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Autore: Iryael    27/07/2009    3 recensioni
Il villaggio di Felt Dasken, disperso nell’estremo nord di Pangea, è flagellato da oltre un anno dalla presenza di una Bestia che ogni plenilunio pretende un sacrificio umano, pena la distruzione del villaggio. La notizia si espande fino a Fea, dove Luken decide di soccorrere la gente di Felt Dasken...
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[Rieditata nell'agosto 2016]
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales of Pangea'
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:: Tales of Pangea ::
I Sacrificati
L’
anima di Luken apparteneva all’Acqua. Egli la modellava come più gli piaceva, plasmandola perfino dall’umidità dell’aria nel caso in cui non vi fossero ruscelli nelle vicinanze. Da quando era giunto a Pangea aveva dedicato la sua esistenza a diventare un Paladino, migliorandosi continuamente nella lotta con e senza armi. Credeva profondamente in Aelios e venerava il Sole, il simbolo di tale culto, ma non disdegnava nemmeno Eos: l’Eclisse – simbolo del culto della dea – lo aveva sempre attirato come una calamita, e poteva dirsi naturalmente incline a questa gilda.
Vestito nei suoi abiti da viaggio e coperto da un comodo mantello di tela scura, stava cavalcando verso nord. Alcuni giorni prima era giunta voce a Fea di un villaggio, Felt Dasken, che chiedeva aiuto per salvare i giovani da un rituale che si protraeva da oltre un anno: una Bestia, ogni plenilunio, pretendeva un giovane per mangiarselo. Aveva discusso a lungo con sua sorella Caleen e con la sua fidanzata, Eirwin, ed era giunto alla decisione di partire. Ed eccolo lì, chiuso nel suo mantello di tela scura, a cavalcare a ritmo serrato verso Felt Dasken. Secondo quanto aveva detto l’oste dell’ultima locanda in cui aveva alloggiato, Felt Dasken era immerso nella valle di Ijirel, tra colline nell’estremo nord della regione, ed era in quel periodo un ambiente freddo e spesso avvolto nella nebbia.
Effettivamente era così: da quando era entrato nella valle, il giorno prima, valicando le ripide Colline Jegar – le colline gemelle poste all’entrata della valle – la nebbia non aveva cessato di avvolgerlo come una fredda coperta. Per fortuna aveva abbastanza gramarye da potersi permettere di liquefare la nebbia in un raggio di alcuni metri da lui...almeno finché le tempie non cominciavano a dolere ed il corpo non si intorpidiva per la stanchezza, come puntualmente era successo il giorno prima, dopo molte ore di cavalcata.
Ormai dovrei esserci, l’oste aveva detto un giorno a cavallo verso nord nord-est... pensò Luken, facendo saltare al suo destriero il tronco di un pino disteso sul sentiero. Si permise di gettare una rapida occhiata al cielo, ma la coltre di nebbia non permetteva di vederne nemmeno uno spicchio. Sbuffò. La temperatura si sta abbassando velocemente, tra poco farà notte. Devo trovare quel villaggio, accidenti! Il plenilunio è domani! si disse. Poi si chinò sul collo del cavallo.
«Dai, bello, dai!» gli disse. La bestia non decelerò, sebbene provata dalla lunga cavalcata (che si credeva, quello, di non pesare? Non era mica fatto d’aria! E lo stava portando da sei giorni ad un ritmo che non aveva nulla da invidiare quello dei cavalli da guerra!)
 
Quando le tenebre cominciarono ad avvolgere Pangea tra i loro tentacoli, finalmente Luken intravide delle luci.
Grande Aelios! Un villaggio!
Rallentò progressivamente l’andatura del cavallo, fino a giungere alle porte del villaggio, protetto da una palizzata di tronchi aguzzi e sicuramente solidi.
«Alt! Chi sei?»
Luken distolse lo sguardo dalla palizzata giusto in tempo per vedere un uomo che gli bloccava la strada, armato di una lancia dall’aria piuttosto...casereccia, ecco. Smontò da cavallo, trovandosi faccia a faccia con l’uomo, e calò il cappuccio per rendersi riconoscibile. La guardia lo scrutò con i suoi occhi scuri e si soffermò sui capelli del ragazzo: alla base erano blu notte, ma in punta sfumavano verso un morbido azzurro, lo stesso azzurro intenso degli occhi...che fossero frutto di una magia non riuscita?
«Il mio nome è Luken, sono un Paladino e provengo da Fea. Mi sto recando a Felt Dasken.» annunciò con la sua voce profonda. L’uomo lo guardò a occhi sgranati.
Mite Eos! Qusto ragazzo è un Paladino? Ma se non ha più di vent’anni!
Poi lo sguardo cadde sui vestiti: il mantello di tela scura aveva una greca bianca sul bordo, ed il fermaglio che lo chiudeva recava il sole di Aelios. Non potevano esserci dubbi circa la sua sincerità.
«A Felt Dasken ci sei, ragazzo. Ma che ti porta in questo villaggio dell’estremo nord?»
«So cosa tormenta il vostro villaggio, signore, e sono venuto per aiutarvi.» rispose Luken, piantando gli occhi in quelli dell’uomo, visibilmente scettico di fronte a quella risposta. L’uomo sembrò soppesare le parole di Luken, prima di farsi da parte.
«Puoi passare, ragazzo. Ma se sei in cerca di una grande ricompensa...beh, caschi male.» rispose rudemente l’uomo. Luken gli sorrise in risposta, mentre passava la porta del villaggio.
«Grazie mille.»
Mentre portava il cavallo alla scuderia comune del villaggio, si guardò bene intorno: Felt Dasken era un villaggio di case di legno rialzate da terra e addossate le une alle altre, con i tetti ricoperti da sottili tegole in pietra. Nella scuderia trovò poche altri animali, più che altro da soma per il duro lavoro dei contadini. Fece entrare il suo cavallo in una rientranza vuota e lo privò dei suoi bagagli appoggiandoli a terra (avendo tuttavia la cura di mettere il suo spadone a portata di mano) poi si voltò per procurare un po’ di avena per sfamarlo, ma fu richiamato da un nitrito della bestia. Si voltò per vedere cosa avesse avuto da nitrire, e scoprì ben presto la causa: l’acqua presente nel secchio era vecchia.
«Oh, ma non è un problema! Stai a vedere!» disse, dando un paio di pacche amichevoli sul collo della bestia. A quel punto si inginocchiò e pose le mani a cupola sopra il secchio, concentrandosi. Quasi subito si illuminarono d’azzurro e l’acqua nel secchio prese a gorgogliare. Alcuni istanti dopo, quando smise di concentrarsi e tolse le mani, l’acqua era tornata potabile.
«Visto? Bastava togliere la sporcizia!» disse, e il cavallo si mise a bere.
«Ohhh, che bravo!»
Con uno scatto rapidissimo afferrò il suo spadone e si mise in piedi, pronto ad una eventuale difesa, ma abbassò l’arma quando si accorse che a parlare era stato un ragazzo. Non gli dava più di quindici anni, e lo fissava con aria assai spaurita con grandi occhi nocciola.
«Scusami, non volevo spaventarti.» disse Luken «È stato un riflesso condizionato.»
Il ragazzo si riscosse.
«Non fa nulla, non dovevo arrivarti alle spalle...sei il Paladino, non è vero? Sei venuto a liberarci dalla Bestia?»
Luken annuì vigorosamente.
«Esattamente. Il mio nome è Luken.» disse, tendendo la mano con un sorriso posato. Al ragazzo brillarono un poco gli occhi mentre gli stringeva la mano.
«Io sono Kalen. Mi hanno incaricato di portarti dal capo villaggio.» disse.
«Beh, allora dammi una mano a dare da mangiare al mio cavallo, poi andiamo.» ribatté Luken, tornando al mucchio dell’avena.
Finito di nutrire il cavallo, Kalen lo guidò fino all’abitazione del capo villaggio, simile alle altre ma di dimensioni maggiori. Luken si sarebbe aspettato di venire tempestato di domande, ma Kalen rimase in un rispettoso silenzio. Che temesse di scatenare qualche reazione imprevista?
«Ecco, qui abita Trei, il capo villaggio.» dichiarò solennemente Kalen, prima di salire i gradini che conducevano al portone e bussare. Venne ad aprire una ragazza, che si affrettò a farli entrare. Una volta dentro, Luken seguì Kalen attraverso quella che sembrava un’anticamera per giungere nella sala principale. Era circolare, e sul fondo c’era uno scranno in legno lavorato su cui sedeva un uomo piuttosto anziano, calvo ma dalla lunga barba bianca. Sedeva in maniera elegante, e teneva gli occhi costantemente chiusi.
Che sia cieco? si chiese Luken. Al fianco dell’anziano c’era un uomo sulla quarantina. Aveva corti capelli scuri e occhi grigi, e come il vecchio indossava abiti pesanti di tela scura.
«Benvenuto, giovane Paladino.» esordì l’anziano con voce limpida «Perdonami se non ti ho permesso di riposarti a dovere, ma la notizia del tuo arrivo ha sorpreso tutti qui a Felt Dasken, e mi sono preso la libertà di farti chiamare. Cosa ti porta in questo luogo così disperso?»
«Come ho già detto alla guardia che mi ha fatto entrare, so cosa tormenta il vostro villaggio, signor Trei, e sono qui per fornirvi il mio aiuto.» rispose Luken.
«L’aiuto di un Paladino di Aelios non si rifiuta mai, ma sappi che il nostro villaggio non possiede grandi ricchezze e che la ricompensa non potrà che essere magra.» disse l’anziano «Ma dimmi, come hai fatto a sapere della nostra sciagura?»
A quel punto l’uomo al suo fianco si fece avanti.
«Sono stato io.»
«Tu, Tanor?» chiese stupito il capo villaggio
«Sì. Ho mandato una richiesta di aiuto a Fea, e la Mite Eos ha fatto sì che venisse ascoltata.» a quel punto si rivolse a Luken «Grazie per essere venuto, Paladino.»
«Il mio nome è Luken, signore, e venire era mio dovere.» rispose educatamente il giovane.
«Grazie, Luken. Suppongo che tu sia stanco per il viaggio, e voglia riposare.» ribatté l’uomo di nome Tanor «Propongo di rimandare a domattina le discussioni e di goderci la presenza del nostro ospite, per stasera.»
Trei annuì.
«Va bene, Tanor, mi pare giusto. Per stasera il Paladino sarà mio ospite, e domattina potremo discutere a mente indubbiamente più fresca.» a quel punto si rivolse a Kalen «Kalen, va’ a prendere i bagagli del nostro ospite.»
«Subito!»
«Aspetta, posso portarli benissimo io...» disse Luken di getto, allungando un braccio per fermare il ragazzo.
«Giovane Paladino, non vorrai mica che si dica che a Felt Dasken gli ospiti non vengono trattati a dovere...» disse Tanor con un tono di velato rimprovero. Luken si accorse solo in quel momento di aver detto una frase offensiva, sebbene con le migliori intenzioni. Nel frattempo Kalen era sgusciato fuori della stanza.
«No...no, assolutamente.» biascicò «Ma ci sono abituato e non volevo essere un disturbo e...» lo sguardo di Tanor lo bloccò.
Complimenti, hai appena fatto una figuraccia da dieci e lode! disse una vocina nella sua testa. Ma si riscosse quando Tanor scoppiò in una fragorosa risata.
«Disturbo? Ragazzo, sei una benedizione! Ma, per quanto tu possa essere forte e vigoroso, hai bisogno di riposo...»
«Eh, già!» assentì l’anziano «Thess! Vieni Thess!»
Sulla soglia comparve la stessa ragazza che aveva aperto loro la porta. Piccina di statura, aveva una cascata di capelli color cioccolato che le incorniciava il viso e due occhi verdi come prati in piena primavera.
«Indica al nostro ospite la sua stanza, Thess...» disse Trei. La ragazza rivolse a Luken un sorriso timido, prima di sparire per lo stesso corridoio da cui era venuta. Luken la seguì in silenzio. Percorsero tutto il corridoio prima di giungere ad una scalinata che portava al primo piano: salirono, e si trovarono in un corridoio dritto, lungo e stretto, con un’unica finestra in fondo, esattamente di fronte alle scale. Thess gli fece strada fino all’ultima porta sulla destra.
«Ecco, questa è la tua camera.» gli disse, poi gli indicò una porta sull’altro lato «E lì c’è il bagno. Tra dieci minuti il bagno caldo sarà pronto, se desideri lavarti. La cena sarà pronta tra mezz’ora, invece.»
«Oh, beh, grazie...» disse Luken. Si fissarono un attimo negli occhi, poi lei gli sorrise nuovamente.
«Dovrei andare...» disse, e solo allora Luken si rese conto che le stava impedendo di tornare indietro, occupando più della metà del corridoio. Si affrettò ad aprire la porta della stanza assegnatagli per infilarcisi e consentirle il passaggio. Lei gli strizzò l’occhiolino e se ne andò.
Fu un attimo.
Un tocco lieve, ma impossibile da non riconoscere. Se ne accorse, e nel tempo in cui si voltò – piuttosto imbarazzato – per dirle qualcosa, lei era già sull’orlo delle scale con un sorriso da gatta stampato in volto.
Gli aveva palpato il sedere.
Questo è bene che Eirwin non lo sappia... si disse, non appena vide la figura di Thess sparire dalle scale e si decise ad entrare in camera.
 
La mattina successiva arrivò senza fretta, dando a Luken occasione di riposare perbene. Quando si affacciò alla finestra, trovò il villaggio frenetico di vita: alcuni stavano uscendo, muniti di forconi o rastrelli, altri erano intenti a sistemare la legna, le donne stavano affaccendandosi intorno ai panni o ad altre cose, da qualche parte un fabbro batteva sull’incudine diffondendo la caratteristica nota nell’aria.
Si preparò e scese le scale, ritrovandosi nuovamente di fronte ad uno dei sorrisi da gatta di Thess. Il sorriso morì sulle labbra di Luken
«Buongiorno, Paladino.» disse, cortesemente lei «Qualcosa vi turba?»
«Tutto a posto, Thess. Buongiorno.» rispose Luken, riacquistando velocemente un sorriso ed oltrepassandola rapidamente. La sentì ridere tra sé con tono civettuolo, mentre si apprestava ad entrare nella sala dove la sera prima aveva incontrato Trei e Tanor. Entrambi erano lì, assieme a Kalen, e sembravano attenderlo «Buongiorno.»
«Buongiorno a te, Luken. Hai dormito bene?» chiese Trei.
«Sì, signor Trei. Non dormivo così bene da diverso tempo.» rispose cortesemente il ragazzo. Notò che Kalen era piuttosto pallido, ma non disse nulla.
«Allora, Luken, è venuto il momento di discutere del “lavoro”.» esordì Tanor. Luken annuì «Devi sapere che da più di un anno il nostro villaggio è minacciato dalla Bestia che giace in uno degli antri della collina a ovest del villaggio. Ogni mese, la sera del plenilunio, pretende un giovane come sacrificio, e se per disgrazia non trovasse la sua offerta Felt Dasken sarebbe distrutto.» spiegò.
«E nel resto del mese?» chiese Luken.
«Presumiamo che dorma, ma non possiamo dirlo con certezza.» rispose Kalen sussurrando.
«Non avete mandato mai nessuno a controllare?» continuò il Paladino, ritrovandosi con due sguardi increduli addosso.
«Controllare, dici?» chiese ironicamente il capo villaggio «Nessuno si avvicina più in quella zona da quando è comparsa la Bestia.»
«Capisco...quindi non sapete dirmi nulla riguardo al suo aspetto.» concluse Luken. La sua conclusione fu accolta da un pesante silenzio, segno che nessuno ne sapeva nulla. Il ragazzo sospirò. Dopo quegli sguardi con che coraggio poteva chiedere loro perché non se ne fossero andati, lasciando quelle zone maledette per stabilirsi altrove?
«Sappiamo solo che usa il veleno...» biascicò Tanor, ma Luken non vi badò molto. Sicuramente era una supposizione anche quella.
«Oggi pomeriggio partirai con Kalen e vi recherete all’antro della Bestia» disse Trei, rompendo i suoi pensieri «Che la Mite Eos vegli su di voi, ragazzi, e che il Radioso Aelios vi conceda la vittoria.»
«Scusate, devo andare.»
Kalen abbassò lo sguardo, a metà tra la rabbia e la rassegnazione, e uscì dalla sala a passo svelto. Luken lo guardò uscire. Ormai era chiaro che fosse quel giovane la prossima vittima designata della Bestia.
«Perdonalo, Luken.» disse Trei con pacatezza «È soltanto agitato.»
A me sembra sfiduciato, non agitato, pensò il ragazzo. «Chi non lo sarebbe, al suo posto?» disse, invece «Vogliate perdonarmi, ma credo che andrò ad allenarmi, adesso.»
«Vai pure, ragazzo. Mi spiace di non poter venire ad assistere al tuo allenamento, ma la vecchiaia si è presa la mia vista...» assentì il capo villaggio. Luken andò a recuperare il suo spadone ed uscì dall’abitazione, diretto all’uscita del villaggio.
Forse è meglio che prima vada a nutrire il mio cavallo, però... pensò, e cambiò velocemente direzione, tornando verso la scuderia comune. Non gli sfuggirono le occhiate degli abitanti: chi lo guardava con diffidenza, chi con speranza, chi sorrideva al suo passaggio, chi distoglieva lo sguardo rapidamente nella speranza di non essere scoperto e chi lanciava brevi occhiatine per poi ridacchiare e commentare a bassa voce. Luken riconobbe Thess con due ragazze intente a lavare i panni alla fontana. Gli strizzò l’occhiolino e lui rispose con un educato cenno di saluto, e a quel punto le ragazze che erano con lei cominciarono a parlottare fitto fitto tra loro, coinvolgendola e lanciando al ragazzo brevi occhiate di tanto in tanto.
Il ragazzo tirò dritto per la sua strada e giunse alla scuderia. Lì, intento a curargli il cavallo, trovò Kalen.
«Kalen.» chiamò. Il ragazzo si voltò, fissandolo negli occhi. Era innegabile che fosse agitato.
«Ho pensato di farti un ultimo favore prima della partenza...» si giustificò, distogliendo lo sguardo. Luken gli sorrise.
«Beh, ti ringrazio, ma scommetto quello che vuoi che non sarà l’ultimo. Senti, ti va di allenarti un po’ con me?»
«Allenarmi? E in cosa?» chiese l’altro, scettico.
«Non so...visto che non hai una spada, magari nel corpo a corpo...»
A quel punto Kalen scoppiò a ridere.
«Combattere? Ma mi hai visto bene?! Non ho fatto altro che arare campi e raccogliere ortaggi in tutta la vita e stasera vado a farmi ammazzare, Paladino!»
Luken non si aspettava una risposta del genere. Il ragazzo era letteralmente scattato come una serpe arrabbiata, alzando eccessivamente il tono.
«...Fa’ come credi.» disse semplicemente Luken, dopo alcuni istanti di silenzio, prima di girare i tacchi ed uscire dalla struttura e dal villaggio.
Grande Aelios! Il plenilunio da alla testa???
Si fermò nella prima radura che ritenne essere sufficientemente ampia da consentirgli libertà di movimento e sguainò lo spadone, fino a quel momento assicurato sulla sua schiena.
Era uno spadone a due mani dalla lama piuttosto lunga, in metallo chiaro. Aveva l’elsa d’argento, rivestita nell’impugnatura da strisce di cuoio nero, con la guardia a spirale e una pietra cangiante incastonata nel pomo. Luken la lucidava tutte le mattine, contemplando la pietra come se volesse penetrarne i misteri. Colui che gliela aveva consegnata, infatti, aveva detto che quella pietra era molto particolare: era sensibile al gramarye, e cambiava colore a seconda del tipo di gramarye utilizzato.
Si tolse anche il mantello, rimanendo con il suo completo formato da un paio di pantaloni neri, stivali ed una casacca blu sopra una camicia bianca, fermati in vita da una cintura. Dopo aver gettato il soprabito sul ramo più basso di un albero, recuperò lo spadone e cominciò silenziosamente il suo allenamento.
Tondo, tondo, affondo.
Tondo, tondo, affondo.
La Bestia doveva avere dimensioni considerevoli, per poter scegliere come prede degli esseri umani.
Sgualembro, tondo, affondo.
Doveva anche essere parecchio intelligente, per minacciare di distruzione un villaggio.
Tondo, sgualembro, tondo, affondo.
Che forma poteva avere? Cosa si poteva aspettare?
Tondo, tondo, affondo.
Tondo, tondo, affondo.
Sgualembro, tondo, affondo.
Tondo, sgualembro, tondo, affondo.
Bah! Ma perché non si era portato dietro anche Caleen e Eirwin? Di sicuro avrebbe fatto un allenamento più divertente, con sua sorella come avversaria e Eirwin come “terzo incomodo”. Di solito si batteva con Caleen – abile nel maneggiare la sua spada bastarda – mentre la sua ragazza, una Maga la cui anima apparteneva all’Aria, richiamava incantesimi che li mettessero in difficoltà. Tra gramarye d’Acqua, di Fuoco e d’Aria, alla fine di un allenamento ordinario l’arena di solito era uno sfacelo.
Poi gli ritornò in mente Thess, con il suo sorriso da gatta, e si chiese cosa sarebbe potuto succedere se avesse portato Eirwin con sé.
Poco ma sicuro, le avrebbe spaccato il naso, si disse, sorridendo tra sé. Meglio non pensarci adesso, Luken. Tra due ore si parte: prima ammazzo quella cosa e prima me ne torno a casa!
* * * * * *
Le colline che racchiudevano la Valle di Ijirel avevano il profilo affilato, ed erano piuttosto disagevoli. Inoltre, la nebbia e gli sbalzi climatici avevano contribuito alla formazione di profonde fessure nella roccia, alcune delle quali perfettamente scambiabili per grotte.
Erano partiti da diverse ore da Felt Dasken, dirigendosi verso ovest: Tanor aveva detto “la collina ad ovest del villaggio” ma Kalen gli aveva spiegato che era la terza, non la prima, pertanto avrebbero dovuto camminare fino al tramonto. Procedevano uno a fianco del’altro, ma Luken aveva dato la precisa istruzione a Kalen di nascondersi dietro di lui nel caso di un attacco improvviso. Era improbabile che fossero attaccati, ma la nebbia aveva già cominciato a salire e riduceva di molto la visuale. Luken avrebbe potuto usare il suo gramarye come aveva fatto all’andata, ma preferì non consumarlo prima della battaglia.
«Perché non mi parli un po’ di te, Kalen?» chiese ad un tratto, rompendo il silenzio.
«Sono nato e vissuto qui, contadino tra i contadini. Non c’è molto da dire.» rispose l’altro.
«Beh, tanto per cominciare potresti dirmi di che tipo è il tuo gramarye, così posso organizzarmi meglio» rispose Luken con il suo solito ottimismo
«Non credo ti possa servire, è del tipo Fuoco...» rispose mogio Kalen. La conclusione della frase si formò automaticamente nelle menti dei due ragazzi
...e con tutta questa umidità non prenderebbero fuoco nemmeno le foglie secche.
Ma Luken non si abbatté: perdere il morale era come perdere la battaglia. Doveva pur esserci un modo per sconfiggere quella famigerata Bestia...
«Se mia sorella fosse qui, ne sentiresti di tutti i colori.» disse di getto «Anche lei ha un gramarye di tipo Fuoco, solo che non lo ritiene mai inutile.»
«Scommetto che è una Cacciatrice.» ribatté Kalen. Luken lo guardò, sorpreso, ma si riscosse quasi subito.
«Sì...è così. Come hai fatto a indovinare?»
Kalen sbuffò.
«Tipico atteggiamento da Cacciatore, Luken. Sembrano fatti tutti con lo stampino, soprattutto le donne.» disse, con l’aria di chi la sapeva lunga.
«Dai, non essere così cattivo. Non lo fanno mica apposta...piuttosto, tu a che Ordine appartieni?»
«Io? Invariabile.» rispose Kalen, piatto.
«Scusa?» chiese Luken, accigliandosi. Non aveva mai sentito un Ordine simile.
«Invariabile.» ripeté il castano «Non ho talenti.»
«Ah. Beh, questo non ci aiuta...» disse Luken
Riassumiamo: la Bestia è intelligente e di dimensioni quasi sicuramente considerevoli. Kalen è la vittima designata, ha un gramarye di tipo Fuoco ed è un Invariabile, pensò. Decisamente, non c’era nulla che potesse giocare a suo favore.
E contare sul terreno di battaglia?
Beh, se si fosse trattato di una radura o di un posto all’aperto non ci sarebbero stati problemi, ma stavano andando nella tana della Bestia, quindi sarebbe stato quasi sicuramente un posto angusto, dove la libertà di movimento sarebbe andata a farsi benedire. Era un’incognita, quella.
Sospirò. Avrebbe dovuto improvvisare, con così poche informazioni e fatti a proprio favore.
Il silenzio calò, teso e denso come la nebbia che li avvolgeva e che, con il passare delle ore, si era fatta più fitta. Era chiaramente percepibile che fossero ormai in prossimità della tana della Bestia.
Quasi ad enfatizzare la scena un corvo, da qualche parte, gracchiò.
«Ehi, Kalen, ti va di dirmi come hanno fatto a sceglierti? È stata una scelta casuale?» chiese Luken per spezzare quel silenzio. Vedere quel ragazzo diventare sempre più nervoso ad ogni passo metteva in tensione anche lui.
Kalen ridacchiò nervosamente.
«Come ad ogni novilunio, ci hanno fatti radunare tutti nella sala di Trei. Lì ci hanno fatto partecipare al gioco dei bastoncini. Sai come funziona?» Luken diniegò «Tanor tiene in mano un numero di bastoncini pari al numero dei partecipanti. I bastoncini sono tutti di lunghezza uguale, ma uno ha la punta tinta di nero. Chi tira su quello con la punta tinta paga la penitenza. In questo caso...» il Paladino fece cenno di aver capito. Scese nuovamente il silenzio, e stavolta nessuno dei due fece tentativi di conversazione, palesemente inutili.
 
Dopo un tempo imprecisato, Kalen si fermò. La nebbia non era giunta fino a quel luogo, ai piedi di una collina particolarmente aguzza.
«Lì...» ed indicò un’apertura della parete stretta ed oscura «Quella è la tana della Bestia.»
Davanti all’apertura si trovava uno spiazzo di terra battuta, circondato da erba malaticcia e macchiato da vistose chiazze rosso scuro. Non era difficile concludere che quelle chiazze fossero macchie di sangue secco, ed alla loro vista Kalen s’irrigidì. Luken lo superò, ponendosi tra Kalen e l’apertura, quindi allargò un braccio con fare protettivo, mentre con l’altra mano raggiunse l’elsa del suo spadone. Voleva dimostrare al ragazzo che, finché c’era lui, non aveva nulla da temere, tuttavia Kalen non percepì il messaggio.
«Luken» disse all’improvviso «Fai ancora in tempo ad andartene...questo è un problema di Felt Dasken, non tuo. Se desideri aver salva la vita, farai bene a tenera a mente il mio suggerimento: fuggi, finché puoi, o la Bestia ti truciderà come ha fatto con tutti gli altri.»
Al sentire quelle parole, Luken si voltò verso Kalen e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi rassicuranti.
«Tranquillo, Kalen, non è così facile uccidermi.»
Subito dopo Luken tornò a fissare la fessura, stavolta con un misto di determinazione e di sommo fastidio verso la creatura che l’abitava, per poi dirigersi verso l’apertura a grandi falcate.
L’interno della fessura si allargava subito in un ambiente spazioso simile ad un tunnel di forma ovale. Non era possibile vedere molto all’interno, in quanto l’unica fonte di luce era l’apertura da cui erano passati, così Luken decise di mettere in pratica un semplice trucchetto che gli aveva insegnato Eirwin e si ricoprì di una pallida aura blu, sufficiente per illuminare a breve distanza e scoprire che il terreno di battaglia era umido in abbondanza (addirittura da qualche parte proveniva il rumore di un incessante gocciolio), in salita e largo a sufficienza da consentirgli di manovrare lo spadone, pur non consentendo mosse troppo elaborate. Sguainò la sua arma e, con tutti i sensi all’erta si inoltrò nella caverna, seguito a breve distanza da Kalen. Il giovane, in un momento di inquietudine, tastò la tasca dei pantaloni trovandovi il coltello che usava per scuoiare i conigli.
Questo non mi servirà a nulla contro la Bestia... si disse non appena ne ebbe riconosciuto la forma.
 
Cibo.
Al suono di questo pensiero la Bestia si risvegliò, e con lei la fame. Era un mese che non mangiava, era tempo di pretendere l’offerta di quel ridicolo villaggio più a valle. Con i suoi sensi finissimi annusò l’aria.
Sono in due, realizzò, mentre il loro odore delizioso – uno dolce ed uno lievemente più forte – ne aumentava la fame.
Dopo essersi stiracchiata, con passi così lievi da fare invidia alla silenziosità dei Cacciatori, la Bestia scalò la parete della grotta fino a raggiungere il soffitto e dirigersi verso l’apertura, dove i suoi due bocconcini l’attendevano.
L’istinto da cacciatrice le impose di bloccare loro l’uscita, così zampettò oltre i due bocconcini fino all’ingresso, soddisfatta che nessuno dei due l’avesse sentita muoversi alle loro spalle. A quel punto si calò fino al pavimento, ma stavolta – forse per via della fame – si mosse troppo grossolanamente e diede modo a Luken di scoprirla. Il ragazzo si voltò, afferrando Kalen per un braccio e portandolo alle sue spalle.
«C-cosa? Cosa c’è?!»
«Stai dietro di me, Kalen.» disse il Paladino. La luce diffusa dal suo gramarye, insieme alla luce proveniente dall’entrata permettevano di distinguere a grandi linee le fattezze della Bestia. Appariva come un ragno, alto quanto un bue e dalla struttura massiccia, ricoperto da un esoscheletro da cui spuntava una peluria di un color fango storpiato dal gramarye azzurrino di Luken.
«Dunque sei tu la Bestia...»
Squadrò l’animale, soffermandosi sulla chiostra di tenaglie affilatissime da cui colava bava: era evidentemente affamata, ed il loro odore giungeva a lei dolce come il miglior miele di Ijirel. Sarebbe stato piacevole...
Kalen fu preda di un panico sordo, un terrore che gli annodava lo stomaco. Sapere che la Bestia era lì, a pochi passi da lui, e non riuscirla a vedere lo metteva in agitazione.
«Luken, è qui???» chiese, con la voce chiaramente distorta dalla violenta emozione. Ma Luken non lo ascoltava, ragionando velocemente sul da farsi.
Valutò un’ultima volta quello che avrebbe fatto, quindi si rivolse a Kalen, ancora dietro di lui.
«Non dovrebbe essere un grosso problema, ma tu sta’ dietro di me o trova un riparo sicuro.»
Detto questo alzò il braccio sinistro e richiamò un globo d’acqua: sul suo palmo si formò una sfera d’energia azzurrina, che scagliò verso la Bestia. A conferma delle sue teorie, dal terreno sotto le zampe della creatura prese ad uscire dell’acqua, quasi come se la roccia sudasse, e la creatura scivolò sulla roccia umida. Un piccolo sorriso comparve sul viso di Luken, ma morì quando vide la creatura fare forza sulle zampe e rialzarsi schioccando rumorosamente i denti – o quello che erano.
Se usa il gramarye ha un gusto più speziato, ragionò la Bestia annusando l’aria. Se avesse potuto parlare avrebbe giurato che l’odore di quel cosino che la sfidava era molto buono, dolce e speziato. Riconobbe quanto fossero diversi i due cosini che le stavano di fronte: uno era agitato, mentre l’altro era calmo e sembrava analizzare la situazione. L’istinto le disse che chi rimaneva così calmo innanzi ad un pericolo tale poteva rivelarsi più pericoloso di uno scorpione, pertanto andava neutralizzato per primo. Una preda più agitata era una preda facile.
Puntando al cosino speziato, la Bestia fece leva su tutte e otto le zampe e saltò in avanti con le fauci spalancate nel tentativo di azzannare il braccio di colui che l’aveva sfidata.
Riconoscendo l’attacco, Luken scagliò di lato Kalen, che finì a ruzzolare contro la parete di roccia. Il ragazzo poteva sentire il terrore serrare la presa in lui ad ogni soffio della Bestia, mentre l’istinto di sopravvivenza gli fece trovare la forza di tastare la parete: quando fu certo di aver trovato una roccia abbastanza grande da nasconderlo vi si rannicchiò dietro, pregando Aelios ed Eos affinché fossero clementi con le loro anime. Nel frattempo Luken aveva impregnato lo spadone del suo gramarye, facendolo risplendere di una pallida luce color acquamarina, e stava menando un fendente diretto al fianco della Bestia nel tentativo di farla arretrare: da quando aveva gettato Kalen fuori dalla mischia la creatura non aveva fatto altro che spingerlo ad arretrare, e sentiva che il muro non era molto lontano dalle sue spalle.
Piuttosto che cedere, l’aracnide si fece colpire e quando il colpo andò a segno, per una reazione istintiva, si scostò. Tuttavia, nonostante la ferita che il cosino le aveva inferto la Bestia riusciva a muoversi agilmente e, cosa più importante, non aveva ceduto che pochi centimetri di terreno, troppo pochi perché il cosino riuscisse a svignarsela. Poteva muoversi a destra e a sinistra, certo, ma indietro avrebbe trovato la solida roccia della collina a meno di un piede.
Cibo. Doveva cibarsi, e subito.
Al suono di quell’ordine fisico, la Bestia si scagliò con un sibilo stridente su Luken.
«Accidenti!»
Il Paladino fu costretto a caricarsi velocemente del suo gramarye, rendendosi conto che l’unico attacco che avrebbe potuto sorbire un qualche effetto, in quel momento, sarebbe stato il suo fendente acquatico. Convogliò il gramarye nella lama, che brillò di luce più intensa, e menò un fendente diretto alla testa dell’aracnide, che si ritrasse troppo tardi: la lama affilata con il gramarye affondò in una cresta dell’esoscheletro a metà tra il collo e la zampa. Un ululato di dolore proruppe dalla creatura e si diffuse nella grotta amplificandosi d’intensità, terrorizzando ancora di più il povero Kalen, nascosto dietro una roccia grande quanto un divano.
«...Nobile Eos, perdona i nostri peccati e permettici di salvare le nostre anime...»
L’odore dell’agitazione giunse alla Bestia come la fragranza più invitante che esistesse, spingendola a cambiare obiettivo: il cosino col gramarye attivo era molto più pericoloso dell’altro, e lei era accecata dalla fame. Di sicuro avrebbe incontrato meno resistenza col cosino agitato. Finse un attacco al cosino offensivo, che si riparò dietro la sua arma, e saltò all’indietro finendo esattamente alle spalle del suo nuovo obiettivo, che sentendo il rumore dell’atterraggio si guardò intorno senza riuscire ad individuarla. Lei invece poteva vederlo benissimo e lo vide sbiancare, interrompendo quella litania che stava mormorando.
Luken assisté alla scena vedendo vagamente quello che stava succedendo. Come faceva Kalen a non vederla???
«Kalen, dietro di te!»
Si mosse velocemente in direzione del ragazzo, ma sapendo di non poter competere in velocità con l’aracnide decise di utilizzare nuovamente il suo gramarye. Richiamò in fretta l’umidità presente nella grotta e formò un rigagnolo scivoloso proprio a partire dal punto dove si trovava Kalen.
«Waaahh!!!» il ragazzo si ritrovò a scivolare nel fango dritto dritto verso l’entrata della grotta, ma si fermò ben presto alle spalle di Luken, che accusava la stanchezza dell’aver usato così tanto gramarye in una volta sola. Mica era un Mago, lui!
Fu allora che, imbufalita per essersi vista sparire la preda da sotto il naso a causa del cosino combattente, la Bestia fece leva sulle forti zampe e si lanciò sul cosino che le dava così tanti problemi tenendo sotto controllo il cosino agitato.
Istintivamente, Luken evocò uno scudo d’acqua a forma di bolla e lo potenziò con una bella dose di gramarye. Non poté includere anche Kalen nello scudo, ma sarebbe stato protetto comunque dalla sua figura, e la Bestia sarebbe stata punto e a capo.
«Non mi trovi impreparato, bestiaccia!» disse tra i denti, proprio mentre l’aracnide si abbatteva a peso morto su di lui. Ma dovette ritirarsi, scottata dal gramarye del Paladino, ed il suo ululato di dolore e rabbia rimbombò nuovamente nella grotta. A quel punto tirò una zampata a Luken, che non se lo aspettava e fu scagliato alla sua sinistra.
Trovandosi faccia a faccia con la Bestia, ora che aveva l’entrata alle spalle, Kalen ne vide finalmente le fattezze e si fece pallido come uno straccio.
Sei mio.
Kalen tornò a respirare quando sentì un dolore pulsante all'avambraccio, dove una grossa zanna giallastra gli aveva lacerato la pelle. Cercò di scrollare via la Bestia, ma quella non mollò la presa sul braccio e, anzi, cercò di imprigionarlo tra le lunghe zampe pelose. Il ragazzo, in una scarica d’adrenalina, sfilò il coltello dalla tasca, ma la piccola lama smussata non causò alla Bestia nulla più che un lieve graffietto. Una paura indicibile prese possesso del tuo torace, quasi paralizzandolo.
«Luken!!!» gridò Kalen in preda al panico, dando alcuni strattoni con il braccio sanguinante per cercare di scrollare via la creatura. «Aiutami Luken!»
Il Paladino fu subito da lui, ma stavolta decise di non ricorrere al gramarye: ne stava usando troppo e troppo in fretta, e cominciava a sentire un vago senso di nausea per lo sforzo. Così fece forza sui suoi muscoli e, con una spallata potente, assestò un fendente alla Bestia recidendogli quasi del tutto una zampa. Sibilando la Bestia mollò il braccio di Kalen e, vedendo il proprio sangue colare vischioso sulla zampa, decise di ritirarsi: approfittando del momento in cui il cosino combattente si parava davanti all’altro cosino e gli diceva qualcosa, si trascinò fin sul soffitto e, fissando con odio il cosino azzurro, cominciò ad impastare tra le mascelle un gomitolo di saliva velenosa.
«Dove credi di andare?» disse Luken, contraccambiando lo sguardo della Bestia. Poi si soffermò un momento sui suoi movimenti, e gli vennero in mente le parole di Tanor ‘sappiamo solo che usa il veleno’. Dunque non era una supposizione!
Vuole uccidermi con il veleno, pensò. E da qui non riesco a colpirlo bene...però se uso il gramarye, forse...
Dando ascolto alla nuova idea in formazione, creò un nuovo globo d’acqua con l’intento di lanciarlo contro il bozzolo che stava impastando l’aracnide, facendoglielo esplodere in bocca od abbastanza vicino al suo corpo per farla morire del suo stesso veleno. Mentre caricava il colpo, con un ulteriore sforzo generò uno scudo per proteggere se stesso e Kalen da un eventuale fallimento della sua idea, e quando fu pronto – lo percepì dalla nausea crescente, che gli assestò una fitta all’altezza della bocca dello stomaco – al grido di «Ora!» lanciò il suo attacco.
Il globo di gramarye fece esplodere la saliva ma, seppur con uno scatto infiacchito dal dolore, la Bestia riuscì ad evitare che il veleno la sfiorasse, disperdendosi un po’ in tutte le direzioni e chiazzando il terreno della sua consistenza untuosa. Tuttavia il brusco movimento la sbilanciò, facendole perdere la presa sul soffitto: il suo corpo abnorme precipitò sul duro terreno della grotta, e l'aria risuonò di uno schiocco secco mentre due delle zampe posteriori si spezzavano.
Il lamento selvaggio della Bestia echeggiò nella grotta, più stridulo che mai, carico di rabbia e dolore.
Con un ultimo scatto dettato dalla collera e dalla disperazione, il mostro si scagliò verso i due.
«Ora basta!»
Luken smise di generare lo scudo e scattò in avanti con lo spadone sguainato. Giunto vicino alla Bestia, fece leva su un paio di rocce sporgenti e saltò abbastanza in alto da poter imbrigliare quasi tutto il gramarye rimastogli nella spada e caricare un nuovo fendente. La pietra cangiante nel pomolo, con tutto quel gramarye, divenne di un luminosissimo blu oltremare e disperse l’energia nella lama. Con un ultimo grido il Paladino calò il colpo sulla testa della Bestia, passandone il capo da parte a parte e facendone sgorgare fiotti di sangue scuro e vischioso che gli chiazzarono le vesti ed il volto, prima di disperdersi sul terreno sotto la carcassa dell’aracnide, le cui zampe avevano ceduto di botto nel momento in cui la vita l’aveva abbandonato. In un ultimo impulso nervoso, la Bestia s’accartocciò su se stessa, rassomigliando al pugno raggrinzito di un vecchio.
Kalen si rialzò e raggiunse a tentoni la figura ancora lievemente illuminata di Luken. Quando lo raggiunse e vide ciò che si presentava ai suoi occhi, un’espressione meravigliata ed estatica si dipinse sul suo volto insudiciato.
«È morta...la Bestia è morta!!!» gridò. Non c’era più traccia di paura nella voce, solo meraviglia e felicità.
«Già...ora non ci saranno più sacrifici, Kalen...» rispose Luken, trattenendo a stento un conato di vomito. Aveva usato davvero troppo gramarye per i suoi standard, e si sentiva indolenzito.
«Grande Aelios! Dobbiamo andare a dirlo al villaggio! Tutti devono saperlo!»
Sembrava che la vite fosse tornata a scorrere nelle vene di quel ragazzo. Perché non aveva sfruttato un po’ di quella vita anche prima?
Uscirono nuovamente all’esterno: la luna era alta nel cielo e li illuminava con i suoi raggi argentati. A quel punto, quando l’aria fresca della radura entrò nei suoi polmoni, un violento capogiro annunciò a Luken che doveva pagare per aver usato tanto gramarye: il Paladino dovette appoggiarsi alla parete della collina e rimettere quel po’ di succhi gastrici che aveva nello stomaco. Kalen stava dicendo qualcosa a cui Luken non aveva prestato ascolto, e si interruppe quando vide lo stato in cui versava il suo salvatore.
«Per Eos Curatrice! Luken!»
Senza pensarci due volte, Kalen si avvicinò al Paladino. In quel momento sarebbe stato difficile immaginarsi quel ragazzo come un eroe, chino in avanti a vomitare anche l’anima.
«Va tutto bene...blaaarghhh...ho solo esagerato...con il gramarye...blaaarghhh...»
«No che non va tutto bene! Non possiamo rimetterci in marcia verso il villaggio se tu stai male!» ribatté Kalen con tono contrariato, quasi a voler dire “vedi di sbrigarti con quel malessere”.
Luken non rispose per alcuni minuti, preso a combattere una battaglia con lo stomaco in subbuglio, poi si ripulì la bocca in un angolo meno sudicio del mantello ed abbozzò un sorriso.
«Ti ho detto che è una cosa passeggera, non c’è bisogno di allarmarsi tanto...»
«Mmmhh» Kalen non sembrava molto convinto della frase del Paladino.
«Sul serio...» un nuovo conato minacciò di arrivare, ma stavolta Luken lo rimandò indietro.
«La tua faccia dice tutt’altro.» constatò il ragazzo «Ma se dici di essere a posto, allora andiamo.»
«Ad ogni modo» lo riprese Luken «Non possiamo rimetterci in marcia, non a quest’ora di notte. Rischieremmo di perderci e null’altro.»
«Perderci? Conosco Ijirel come le mie tasche!»
«Ma hai mai viaggiato in piena notte con la nebbia così fitta? Con un compagno stanco ed un braccio che necessita di cure?» con un ampio gesto, Luken indicò la radura, se stesso ed il braccio che la Bestia aveva morso. Appena oltre lo spiazzo non si vedeva più nulla, tutto era coperto da una nebbia così fitta da poter essere tagliata con un coltello. In quel momento una civetta cantò, e poco dopo si udì il verso di alcuni pipistrelli. Kalen deglutì. I pallidi raggi lunari gettavano ombre inquietanti nella nebbia...
«No.» dovette ammettere.
«Quindi dobbiamo accamparci qui» concluse Luken. La vitalità che fino ad un attimo prima aveva animato gli occhi di Kalen si dileguò in un lampo, mentre fissava il paladino con gli occhi sgranati per la sorpresa.
«Ma...ma sei impazzito???» sbottò.
«Assolutamente.»
«Vuoi dormire qui, così vicino a quel mostro che...»
«Sì.» rispose tranquillamente Luken «Sì perché tanto quella bestiaccia non ci darà più fastidio. In questo modo riprenderemo le forze e domattina potremo comunicare la notizia al tuo villaggio.»
«Ma...» si zittì quando vide Luken rientrare nella grotta, e capì che sarebbe stata una battaglia persa. Si fece coraggio e lo seguì, titubante per via dell’emozione che quel luogo gli suscitava. La battaglia era davvero troppo fresca per poter rientrare a cuor leggero come faceva quel Paladino davanti a lui. Beh, non a caso lui era un Invariabile e Luken un Paladino, no?
Notò che Luken non si era messo molto distante dall’ingresso, in un luogo riparato dagli spifferi. Probabilmente nemmeno lui aveva voglia di dormire vicino al mostro, però...con quel po’ di luce lunare che entrava non si capiva bene che stesse facendo, e di certo non si stava coricando.
«Che stai facendo?» chiese.
«Sto preparando delle bende per il tuo braccio. Non è il caso di farlo infettare, ti pare?»
«No, direi di no.» rispose Kalen «Posso darti una mano?»
«Potresti farmi un po’ di luce» rispose Luken, pacato.
«Tipo te prima? Non so come si fa...» ammise il ragazzo, sconsolato.
«Fai girare velocemente il gramarye che hai intorno, e vedrai che ad un certo punto si “accenderà” sulla tua pelle senza farti del male.» spiegò il Paladino.
«O-okay...» rispose Kalen, un po’ spaesato. Si era aspettato chissà cosa, invece...
Si concentrò un poco e, qualche secondo dopo, una sottile linea rossa abbracciava la sua figura. Con un altro piccolo sforzo divenne più forte, illuminando in maniera giusta lo spazio dove si erano accampati «Wow!»
«Visto? Non è tanto difficile» lo incoraggiò Luken.
«No...è vero! Ci sono riuscito subito!» a quel punto scese il silenzio: Kalen osservò Luken fare a brandelli il cappuccio del mantello, unica cosa sufficientemente pulita, prima di tendergli il braccio ferito. Solo allora si accorse di tre segni rossi, di cui uno profondo, disposti in fila lungo l’avambraccio destro. I segni delle zanne della Bestia. Luken lo fasciò avendo cura di non stringere troppo per non rallentare la circolazione sanguigna.
Quindi si coricarono senza perdere altro tempo.
«Luken?» chiamò Kalen, un attimo prima di addormentarsi.
«Sì?»
«Grazie...»
Luken sorrise.
«Figurati...»
 
La notte non fu molto tranquilla per Kalen, che ebbe incubi sulla Bestia ogni volta che chiudeva gli occhi. A dire il vero aveva timore anche di riaprirli e trovarsela lì davanti, pronta a sbranarlo. Ma quando li riapriva lei era là in fondo, raggomitolata su se stessa, morta. Ed allora aveva il timore di richiuderli, perché la Bestia lo avrebbe tormentato nei sogni.
Ben diversa fu la nottata di Luken, che cadde quasi subito in un sonno senza sogni dettato dalla stanchezza; sonno che durò per tutta la notte e fino a mattina inoltrata, quando Kalen lo scrollò con delicatezza.
«Svegliati, Luken...»
«Eddai...Caleen...fammi dormire...» biascicò.
Caleen??? si chiese. Ehi, lui era Kalen, non Caleen! Non cominciamo a scambiare il maschile col femminile!
«Luken sono Kalen, non Caleen! Non so nemmeno chi sia questa Caleen!»
A quel punto Luken si svegliò del tutto. Quando si accorse di quello che aveva detto, si affrettò a scusarsi con un «Ti avevo scambiato per mia sorella, mi dispiace.»
Pochi minuti dopo erano pronti a partire.
Il viaggio di ritorno fu decisamente più piacevole di quello dell’andata: l’agitazione era sparita assieme alla nebbia, e Kalen pareva decisamente più loquace.
Avevano parlato di tutto ed un po’ come fossero grandi amici, poi verso la fine il discorso era finito su Thess e Kalen aveva dato evidenti segni di agitazione.
«Thess ti piace, non è così?» aveva chiesto a bruciapelo Luken, e Kalen era diventato di tutti i colori.
«Beh...ma...sì...no...vedi...» biascicava.
«Tranquillo, io ho dovuto litigare pesantemente con mia sorella prima di riuscire a dichiararmi.» assicurò Luken.
E rischiare di perdere un braccio per mano della rabbia di Caleen, aggiunse mentalmente. Sorrise al ricordo.
«Secondo me dovresti dirglielo.»
«Chi, io? Nooo! Dopo chi le sentirebbe Dhalia e Ramyl???» rispose Kalen, arrossendo visibilmente. Luken capì che si riferiva alle due ragazze che aveva visto assieme a Thess il giorno prima. Fece spallucce e concluse con un «Come preferisci.»
Non era un consulente matrimoniale, d’altro canto. Era un Paladino traboccante di voglia di tornarsene a Fea dalla sua Eirwin e – perché no? – anche da quella matta di Caleen.
* * * * * *
«La Bestia è morta!!! La Bestia è morta!!!»
Kalen entrò a Felt Dasken urlando quelle parole con quanto fiato avesse in gola. Nell’udire la notizia, la gente per strada smise di parlare o camminare o fare qualunque cosa stesse facendo. Persino il fabbro smise di battere sul ferro rovente per gridare di giubilo assieme a chi aveva sentito la notizia.
Quando fu certo di aver diffuso a sufficienza la notizia, corse ancor più veloce fino in fondo al villaggio, verso la piccola casa da cui stava uscendo una donna.
«Madre!!!»
A quella voce, la donna si bloccò di colpo e si voltò.
«Kalen!» e fu travolta dall’abbraccio del ragazzo «Sei vivo...grazie agli dèi...»
Calde lacrime uscirono dagli occhi della donna, colando sul mantello infangato del ragazzo.
«Madre, non piangete. È tutto finito. La Bestia è morta, Luken l’ha uccisa! Non ci saranno più sacrifici!»
La donna lo osservò, commossa. Era sporco e ferito, ma era vivo. Eos Redentrice, era vivo e raggiante come poche altre volte.
«Andiamo, adesso. Dobbiamo festeggiare!» ed indicò la calca di gente all’ingresso del villaggio.
 
Luken fu bloccato all’ingresso del villaggio.
A differenza di Kalen, lui non aveva corso nell’ultimo tratto, e quando era arrivato, la guardia all’ingresso lo aveva annunciato con un «Ecco il Paladino! Ecco l’eroe!» che aveva fatto sì che metà della popolazione di Felt Dasken lo attorniasse per parlargli, ringraziarlo, toccarlo, chiedergli una benedizione. Luken rispondeva come meglio poteva, fino a che una voce propose di condurlo da Trei. Tra le acclamazioni della gente, si aprì un corridoio che conduceva dritto dritto alla casa del capo villaggio. Il ragazzo sfilò fino all’abitazione fra una pacca ed una carezza, trovando Trei sulla porta di casa: aveva le gambe storte ed era piegato in avanti, con le braccia incrociate dietro la schiena, ma sorrideva con quel fare composto che Luken ammirava.
«Giovane Paladino di Aelios.» disse, e la folla si zittì «A nome di Felt Dasken, ti ringrazio per i tuoi servigi. Ora che la Bestia è morta il destino di questo villaggio è cambiato radicalmente: non più morte e desolazione, ma vita e prosperità. E che vita e prosperità scendano anche su di te come una benedizione, perché anche tu che ce le hai rese ne possa godere. Detto questo, che si festeggi!»
Con un’ovazione, il capo villaggio rientrò in casa e con lui Tanor, che non mancò di fargli cenno di entrare con loro. Luken non se lo fece dire due volte ed entrò: gli piaceva essere al centro dell’attenzione, ma la reazione di quella gente gli pareva un po’...esagerata.
Una volta in casa, si diressero nella sala dove Trei l’aveva ricevuto la prima volta.
«Tanor.»
L’uomo tirò fuori dalla cintura un minuscolo sacchettino di pelle e lo porse al ragazzo. Luken lo prese e ne rovesciò il contenuto sul palmo della mano: un anello d’argento vivo screziato da piccole schegge di zaffiro.
«Ma...»
«Questa è la ricompensa che possiamo offrirti, giovane Paladino. Non è molto, ma è quanto più possiamo darti come ringraziamento per averci salvato.» disse l’uomo. Il vecchio annuì. Non sapendo come comportarsi, Luken s’inchinò.
«A-accetto volentieri questo gioiello.» disse a quel punto. Poi si rialzò «Ho...scusate, avrei bisogno di un bagno caldo.»
«La gente ti reclama, ragazzo. Sarebbe meglio che tu stessi tra loro.» rispose Tanor «Il bagno caldo lo farai dopo, quando sarà il momento più adatto.»
E fu pressoché scaraventato in mezzo alla folla.
 
 
Quella sera fu organizzato un grande banchetto all’aria aperta: Selene aveva concesso una notte un po’ meno fredda e priva di nebbia, e la gente ne aveva approfittato subito.
Luken e Kalen erano stati messi a sedere al centro della tavolata, e ben presto era stato chiesto loro di raccontare cosa fosse successo. Fu Kalen a raccontare, a tratti mimando ciò che era successo, riuscendo ad incantare la gente con la sua arte oratoria ed i dettagli “leggermente” ingranditi. Quando fu il suo turno di raccontare, Luken ovviamente gli resse il gioco: si divertiva troppo a vedere quel ragazzo che raccontava e faceva i versi in maniera davvero impeccabile.
Alla fine del banchetto, tra tutto quell’andirivieni che ne seguì, Kalen perse di vista Luken.
Lo cercò a lungo tra la gente, senza risultati, finché non lo intravide in una viuzza secondaria del villaggio, assieme a Thess. Subito si acquattò in ascolto contro il muro di un’abitazione, ma non riuscendo a sentirli si dovette avvicinare per una via parallela.
«...spiacente, Thess, ma non posso accettare. Il mio cuore è già impegnato...» stava dicendo il ragazzo. Thess sembrò ferita dalla risposta. «...Ma se ti guarderai bene intorno vedrai che c’è qualcuno di adatto a te, sicuramente. Qualcuno di cui finora non ti sei accorta e che ti ha sempre vegliato nell’ombra.»
Lei abbassò di colpo lo sguardo e corse via. Luken sospirò. Con Thess facevano tre: anche Dhalia e Ramyl erano andate da lui a fargli la solita proposta, e lui aveva detto di no a tutte e tre.
«Puoi uscire, Kalen.» disse a quel punto il ragazzo. L’altro sbucò dal retro della casa di fronte a dov’era Luken.
«Ti cercavo...»
«...e ti sei fermato un attimo ad ascoltare, vero?» chiese il Paladino. Non voleva assolutamente essere duro, Kalen lo capì e gli annuì «Beh, ho detto la stessa cosa a tutte e tre, e tu adesso hai un po’ più di campo libero per farti avanti. Non ti resta che andare e conquistare!»
«La fai facile te! Sei entrato subito nelle sue grazie!» rispose Kalen. Luken fece marcia verso la piazza del paese, sventolando la mano come a dire “tut-tut!”
«Ah, complimenti per la recita! Sei davvero un attore nato!» gli disse.
«Ah...eh...grazie...»
 
 
L’indomani mattina, mentre tutti ancora dormivano, Luken andò alla scuderia comune per sellare il suo cavallo. Non ce la faceva più ad aspettare, doveva rimettersi in viaggio per Fea. Era stato via solo nove giorni, e ce ne avrebbe messi altri sei cavalcando velocemente, ma già sentiva la mancanza delle ragazze con cui viveva.
Carico di una nuova storia da raccontare, sellò in fretta il cavallo e lasciò Felt Dasken alle sue spalle, diretto verso sud.
Diretto verso casa.

 

 

 

 

 


Ecco conclusa la prima storia della serie “Tales of Pangea”, spero di non aver annoiato nessuno.
Ovviamente, si accettano consigli e critiche.
 
Per chi fosse interessato, a questi indirizzi si possono trovare le immagini dei vari personaggi de “I Sacrificati”:
Alla prossima!
Iryael

 

   
 
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