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Autore: Leotie    20/07/2019    1 recensioni
Un bambino vittima di abusi. Un uomo dal passato oscuro. Riuscirà l'amore a smacchiare le due anime da ogni ferita e colpa?
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Lily Evans, Petunia Dursley, Severus Piton, Vernon Dursley | Coppie: Lily/Severus
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Qualche anno dopo…

Dopo quelli che a Harry sembrarono giorni, Zia Petunia aprì la porta del suo armadio: aveva passato giorni rinchiuso in quello spazio angusto e buio, spossato dalla febbre. I suoi vestiti, se così avessero potuto essere chiamati, erano fradici di sudore, come i suoi capelli. Quella mattina, però, fu peggio che mai: si sentiva nauseato, troppo. Decise comunque di alzarsi, per non far arrabbiare sua zia.

Seguì l’abituale routine a cui era stato abituato sin da quando ne avesse ricordo: si recò in cucina e raccolse dal frigo sei uova e qualche striscia di bacon. Si avvicinò ai fornelli, prese il suo sgabello e vi salì sopra. Zia Petunia era intenta a preparare del porridge. Lo sfrigolio dell’olio nella padella lo esortò a raccogliere una delle uova. Allungò un bracciò, debolmente, ma l’acuto richiamo di sua zia lo fece bloccare.

Si girò e lo sguardo d’orrore nei suoi occhi lo costrinse ad abbassare la testa per la vergogna di qualcosa che non sapeva avesse fatto.

- Potter, come ti permetti di presentarti così nella mia cucina? Esci fuori, subito! Vai a diserbare il giardino, almeno non contaminerai il nostro cibo, piccolo ingrato! -

E con una spinta, Harry fu fuori, ruzzolando a terra. Emise un guaito. Qualche brivido scosse il suo corpo. Aveva freddo.

Strinse quei pochi stracci che aveva indosso attorno a sé e si alzò, barcollando. Semplicemente, gli veniva da vomitare. Serrò le labbra e camminò fino ad un angolo di prato, dove le erbacce spuntavano fitte.

Si inginocchiò, ma le gambe cedettero e fu costretto a sedersi, sporcando di terra i pantaloncini già bagnati. Acciuffò un loro gruppetto e, con tutta la sua forza, li tirò verso l’alto. Evidentemente non era abbastanza, perché le erbacce non furono affatto estirpate. Ci riprovò, ma lo sforzo fu talmente forte che vomitò. Stremato, cadde sull’erba. Il sudore imperlava la sua fronte. Voleva disperatamente che qualcuno lo aiutasse.

- Potter! -. L’urlo ovattato raggiunse le orecchie del piccolo. Riuscì a distinguere il cigolio di una porta e il borbottio di suo Zio Vernon.

- Piccolo moccioso, ingrato, perché diavolo ti ho mai preso nella mia casa! Ti ho dato un tetto sulla testa, cibo e acqua, e tu non riesci a muovere quel tuo culo pigro e fare per una volta ciò che ti viene detto? Muoviti, alzati da terra e rientra in casa. Subito! -

Ma Harry non riuscì ad alzarsi.

- …non riesco, zio Vernon… - sussurrò, innocente. Non era nemmeno sicuro di volerlo dire.

L’uomo, però, cominciò a sbraitare.

- Stupido mostro, ti insegnerò io una bella lezione che non scorderai mai. Poi vedremo se sarai di nuovo capace di tirare certi capricci infantili! - disse, enfatizzando le sue parole con un piccolo calcio al braccio di Harry.

Poi, lo prese per il colletto e lo trascinò con forza dentro casa. Ruotando il polso, fece girare Harry versò di sé. Lo rilasciò per un attimo e il bambino stava per tirare un sospiro sollevato, ma l’attacco riprese subito dopo. Vernon strinse gli avambracci del bambino, sbattendolo contro il muro. Non era la prima volta che accadeva.

- Cosa pensi di fare, EH? SEI UN MOSTRO! Quando ti diciamo che devi fare qualcosa, TU LA DEVI FARE! È COSI’ CHE RICAMBI I NOSTRI SFORZI? - disse, alzando un braccio e schiaffeggiando con forza la mano sul viso di Harry, lasciando su di esso una stampa rossa.

Harry cadde a terra, l’impatto fece chiudere il suo corpo a chiocciola per il dolore. Chiuse gli occhi e li tenne stretti, il braccio destro sul suo capo, per ripararsi dai colpi improvvisi. Udì il fruscio provocato dallo strisciare della cintura di suo zio sui pantaloni e il tintinnio della fibbia al movimento. Poi un dolore assordante e deciso sulla coscia.

«NO! AH! TI PREGO-» urlò Harry, ad ogni colpo. Le lacrime colavano su tutte le sue guance, sul naso, sulle labbra.

Quello che Harry non sapeva era che, quel giorno, suo padre aveva deciso di andare da Arabella Figg e appostarsi lì, alla finestra, per osservare suo figlio. Era una decisione che aveva preso poco dopo che il bambino era stato strappato alle sue cure, incapace di trattenere il dolore. Nessuno sapeva, nemmeno il grande Albus Silente. Era sempre rimasto risentito delle azioni dei Dursley, a un pugno dal fare il primo grande passo: raccogliere suo figlio e andar via. Ma aveva frenato ogni suo istinto paterno, perché credeva alle parole dell’uomo che gli aveva dato una seconda possibilità nella vita.

Un brutto sentore circoscrisse i pensieri di Severus: la sua mente presagì che qualcosa di brutto stesse per accadere. Era per questo motivo che aveva deciso di osservare Harry. L’aveva già avvistato, malato e pallido. Ma quando cadde a terra e quel grasso maiale aveva spinto un calcio sul magro corpicino, aveva visto nero ed era corso a prendere il suo bambino.

Nella sua ricerca spasmodica aveva calpestato le aiuole tanto amate dalla faccia di cavallo. Compiaciuto, spalancò la porta della villetta con un rapido Alohomora.

Quel che vide lo fece fermare per un istante. I ricordi lo avvolsero nella loro oscurità. Suo padre con una cintura nella mano. Le parole che ferivano peggio di una battitura. “Tu non sei mio figlio”. “Quella cosa in casa mia non devi farla!”. “Hai capito?”. “Mostro”. “Stupido”. Ma le urla di Harry lo riscossero.

Afferrando il braccio di Vernon, lo girò, collegando un pugno alla grassa faccia da tricheco. Vernon cadde con poca grazia sul pavimento, il naso gocciolante di sangue. Petunia urlò.

- TU! – esclamò, riconoscendo l’identità dell’intruso. - Lascia stare mio marito ed ESCI DA CASA MIA! -

Severus estrasse la bacchetta e la puntò sulla gola della donna: bastò un piccolo incantesimo non verbale per soffocarla. Era caduta nella morsa di un coltello affilato.

- Urla di nuovo contro di me, Tuney, e la tua vita finisce qui! - disse, la sua voce vellutata, sintomo della pericolosità delle sue azioni. Petunia inghiottì.

Ad un tratto, Severus sentì un fruscio. Rapidamente, bloccò quello che era un pugno di Vernon, stritolando le sue ossa. Vernon emise un guaito.

- Papà! - urlò Dudley, da poco affacciatosi al corridoio e ora nascosto dietro la gonna di sua madre.

Il maestro di pozioni non ci pensò due volte.

- Petrificus Totalus!- proferì e i tre Dursley caddero a terra, pietrificati.

Finalmente il silenzio. Solo il pianto e i singhiozzi di Harry lo rompeva, straziando il cuore di Severus. Si inginocchiò.

- Harry… - disse, con voce dolce, modulando la sua espressione.

- Non mi fare del male signore, ti prego… - sussurrò Harry, quasi impercettibilmente, e stringendosi ancora di più in una palla. Il braccio sinistro
avvolgeva le gambe piegate fino al petto, mentre la mano sinistra stropicciava gli occhi nel tentativo di fermare il pianto.

- Harry, non ti farò del male… - rispose Severus, appoggiando dolcemente un dito sulla guancia di Harry. Il bambino scottava! Harry si irrigidì e si ritrasse bruscamente.

Il maestro di pozioni senti ribollire il sangue nei confronti di quei… “MOSTRI!”. Si guardò, comunque, dal toccare suo figlio. Era bastata la paura che si era preso, non voleva aggiungerne una seconda!

- Tu chi sei? - chiese piano il bambino. I suoi occhioni verdi erano spalancati.

- …io sono il tuo papà… - disse Severus, gentile, senza altare il tono di voce, abbozzando un raro sorriso.

Harry lo scrutò. Non disse nulla e l’uomo pensò fosse meglio proseguire la conversazione senza provare a tirargli parole fuor di bocca. Tuttavia, proprio
quando suo padre aveva perso le speranze per una qualsiasi reazione, il bambino domandò, con circospezione: - …cosa… cosa succede adesso? –

- Adesso… ti porto in un posto dove potrai riposare e, dopo, giocare quanto vorrai… -

- …zia Petunia dice che non posso giocare… - rispose Harry, con innocente sincerità, e abbassò la testa contro il petto, dopo aver lanciato un’occhiata ai tre Dursley.

- Non tornerai più qui, Harry… ciò che ti ha detto tua zia non conta più. –

Era stata la frase più semplice che fosse riuscito a pensare, altrimenti avrebbe ceduto agli insulti e alle maledizioni, ma suo figlio ne aveva avute già abbastanza di tali visioni in quella casa.

Le iridi del bambino brillarono di speranza, luce che Severus notò non appena i verdi occhi si posarono sui suoi di ossidiana.

- …mai più? – domandò Harry, facendosi più piccolo di quanto già sembrasse.

Il maestro di pozioni non abbandonò di proposito il contatto visivo, per infondergli sicurezza.

- Mai più – sentenziò.

Allungò una mano verso il bambino, intimandogli con quel gesto di prenderla.

- Andiamo…? – chiese Severus.

Harry poggiò la fredda manina sul palmo di quella del padre e quest’ultimo gliela strinse dolcemente; tuttavia, il maestro di pozioni notò la riluttanza del seienne nell’avvicinarsi e la sua attenzione tutta puntata verso la bacchetta che giaceva inerme tra le dita dell’altra mano.

- Non devi aver paura… questa – pose la bacchetta davanti al bambino, anche se quest’ultimo spinse il proprio corpo contro il muro, - è una bacchetta.
Si possono fare tante magie, sai? –

- …tu sei un mago come Merlino nel cartone animato? –

Severus sorrise.

- Si, Harry, come Merlino! –

Il piccolo avvicinò l’indice allo strumento e lo sfiorò.

- …vorresti vedere una magia? –

- …si… -

Tracciò nell’aria un cerchio perfetto e cantò: - Saponem bullae -.

Una moltitudine di bolle di sapone fu sprigionata dalla punta della bacchetta e, scherzosamente, Severus ne diresse alcune sul volto di suo figlio, il quale cominciò a ridacchiare.

- Puoi anche fare dei giocattoli? –

- Si, anche dei giocattoli –

- E… - Harry si interruppe, non avendo coraggio di continuare la richiesta. L’uomo, però, annuì, spingendolo a finire la frase.

- …se vengo con te, posso avere un pupazzetto? –

- Puoi avere tutto quello che desideri, Harry… -

- …anche un gelato? –

- Anche un gelato! Ora, però, dobbiamo andare… ti prometto che ti porto a prendere un gelato dopo, che ne dici? –

In tutta risposta, il bambino allungò le braccia verso l’uomo, chiedendo di essere preso in braccio. Severus lo raccolse e il seienne poggiò la testolina sulla spalla di suo padre, mentre quest’ultimo gli accarezzava dolcemente la schiena. Lo avvolse nel suo caldo mantello.

- Stai comodo? – domandò il maestro di pozioni, un po' insicuro di sé stesso.

- Uh-uh –

Si sarebbe occupato dei Dursley più tardi. Uscì a grandi passi dall’abitazione: suo figlio si era addormentato velocemente tra le sue braccia, sfinito.

Così, Severus apparve ai cancelli di Hogwarts, ma non corse, per evitare di svegliare il bambino. Raggiunta l’infermieria, chiamò Poppy, mentre posava sul lettino il piccolo Harry. Era così fragile e leggero, sicuramente sottopeso per la sua età. Non aveva la statura di un bambino di sei anni, sembrava più di quattro. I suoi occhietti chiusi, cerchiati da profonde occhiaie nere, erano stretti in una morsa di dolore. Severus continuò ad accarezzargli i capelli.

- Severus! - chiamò Poppy, annunciando ansimante la sua presenza.

- Abbassa la voce, Poppy! – il maestro di pozioni indicò il bambino. - …si è appena addormentato… -

Detto ciò, l’infermiera ebbe premura di lanciare un incantesimo che silenziasse la loro conversazione.

- …chi è questo bambino, Severus? -

- Secondo te, Poppy?! - rispose e la voce fu incrinata da una nota acida.

Il dubbio si fece certezza, ma non disse nulla all’uomo nervoso. Si limitò a occuparsi del piccolo.

- …cosa è successo? - chiese l’infermiera, lanciando rapidamente su Harry un incantesimo diagnostico.

- L’hanno battuto, l’hanno affamato, l’hanno costretto a svolgere faccende come un maledetto elfo domestico, ecco cosa è successo! - rispose,
arrabbiato. Se un solo sguardo avesse potuto incenerire, Poppy era certa che l’intera infermeria sarebbe stata rasa al suolo.

Un rotolo apparve nelle sue mani e Severus la affiancò.

Una lunga serie di commozioni cerebrali, una frattura al polso, diverse contusioni, ferite, lividi, febbre, stomaco irritato, grave malnutrizione, forte stanchezza.

- Quei dannati babbani!! Avrei fatto meglio ad ucciderli subito, che lasciarli storditi sul pavimento. Ma dammi il tempo e io- -

- Severus! - lo interruppe Poppy, posando una mano sul suo braccio. - Non farai niente del genere! Ora il tuo compito è prenderti cura di Harry, non andare ad Azkaban! -

Guardò Severus con sguardo fermo. E dopo un suo cenno del capo, lo lasciò andare.

Convocò alcune pozioni e le diede all’uomo.

- Non puoi incantarle per metterle direttamente nel suo stomaco? –

Il maestro di pozioni ci provò, ma sapeva che il corpo, tramite assunzione di pozioni per via orale, avrebbe reagito meglio e più rapidamente. In realtà, non voleva svegliare il bambino.

- Sai che non posso farlo… - affermò Madama Pomfrey, rivolgendogli un triste sguardo di scuse.

Severus annuì e si sedette al bordo del letto.

- Harry…? – sussurrò, mentre accarezzata i capelli di suo figlio.

Aprì subito gli occhietti, abituato alle routine di casa Dursley. Si mise a sedere e tirò le lenzuola più in alto.

- …devo tornare da zio Vernon e zia Petunia? –

Lo sguardo di Severus si addolcì ancor di più.

- No, non tornerai dai tuoi zii. Ti ho svegliato perché devi prendere alcune medicine… -

Gli porse una boccetta, che Harry prese e analizzò.

- …è una medicina magica? –

- Si! In realtà si chiama pozione e ti aiuterà a sentirti meglio –

- Cosa è una po-pos- -

- Pozione – lo aiutò Severus.

- Cosa è una pozione? - ripeté Harry e un sorriso si allargò sul volto quando si rese conto di aver pronunciato correttamente la parola.

- Una pozione è un insieme di ingredienti che può guarirti o anche cambiare il tuo aspetto fisico. Può fare magia! - disse l’uomo, enfatizzando la parola “magia” modulando il timbro di voce in un sussurro e spalancando gli occhi come se fosse meravigliato. Harry rispose guardandolo con grande stupore
e curiosità.

- Mi faranno diventare un mago come te? - mormorò il bambino sottovoce.

- …tu sei già un mago, Harry… -

- …io sono un mago..? –

- Si, lo sei –

- Sicuro? –

- Al cento per cento! –

- E posso fare magie con il bastoncino? –

- Quando sarai un po' più grande, sì! –

Severus lesse sul suo volto una traccia di delusione, così provvide a cancellarla con la sua prossima mossa.

- Ho un regalo per te! Lo vuoi vedere? –

Senza attendere risposta, il maestrò di pozioni tirò fuori da una tasca un fazzoletto e lo trasformò in un familiare cervo di pezza. Lo porse a suo figlio.

- …è davvero per me? - chiese Harry, toccando il pupazzo delicatamente, come se potesse rompersi, incredulo.

- Si, per te! -

Harry comincio a piangere. Una lacrima scivolo sul viso. Abbasso il viso per la vergogna. “I mostri non piangono”. Voleva tanto il regalo del suo papà. Sapeva che non lo avrebbe lasciato solo e lo avrebbe difeso dal mostro con gli occhi rossi. Ma anche lui era un mostro. E i mostri non possono avere paura degli altri mostri. “I mostri non possono avere giocattoli!”.

- N-non posso accettarlo, signore… Zio Vernon dice che i mostri non possono avere giocattoli… - disse Harry, parlando troppo educatamente per un bambino della sua età.

Severus raccolse il mento del bambino nelle sue mani, costringendolo delicatamente a guardarlo negli occhi. Lo sguardo di Harry si riempì di paura.

- Harry… tu non sei un mostro. Sei un bambino speciale. E, poi, cosa ci siamo detti prima? Te lo ricordi? –

- …sì… -

- Non conta più quello che ti ha detto zia Petunia e nemmeno quello che ti ha detto Zio Vernon –

- Ma tu prima l’hai detto sui giocattoli! –

- Vero, ma ora vale per tutto quello che ti hanno detto, intesi? –

- …okay… -

L’uomo lasciò il pupazzo sulle gambe del bambino, il quale lo raccolse con attenzione, prima di stringerlo fortemente al petto.

- Grazie, signore… -

- Io non sono signore, Harry… -

- …si, lo so, tu sei… il mio papà… -
   
 
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