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Autore: Leotie    08/08/2019    1 recensioni
Un bambino vittima di abusi. Un uomo dal passato oscuro. Riuscirà l'amore a smacchiare le due anime da ogni ferita e colpa?
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Lily Evans, Petunia Dursley, Severus Piton, Vernon Dursley | Coppie: Lily/Severus
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Severus aprì il libro che aveva appena trovato sepolto tra gli altri volumi, nell’angolo più lontano della biblioteca di Spinner’s End. Ci era andato quando Harry dormiva, ponendo su sé stesso un fascino di disillusione, per questioni di sicurezza: se qualcuno fosse riuscito ad entrare, non l’avrebbe visto. Essendo stato una spia per molto tempo, i suoi passi erano leggeri come una piuma, nessuno scalpiccio, nessun avvertimento della sua presenza. Era quello il segreto per cui aveva fatto spaventare molti studenti.  Il libro era vecchio, in pelle, dai bordi screpolati. Sfogliava con curiosità le pagine ingiallite, qualcuna screziata o pastrocchiata, come se fosse stato utilizzato molto o qualcuno avesse voluto cancellare parole potenzialmente pericolose. La carta era sottile e molto fragile. Il libro non aveva titolo, ma vi era ogni sorta di incantesimi, alcuni dei quali Severus avrebbe definiti oscuri. Legilimanzia, Difesa, Trasfigurazione. Più Severus leggeva, più ne rimaneva affascinato e intrappolato come un ragazzino inesperto e avido di conoscenza. Ma sapeva che la distrazione sarebbe stata di un altro momento. Ora doveva pensare ad Harry, trovare qualcosa che potesse aiutarlo, tenerlo lontano da Voldemort, dalle visioni che lui gli mandava. Severus non sapeva ancora come, ma conosceva benissimo l’abile occlumanzia e legilimanzia del Signore Oscuro. Era per quello che lui stesso aveva deciso di padroneggiarli. Certo, poi si era rivelato naturale in tali faccende della mente, ma all’inizio non lo sapeva. Ricordava la profonda paura che scuoteva ogni angolo del suo animo ai primi incontri, ogni volta che l’Oscuro Signore gli rivolgeva la parola, che gli chiedeva “favori” o pozioni. Tracciava con un dito ogni nome, ogni titolo, leggendo e traducendo ogni parola latina, appropriandosi di contenuti preziosi. Il libro era aperto alla sezione di Legilimanzia. Conscidisti mentem. Adolebitque pontes grisei caudatolenticulares. Una cum mentium. ‘Mente Insieme’ pensò Severus.
«Una cum mentium…» sussurrò Severus.
Era un nome strano per un incantesimo, Severus lo ammetteva. Ma l’intreccio studiato lo incuriosiva fortemente.

Una cum mentium
Incantesimo legalo al campo della Legilimanzia. Può essere lanciato solo quando il Legilimens è nella parte più profonda della mente dell’altro. Consente l’unione delle due menti, proiettando i sogni e le visioni dell’Occlumens in quella del Legilimens, che siano essi in stato di veglia o di sonno. Il Legilimens sarà in grado di occludere la mente dell’altro o inviare messaggi. L’Occlumes potrà sentirlo, ma non rispondergli.
È un incantesimo dalla validità neutrale. Può essere usato per beneficiarne o per scopi oscuri. Una delle prime testimonianze risale al 1452: inventato probabilmente da una strega dell’età di circa 16 anni, Camryn O’Shea, fu da lei utilizzato per avere contatti con la sorella, Ainfean, entrambe accusate di stregoneria. Viceversa, la seconda lo lanciò sulla prima, per poter rispondere. Ainfean, poco prima che Camryn fosse arrestata, riuscì a scappare. Il collegamento, che poteva e può essere aperto o chiuso a seconda dei voleri del Legilimens, permise ad Ainfean di ascoltare le urla mentali della sorella, le sue grida d’aiuto, rivelandosi, così, una pura tortura, portando Ainfean alla pazzia.
Perciò, raccomando ogni Legilimens che intenda utilizzare tale incantesimo di essere cauto, valutando i suoi pro e i contro.

Severus rimase inorridito dalla lettura della storia delle due sorelle. Sapeva che la caccia alle streghe era stata un gran tormento, ma non poteva immaginare tale stato di ignominia. Nonostante la cruenta testimonianza, Severus pensò che sarebbe stato ottimo avere un collegamento con suo figlio, per poter occludere la mente nel caso in cui Voldemort fosse ritornato. Sapeva di dover utilizzare una certa parsimonia, dopotutto era sempre un bambino il destinatario. Solo che Harry non era un Legilimens, ed era comunque troppo piccolo per essergli insegnato. Quindi, Severus pensò che sarebbe stato meglio modificare la formula originale per consentire ad Harry di comunicare con lui. Sarebbe stato un duro lavoro, lo sapeva molto bene. Ma voleva solo che Harry avesse una infanzia normale.
Raccolse una pergamena e cominciò ad annotare tutte le informazioni che riteneva utili. Si rese conto, però, che il libro non conteneva nessuna informazione sul controincantesimo. Aveva bisogno di studiarlo meglio e, sicuramente, aveva bisogno di altri libri che non avrebbe mai trovato nella sua biblioteca o in quella di Hogwarts. Avrebbe dovuto raggiungere la Biblioteca Nazionale di Edimburgo, in Scozia, ma avrebbe dovuto lasciare Harry a qualcuno. Sapeva che ad Harry non piacevano i posti affollati. Sì, avrebbe dovuto spezzare questa paura, ma adesso il bambino era troppo fragile, aveva bisogno di più attenzione. Ora, però, si poneva un altro problema: di chi poteva fidarsi per confidare la posizione del cottage, senza che Silente o Voldemort lo venissero a scoprire? Poppy? Minerva?
Forse Poppy era la soluzione migliore. Era stata per Severus una figura materna, gli aveva dato sempre quelle attenzioni che a casa scarseggiavano, curando le sue ferite e, talvolta, viziandolo un po'. Non che non si fidasse di Minerva, ma era sempre meglio non dirle niente, per adesso, vista la sua profonda fiducia che nutriva per il preside. Nessuno si sarebbe mai aspettato che il grande Albus Silente fosse malvagio.
Poppy sapeva cose di cui Minerva non era a conoscenza. E Severus pensava non fosse ancora il caso farglielo sapere.
Il ticchettio dell’orologio lo riportò alla realtà, il mondo vorticante dei pensieri temporaneamente abbandonato. Raccolse il libro e la pergamena e li nascose sotto alcuni suoi vestiti, in uno dei cassetti del suo comò, non volendo che qualcuno lo aprisse e leggesse il suo contenuto, come un elfo domestico o, ancora, suo figlio. Sicuramente non avrebbe capito niente di ciò che vi era scritto, ma Severus sapeva fin dove potevano spingersi i bambini.
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Harry dormiva profondamente, tranquillo della sua sicurezza. Il suo volto era pacificamente angelico. E nel suo imperturbabile torpore, sentì una mano sfiorargli delicatamente i capelli.
«Harry, è ora di alzarsi… ci attende un’altra giornata di magiche avventure, piccolo principe…» sussurrò Severus nell’orecchio di suo figlio, sapendo quanto Harry si sentisse subito elettrizzato all’idea. Era consapevole di sollevare nel bambino un lato grifondoro, ma era ancora un bambino, doveva divertirsi come più gli piaceva, senza sotterrare la sua fantasia.
Harry sbatté le palpebre. Le tende erano aperte solo di qualche centimetro, permettendo alla luce di entrare con calma e di abituare a lei gli occhi assonnati. Harry pensò che suo padre lo sapesse svegliare bene. Gli diceva sempre frasi bellissime, che gli facevano venire voglia di abbandonare il suo letto, altrimenti ci sarebbe rimasto per tutta la mattinata. Sapeva che non poteva annoiarsi, suo papà non l’avrebbe permesso.
«Su, Harry, vieni, ti prendo in braccio e andiamo a fare una bella doccia. Che ne dici?»
«Uh-uh, papà. Posso giocare con il mio soldatino?»
«Si, Harry, puoi giocarci quanto vuoi.» disse Severus. Il soldatino era uno dei giocattoli che aveva trovato in soffitta, in un baule. Era in plastica, adatto ad un bambino. Se fosse caduto non si sarebbe rotto e Severus era felice di non dover costantemente riparare giocattoli rotti. Raccolse il bambino e lo portò in bagno. Lo posò sulla tavoletta chiusa del wc, in piedi. Procedette a svestirlo, poi lo raccolse di nuovo in braccio e lo fece sedere nella vasca. Gli insaponò i capelli e il corpo e provvide a sciacquarli, attento a non far andare il sapone negli occhi. Harry, a suo agio, continuò a giocare con il suo soldatino.
«Bene, mio piccolo principe. E’ ora di andare a vestirsi!»
Harry sorrise e allungò le braccia per essere raccolto. Quando lo fece, poggiò la testolina sulla spalla di Severus e avvolse le due braccia attorno al suo collo. Harry sentì suo padre accarezzargli la schiena. Era così rilassante.
Severus trasfigurò alcune tutine di Harry, che aveva conservato, in abiti che si adattassero al bambino. Decise di portarlo il giorno stesso a Diagon Alley per acquistare nuovi capi e riempire l’armadio di suo figlio, assieme anche ad alcuni giocattoli e libri per bambini.
Harry si lasciò vestire tranquillamente.
«Bravo bambino!» disse Severus, accarezzando la testa di Harry. Il piccolo sorrise, un luccichio profondo nei suoi occhi. Severus si perse ancora una volta nei suoi pensieri. Amava il suo bambino. Il suo bambino. Harry. Voleva per lui tutto il bene del mondo. Voleva dargli tutto quanto era possibile. Sapeva però che non poteva farlo se no avrebbe viziato il bambino come faceva Lucius Malfoy con il piccolo Draco.
«Papà.» chiamò Harry, tirando la manica del maglione del suo papà.
«Si, bambino?»
«A che cosa stai pensando?»
Severus sorrise.
«Stavo pensando che, siccome il mio piccolo principe è un bravo bambino, oggi andremo a Diagon Alley per comprare nuovi vestiti, giocattoli e libri. E se poi il piccolo principe desidera un gelato, il suo umile papà sarà pronto a comprarglielo. Cosa ne dice?» disse, con un inchino scherzoso.
Ormai padre e figlio avevano preso giocosamente le parti di un cavaliere e di un principe. Harry si divertiva, ma Severus sapeva di dover sempre staccare la finzione dalla realtà, poiché i bambini potevano confondere le due cose.
«Siii!!» strillò Harry, battendo le mani.
«Bene allora! Ora, tutti a fare colazione!!» rispose Severus, facendo il solletico ad Harry.
Scesero le scale e raggiunsero la cucina.
«Ora piccolo, papà farà la colazione e tu puoi giocare nel frattempo. Va bene?»
«Ma non ti posso aiutare?»
«No Harry,-»
«Ma papà, io so fare tante cose. So cucinare i pancake e le salsicce e il bacon…»
Harry continuò a parlare. ‘Ecco i primi capricci’ pensò Severus. Significa che si fida un po' più di me? E inizia ad assumere il carattere di tutti gli altri bambini? Severus sorrise internamente ma sapeva che era il momento di assumere un atteggiamento un po’ più severo.
«… Zia Petunia mi ha detto-»
«Harry.» Severus stoppò suo figlio, un cipiglio leggermente severo sul volto. Harry lo guardò, esitante, poi abbassò il capo. ‘Ecco, ora l’hai fatto arrabbiare. Stupido, stupido, stupido! Sono un mostro, proprio come diceva lo Zio Vernon, uno stupido mostro ingrato.’ pensò Harry, non accorgendosi di una lacrima che gli scendeva sul suo volto.
Il cuore di Severus saltò un battito alla scena. Non aveva intenzione di spaventarlo così. Si abbassò al livello di suo figlio e alzò con una mano il capo, prendendogli delicatamente il mento.
«Harry, guardami…» disse, più dolcemente.
Harry lo guardò.
«Harry, devi capire che se papà ti ha sgridato è perché vuole insegnarti qualcosa di importante. Ti stavo cercando di dire che non voglio che tu mi aiuti a cucinare perché voglio che ti diverta, che tu gioca prima di una giornata estenuante che forse ti toglierà il tempo al gioco. Se poi desiderò un po' del tuo aiuto ti chiamerò. E non voglio mai più sentire nominare ciò che diceva zia Petunia o zio Vernon. In questa casa non ci sono le loro regole. Ma le nostre. Capisci? E ancora una cosa. Se ti vedo pensare di te stesso certe cose che hai pensato prima, stai sicuro che mi arrabbierò di più di quanto ho fatto oggi. E’ chiaro?»»
Harry spalancò gli occhi, riempendosi di nuovo di lacrime, ma annuì. ‘Come può papà sapere cosa ho pensato prima?’ pensò.
Severus non voleva essere così severo, ma sapeva che doveva porre dei freni ai cattivi pensieri di Harry.
«Scusa papà!» disse Harry piangendo più forte, mentre annuiva con la testa, ammettendo di aver capito le parole del suo papà.  Sentì delle mani grandi abbracciarlo e dargli delle pacche dolci sulla schiena.
«Su Harry, non c’è bisogno di piangere. Non è successo niente di grave e poi dopo le scuse tutto è perdonato. Ok?»
Harry continuò a singhiozzare, stringendo il maglione di severus nei suoi pugnetti. Dopo un po', si calmò e riuscì a staccarsi da suo padre. Prima che potesse asciugarsi le lacrime e il moccio con la manica (‘come tutti gli altri bambini’ pensò Severus ironicamente), Severus gli porse un fazzoletto di carta.
«Grazie…»
«Prego, piccolo principe!» rispose Severus, scompigliando i capelli di Harry.
«Ora io andrò a cucinare qualcosa di speciale e tu andrai a giocare!»
«Posso uscire fuori, papà?»
«Si, ma non andare oltre le scale del cottage. Siamo d’accordo?»
«Si, papà!»
«Bravo ragazzo! Ora vai!!» disse Severus, mandando avanti Harry con un lieve colpetto burlesco sul sedere.
Harry corse fuori.
Assicuratosi che suo figlio avesse seguito le sue istruzioni, raccolse una ciotola e un mestolo. Aprì il frigo e, assicuratosi che ci fosse tutto il necessario, raccolse la bottiglia del latte, quattro uova e un cubetto di burro. Li poggiò sul piano del tavolo. Poi prese dal mobiletto della cucina farina, zucchero, sale e una bustina di lievito. Procedette a preparare l’impasto, sperando che i suoi pancakes fossero buoni come quelli di sua madre. Voleva fare una sorpresa speciale ad Harry. Nel frattempo che l’impasto lievitasse un po', raccolse delle fragole che aveva in frigo e le tagliò a pezzettini su un tagliere e raccolse un pentolino, facendo sciogliere un po' di burro sul fornellino. Purtroppo non aveva la padella adatta, si doveva arrangiare. Pronto il pentolino, versò un po’ dell’impasto, in modo da formare dei cerchi abbastanza perfetti. Quando si creavano bollicine sulla pasta, girava il pancake, permettendogli di cuocere anche dall’altro lato. Fece così per tutti gli altri. Ne ottenne sei dall’impasto. Ne condì tre con panna e fragole, gli altri tre con sciroppo d’acero. Prese due bicchieri e gli riempì uno con succo d’arancia e l’altro con caffè, dopo aver preparato anche la caffettiera. Posò tutto sul tavolo, provvisto già di posate e tovagliette per non sporcare il piano, come anche tovaglioli per ogni evenienza.
«Harry!!» urlò Severus, per avvisare suo figlio della colazione pronta.
«Arrivo, papà!» rispose Harry.
Severus vide correre suo figlio verso il tavolo, ma quando poggiò le mani sulla sedia per salire, Severus lo bloccò.
«Hai lavato le tue mani, Harry?» disse, sorridendo.
«No, papà. Mi sono dimenticato.»
«Per questa volta lancerò un incantesimo per pulirle, ma le prossime volte voglio vederti a tavola solo se avrai prima lavato le tue mani.»
«Va bene, papà!»
«Ora, piccolo principe, fammi vedere le tue manine!»
Harry le allungò e Severus puntò la bacchetta su di loro.
«Tergeo! Ora puoi sederti!»
«Papà, hai fatto i pancakes?» disse Harry, felice di questa notizia.
«Si, Harry!»

Note dell’autrice: Avevo intenzione di continuare a scrivere questo capitolo, ma volevo assolutamente pubblicare oggi, in vista della mia prolungata assenza precedente. La vicenda si infittirà sempre di più, ve lo prometto. Che ne dite di Camryn e Ainfean? Se siete interessati, potrei, dopo aver terminato questa storia, scrivere uno spin off su di loro, sempre in tema Harry Potter. Scrivete qui sotto per farmi sapere cosa ne pensate. Se vi va, lasciate una breve recensione. Sono ben accetti consigli. Buona lettura.








 
   
 
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