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Autore: Alyss Liebert    20/07/2019    2 recensioni
[ Raven!centric; post!season 4, pre!season 5; Missing Moments ]
Ispezionare la sua mente non è mai stato così angosciante. Sembra tutto uguale, ma la sua sensibilità percepisce che certi equilibri hanno cominciato a spezzarsi da quando Trigon è stato sconfitto.
E quegli equilibri sono rappresentati proprio dalle sue emozioni. L’influenza del padre, seppur maligna, aveva avuto da un lato l’effetto conveniente di ammansirle. Ora che si sentono libere da tale controllo, aspettano il momento giusto per fare la loro mossa e tentare di prevalere sul suo intelletto.
Ella, per quanto non voglia ammetterlo, sta cambiando; ma quella non è la volta buona, e non lo potrà mai essere.
"Chi sono io veramente?"
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Beast Boy, Cyborg, Raven, Robin, Starfire
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Disclaimer
I personaggi e le ambientazioni della serie animata sono proprietà di Glen Murakami e Sam Register.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 
 
Cuore di vetro
 
 
Oltre la concretezza della materia, oltre le logiche della fisica; in una dimensione spazio-temporale fallace ma palpabile, dove desolazione e rinascita collidono e convivono in armonia, dove le emozioni sono distinte ma inscindibili al tempo stesso.
Corvina fa ritorno nel luogo in cui ogni paradosso acquisisce un senso.
Il suo piccolo universo plasmato dalla sua intima coscienza si profila nuovamente ai suoi occhi. Ne seguono sensazioni corporee e sensoriali a lei familiari ma molesti.
Il suono del silenzio le strilla, l’assale freddo tepore.
Il cielo plutonio di stelle infuocate, le rocce più leggere delle piume dei corvi, questi ultimi che la scrutano minacciosi con i loro quattro occhi scarlatti; tutto è al proprio posto, ma non lo sarebbe stato per molto.
 
La maga si sveglia di soprassalto, riscoprendosi supina e con lo sguardo rivolto al soffitto della sua stanza avvolta nella penombra.
Riprende lentamente coscienza dell’ambiente in cui si trova, del morbido letto e delle lenzuola violacee che carezzano la sua pelle, del profumo di spezie ed altri aromi che inebriano sempre il suo cantuccio.
Emette un lamento quando si volta alla sua destra per poi sollevare il busto e mettersi seduta. È completamente sudata.
Ricorda bene quello che ha vissuto: la stessa esperienza si ripete da almeno una decina di notti.
Alzatasi dal letto, non esita a scostare le tende lilla della sua ampia finestra per far entrare luce. Con un gesto della mano avvicina a sé il suo mantello blu per indossarlo.
Non getta la sua solita occhiata orgogliosa alla collezione di manoscritti datati e misteriosi, né alle statuette arcane che custodiscono a loro volta altri oggetti sul suo comodino; quel giorno in particolare non sente suoi quegli artefatti, né ogni fibra del suo essere, che pare volerla mettere costantemente al corrente di nuove consapevolezze.
Vorrebbe tanto non vedere nessuno, ma sa che non può permettersi quel lusso nella torre in cui vive. Dopotutto, mai come in quel periodo i suoi amici si aspettano qualche cambiamento da parte sua; lei ne è dannatamente cosciente.
Si rinchiude in bagno a sciacquarsi, sistemarsi e acquisire la giusta motivazione per affrontare la giornata.
 
 
*
 
 
«Credete dovremmo organizzare qualcos’altro di speciale per Corvina? È vero, abbiamo già festeggiato il festeggiabile dopo la nostra vittoria, ma sento che questo è un momento molto importante per lei. Un momento di passaggio alla totale libertà!», esorta Stella Rubia con voce allegra e squillante.
È seduta al tavolo rotondo in compagnia di Beast Boy e Robin. Di fronte a lei un piatto di waffles fumanti dall’odore invitante, che però ella condisce prontamente con la mostarda.
«Stiamo parlando di Corvina», rimarca Beast Boy mentre sta ancora masticando un boccone di toast preparato con uno dei suoi discutibili intrugli vegetariani dello stesso colore della sua pelle, «Mi sorprende che non abbia perso la pazienza per l’ennesimo party che hai voluto organizzare! Quello che ricordava “la salvezza dell’amica razza umana”».
«Non ha reagito in malo modo perché ormai libera dalle influenze di suo padre! Sappiamo tutti che la sua aura schiva e pessimistica derivava da un lato della sua personalità che, poverina, non riusciva a domare. Adesso deve sentirsi certamente rinata! La considero una cosa fantastica! Provo tanta gioia per lei!», esclama la Tamaraniana dagli occhi smeraldo con espressione estasiata, «E non dirmi che non ne provi anche tu».
«È ovvio!», replica subito il mutaforma, «Sono contento per lei, però… mah. Chiamatelo sesto senso o come preferite: io penso che, ora come ora, le basti semplicemente tornare alla normalità senza pensare a niente. E basta. Sapete, no? Riprendere a combattere rompiscatole insieme a noi, mettere il naso in libri supersegretissimi, strafogarsi di waffles e pizza…».
«Prenderti per il culo…», aggiunge Cyborg sbucando dall’angolo cottura con sorriso sornione e un simpatico grembiule in dosso. Il ragazzo è intento a preparare dei dolci.
«Bibi ha ragione», parla finalmente Robin una volta che ha finito di bere il suo caffè, «L’unica cosa che noi sappiamo con certezza è che lei si è tolta di mezzo un macigno non indifferente; ora può decidere liberamente del suo futuro, come ha detto Stella. Tuttavia, la vedo ancora molto provata. Pensiamo solo a farla sentire a suo agio senza forzature».
«Forse ora sarà più propensa a giocare a palla puzzolente!», si intromette di nuovo Cyborg mentre finisce di impilare una torre scomposta di pancake allo sciroppo d’acero.
«Credi che riusciremo a farle amare il nostro picchiaduro preferito?», si ravviva Beast Boy.
«Finalmente potrò farle provare il mio smalto fucsia preferito ad asciugatura istantanea!», segue Stella.
«Ragazzi… cos’ho appena detto?», s’intromette di nuovo Robin spazientito, poggiando il mento sopra una mano.
«Buongiorno».
La voce roca di Corvina, presente nella sala già da qualche minuto, interrompe quel caos. Ciascuno di loro raggela, pur non comprendendone appieno il motivo; l’abitudine, suppongono.
«Buongiorno a te, amica mia! Dormito bene?», rompe il ghiaccio Stella, librandosi in volo da dove era seduta e venendole incontro.
«Ho passato notti migliori», risponde la maga con sguardo impassibile. Cambia, poi, subito argomento, osservando i piatti di ciascuno ed esclamando: «Non vi sarete mangiati tutti i waffles!»
«Donna di poca fede, ne ho cucinati per un intero esercito più i nove stomaci di Stella», le rivela Cyborg con atteggiamento trionfante.
Una volta sedutasi insieme agli altri con la colazione sul suo piatto, avverte addosso i loro sguardi curiosi; spera con tutta se stessa di riuscire a camuffare il tremendo disagio.
«Beh, che avete da guardare?», opta di domandare a bruciapelo, esternando spontaneamente una certa stizza.
«Sì, penso proprio sia il suo carattere», mormora Beast Boy forse per sbaglio, poiché la frase suona più come una riflessione personale. A farglielo notare è il calcio al polpaccio sferrato sotto il tavolo da Cyborg, per il quale il mutaforma strabuzza gli occhi. Poi si ricompone, prima di sfoggiare all’amica un sorriso da ebete.
Anche l’aria inquisitoria di Robin non aiuta. Quest’ultimo le dice soltanto: «Sai, siamo appena usciti da un orribile scontro, il più cruento affrontato finora. Ti riguardava in prima persona. Ci auguriamo che ti stia riprendendo».
«È tutto a posto», replica semplicemente Corvina.
Lei conosce l’intelligenza intuitiva di Robin; lui riesce a cogliere ogni dettaglio che stona. Se mai quest’ultimo ora stia deducendo mentalmente la sua menzogna, prega che abbia almeno la decenza di non insistere e assecondarla, per il momento.
Per fortuna gli altri membri della squadra sono più ingenui, ma comunque invadenti.
«Allora, amica mia, ti va di accompagnarmi a fare un po’ di shopping oggi pomeriggio? Salvo imprevisti come trogknarg che disturbano la quiete della città», le propone Stella, esibendo un sorriso a trentadue denti.
Prima che Corvina possa enunciare qualsiasi cosa, Cyborg le rammenta: «Mi hai promesso da qualche giorno che ti saresti fatta un giro con me nella T-Car e mi avresti accompagnato a fare jogging al parco».
«Mettetevi in fila!», prorompe Beast Boy gonfiandosi il petto e puntando l’indice contro gli altri due, «Sono più che certo che lei preferisce stare tranquilla nella torre insieme a me che le insegno a giocare all’unico videogioco al quale ha mostrato un discreto interesse».
«“Tranquilla” e “insieme a te” nella stessa frase stridono peggio delle unghie sulla lavagna», è il commento che la maga riesce finalmente a fare.
«Divertente… Tanto lo so che in fondo ti diverte vedermi giocare, sfidare Cyborg e Robin… e sì, anche perdere!»
«Suvvia, quando getterai quella maschera da dura? Non hai più niente di cui preoccuparti, no? Divertiti un po’!», sfugge a Cyborg.
Sia lei che Robin si irrigidiscono. Intanto ella realizza di aver addentato solamente una fetta di waffle; il resto è ancora nel piatto, ormai freddo. Il dado di burro si è sciolto, depositandosi sul fondo insieme allo sciroppo d’acero.
Percepisce addosso lo sguardo preoccupato di Robin: deve averla vista impallidire.
«Lasciamola decidere senza litigare», propone intanto Stella, «Corvina, cosa ti piacerebbe fare?»
«O magari cosa non fare», prende la parola l’allievo di Batman, «Oggi potrebbe non avere voglia di starvi dietro».
«Sentite», scatta la maga, senza però avere la benché minima idea di come proseguire. È troppo impegnata a ribollire dentro per la nonchalance quasi impudente con la quale i suoi compagni stanno discutendo di lei in sua presenza.
In momenti come questi, in genere, li avrebbe zittiti malamente e avrebbe girato i tacchi per tornare in camera sua; tuttavia, ora deve recitare una parte.
Fa un bel respiro e prosegue. «Non passerò un’intera giornata chiusa qui dentro. Accontenterò tutti, ma decido io l’ordine».
«Sei sicura che non ti stancherai?», le domanda Robin sollevando un sopracciglio, mentre gli altri esultano.
«Affermativo», è la sua replica che trasuda parecchia ironia.
Non vede che differenza possa fare sforzarsi un altro giorno ancora, visto che da un po’ di tempo si sta immolando per gli altri e sta fingendo una spontaneità che non è nelle sue corde.
Si tratta solo di rimandare l’inevitabile.
L’allarme di pericolo riecheggia ad un tratto in tutta la torre, salvandola da quella situazione: uno dei loro nemici di vecchia data ha ben pensato di rapinare una gioielleria.
«Aah~ che pizza!», si lamenta Beast Boy facendo roteare gli occhi. Corvina, invece, tira un quasi impercettibile sospiro di sollievo.
Robin si alza in piedi, riacquistando la sua determinazione.
«A dopo ogni discussione. Titans, andiamo!»
 
 
*
 
 
Per probabile magnanima intercessione di Azarath, il combattimento contro l’avversario si è protratto per diverse ore, rivelandosi più arduo del previsto poiché egli aveva i rinforzi. Non erano certamente invincibili, ma il loro numero era maggiore e possedevano una perseveranza invidiabile. Con tutte le trappole e gli infimi stratagemmi da loro ideati, i Titans sono stati imbrogliati parecchie volte.
Alla fine il nemico principale e alcuni suoi scagnozzi sono scomparsi, e altri della combriccola finiti in mano alla polizia.
Il risultato è una squadra stremata, anche per via del caldo afoso di quel giorno estivo.
Tornano a casa alquanto strapazzati. L’ora di pranzo è passata da un pezzo. Beast Boy e Cyborg si mettono a trangugiare cibi preconfezionati, comprati al discount per non cucinare; Stella e Robin spizzicano qualcosa insieme a loro. Ciò che, tuttavia, desiderano di più è schiacciare un pisolino e pregare che nessun’altra minaccia rovini il loro necessario riposo.
Nessuno ha più voglia di fare progetti, uscire, far lavorare la mente, e Corvina non può che esserne compiaciuta. Ancora priva di appetito, non esita a chiudersi in camera sua senza fornire loro spiegazioni e curarsi dei soliti sguardi indagatori.
Deve fare quel che deve fare; ha bisogno di recuperare un po’ di sanità mentale che sente di stare di nuovo fuggendo al suo controllo. Non può permettersi di riposare, poiché i suoi demoni la attanagliano proprio quando è in quella condizione di vulnerabilità.
Offuscato l’ambiente, dispone una serie di candele accese intorno a un punto preciso del pavimento, accanto al vecchio mappamondo e alla statua raffigurante una maschera sorridente e una triste. Afferrato il suo intoccabile specchio grigio piombo, pesante come un vocabolario, avente quattro protuberanze acuminate alle estremità e due rubini incastonati sopra e sotto il vetro, la maga si ferma al centro del cerchio appena creato; incrocia le gambe, inizia a fluttuare a mezz’aria, e osserva con incredibile concentrazione la sua immagine riflessa nell’oggetto che tiene in mano.
Quest’ultimo si illumina ed ella chiude subito gli occhi, pronunciando il suo incantesimo prediletto per la meditazione.
«Azarath Metrion Zinthos».
 
Ed ecco apparirle di fronte i recessi del suo subconscio, dove lei non vorrebbe ma ha bisogno di stare. Ogni creazione e avvenimento di quel luogo è parte di lei, rispecchia il suo stato d’animo.
Corvina avverte folate di vento investirle l’anima, sussurrarle cose che solo lei può comprendere. Ogni astro, lembo di terra, goccia d’acqua custodisce frammenti della sua vita.
È quello il suo complicato universo di paradossi e leggi inconcepibili alla ragione umana. Beast Boy e Cyborg vi si erano introdotti tempo fa; ma ora nessuno dei suoi amici può accompagnarla, né lei vuole chiedere loro aiuto.
Non è presente neanche il suo corpo, ma la sua proiezione astrale. È l’unico modo per avere a che fare direttamente con i vari aspetti del suo essere.
La sua ombra comincia a vagare per quelle zone, in cerca delle personificazioni delle sue emozioni.
Intravede la sagoma di quella grigia a fianco ad un tronco rinsecchito, che la scruta col suo solito volto malinconico e insicuro. Scorge, poi, il suo io spensierato sopra una nuvola solida del suo spazio pregno di colori, che ridacchia dopo averle agitato una mano. Si imbatte nella personalità dal mantello verde, che sorveglia uno dei portali occupato dalle imponenti statue di pietra; la guarda con occhio torvo.
Ispezionare la sua mente non è mai stato così angosciante. Sembra tutto uguale, ma la sua sensibilità percepisce che certi equilibri hanno cominciato a spezzarsi da quando Trigon è stato sconfitto.
E quegli equilibri sono rappresentati proprio dalle sue emozioni. L’influenza del padre, seppur maligna, aveva avuto da un lato l’effetto conveniente di ammansirle. Ora che si sentono libere da tale controllo, aspettano il momento giusto per fare la loro mossa e tentare di prevalere sul suo intelletto.
Non che il rapporto della maga con se stessa sia sempre stato pacifico; dopotutto, se esistono quelle bizzarre personificazioni, è perché le è stato insegnato a visualizzarle separatamente nella sua testa per averne un controllo più rigido, quasi soffocante, ed evitare di rapportarsene intimamente.
Sente che la sua zona di conforto sta per essere sfaldata; ogni scusa che la preclude al mondo esterno sta perdendo credibilità.
Ella, per quanto non voglia ammetterlo, sta cambiando; ma quella non è la volta buona, e non lo potrà mai essere.
“Rilassati e concentrati. Libera la mente da ogni timore e pensiero”, riflette una volta fermatasi in un punto della landa desolata, “Focalizza l’attenzione sul qui e ora, e osserva con distacco i moti del tuo essere”.
Quando ciò che le è intorno comincia a dissolversi, divenire più rarefatto fino a trasformarsi in flebili puntini di luce, il gracchiare minaccioso di un corvo dai quattro occhi scarlatti disturba la sua meditazione. Corvina si accorge troppo tardi della sagoma dal mantello arancione che sta piombando verso di lei.
 
 
*
 
 
Sembra tutto nella norma: i suoi lineamenti distesi, la sua solita postura a gambe incrociate mentre fluttua nella sua stanza ricolma di aromi pungenti. Eppure c’è qualcosa che non lo convince, che non placa i suoi istinti ferini sempre all’erta. Sono passate quasi tre ore, e lei è ancora in quello stato.
A questo pensa Beast Boy mentre, trasformatosi in formica, esce dalla camera di Corvina da sotto la porta e ritorna umano.
«Scoperto qualcosa?», domanda Cyborg, apparendo improvvisamente accanto a lui e facendolo sobbalzare. Per tutta risposta, il mutaforma avvicina un indice alle labbra ed emette un sonoro “Shh” in faccia all’amico.
«Che ci fai anche tu davanti alla sua stanza?», sibila poi.
«Ti cercavo, e siccome non ti trovavo ho pensato “Deve stare spiando Corvina”», replica sfacciatamente l’amico, stiracchiandosi, «Per tutti i circuiti, che bella dormita!»
«Seh, come ti pare. Allontaniamoci da qui prima che faccia uno dei tuoi sbadigli e lei ci prenda a cazzotti».
 
Con sorpresa di Beast Boy, anche Robin e Stella sono svegli e hanno ripreso la discussione sulla loro misteriosa compagna di squadra, evidentemente perché neanche a loro quadrano alcune cose; il tutto mentre Robin beve l’ennesima tazza di caffè e Stella sgranocchia popcorn comodamente seduta sul divano di fronte alla TV accesa.
I continui sguardi d’intesa e alquanto amorevoli che quei due a volte si scambiano mettono spesso e volentieri sottosopra lo stomaco del mutaforma.
«E se non si sentisse bene? Forse ha mal di stomaco e ha fatto una cattiva digestione!», si allarma d’un tratto la Tamaraniana.
«Digestione di cosa? Non ha toccato cibo», considera Robin.
«Sta bene. Almeno credo», si intromette Beast Boy, balzando sul divano e atterrandovi in maniera sgraziata.
«Credi?», ripete l’allievo di Batman sollevando un sopracciglio.
«Sta di nuovo meditando».
«Bibi si è introdotto di nuovo nella sua camera senza il suo permesso. Ormai è un vizio: deve farsi sempre i suoi affari», rivela Cyborg da dietro il frigorifero. Afferra un cartone di latte e se lo tracanna in pochi secondi.
Beast Boy gli lancia un’occhiata indispettita.
«Sarò anche troppo scettico, ma non penso le stia filando tutto liscio. Ho brutti presentimenti da un bel po’ di giorni», asserisce Robin, grattandosi il mento.
«Siamo in due», parla il mutaforma, «Mi spiegate perché cacchio ha ripreso a meditare se non ha più niente, o molto poco, da tenere sotto controllo!?»
«È quello che noi pensiamo, ma potrebbe non essere così», azzarda il leader.
«Lei è ormai libera dalle influenze del suo paparino demoniaco. O no? Mi sono perso qualcosa?», domanda Cyborg, avvicinatosi al gruppo con un sacchetto di patatine al bacon in mano.
«Nah, sei al passo con i capitoli», gli risponde il suo migliore amico.
«Magari adesso Trigon non c’entra», riflette Robin.
«Scusate, perché date per scontata la presenza di un problema?», parla finalmente Stella, «Stamattina sembrava propensa a divertirsi con noi!»
«Ehm, se escludi le sue espressioni che palesavano una rottura di scatole nei nostri confronti, forse posso concordare», evidenzia Beast Boy.
«Se ho capito bene, la situazione è la seguente: condividiamo lo stesso obiettivo, ossia ognuno di noi in questi giorni la sta studiando per capire se sta avvenendo qualche cambiamento in lei. Però sta rimanendo deluso per ovvi motivi», sintetizza Cyborg.
«Non ha più motivo di isolarsi! Perché si ostina?», rimarca il mutaforma.
«Amici…», li richiama di nuovo Stella, stavolta in tono più sommesso, «… io penso che il suo comportamento sia autentico. E se si sentisse a disagio… proprio perché percepisce da parte nostra aspettative che non potrebbe soddisfare?»
Gli altri la osservano incuriositi.
«Non penso che la libertà dalle grinfie di Trigon significhi per lei cambiare necessariamente prospettiva di vita da un giorno all’altro. Quando ci siamo scambiate di corpi, tempo fa, ho avuto l’occasione di conoscerla meglio. Chiaro, in quel periodo suo padre aveva ancora potere su di lei, ma per il resto, il suo modo di fare mi sembrava spontaneo. Lei ama veramente immergersi nelle sue letture e nelle sue meditazioni senza avere nessuno che la disturbi, è davvero uno spirito anticonformista e solitario, e il suo caratterino un po’ da Clorbag Varblurnelk non è assolutamente simulato. Secondo me lei, sapendo di non poter cambiare come noi desidereremmo, si comporta in questo modo perché… ci sta male. Dopotutto, essendo da sempre stata obbligata a soffocare le sue emozioni, non deve essere facile abituarsi ora ad accoglierle».
Smette per un attimo di divagare. Nota che i suoi amici la stanno scrutando con espressioni a dir poco impressionate.
«Ti ha per caso posseduto lo spirito di uno psicologo?», azzarda Cyborg.
«Ho… parlato troppo?», domanda l’interessata, esternando un timido sorriso e arrossendo.
Robin, invece, si sente come risvegliato da uno stato di lieve torpore mentale.
Non potrebbe mai sollevare una battuta ridicola nei suoi confronti, perché lei è in grado di rendere chiara l’altra faccia della medaglia di un concetto che all’inizio è difficile da visualizzare; Stella ha questa innata capacità, e forse non se ne rende pienamente conto.
È ciò che non può fare a meno di amare della Tamaraniana: quell’ingenuo acume che spesso spiazza ogni possibile intricato ragionamento.
«Ci sono altre cose che non quadrano», ribatte però Cyborg con sguardo serio, «Che dire dei suoi poteri? Non sono controllati dalle emozioni?»
«Mmh… potrebbe avere difficoltà a gestirli se desse loro il via libera. Quindi sarebbe comunque obbligata a frenarle», torna a ragionare Robin, nuovamente preoccupato.
«Ascoltate», prende la parola il mutaforma dopo aver emesso uno sbuffo, «Anch’io una volta ho avuto l’occasione di conoscerla meglio, insieme a Cyborg. È una vicenda che le abbiamo promesso di non rivelare, e io ho intenzione di mantenere la parola. Vi dico solo che Corvina è perfettamente capace di essere spiritosa, energica, anche un po’ folle; insomma, molto diversa da come si mostra a noi. Non penso sia come dice Stella. Cioè… sì, ci può stare da una parte, ma dall’altra sembra che lei si rifiuti di accettare altri lati del suo carattere. Mi seguite?»
«Non può averci mentito per tutto questo tempo! Vuol dire che lei preferisce semplicemente mostrarne alcuni!», insiste Stella, accigliandosi.
«Ha dimostrato più volte di essere in grado di bilanciare le sue emozioni e i suoi poteri, per esempio quando i vestiti le diventano bianchi e sbrilluccica
«Che ne sai degli sforzi che potrebbe fare per controllarli mentre è in quello stato?»
«Quando si era presa una cotta per quel coso sputafuoco non sembrava tanto sofferente!»
«Bibi», lo richiama Robin, «Non mi sembra il caso di riportare alla luce quella storia».
«Okay, stiamo degenerando!», sbotta Cyborg mentre si massaggia le tempie.
«Sembra quasi come se… non la accettassimo davvero per quello che è. E questo si ripercuote sulla sua autostima», interviene di nuovo Stella con aria dispiaciuta, «Guardate cosa stiamo facendo: discutiamo di lei senza che lo sappia e pretendiamo anche che agisca come ci aspettiamo. Se ripenso a come mi sono comportata con lei in questi ultimi giorni, mi sento terribilmente in colpa…»
«Questo non è vero!», si difende subito il mutaforma, «Okay, blatero spesso sul suo conto, mi lamento del suo comportamento e a volte la prendo pure in giro, ma io… io sarei il primo a cui mancherebbe il suo modo di fare!»
«Stella, noi l’abbiamo sempre accettata, anche all’inizio quando non sapevamo niente di lei. Abbiamo subito accettato anche te, nonostante ci avessi attaccato. Ci siamo accettati tutti quanti perché abbiamo compreso a pelle che potevamo fidarci l’uno dell’altro», le ricorda Robin, «Ciò che non accettiamo, in realtà, è la probabilità che lei ora stia soffrendo di nuovo, e che questo la possa precludere dall’essere come gli altri».
«Perché le vogliamo bene, ci vogliamo bene!», aggiunge Cyborg, dando una pacca sulle spalle di Beast Boy, «Se siamo stati un po’ invadenti, chiariremo presto tutto e ci scuseremo. Se ci sono problemi, le offriremo supporto e vicinanza. È ciò che fanno gli amici!»
«Avete ragione», risponde la Tamaraniana dopo un attimo di silenzio, tornando a sorridere fiduciosa.
 
 
*
 
 
«Azarath Metrion Zinthos…»
 
Mentre Corvina nella sua stanza sussurra di nuovo l’incantesimo, nel suo subconscio si sta scatenando una battaglia, che comincia a palesarsi sul suo corpo meditante sotto forma di sudore che le imperla la fronte.
La sua anima astrale è prigioniera nel suo universo messo a soqquadro dalle sue stesse energie emotive che ancora una volta cercano di violare la sua psiche e ribellarsi al suo stoico volere.
Corvina sente il suo spirito vulnerabile, come rivestito di carne invisibile. Esso è continuamente leso da certe visioni e atteggiamenti invadenti dei suoi cloni.
Il cielo è divenuto rosso sangue, le stelle somigliano a occhi infuocati che la scrutano con insistenza, spogliandola di ogni segreto, fragilità. Ella percepisce un caldo afoso, infernale che la marchia in ogni punto, rammentandole dell’imposizione del marchio di Skath.
Pur avendo i cinque sensi affinati, non possiede voce per gridare, occhi per piangere, corpo concreto per difendersi.
“Chi sono io veramente?”, ascolta d’un tratto uno dei suoi stessi pensieri che rimbomba nell’etere circostante.
«Perché ti domandi qualcosa di cui non vuoi avere risposta?», sente poi un’altra voce identica alla sua, che non appartiene alle sue riflessioni.
Avverte una fitta in corrispondenza della schiena, e subito dopo si ritrova a terra. Si volta a fatica: a fianco a lei vi è il suo io dal mantello arancione, che la osserva con stizza. È stata lei ad attaccarla.
«Codarda», non si risparmia di dirle quella con una smorfia di scherno sul volto.
Non c’è modo che la lascino tornare a meditare per cercare di placare le sue personalità. Tuttavia, in quella situazione non può assolutamente permettersi di arrendersi a loro, fuggire, svegliarsi; e non può neanche fare loro del male, poiché danneggerebbe anche se stessa.
«Che c’è? Hai paura?», riprende a stuzzicarla il suo alter ego sgarbato.
«Io non temo nulla!», irrompe la sua personalità vestita di verde, balzando giù da un masso roccioso.
«Tu sei fatta di coraggio. Di Corvina noi manteniamo solo il nome», asserisce l’altra.
«Ridicolo! E cosa potresti mai temere per continuare a farci marcire nella tua mente?», domanda dunque la verde allo spirito della Corvina originale, «Di aprirti, per caso, a sentimenti più sconvolgenti? Cambiare stile di vita? Superare certi traumi? Deludere in qualche modo i tuoi amici?»
«Wow, bella trovata! Falle perdere il totale lume della ragione, così ci spedisce in chissà quale dimensione!», è il commento ironico dell’arancione.
Le stanno palesemente leggendo il cuore. Loro possono, perché sono lei.
Il peso della verità è, però, ancora troppo pesante per le spalle fragili della maga, che dovrebbero trovare la forza di sobbarcarlo. Ne ha davvero abbastanza di tutto ciò.
Vorrebbe tapparsi le orecchie, serrare le palpebre, ma il suo corpo terreno non le può dare ausilio. In quello stato, la sua anima astrale comincia a dimenarsi come una fiamma ardente, dipanandosi minacciosamente verso i suoi io.
 
«Azarath Metrion Zinthos…»
 
La risata insopportabile e penetrante della sua personalità dal mantello rosa è ciò che paradossalmente stride di più in mezzo a tutti quegli scherni e rivelazioni delle sue intime paure; essa è ciò che più minaccia di farla divenire di nuovo succube della sua rabbia.
 
«Azarath Metrion Zinthos…»
 
Avverte un fastidio perturbante, come una scarica elettrica provata per pochi millisecondi: si tratta del lieve ma avvenente tocco del suo io da lei ritenuto più impuro, quello che la sua famiglia e intera stirpe ha bandito e le ha impedito di accogliere. Davanti a lei la Corvina in veste di uno sfolgorante mantello viola: colore del mistero, dell’istinto.
La sua personalità più audace riesce a infrangerle ogni barriera, facendole percepire quel tatto, quella violazione sulle braccia, sulle spalle, sul viso, poi sul collo, sul petto, sui fianchi.
Il corpo di Corvina freme.
«Sei rigida», constata la viola con un tono di voce lascivo e mellifluo che la maga stessa non avrebbe mai immaginato di poter adottare, «Da quanto tempo non ti sciogli un po’? Magari con qualcuno? Eppure le opzioni non ti mancano!»
«A Corvina piacciono i tipi strani, soprattutto bugiardi», infierisce l’arancione, «O forse dovrei dire che li prediligi tu».
«Mea culpa», ammette infatti la personalità viola, facendo spallucce, «Quella volta le ho infiammato parecchio gli ormoni. Per una volta che mi aveva accettato dovevo scatenarmi, no?»
«È tutto inutile», parla la grigia, tenendo il capo chino, «Quando provo a essere felice, accade qualcosa di brutto. Le persone tradiscono la mia fiducia e…»
«Perché, ora come ora, tu sei l’emozione che più rovina noi e Corvina», sostiene di nuovo l’arancione spazientita, incrociando le braccia. Come se non bastasse, emette un sonoro sbadiglio.
«Non può negare, però, che in quel momento si sia sentita rinascere», riprende il discorso la viola, osservando intensamente l’anima astrale della sua padrona, spettatrice inerme della vicenda. Ha invaso i suoi spazi, rivolgendole un sorriso ammiccante e standole ad un respiro dal volto.
All’improvviso, dalla maga si propaga una sorta di guizzo elettrostatico che infastidisce e fa indietreggiare la sua personalità lasciva. Corvina sta tentando disperatamente di riprendere il controllo.
 
«Azarath Metrion Zinthos…!»
 
Dopo lo stupore iniziale, la viola corruga la fronte e, mantenendo un sorriso sinistro, intima: «Eddai, Corvina… facci uscire
Più la maga cerca di respingerle, più loro diventano ostinate. È a questo che riflette mentre le scorge disporsi in cerchio intorno a lei, sollevarsi e vorticare nell’etere fino a divenire una scia luminosa.
E poi dolore. Un malessere inconcepibile attraversa il suo corpo terreno, che suda freddo; aggredisce il suo cervello.
La sua anima si contrae in spasimi.
Lo riconosce forte e chiaro: è lo stesso disagio della notte scorsa.
Prova subito emozioni sconnesse: terrore, rabbia, coraggio, tristezza, allegria; talvolta niente. Sente di stare impazzendo.
A quel punto può fare un’unica cosa. Rilasciata una strana energia addosso a sé, si sente immediatamente soffocare, avverte i suoi sensi venire meno.
L’ultima cosa che percepisce sono i gemiti delle sue stesse emozioni mischiati ai suoi.
 
 
*
 
 
Quattro voci a lei familiari sono i primi suoni che Corvina sente non appena riprende i sensi. Queste ultime smettono di borbottare quando ella contrae i lineamenti del suo volto.
Aperti gli occhi, si ritrova le facce preoccupate dei suoi compagni. Riconosce immediatamente l’ambiente e il letto sul quale è stata adagiata, entrambi propri dell’infermeria.
L’emicrania è lancinante; la maga suppone che un colpo in testa sferrato alla massima potenza con una mazza da baseball le avrebbe fatto meno male.
«Amica mia, stai bene?», le domanda subito Stella afferrandole una mano.
Corvina è decisamente imbarazzata per la situazione.
«Abbiamo sentito un tuo urlo e ti abbiamo trovato svenuta in camera tua», aggiunge Cyborg.
“Grandioso”, commenta mentalmente lei, serrando la mandibola.
Prova a mettersi seduta, ma si sente debilitata; quella battaglia psicologica le ha prosciugato persino le forze. Robin corre in suo aiuto, sorreggendola dalle spalle mentre Beast Boy le sistema il cuscino più in alto.
«Puoi dirci cos’è successo?», le chiede il ragazzo prodigio con tono cortese, sebbene sia l’ultima domanda da lei desiderata in quel preciso istante.
«È stata colpa nostra? Ti abbiamo spaventato? Abbiamo causato fastidi nella tua testa? Parla, ti prego!», prorompe la Tamaraniana con occhi lucidi e le mani giunte, «Se è così, perdonaci…»
«Ho avuto un mancamento. Ecco tutto», riesce a dire Corvina, meravigliandosi per la propria voce terribilmente fiacca, «Lo scontro di oggi mi ha… provata».
«Fino a gettare un urlo del genere?», rimarca Cyborg con palese diffidenza, «Ti facevo più resistente! Sicura di non aver visto uno spettro o qualche demone? In camera tua non mi sorprenderebbe».
«Finiscila», lo zittisce lei aggrottando la fronte. Accortasi immediatamente dopo del tono scortese che gli ha rivolto, torna ad osservare l’amico. Quest’ultimo ha assunto un’espressione tra l’imbarazzato e l’affranto.
«Okay, ho detto una stronzata. Scusami», ammette lui, «Volevo solo alleggerire il mood».
«No, scusami tu. Sono solo un po’ nervosa… e ho mal di testa. Vorrei riposare».
Guarda Robin, sperando che anche quella volta capisca con un solo sguardo i suoi bisogni.
E così è.
«Lasciamola per conto suo: ha bisogno di riprendersi. Discuteremo di ogni cosa quando vorrà lei», delibera egli infatti, lasciando Stella, Cyborg e Beast Boy alquanto perplessi ma comunque accondiscendenti.
 
Quando, però, la stanza è di nuovo vuota, lei avverte subito i primi pensieri scomodi.
No, non può richiamare i suoi amici per timore. Si rifiuta di essere così vulnerabile.
Inoltre, c’è un’altra cosa che la importuna: la consapevolezza di non essere in realtà completamente sola.
«Potrei percepire la tua presenza anche se fossi un pidocchio», parla dunque spazientita.
Il moscerino dal colorito verdognolo nascostosi sotto una sedia vicina all’ingresso esce allo scoperto e si ritrasforma nella sua versione umana, che la guarda con fare annoiato.
«Non quando hai la concentrazione altrove», rimbecca Beast Boy.
«Cosa non ti è chiaro della frase di Robin?»
«Nulla, ho inteso tutto. Ma sai, alla fine agisco sempre d’istinto».
«Non te ne dovresti vantare», asserisce la maga sollevando un sopracciglio, «E comunque ti conviene dargli ascolto, perché non ho la minima voglia di discutere. Ci confessiamo più tardi».
Per conferire un significato concreto alle sue parole, si sdraia di nuovo sul materasso e si volta dall’altra parte senza aspettare un’approvazione da parte dell’amico.
«Mh», emette il mutaforma facendo spallucce, «Vorrà dire che resterò qui a vegliarti mentre dormi, e a farti tornare a ragionare in caso di complicazioni».
La maga avverte una bizzarra sensazione al petto, un certo calore, quando gli sente pronunciare la parola “vegliare”.
Torna ad osservarlo, girandosi di nuovo nella sua direzione e mantenendo un’espressione disinteressata.
«Ti è venuta la sindrome da crocerossina?»
«Mah, ritengo semplicemente che stare in compagnia sia meglio», le risponde schietto, «E poi ho notato che questi fattacci accadono soprattutto quando sei sola. Hai proprio bisogno di distrarti! Per una volta l’intero gruppo potrebbe optare per una rilassante giornata in piscina!»
Da quando lei è così scontata agli occhi degli altri? E da quando lui è così perspicace?
«Secondo me può aiutarti questa nuova battuta che ho imparato. Riguarda, per giunta, voi amanti della carne», continua Beast Boy.
«Risparmiatela».
«Un salame chiede ad un coltello: “Cosa provi per me?”»
«Vattene».
«Il coltello gli risponde: “Affetto”!», conclude prima di sganasciarsi dalle risate.
«Mi rifiuto di credere che l’hai detto davvero», è l’unica reazione blanda della giovane.
Tra una freddura squallida e l’altra, che stranamente Corvina gli lascia dire, l’atmosfera viene resa molto meno tesa. Tuttavia, alla fine entrambi rimangono in silenzio; o meglio, Beast Boy esaurisce finalmente il repertorio di barzellette.
La maga, rimessasi intanto seduta, si stiracchia le braccia. Sospira e le viene il coraggio di rivelargli: «So che cosa vorresti chiedermi».
L’affermazione lo spiazza non poco, intimorendolo. «Oh»
«Noto che dimentichi spesso la mia empatia».
«No, è che… uh… quindi cosa avresti colto?», azzarda poi.
«Ti domandi il motivo della mia eccessiva riservatezza, secondo te inutile», palesa lei. Poi lo scruta più seria. «Credevo mi conoscessi meglio. Ti sei addirittura introdotto nella mia mente».
«Sì, ma in quel periodo tuo padre ti stava alle calcagna! Pensavo che… cioè… Vorrei solo sapere se la tua personalità incoerente è nella norma e non c’è altro che ti turba», blatera con una buffa smorfia sul volto.
«Comprendi che avrei tutto il diritto di sentirmi offesa per questa tua considerazione?», domanda Corvina a mo’ di replica, poggiando il mento sopra una mano e tamburellando le dita dell’altra sul materasso. La sua espressione non trasmette, però, irritazione.
Prima che lui possa dire altro, lei lo anticipa. «Ti ho già detto che la mia voglia di parlare è ora pari a zero. Se però può aiutarti a trascorrere meglio il resto della giornata, ti comincio a spiegare una cosa».
Gli occhi di Beast Boy si ravvivano dalla curiosità; le sue orecchie a punta guizzano in alto come antenne.
«Non siete voi il problema. Siamo una famiglia e io qui sto bene. Si tratta di me, di una consapevolezza che… non riesco ad accettare».
«Sarebbe?»
La vede subito dopo avvicinare le gambe al petto e rannicchiarsi con palese disagio.
«S-Se vuoi dirmelo», aggiunge mettendo le mani avanti.
«Sto cambiando, Bibi», risponde lo stesso lei, «Proprio perché mio padre non è più presente nella mia vita. Sì, sono più libera, ma non è facile adeguarmi: fin dalla nascita mi è stato insegnato ad agire in un certo modo, completamente diverso. Per non parlare dei miei poteri… A volte vorrei estirparli, ma non posso: sono parte di me».
«Non mi è chiaro questo: tu hai dimostrato diverse volte di poter controllare sia i tuoi poteri sia le tue emozioni. Hai presente i tuoi cloni multicolore? Io e Cyborg sappiamo benissimo quante sfaccettature della personalità ci sono dentro di te; se tu volessi, potresti controllarle. Cosa ti blocca? Cosa ti manca?». Si ferma un attimo. «Sono abbastanza logorroico, vero?»
«Giusto un po’», si limita a replicare Corvina. Non può fare a meno, comunque, di trovare quel lato dell’amico alquanto interessante.
«Aspetta», riprende ancora lui, ormai immerso nelle riflessioni. Batte un pugno sul palmo della sua mano destra e, soddisfatto, sbotta: «A-ha! Forse ho capito! Non ti senti motivata a sufficienza! Hai bisogno di una ragione per cambiare! Ci vuole qualcosa che ti sappia rendere più spontanea, o qualcuno che-»
Per fortuna realizza subito la piega assai personale che sta prendendo la discussione. Vedendola irrigidirsi, smette all’istante di ragionare ad alta voce.
«Okay, potrei aver scavato un po’ troppo. Scusami», non esita a dirle arrossendo e grattandosi la nuca.
Per tutta risposta, Corvina si alza definitivamente dal letto. Non si sente al pieno delle sue energie, ma ha bisogno di cambiare aria.
«Me ne vado in camera. Sarà immersa nel disordine».
Il mutaforma le si avvicina, protendendo le braccia verso quest’ultima.
«Ce la faccio da sola», assevera, inibendolo ulteriormente. Notando, però, l’espressione alquanto affranta del ragazzo, aggiunge: «Non ce l’ho con te. Hai parlato a sufficienza, ma non hai detto stupidaggini».
Egli, sorpreso, la segue con lo sguardo mentre lei si reca verso l’appendiabiti sul quale vi è il suo mantello blu.
«Alla fine…», le viene spontaneo concludere mentre se lo infila, riconoscendo che Beast Boy sa anche essere un bravo terapeuta, «… io rimango il peggior nemico di me stessa. Ma starò meglio, non dovete preoccuparvi».
La mano del giovane si posa pochi secondi dopo sulla sua spalla. Lei si volta e lo vede sorridere.
«E soprattutto, ricorda che non sei sola», le dice.
Una frase che Corvina aveva tanto bisogno di risentire; un insieme di parole per nulla scontato, che talvolta è necessario reiterare a una persona come lei, instabile e quanto mai bisognosa di certezze.
 
 
*
 
 
Una parte di ciò che era necessario chiarire viene discusso quella sera, di fronte ad un cartone gigante contenente una pizza ai peperoni.
Beast Boy e Cyborg giocano a morra cinese per aggiudicarsi l’ultima fetta, Stella finisce di divorarsi la sua ultima che ha appena decorato con qualche spicchio d’ananas, Robin e Corvina mangiano in silenzio la loro porzione. Quest’ultima è intensamente grata alla sua unica e vera famiglia, sempre capace di consolarla, comprenderla, farle tornare il buonumore.
Percepisce l’intento degli altri di farla sentire il più possibile a suo agio. Forse anche troppo.
«Niente cambiamenti drastici!», esclama, per esempio, Stella al colmo della gioia, mentre trasferisce sul suo piatto l’ennesima porzione di pancake al cioccolato bianco.
Tuttavia, la maga non si sente affatto in imbarazzo. Anzi, propone di passare le prossime giornate in maniera differente, utilizzando parole come “cinema”, “shopping” e addirittura “videogiochi”.
«Sei… sicura?», le domanda Robin stupito, «Non ti devi sentire costret-»
«Ti dovresti preoccupare se non l’avessi suggerito io», rimarca lei, sfoggiando un sorriso d’intesa che lascia poco spazio ad altri dubbi.
 
 
*
 
 
Sono le due di notte. Il sonno di Corvina è profondo ma non esattamente distensivo.
La maga ha compreso due cose: che a volte non basta tentare di alleviare da sola i dolori del suo animo, ma che allo stesso tempo contare unicamente sull’aiuto dei propri cari non è abbastanza.
L’insorgere di qualsiasi emozione molesta dipende soprattutto dalla predisposizione della persona interessata di fronte al potenziale pericolo o alla cattiva notizia. La pace dei sensi è una condizione mentale spesso difficile da raggiungere.
Ed è proprio con tale consapevolezza che ora sta vivendo un sogno lucido e affrontando le sue emozioni personificate.
Parla con loro; ragionano come madre e figlie.
L’una trasmette i suoi timori all’altra, sapendo anche ascoltare in silenzio. È un insolito monologo che solo lei può permettersi di fare, nel quale trova il coraggio di essere sincera con i propri sentimenti e far uscire allo scoperto ogni risposta scomoda ai suoi dilemmi, ogni ragione celata con timidezza. Ogni paura è messa a nudo e studiata con una certa razionalità.
«Ho bisogno di tempo», conclude poi, per convincere definitivamente i suoi cloni a seguire con pazienza ogni suo piccolo, delicato passo.
Con la promessa che Corvina avrebbe presto spezzato quelle catene, i suoi io le sorridono e si congedano, lasciandola riposare.
 
 
*
 
 
Un anno dopo
 
Melvin, Timmy e Teether sono i nomi dei bambini che Robin sta ricercando all’interno della stanza provvista di monitor, per comprenderne l’origine, l’aspetto e i superpoteri. Il ragazzo è visibilmente impressionato dalla loro giovanissima età.
“Bambini prodigio, dunque”, pensa mentre scorre i data file, “E ricercati dalla Confraternita del Male. Saranno certamente al sicuro all’interno di quel monastero, ma prima devono esservi scortati con altrettanta sicurezza”.
Comincia, in seguito, ad assegnare incarichi differenti a ciascuno dei membri: Beast Boy l’avrebbe accompagnato in una sua personale missione, Cyborg e Stella si sarebbero occupati di un’altra faccenda.
Ciascuno di loro tranne Corvina.
«Significa che, per una volta, ho un giorno completamente libero nel quale devo solo sorvegliare la torre e non ho nessuno di voi tra i piedi?», suppone la maga non appena il mutaforma, quella sera, la informa delle novità.
«Beh, sì e no. Di sicuro non avrai noi intorno», fa il vago lui, roteando gli occhi e sfoggiando una smorfia sorniona.
Smorfia alla quale Corvina reagisce sollevando diffidente un sopracciglio.
 
“Non penso mi detesterà; forse un po’ all’inizio”, riflette Robin mentre insegue con la moto il suo obiettivo in una zona arida situata a qualche chilometro dalla città, “Sì, ho avuto una bella idea”.
 
 
•••
 
 
{Note e curiosità}
Sono cosciente di stare “debuttando” in un fandom purtroppo poco frequentato, ma da quando ho ri-scoperto questa meravigliosa serie con tutti i suoi adattamenti, non posso non fantasticare su nuove trame praticamente ogni giorno.
Che dire di Corvina - o Raven; sono solita chiamarla in un modo o nell'altro a seconda degli adattamenti -? È il personaggio che, fra tutti quelli delle mille altre serie che finora conosco, considero mia soulmate. Con lei ho sentito da subito una profonda connessione mentale ed emotiva per diversi motivi. Già da piccola, quando seguivo assiduamente il cartone in TV, l’avevo “inquadrata”; ora più che mai posso comprendere perché è tanto amata.
Ho scelto “cuore di vetro” come titolo perché sintetizza chi e come è veramente.
Vetro; non ghiaccio, né pietra. Per quanto lei possa sembrare stoica, impassibile, inaccessibile, nell’opera ha dimostrato diverse volte di essere più vulnerabile di quanto si potesse pensare. Ha un animo molto sensibile che bada di celare e tenere a freno proprio perché sa che può essere ferito con facilità.
Come un oggetto di vetro, che è fragile e ha bisogno di trattamenti speciali, anche la sua persona richiede precauzioni (come la meditazione) che, però, spesso non sono sufficienti neanche ad una mente “allenata” come la sua.
Mi sono sempre chiesta come Corvina si sia ripresa da quando Trigon è stato sconfitto fino all’inizio della quinta stagione (un anno dopo). Volevo approfondire questa parte, soprattutto perché nell’ultima serie non ha mostrato cambiamenti tanto eclatanti, nonostante fosse libera dal padre. In questa fanfiction ho dato una possibile interpretazione di come si sono evolute le cose e perché, inserendo anche alcuni headcanon personali.
Qui ho deciso di analizzare in maniera bilanciata i rapporti che lei ha con gli altri membri (e anche certe loro caratteristiche che vorrei sviluppare più avanti), pur avendo un soft spot per le sue interazioni con un certo simpatico mutaforma.
Robin, si sa, è colui che la comprende meglio e al volo. Loro due sono molto simili. Se lui ha scelto di affidare i tre bambini proprio a lei, è perché conosce le sue potenzialità, il suo segreto lato affabile e soprattutto perché sapeva che tale esperienza l’avrebbe aiutata a uscire dal guscio e provare qualcosa a se stessa. Almeno, è ciò che penso.
Se vi piace come e cosa scrivo, vi invito a seguirmi sulla mia pagina Facebook (qui), ancora novizia ma che presto arricchirò con W.I.P., curiosità e ovviamente aggiornamenti di storie. Sono molto attiva anche su Tumblr e Twitter (trovate tutti i link nella Bio).
Spero di essere la benvenuta! Tornerò sicuramente: ho molte idee nel cassetto. ♥ Ringrazio in anticipo chiunque leggerà e vorrà farmi sapere un suo parere, anche piccino.
 
Jā ne,
Alyss
  
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