la sua classe.

«Ci vediamo dopo, piccoletto» ed entrò nell'aula.

 

 

~



Il pomeriggio era trascorso tra i libri e le burle di Logan, sempre attento allo stato d'animo del più piccolo. Avevano parlato di Marco, e Matthew aveva saputo dal suo migliore amico che Logan lo aveva conosciuto insieme a Valentina, poiché suo gemello. Quando il maggiore se n'era andato per tornare all'istituto, vivendo in una stanza del convitto insieme ad altri due ragazzi, Matthew si era perso tra le pagine del meraviglioso sito della sua scuola, dove aveva scoperto una sezione che racchiudeva tutti i concorsi canori ancora aperti alle iscrizioni e una pagina dove vi erano allegati i link di alcuni articoli sulla danza moderna, scritti dagli stessi studenti.

Era un mondo nuovo, che il ragazzo bramava di scoprire celato dalla sua maschera al femminile.

Matthew continuò a vagare tra le pagine del sito, leggendo e recensendo gli articoli che reputava migliori con commenti di apprezzamento, sia sul giovane reporter che sui campioni ai quali erano dedicati; non si aspettava che qualcuno considerasse davvero quella manciata di parole lanciate in rete senza peso, come se da loro non potesse mai derivare nulla.


La mattina dopo, a scuola, Matthew fece fatica a tenere alta la concentrazione: le attività della sera precedente lo avevano stremato e trattenuto sveglio oltre la mezzanotte, orario già improponibile per lui.

Al termine delle lezioni si recò insieme a Logan al tavolo dove Valentina, Marco e Juliette li aspettavano. Avevano tenuto occupati due posti per i ragazzi, mentre un posto era per un'altra loro amica, di cui sia Matt che Logan ignoravano l'esistenza.
La ragazza si presentò e disse di chiamarsi Ymir, di venire dal Sud Africa e di star frequentando il corso di teatro. Era di buona compagnia, infatti Matthew riuscì a trascorrere un'ora piacevole e veloce, che lo fece sentire abbastanza riposato da poter dare il meglio durante l'allenamento del pomeriggio.

 

La sera, come ormai faceva da giorni, prese nuovamente in mano i fili di Lydia, la dolce pattinatrice che nessuno aveva mai effettivamente visto, ma che, sempre presente, animava il sito della March Flower Professional School. Aveva scoperto da pochi giorni la possibilità di aprire dibattiti tra almeno due persone, anche privati, quindi non visibili agli altri. Si vociferava che intere classi usassero quel sistema improvvisato di messaggistica, che permetteva agli utenti di accedere sia al sito che alle conversazioni senza dover necessariamente aprire una pagina nuova.

 

~

 

‹‹Sono davvero colpita! Non mi aspettavo che, già al sesto anno di danza, i ballerini riuscissero a danzare e a trasmettere tutto ciò che provo ora… davvero, è fantastico!››

Matthew inviò il commento, senza aspettarsi alcuna risposta o condivisione. Non era nulla di particolare: la semplice verrà. Ma quella volta non aveva la fantasia per trovare un modo originale di rispondere, come di solito faceva.

 

Si accasciò sulle lenzuola lilla. Provò a riposare, ma il suono delle notifiche del cellulare lo dissuasero dal suo riposo. Accese il telefono, visionò le email ed entrò nel sito, dove un commento pubblico e uno privato sovrastavano il lungo elenco di notifiche di aggiornamenti accumulate nei giorni precedenti.

 

>> Personalmente, da quando ho notato i tuoi commenti su questo sito, ho iniziato a consultarlo più spesso. Sembri una persona interessante.

>> Comunque piacere, io sono Ariel.

 

Matthew sorrise nel buio della sua stanza rosa. Accese l’abatjour sul suo comodino e si sedette sul letto, rinunciando al sonno per rispondere al ragazzo che, gentilmente, continuava a presentarsi. Gli raccontò del suo corso di pattinaggio, del ruolo di sfondo che aveva ottenuto anche quell’anno, dei suoi genitori, spesso fuori per lavoro o con amici, della sua passione per la danza, quasi al pari con il pattinaggio. Ariel, dal canto suo, descrisse a Lydia ciò che provava prima degli spettacoli, le emozioni che travolgevano lui e il suo gruppo di hip-hop, nascosto dalle quinte scure. Il ritmo lo pervadeva ogni volta, lo assimilava, trasformandolo in un’emozione in sintonia col resto.

I due ragazzi rimasero svegli fino alle quattro della mattina, quando, sfiniti, si addormentarono con il telefono in mano.

 

Il mattino seguente il pattinatore arrivò a scuola con un’ora di ritardo, riuscendo a stupire sia i professori che gli altri studenti: Matthew Lloyd non era mai in ritardo.

Senza dare nell’occhio arrivò al suo armadietto, afferrò di corsa i libri di testo che servivano per l’ora successiva e si avviò in classe correndo. Entrò nell’aula senza dare nell’occhio, si sedette in ultima fila e aprì il libro sulla prima pagina che capitò; voleva conferire alla scena una nota di casualità, forse eccessiva, essendo ormai noto a tutti il clamoroso ritardo, e inoltre nessuno aveva il permesso di lasciare la propria aula prima del termine della lezione precedente, se non per emergenze.

 

Matthew quella mattina non intravide Logan fino all’ora di pranzo, solo Marco, alla terza ora, quando fu costretto a correre in bagno a causa di una gomitata sul viso, ricevuta per sbaglio mentre correva da una classe a un’altra. Il bruno si tenne una mano sotto il naso fino all’arrivo al lavandino più vicino, dove aprì rapidamente il rubinetto dell’acqua fredda e ci gettò sotto i polsi, per bloccare l’afflusso di sangue ed ostacolare l’emorragia. Lì, Marco comparve con la sua solita grazia, seguito da un altro ragazzo che Matthew non conosceva, probabilmente un compagno di classe dell’amico. Il ballerino accorse all’amico rapidamente, gli porse un fazzoletto e chiese di raccontare cosa fosse accaduto, ma Matthew lo ringraziò a disagio, per poi rassicurarlo che non era successo nulla di così eclatante.

Matthew sorrise al ragazzo di fronte a sé, che gli tamponava il naso e le labbra con un pezzetto di carta igienica imbevuta d’acqua. Teneva le mani sulle sue braccia lisce, la schiena appoggiata al muro e il mento sollevato, per poter fissare gli occhi profondi del ragazzo davanti a sé. Nel giro di poco tempo, Marco stava diventando una presenza sempre più importante nella vita di Matthew, da poter essere quasi paragonata a Logan. Si stava davvero innamorando di lui?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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