Note prima di iniziare:
Questa storia è nata molto tempo fa, in un periodo della mia vita in cui
avevo un rapporto con la scrittura troppo scostante per portare a termine
qualcosa. Chiedo personalmente scusa a tutti i lettori che hanno seguito
“Impulso” con passione. È anche grazie a voi se ho deciso di riprendere in mano
questa storia e questi personaggi che mi sono sempre rimasti dentro, nonostante
tutto.
Se qualcuno tra voi conosce la storia nella sua versione originale, be’,
non aspettatevi che “Eclipse” sia una sua copia fedele. Anzi, tutt’altro: a
rimanere invariata è solo la trama principale, a grandi linee.
Questa è la storia di Rose Weasley, una ragazza abituata ad avere tutto
che si ritrova a non avere più niente. Non ha più una reputazione. Non ha più
amici. Non ha più una famiglia.
È la storia di una ragazza che impara, purtroppo, quanto siano
determinanti le etichette che ti cuciono addosso gli altri.
Ed è anche una storia d’amore, sì. L’amore tra due ragazzi che si sono
sempre ostacolati l’un l’altro, fino allo sfinimento, per seguire la tradizione
illogica iniziata dai loro genitori.
Lascio che sia la storia stessa a rivelarsi a voi. Spero che sia di vostro
gradimento.
Eclipse
Perché,
durante l’eclissi, sole e luna s’incontrano
La vita mi ha insegnato tante cose, ma
solo una è la più importante.
La vita mi ha insegnato che le certezze
sono tutto. Sono le fondamenta del mio piccolo mondo fatto di finzioni.
Mi chiamo Rose Weasley
e di certezze, una volta, ne avevo
tante, ma due erano quelle che pensavo mi sarei portata dietro sempre. Prima
fra tutte, la mia etichetta, che mi tiene compagnia da quando sono nata. Solo
in pochi si rivolgono a me con il mio nome di battesimo – sono la “Figlia dei
Salvatori del Mondo Magico” per chiunque.
Tra le cose che la vita mi ha
insegnato, quella che detesto di più è che non sei tu a decidere chi sei, ma le
etichette che ti affibbiano gli altri. Ci illudiamo di essere padroni di noi
stessi, di poter scegliere il nostro posto nel mondo. Sbagliato. Sono gli altri a farlo al posto tuo.
Seconda certezza: i miei cugini. La mia
famiglia. Tutto il mio mondo si
reggeva sulla convinzione che loro non mi avrebbero mai lasciata sola. Mai.
Ma poi arriva un giorno in cui ti
svegli e le certezze crollano. Le fondamenta cedono e il tuo mondo si sgretola.
La vita mi ha insegnato che quel giorno
arriva per tutti.
Ho combinato un disastro. O meglio, una
catastrofe. Il mondo di plastica che mi ero impegnata a plasmare con cura si è
sciolto fino a non esistere più.
Chi l’avrebbe mai detto che un bacio
dato alla persona sbagliata avrebbe scatenato tutto questo?
*
Trecentosessantaquattro ore e venticinque minuti
dopo il fatto, ero ancora sulla bocca
di tutti.
I bisbigli fanno rumore. Assordano. Si
muovono, di lingua in lingua, tra i corridoi di Hogwarts.
A volte mi raggiungono, mi colpiscono in faccia, ma tendenzialmente sussurrano
tutti alle mie spalle. Ed è difficile captarle, le voci, eppure fanno rumore.
Per esempio, ora. Sono dentro la mia
stanza, più morta che viva, ho la
testa schiacciata sotto il cuscino, ma li sento. So che dietro la porta,
qualche metro più in là, i miei cugini stanno sussurrando. Lo sento, il mio nome, e più mi tappo le orecchie, mi
premo contro il cuscino, più i mormorii si trasformano in urla.
Sono passate trecentosessantaquattro
ore e venticinque minuti, e Dominique continua ancora a rivolere la sua
reputazione indietro. “Dovrei odiarti, Ro. Dovrei odiarti, cazzo! Ti decidi a
muovere il culo?”
Mia cugina non è mai stata il massimo
della finezza. In questo momento, sta camminando avanti e indietro per la
stanza producendo gli stessi rumori che farebbe un elefante. Se non fossi sotterrata
da queste coperte, potrei vederla saltellare mentre cerca di infilarsi una
minigonna di due taglie in meno. “Cioè, io dico. Sono passate due cazzo di
settimane e la puttana della scuola sei ancora tu?”
Emetto un mugolio contrariato. Lei
frena. “Hai ragione. Scusa, Ro, è che proprio non l’accetto. Andiamo, sono io
quella che scopa ogni sera con qualcuno di diverso! Mi hai fregato la
reputazione. E per chi, poi? Per quel coglione di Malfoy!”
“Dom, ti
giuro che se non taci…” sono costretta a levarmi di dosso le coperte e
riaffiorare. Se questa pazza continua a urlare, sentiranno tutti.
“Merci
mon Dieu, ti sei decisa
ad alzarti. Rosso fuoco o bordeaux?” mi chiede, ma non aspetta la risposta e si
passa il solito rossetto acceso sulle labbra. Rossetto che, per intenderci, non
passerebbe inosservato nemmeno in discoteca.
Dominique è sempre stata mia amica,
come tutti gli altri cugini. Ma lei, a differenza loro, è restata al mio fianco
e non potrò mai ringraziarla abbastanza per questo. Se una volta eravamo semplicemente
amiche, adesso siamo legate indissolubilmente, per
quanto diverse possiamo essere l’una dall’altra.
La cosa più divertente è che non me lo
sarei aspettata da Dom, forse perché indossa
continuamente una maschera da ragazza superficiale che impedisce di scavare a
fondo per rendersi conto di chi è veramente.
Me lo sarei aspettata, invece, da Al.
Dopo che mia cugina si è infilata nella
gonna di vinile, si è passata l’eyeliner almeno quarantatré volte e ha sorriso
accattivante allo specchio, usciamo.
Sia chiaro, io odio uscire dalla mia
stanza. Ormai vivo praticamente rintanata lì: mangio, studio e… be’, non faccio
molto altro. Vivo praticamente come un vegetale, ma mi sta bene così – cento
volte meglio di dover affrontare gli altri, i loro bisbigli, e soprattutto
Lily. In questi giorni, sono riuscita a inventare sette percorsi diversi per
evitarla. Ho imparato a memoria l’orario delle sue lezioni e i momenti di tempo
libero che potrebbe passare in Sala Comune. Dire che sono ossessionata è un
eufemismo, ma potete biasimarmi?
Io e Dominique abbiamo sincronizzato i
nostri orari e modificato le nostre tabelle di marcia in modo da uscire dalla
nostra stanza per affrontare le lezioni con circa trentatré minuti di ritardo.
Sono serviti parecchi calcoli e tentativi per decretare il tempo esatto
necessario alla Sala Comune dei Grifondoro di
svuotarsi. Certamente, tutto ciò comporta qualche ammonizione disciplinare e la
perdita di concetti importanti spiegati nella prima ora di lezione, soprattutto
perché molto spesso i trentatré minuti si trasformano in ore: se due settimane
fa ero in grado di rispettare le regole e adattarmi agli orari, buttando giù Dom, la dormigliona, dal letto, ora la situazione è
completamente affidata nelle sue mani. La motivazione di alzarmi dal letto la
mattina si è completamente disintegrata, e l’indifferenza verso qualsiasi cosa,
scuola inclusa, è aumentata, non lasciando spazio ad alcune responsabilità.
“Oh, no.”
Dominique blocca di colpo la sua
falcata elegante, costringendomi a sbattere contro la sua schiena. “Che c’è?”
sbotto, ma non è necessario che lei mi risponda: oltre la sua spalla, in fondo
alla stanza, si staglia il trio malefico dei fratelli che avevo l’intento di
evitare fino alla morte. I Potter.
Sia io, sia Dominique restiamo
paralizzate. Hogwarts è un posto gigantesco: anche se
non sembrerebbe, risulta facile evitare certe persone, soprattutto se ne si ha l’intenzione. Per questo motivo non ci saremmo mai
aspettate che i nostri piani architettati alla perfezione, tutti volti a non
incontrare i Potter, avrebbero portato a un fallimento di questo tipo: un
incontro agghiacciante in Sala Comune. Secondo i miei calcoli, ovviamente,
dovrebbero essere tutti occupati – Lily a Pozioni, Al a Erbologia,
James a… volare, o organizzare scherzi, per esempio.
Lily alza lo sguardo da terra e
incrocia il mio. Un brivido celere percorre la mia spina dorsale, prima che io
possa rapidamente voltare gli occhi e dare una leggera spintonata a Dom, per riportarla alla realtà e supplicarla di andarcene
prima che sia troppo tardi.
“Dominique!”
Oh, merda. La voce di Lily è la stessa
di sempre, trasparente e infantile, leggermente acuta: così tremendamente
lontana dal suo carattere, mascherato con astuzia. Da due settimane a questa
parte, mi sono convinta di aver perso completamente il mio coraggio da Grifondoro, dato che sussulto ogni qualvolta una persona mi
rivolge la parola o mi sfiora. In questo momento, quindi, il cuore mi sprofonda
nello stomaco e mi preparo a essere colpita, anche se vorrei essere ovunque
tranne che qui. Prima che Dom possa rispondere,
sempre che abbia l’intenzione di farlo, Lysander Scamandro si alza dal divanetto per raggiungerci.
Lysander è la seconda e
ultima persona che mi rivolge ancora la parola, quindi chiudo sempre un occhio
quando viene a trovarci nella Torre dei Grifondoro,
anche se è una Serpe. Ormai sono sicura che la Signora Grassa abbia un debole
per lui, sennò non saprei spiegarmi come fa a essere qui così spesso.
Sembriamo due eserciti schierati per il
combattimento, tre contro tre. Dom incrocia le
braccia, ferma sul posto, e sfida Lily con lo sguardo. Io mi sto sentendo male
e immagino anche Lys, dato il colorito verdastro che
sta assumendo il suo volto. Se non fosse assolutamente ridicolo e fuori luogo,
gli stritolerei la mano.
“Vedo che hai iniziato a capire quale
sia il tuo posto nel mondo, Dominique” sorride Lily, di un ghigno disarmante,
pronta a sferrare il suo colpo. “E ti sei avvicinata ai tuoi simili: le puttanelle.”
Sapere che Lily – la stessa persona con
la quale ho condiviso ogni attimo della mia vita, la stessa a cui ho fornito i
miei insegnamenti più fraterni e sinceri, la stessa che mi sostiene da quando
siamo piccole – mi definisce una “puttanella”
fa meno male di quanto credessi. Incasso il colpo e resto in silenzio: so di
essermelo meritato, so di essere nel torto, per questo le sue parole non mi
scalfiscono.
Dominique, al contrario, è livida, ma
non può permettere a nostra cugina di averla vinta. Raddrizza ancora una volta
le spalle, cerca di darsi un contegno, ed esclama con voce piatta: “Vedo
anch’io, Lily, che hai iniziato a frequentare sempre di più i tuoi simili.
Soprattutto i coglioni” e riserva un
cenno del capo a James Sirius, “e i codardi.” Conclude, gelando Albus con lo sguardo.
C’è qualche attimo di silenzio, poi Lysander annuisce convinto. “Quello che ha detto lei!” urla
e ci trascina via da lì, strattonandoci per le braccia.
Una volta fuori, lui e Dominique
esplodono in una risata sincera e cristallina. “Ma hai visto che faccia che ha
fatto!”
“Sembrava una scena da film” affermo,
ma non riesco a condividere la loro gioia. Appoggio la schiena contro la parete
del corridoio e respiro a fondo, rammentando gli occhi smeraldo bassi e
malinconici di Al. Poi aggiungo, con voce sottile: “Grazie, ragazzi. Non so
proprio cosa farei senza di voi.”
“Non fare la sdolcinata che mi metto a
piangere!” ride Dom, stringendomi in un abbraccio. Lys si asciuga, di nascosto, gli occhi con un fazzoletto, e
non posso fare a meno di unirmi alla risata della mia amica.
Sono le situazioni
come queste che ti fanno capire chi è davvero tuo amico, e chi non lo è mai
stato.
Corriamo a lezione, tutt’e tre in
direzioni opposte, e dentro di me inizio a elaborare una scusa plausibile.
L’ennesima a cui i professori non crederanno. Chiudono un occhio perché sono
Rose Weasley, ma mi domando quanto tempo manchi al
giorno in cui scriveranno a mia madre. Comunque sia, quando lo faranno, sarà la
mia fine. Meglio non pensarci.
Irrompo alla lezione di Pozioni sotto
lo sguardo allibito del professor Queeny, che
stranamente non dice niente, se non “Buongiorno, signorina Weasley!”.
Seguo diligentemente ogni parola che
esce dalla sua bocca, non perché sono una secchiona, ma perché mi aiuta a
distrarmi dai bisbigli alle mie spalle. Immagino già le teorie che stanno
diffondendo gli studenti alle mie spalle – l’ultima che ho sentito è che sono
arrivata tardi perché occupata in uno sgabuzzino con due ragazzi fidanzati (in contemporanea, sì). La lezione di
Pozioni, poi, è la peggiore, dato che ci sono anche i Serpeverde…
e loro sì che sanno dove colpire.
Al termine della lezione, mi fingo
indaffarata a sistemare le mie cose in modo da essere, come sempre, l’ultima
che esce dall’aula. Faccio per alzarmi, finalmente, quando il professor Queeny dice: “Signorina Weasley,
mi scusi, le dispiacerebbe trattenersi un attimo?”
Cazzo. Questa è la volta buona che mi
espellono. Sono stata un’illusa a credere di averla passata liscia fino ad
adesso. Probabilmente mia madre è già al corrente di tutto e, quando tornerò a
casa, troverò le mie valigie sull’uscio. Oddio. Dove andrò a stare? Potrei
chiedere una mano a qualcuno, forse, ma a chi…
“In bocca al lupo, Weasley.”
Una voce sarcastica, dietro di me, mi
fa sobbalzare, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Riconoscerei ovunque
la voce di Scorpius Malfoy.
Lo ignoro, aspetto che esca dall’aula e
mi avvicino a Queeny trattenendo a stento le lacrime.
“Professore, mi dispiace tantissimo di essere arrivata in ritardo a lezione, la
prego, mi perdoni, le prometto che farò dei compiti in più, qualsiasi cosa, non
mi cacci da Hogwarts, la prego, la prego Professore.”
Queeny sgrana gli occhi,
spaventato dal mio fiume in piena, e mi dà un colpetto sulla spalla. “Si
tranquillizzi, signorina! Volevo solo chiederle come stava e passarle gli
appunti delle lezioni che ha perso.” Sorride e mi passa un plico di fogli.
Il caro e vecchio professore… per
qualche motivo, il suo gesto mi commuove e non riesco a fermare le lacrime che
mi scendono sul volto. Prima una, poi due, poi non mi concedo di andare oltre e
le asciugo con la manica della divisa. A commuovermi non è solo il gesto, ma il
fatto che avessi sempre relegato Queeny tra quei
professori anonimi e senza personalità, quando in realtà è il primo e l’unico
ad avermi dato sostegno. “Non so come ringraziarla” ricambio con un sorriso
incerto e, senza dargli il tempo di aggiungere altro, me ne vado.
Confusa e smarrita, vado a sbattere
contro il petto di qualcuno.
“Smettila di provarci con me, Weasley” uno sguardo grigio e divertito mi squadra da capo
a piedi.
“Prego?” esclamo, posata, nascondendo
il mio uragano di sentimenti.
Scorpius preferisce cambiare
discorso. “Queeny non fa fermare mai nessuno. Che altro guaio hai combinato?” sghignazza,
e comprendo il significato di “altro”.
Deglutisco. “Nessun guaio.” Aggiungo:
“Smettila di essere irritante, Malfoy”.
“Smettila di essere acida, Weasley”.
“Smettila di essere ovunque” borbotto,
e aggiungo: “Malfoy”.
“Guarda che ero qui appositamente per
te” fa un sorriso storto, “Volevo che mi dicessi che lettera arriverà ai tuoi
genitori.”
“Nessuna”
sibilo. “Sono Rose Weasley.”
“Non ne andrei tanto fiero, se fossi in
te” afferma, tuttavia sento dal suo tono che scherza, che gli piace usare la
sua pungente ironia su di me. “Allora, cosa voleva dirti?”
“Perché ti interessa?”
“Scorpius!”
una voce mielosa e irata al tempo stesso ci fa voltare. Lily sta correndo verso
di noi.
“Io vado” lo avverto. E fuggo.
La verità è che posso scappare dai miei
problemi finché voglio, ma non potrò mai scappare da me stessa.
*
Osservo le gocce di pioggia battere
contro la finestra.
Il cuore mi rimbomba ancora nel petto, e
non posso fare a meno di pensare a lui.
Cosa mi è preso,
quella sera?
Penso ai suoi occhi
grigiastri, ai capelli spettinati che aveva stamattina. Penso alla nostra
competitività, che ci ha sempre tenuti così lontani
ma uniti al tempo stesso…
“Dominique. Secondo te ne è valsa la
pena?”
Mia cugina corruga la fronte e increspa
appena le labbra in un sorriso compassionevole.
Non risponde, Dominique. Non ce n’è
bisogno.
Nessun bacio vale la pena di perdere la
tua famiglia.
Soprattutto se non
ricambiato.